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mercoledì 25 dicembre 2013

Buon Natale...


Disoblio ti augura un buon Natale...

lunedì 23 dicembre 2013

OLTREWEB: Homo consumante e consumato


- di Saso Bellantone
Buon meriggio web,
il Natale è alle porte e come ogni anno ti prepari a passare questa ricorrenza come di consueto, vale a dire dando fuoco alle polveri rimaste dei tuoi risparmi e del tuo essere. I lunghi dodici mesi nei quali hai dovuto disperatamente sopravvivere sono ormai trascorsi e adesso puoi distenderti, puoi perderti nel labirinto di negozi e supermercati per trovare doni costosi e inutili per ogni parente e amico e per imbandire lussuosamente la tavola di tutti quegli alimenti e pietanze che, com'è consuetudine, finiranno nella pattumiera.
Non è una questione di apparenza. So che non vuoi darti a vedere. È una tradizione. Un rito. Nel corso di ogni festa o ricorrenza occorre abbondare, eccedere, dilapidare tutto ciò che si ha affinché il Sole, passando per la porta degli dei, compia un nuovo giro e consenta alla natura di rinascere e di offrire in maniera gratuita e oltre misura tutti i beni e i prodotti necessari alla vita... e all'essere umano.
Gli antichi sapevano questo. Infatti ogni anno sciupavano tutti i beni posseduti, per assicurarsi il favore della Dea Madre e ottenere in cambio un numero di beni maggiore di quelli distrutti, consumati, sprecati.
Ma tu, mio caro web, che sai benissimo che è la Terra a girare intorno al Sole e che è grazie a questo moto di rivoluzione che accadono le stagioni, dal cui mutamento sono causati i beni e i prodotti naturali, per quale motivo ogni anno, puntualmente, così come facevano i tuoi antenati, continui a distruggere, a consumare, a sprecare tutto quello che hai, anzi, tutto quello che ti è rimasto?
Perché è un'usanza? No. Perché trovi godimento o giovamento nel farlo? No. E allora perché? Perché ti è rimasto soltanto questo? Vale a dire distruggere, consumare, sprecare? Sì.
L'essere umano si è ormai arroccato nell'homo consumans e non ha più intenzione di procedere oltre nella propria scala evolutiva. Anzi, non ci riesce. La crisi dell'economia stivalica, continuamente mascherata dai mass-media nel paese delle meraviglie ma vissuta realmente e dolorosamente dalla gente, ha cancellato ogni speranza, ogni possibilità di uscire dal circolo vizioso del consumo. Manca il lavoro, le aziende chiudono, gli enti non assumono, i giovani sono sfruttati senza contratto né stipendio alcuno e abbandonati con un semplice “grazie, ti faremo sapere”, gli anziani rubano gli alimenti abbandonati nei mercati di periferia, le tasse aumentano e si moltiplicano, e nessuno tra politici e potenti trova il coraggio di dire basta a questo sistema di bancarotta perfetta, di continuo indebitamento eurunitario, di interminabile spopolamento dello Stivale, per morte ed espatrio.
Già. L'essere umano è fermo, statico nel suo volto consumante e consumato, senza miracoli, né speranze né paradisi artificiali. Consumato dai prestiti, per pagare casa, bollette, figli, benzina, ossigeno e quant'altro rientri nella vita sociale. Consumato dalla consapevolezza che non riuscirà mai a fare pari in bilancio tantomeno ad essere un domani in attivo. Consumato dal demone collettivo che lo spinge imperterrito a consumare ogni fuggevole bene e servizio, obbligatorio ormai per il proprio sostentamento, per scansare l'estrema ratio di finire sotto un ponte, in gattabuia o tra le braccia della Dama Nera, come accaduto a tanti altri conterranei.
Ora capisco, mio caro web, perché continui a distruggere, a consumare, a sprecare durante ogni Natale, Santo Stefano e Capodanno. Perché sai fare soltanto questo. Perché ti è rimasto soltanto rovinare, dissipare, buttare via quello che non sarà mai tuo bensì del tentacolo del Grande Leviatano del Nord, o del Leviatano stesso, o del dio che lo comanda, o della casta sacerdotale che sovrintende a tale dio.
E allora consuma, mio caro web! Distruggi, spreca, dilapida, dissipa, sgretola, logora tutto ciò che non è tuo. Finché puoi farlo.
Domani, non potrai fare nemmeno questo.
Medita web, medita...

