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sabato 10 settembre 2011

L'ESSENZA DELLA GLOBALIZZAZIONE: le radici filosofiche della globalizzazione (3)

- di Saso Bellantone
Il termine globalizzazione (vedi parti 1 e 2) evoca l'immagine del globo. Questa evocazione però indica un riferimento, una stretta connessione che intercorre tra il termine-fenomeno indagato (globalizzazione) e l’immagine che suscita (globo). La globalizzazione pronuncia qualcosa, riferendosi all'immagine del mondo e allo strumento di orientamento e di localizzazione che il globo è, presenta e rappresenta. Dal momento che quest’ultimo, così come ogni altra immagine-strumento, è vitale per l’essere umano – infatti risponde sia all'istintivo bisogno umano di orientarsi, di localizzarsi e di localizzare sia al piacere umano per la scoperta – allora nel riferirsi a quest’immagine-strumento, la globalizzazione sembra pronunciarsi su quel bisogno e sul piacere. In una parola: sulla vita. Considerando che questo termine, oltre al globo, evoca altre immagini (la sfera e l’occhio) con le quali dice che il fenomeno in esame coinvolge simultaneamente l'ente Terra e l’essere umano, la visibilità e il vedere, le forme e la rappresentazione dell'ente, allora la globalizzazione si manifesta come un fenomeno filosofico che si pronuncia sulla vita in modo, appunto, filosofico. Per comprendere però quando un fenomeno è filosofico e quando non lo è, così come per capire quando si ha a che fare con il linguaggio filosofico e quando si ha a che fare con altri linguaggi, occorre capire, almeno in grandi linee, che cos'è la filosofia e di che cosa si occupa. In questa maniera si può iniziare a chiarire perché la globalizzazione, in quanto è un fenomeno filosofico, parla a proposito della vita con il linguaggio della filosofia.
Per capire che cos’è la filosofia e di che cosa si occupa, occorre tornare preliminarmente a Platone e Aristotele. Prima di quest’ultimi infatti non esisteva la filosofia né i filosofi bensì la sapienza e i pensatori. Si trattava di uomini che iniziavano a fornire una spiegazione dei fenomeni naturali e una risposta alle domande riguardanti l’esistenza, la vita e il senso dell'essere umano in essa, secondo una prospettiva non più mitico-cultuale bensì razionale. In breve, tali pensatori tentavano di rispondere alle domande riguardanti l'origine, l'essenza, la forma e la struttura del tutto, compresa la posizione dell’essere umano in esso, mediante la logica e senza ricorrere al mito. Diversamente dai pensatori che li hanno preceduti, Platone e Aristotele hanno il merito di aver “disciplinato”, cioè di aver messo in regola la filosofia. In altre parole, di averne stabilito l’identità, le caratteristiche, la fisionomia. Con Platone e Aristotele la filosofia si manifesta come una disciplina, un sapere, un modo di pensare dai lineamenti ben precisi e diverso da altri, da quello cioè di altre discipline e saperi (per esempio, dalla fisica o dalla matematica). Platone e Aristotele sono i primi (Eraclito escluso) a parlare della filosofia e dell’atteggiamento che l’essere umano deve avere per essere definito un “filosofo”, ma ognuno lo fa a modo proprio, in una maniera cioè differente da quella dell’altro. Non a caso, entrambi sono due pilastri del sapere filosofico, le cui ombre, radicalmente diverse, hanno influenzato la storia della filosofia, decidendone il destino per diversi secoli. Dal momento che, però, parlano in maniera diversa della filosofia, occorre conoscere da vicino in quale maniera Platone e Aristotele, rispettivamente, la caratterizzano. In questo modo è possibile iniziare a capire che cos’è la filosofia e perché la globalizzazione è un fenomeno filosofico.

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