pubblicato su Cmnews.it
http://www.cmnews.it/rubriche/oltreweb/homo-consumante-e-consumato/

venerdì 20 dicembre 2013

L'ARTE PERIFERICA: intervista a Serena Sinopoli, voce dei THE SICK DOGS


- di Saso Bellantone
Serena Sinopoli proviene dalla provincia di Reggio Calabria ma per continuare a soddisfare le sue esigenze artistiche e musicali ha scelto di vivere a Cosenza. Da circa due anni ha scoperto la musica e ha iniziato nel 2010 con un gruppo jazz\bossa fino a ritrovarsi tra le mani il progetto più interessante della sua esperienza musicale a cui dedica gran parte del proprio tempo, i THE SICK DOGS. “È un progetto nato nell’aprile 2011 quasi per caso, e proprio il caso ha deciso di unirci, in una visione della musica così ampia, che ha dato vita (come ho rilasciato nell’ultima intervista) ad un genere musicale indefinito ma al tempo stesso chiaro. La prima regola che ci siamo posti è di non prefissarci generi musicali, sperimentare ma senza troppi eccessi di libertà musicale o virtuosismi di genere che, non possono che uccidere la musica come essenza, senza rispettare chi ti ascolta”.

Come ti sei avvicinata alla musica?
Inizialmente ho assorbito (come gran parte di noi) la musica all’interno del nucleo familiare che mi ha sempre indirizzato verso un certo tipo di ascolti, jazz, fusion, Blues e quant’altro, che ha influito tantissimo nel modo di esprimermi. La mia indipendenza musicale mi ha spinto a ricercare sonorità più varie e tendenzialmente più Rock: Progressive, Rock&blues, PostRock e contaminazioni.


Che cos'è la musica?
È un’esigenza… forse una “filosofia” messa in pratica.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi della musica, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
Viviamo un’epoca in cui la musica non ha più uno scopo prettamente sociale… perché dovrebbe? Guardandoci intorno ognuno “cura il proprio giardino”. Gli stessi brani evidenziano tale sentimento intimistico risaltando gli aspetti più tormentati derivanti da domande irrisolte che facciamo a noi stessi e alla vita. Gli usi della musica non sono abbastanza caratterizzanti in quanto, inconsciamente “scimmiottiamo” un po’ tutti, ciò che è già esistito e che esiste… inevitabile in un’era di bombardamenti di rete, televisivi, e via dicendo.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano per esempio , la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire i brani dei Sick Dogs“poesie”, opere d'arte, creazioni nel senso pieno del termine?
Li definisco descrizioni di stati d’animo ignoti, “domande su domande irrisolte”, viaggi di parole, anche insensate, che acquisiscono valore dentro la metrica, che pian piano si evolve in ritmo e comincia a prendere forma attraverso il suono!

Perché canti? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante l'arte del canto?
Qualsiasi attività che concerne l’uso del corpo è una sorta di sfogo, un sollievo che esorcizza le nevrosi che l’essere umano accumula inconsciamente… Perciò il canto è una terapia, che, essendo uno dei fenomeni naturali più affascinanti, ho deciso di perfezionare, sia per me stessa sia per chi mi ascolta affinché sia chiaro il messaggio che voglio comunicare.

Che cosa raccontano i brani dei The Sick Dogs?
La maggior parte dei brani sottolineano aspetti esistenziali (come nei brani: IL DILETTO DEI TAUMATURGHI, STASI, DREAM), attimi di vita (CORNICE E PRESENTE) e (come già scritto nella precedente risposta) stati d’animo che nel linguaggio di tutti i giorni, sarebbe difficile spiegare o quasi impossibile, perciò subentra, nel testo, un gioco di parole e aggettivi che possono avvicinarsi alla descrizione di tale impulso. Ovviamente non tutti i brani si concentrano su “tali stati d’animo”, capita che ci sia un personaggio (GREGOR: riferimento al personaggio kafkiano), una storia (LUPAE: storia di una prostituta dell’antica Roma che confessa i suoi sentimenti alla luna), un elogio ai grandi pensatori (PREGHIERA: elogio a Platone e al mondo classico).

Una musicista può sentirsi tale senza i pubblici?
Certo! Ma il pubblico è donatore di energia, necessaria ad un musicista per una maggiore rendita artistica.

Che cosa significa oggi vivere come un musicista e vivere esclusivamente della propria musica? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
La musica è un grande dono! Ma purtroppo sacrificio e missione sono le parole con cui devi fare i conti tutti i giorni:
PRIMO PUNTO da affrontare è il RUOLO SOCIALE (che fai nella vita? – suono! – sì... ma che fai?);
SECONDO PUNTO sono LE SPESE (sala prove, autoproduzione di cd, di gadget, cambio corde chitarra, manutenzione degli strumenti ecc…);
TERZO PUNTO è quello più comune (lavorare quà e là il più possibile accontentandoti di poco per mantenerti i bisogni primari: bollette, alimenti, affitto ecc…).

Cosa spinge te e i The Sick Dogs a restare nel sud?
Al momento siamo attivi a Cosenza ma vorremmo far girare il più possibile la nostra musica viaggiando… Spero sia possibile al più presto!

Puoi definirti una sognatrice? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Faccio già quello che avrei voluto fare da tempo! Dedicarmi alla musica. Per adesso va bene così…

Chi vuole saperne di più su di te e sui The Sick Dogs, dove può rivolgersi?
Come primo contatto consigliamo la nostra pagina facebook “THE SICK DOGS” dove potrete trovare tutte le news sulle prossime date ma soprattutto sull’uscita del nuovo videoclip, e del nuovo ep CORNICE, che sarà possibile reperire tramite i nostri contatti facebook. Per ascoltare il nostro primo ep “THE SICK DOGS” visitate le piattaforme musicali REVERBNATION, BANDCAMP, SOUNDCLOUD (digitando il nostro nome)! Anche sul nostro canale di YOUTUBE avrete la possibilità di ascoltare qualche nostro brano (live, registrazioni in studio, videoclip).
Alcune parole per i giovani.

Qualsiasi cosa è possibile! Chiedetevi cosa vorreste fare nella vita e non pensateci due volte per farlo!

mercoledì 18 dicembre 2013

Andirivieni contingente


- di Saso Bellantone
"Nella vita non esiste viaggio di sola andata, tutto ritorna: le buone azioni, quelle cattive, il suo viso, un'idea".

lunedì 9 dicembre 2013

OLTREWEB: C'è un Mandela dentro di noi?


- di Saso Bellantone

Buon meriggio web,
la scomparsa di Nelson Mandela avvolge una fascia in segno di cordoglio nel tuo braccio. Una fascia nera. Nera come il colore della pelle per la cui libertà Rolihlahla – il nome datogli alla nascita, che significa “colui che provoca guai” – si è sempre battuto, fondando associazioni, movimenti, uffici legali e finendo persino dietro le sbarre. Mandela sarà sempre ricordato per i guai causati ai promotori e sostenitori dell'apartheid, quella forma di governo cioè basata su alcune prerogative. Separazione tra bianchi e neri in zone differenti, territoriali e pubbliche; proibizione della sessualità promiscua, dell'accesso in precise zone urbane, se non per mezzo di passaporti speciali, o dell'uso di determinate strutture pubbliche; messa al bando di ogni opposizione comunista; obbligo della registrazione per razza; discriminazione lavorativa; confinamento nei ghetti. Mandela è stato un esempio di libertà per molti connazionali, con i quali, persino dietro le sbarre e nei campi di battaglia, è riuscito a far crollare tale regime e ad instaurare nel Sudafrica non soltanto la democrazia, ma anche l'uguaglianza tra gli esseri umani, indipendentemente dal colore della pelle, e la libertà. Anzi, le libertà. Oggi tutte le proibizioni, i divieti, le prescrizioni e gli obblighi sopra citati non ci sono più... in Sudafrica. Ma nella democrazia planetaria, oggi, può dirsi lo stesso?
Guardandolo con occhi altri, il globo sembra essere un Apartheid economico, suddiviso cioè tra chi ha i soldi (celebrità, autorità, potere) e chi non ce li ha. I primi sono liberi, specialmente dal lavoro, i secondi sono schiavi, soprattutto del lavoro. I ricchi sono proprietari: di case, terreni, aerei, treni, navi, aziende, banche, partiti, canali televisivi, radio, giornali e persone. I poveri non possiedono nemmeno se stessi. Infatuati subliminalmente dallo stile di vita dei primi, inoculato nella loro psiche e nel loro inconscio per mezzo degli strumenti di comunicazione di massa, i poveri sognano di diventare dei ricchi e di imitare questi ultimi in ogni livello della società.
Di abitare nei luoghi “dei” ricchi, in ville sfarzose o case talmente accessoriate, ecologiche e tecnologiche a un tempo, da evocare quelle lette nelle pagine o viste nelle pellicole dei maestri della fantascienza. Di sposarsi “tra” ricchi, con cerimonie lussuosissime e privatissime svolte in castelli medievali, antichi templi e monasteri o in isole felici sperdute nell'oceano, nel deserto o nelle più alte vette del globo. Di frequentare i locali “dei” ricchi, come i bilionaire, gli attici, i privè, le sfilate di moda, le serate di gala, i casinò, i camping, le spiagge, i ristoranti, i villaggi e i negozi creati dai ricchi per i ricchi. Di accedere alle prime classi di aerei e treni, di entrare negli stadi e nelle strutture pubbliche per mezzo di accessi riservati. Di guidare costosissime automobili e motociclette. Di possedere le tecnologie più recenti. Di vestire capi firmati. Di diventare, insomma, dei vip a tutti gli effetti, aventi cioè tanti soldi, che è uguale ad avere tanto successo, che è uguale ad avere tanta influenza nelle stanze dei bottoni di ogni dimensione della nostra società, che è uguale ad avere potere.
Imbambolandosi con queste fantasticherie, i poveri non si rendono conto di aspirare ad emanciparsi da se stessi, cioè da quell'unico elemento che li tiene ancorati a quell'idea di umanità e di buon senso che li contraddistingue e li fa essere, ognuno, unici: la povertà.
Che significato ha l'attuale scaldarsi per essere tutti (di nuovo) benestanti? Un'uguaglianza economica, e cioè l'avere tutti quanti un conto in banca illimitato e imperituro, può forse risolvere definitivamente i reali problemi nei quali si è coinvolti? I malanni, le deformità, le imperfezioni genetiche non dovrebbero essere curabili o correggibili gratuitamente? Le attività e le pratiche inquinanti, con le quali uccidiamo il pianeta, non dovrebbero essere sostituite da condotte ecologiche, a tutela di esso? Le calamità naturali non dovrebbero essere previste e prevenute? Internet, il cellulare, l'energia elettrica, l'acqua potabile, il carburante, l'igiene cittadino, la salute, l'istruzione, la formazione continua, la pensione, un tetto sotto il quale abitare, ristorarsi, recuperare le forze e condividere il tempo che resta con le persone che si ama e da cui si è amati, non dovrebbero essere fruibili gratuitamente da tutti per diritto? Senza tassazione alcuna? L'essere umano non dovrebbe avere per diritto naturale un lavoro col quale sentirsi parte della comunità nella quale vive? I mezzi pubblici non dovrebbero essere gratuiti per tutti? E se così non è possibile, l'azienda non dovrebbe decurtare dalla busta paga le spese che l'impiegato o l'operaio sostiene per andare a lavorare? Lo Stato non dovrebbe conteggiare le spese a cui il disoccupato fa fronte per trovarsi un lavoro o affrontare un concorso? L'Iva, l'Irpef, l'Inps, le spese di registrazione, di gestione, di invio e ricezione documenti, di assicurazione, di bollo, non dovrebbero essere aboliti? L'essere umano non dovrebbe nascere senza problema economico alcuno?
No, mio caro web, non è essendo tutti quanti dei vip che è possibile affrontare questi problemi, perché avendo le tasche piene si baderebbe soltanto alla fama, al successo, al potere e alla differenziazione in classi, conseguente, tra chi ha soldi e chi non ne ha. Perché per essere dei vip, è necessario che qualcuno non lo sia. E ciò vuol dire che occorre che qualcuno sia squattrinato, sventurato, povero e pazzo, affinché qualcun altro sia benestante, fortunato, ricco e potente.
È preferibile che siano tutti quanti in rosso, in bancarotta, nullatenenti, per accorgersi di quei problemi e per accorgersi che tante di quelle tassazioni non hanno diritto ad esistere. Sono soltanto delle invenzioni per creare distinzioni sociali, gruppi, divisioni tra ricchi e poveri, vip e sconosciuti, potenti e impotenti.
Possibile, mio caro web, che, malgrado non si sia ancora diventati tutti poveri, non ci sia un Mandela dentro di noi? Possibile che nessuno si sia accorto dell'Apartheid economico nel quale viviamo e nel quale siamo costretti? Possibile che non ci sia nessuno che affermi “Non importa quanto stretto sia il passaggio/quanta piena di castighi la vita/, io sono il padrone del mio destino;/io sono il capitano della mia anima”(Invictus, di W. E. Henley), e che si batta per la giustizia? Per il diritto ad abitare questo mondo, sgravati dal peso delle diaboliche invenzioni umane in vista del potere?
Riposa in pace, Nelson, per un po' di tempo. Riposa in pace, e rinasci. Urge un Rolihlahla per il pianeta. Noi, “neri” dell'Apartheid economico, abbiamo bisogno di “qualcuno che provochi guai”. Per il nostro bene.
Medita web, medita...

pubblicato su Cmnews.it

venerdì 6 dicembre 2013

Pensieri visivi: LA FIUMANA di Giuseppe Pellizza Da Volpedo


- di Saso Bellantone

Contadini, pastori, pescatori, fabbri, maniscalchi, muratori, calzolai, panettieri, vetrai, ceramisti, mercanti, sarti, camerieri, badanti, maestri, suonatori... È interminabile la fila di lavoratori che si tenta di elencare. Lunghissima. È più facile esporre “chi” c'è dietro tutte quelle professioni. Uomini e donne. Bambini e anziani. Indossano abiti semplici, sporchi e logori. Gli unici che possano permettersi. Trattati con cura, malgrado le macchie e gli strappi, perché non possono comperarne degli altri. Sono poveri. Senza avere alcuno. Vivono alla giornata, dormono dove capita. Svolgono qualsiasi attività consenta loro e ai propri cari di sopravvivere un giorno ancora. Non hanno sogni né aspettative. Resistono, fieri nella sofferenza, aiutandosi gratuitamente tra di loro. Specie innanzi alle crudeltà dei ricchi.
Odiano i ricchi. I ricchi hanno tutto. Non lavorano mai. Hanno gli abiti più costosi, usati una volta sola e poi gettati. Hanno soldi, case, terre, tecnologie, tutto. Vivono alle spalle dei poveri, serviti e riveriti sempre, dall'alba al tramonto. Non lavorano mai e insegnano ai propri figli di fare lo stesso. Sono i proprietari dei sogni e sperano, anzi, fanno di tutto per poter ampliare la propria fortuna con il minimo sforzo. Impartiscono ordini, voltafaccia e ipocriti, e non aiutano nessun altro. Nemmeno del proprio rango. A meno che non debbano ingrossare domani il proprio tornaconto, la propria ricchezza e autorità, contate sulle teste dei poveri che hanno, e avranno.
La fiumana di Giuseppe Pellizza De Volpedo fa pensare al passato, e spinge a chiedersi se quest'ultimo sia passato davvero oppure stia ritornando. C'è stato un momento in cui si credeva di cancellare definitivamente la povertà dalla faccia del pianeta, invece la povertà è ricomparsa e, con essa, è tornata la separazione nelle classi degli abbienti e dei nullatenenti. Tale diversificazione però, rispetto a quelle passate, nella cornice della globalizzazione di tutti i comportamenti e le dimensioni umane, sembra essere fatale. Decisiva. Ultima. Sembra proporsi come la base di un nuovo ordine mondiale, nel quale i primi, ora e sempre, comandano, e i secondi, ora e sempre, obbediscono.
Le multinazionali e le banche tengono sotto scacco gli Stati, decidendone le sorti con semplici click e costringendoli a peripezie economico-finanziarie per restare a galla. Tali manovre prevedono un aumento continuo delle tasse, che si ripercuote sull'economia statale, decretando un aumento del costo della produzione e del consumo dei beni e dei servizi, e una diminuzione della moneta in circolo. La gente evita di spendere, riduce le spese il più possibile. Per assicurarsi il pagamento di tasse, mutui, prestiti e finanziarie, compra l'essenziale, quei prodotti cioè necessari per il sostentamento. Il superfluo è scansato accuratamente e, malgrado le speranze di venir fuori un domani da tale circuito d'indebitamento, la gente continua a indebitarsi, a fare nuovi mutui, prestiti e finanziarie per pagare le tasse, e sopravvivere.
Le aziende chiudono: per il medesimo problema; per i crediti che non riscuoteranno mai; per il costo del lavoro; per l'IVA, l'INPS, il CCNL e quant'altro. Gli operai vengono licenziati. Gli enti pubblici subiscono drastiche riduzioni del personale, comportando un peggioramento dei servizi. I giovani, neolaureati e professionisti, espatriano, dopo l'illusione di contratti a progetto o a tempo determinato, reali e fittizi, dal quale non ne hanno ricavato nulla, fuorché l'aver fatto un favore alle aziende ed essere mandati a casa con un semplice grazie. Gli anziani non arrivano al giorno 10 di ogni mese. Gli immigrati fuggono dalla morte per trovarne una nuova. Si perde il lavoro, la casa, la famiglia, se stessi. Si impazzisce. Si diventa criminali, consapevolmente, perché il dio-denaro-multinazionale-banca non propone alternativa alcuna per restare onesti.
Innanzi a tale implosione generale interna, gli Stati chiedono fondi a banche centrali e ad enti internazionali per il credito, aumentando a loro volta, da un lato, il debito pubblico che mai riusciranno a estinguere, dall'altro lato l'implosione stessa. I politici, in ultima istanza, fingono di operare, di assumere delle posizioni e delle scelte a favore della gente, assicurandosi, alla fine, che tutto resti uguale a prima, vale a dire nella forma con la quale sono giunti al potere e all'aspettativa di radicarsi nel ceto degli abbienti, dei potenti della terra.
La povertà è tornata, e all'orizzonte non si vede modo alcuno per contrastarla, per combatterla. La gente è ormai disperata e rassegnata. Ha paura di ribellarsi perché sa che sarà presa a manganellate, incarcerata o trucidata senza battito di ciglia alcuno di altrettanta gente in uniforme, costretta a fare il proprio dovere, per non essere manganellata, incarcerata o trucidata anche lei. È la fine. La falsa democrazia ha condotto alla catastrofe: un orrendo totalitarismo del mercato, nelle mani di pochi ricchi.
Il futuro è già segnato e molti ancora non lo sanno. Non sanno che li spetta tornare nuovamente alla condizione rappresentata da La fiumana. Poveri contro ricchi. Poveri, ma stavolta senza speranza di riscatto alcuno dalla propria misera esistenza.


mercoledì 4 dicembre 2013

Nuovo realismo


- di Saso Bellantone
"C'è un solo modo per uscire dal labirinto delle idee... radicarsi con più forza nelle profondità della terra".

martedì 3 dicembre 2013

lunedì 2 dicembre 2013

OLTREWEB: Vittima sacrifi-sconi

- di Saso Bellantone

Buon meriggio web,
dopo una pausa durata anche troppo, la rubrica OLTREWEB torna, richiamata prepotentemente dalla strana aria che si respira in questi giorni. Ha il profumo di cambiamento, di metamorfosi, quest'aria. È provocata da una crisalide che improvvisamente ha deciso di trasformarsi in farfalla, per volare nel cielo di ogni singolo individuo e difenderne i diritti fondamentali. Per diventare tale, però, tale ninfa aveva bisogno di una vittima sacrificale e sembra l'abbia trovata. Decidendo la decadenza de l'uomo-che-chiede-il-consenso, la crisalide-Parlamento sta facendo la storia. Si sta purificando di tutti i mali della politica stivalica ereditati, per chiudere una pagina (lunga, ahinoi!) della storia politica dello Stivale e di aprirne una nuova. Ella va verso un nuovo inizio, con il quale tornare (o cominciare?) a occuparsi seriamente della cosa pubblica, del bene comune, dello Stato. Ciò perché lo Stato (cioè l'insieme dei cittadini e del patrimonio mobile e immobile stivalico) soffre. Sta morendo. E una tale mutazione, generata con il sacrificio umano, è divenuta necessaria. Doverosa. Inevitabile.
Difatti: gli imprenditori si suicidano. Gli operai vengono licenziati. Le aziende chiudono. Le attività commerciali dichiarano fallimento. I giovani espatriano. I pensionati lavorano in nero. I disoccupati non sanno dove sbattere la testa. Gli inoccupati invece sanno di doverla picchiare nel muro della disperazione e della morte certa, non fosse per le associazioni umanitarie e religiose, famiglie comprese (associazioni non riconosciute, i cui sacrifici non sono applauditi da nessuno), che danno loro un pasto caldo e un tetto in cui dormire. Chi fortunatamente lavora ancora, non sa come pagare le tasse, che aumentano di continuo, né come arrivare a fine mese. I figli (fortunato chi va ancora a scuola o all'università) diventano criminali. Si drogano, bevono, spacciano, si prostituiscono, sicuri di non avere futuro alcuno. Gli immigrati, senza alternativa nel loro paese d'origine, muiono, o vengono rispediti a calci al mittente, in spregio alla carta dei diritti fondamentali dell'uomo...
Sì. C'era proprio bisogno di questa mutazione e di questo sacrificio. È giunta l'ora di rimboccarsi le maniche e di lavorare per davvero, per ridare un po' di speranza a chi non ne ha più.
Ma sarà proprio così? Il Parlamento stivalico o, meglio, la politica stivalica ha realmente deciso di darsi da fare? Di operare PER la gente?
Il profumo di cambiamento che si respira nell'aria è forte, sì, ma tale intensità sembra celare un cattivo odore, sembra puzzare. Sembra si tema il malcontento generale che ormai è diventato una bomba ad orologeria che potrebbe minare dalle fondamenta la Repubblica stivalica. La gente (sopra sintetizzata, e anche malamente), potrebbe ribellarsi davvero. Potrebbe scagliarsi contro la politica stivalica, prenderne brutalmente il posto e fare quello che non è stato fatto finora.
È possibile, dunque, che la politica stivalica abbia sacrificato l'uomo-che-chiede-il-consenso per salvare il salvabile? Per salvare se stessa? È possibile che le scissioni di partito, la nascita di nuovi, il cambio di segreteria, le nuove alleanze siano da intendere in questo senso? È possibile che dopo Cesare, Robespierre, Bettino Craxi, il Parlamento abbia deciso di offrire una vittima sacrificale per mantenere il proprio potere? Per illudere la gente che adesso è l'ora della giustizia? Della legalità? Della trasparenza? E nel frattempo riassemblare gli equilibri e continuare a occuparsi degli interessi personali, assicurandosi ora il mantenimento dello Stivale nella zona-Leviatano per poi riscuotere pacchetti di potere all'interno del Grande Leviatano del Nord? E tutto questo, natauralmente, a scapito degli stivalici creduloni?
Si respira una strana aria in questi giorni. Ha il profumo di cambiamento, di metamorfosi, quest'aria. Ed è forte. Ma tale intensità sembra celare un cattivo odore, sembra puzzare. Possibile, mio caro web, che hai disimparato a riconoscere gli odori? A distinguere il profumo dal cattivo odore? E se invece non l'avessi mai dimenticato?
Medita web, medita...

pubblicato su Cmnews.it
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