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giovedì 27 giugno 2013

L'ARTE PERIFERICA: intervista a Tony Annunziata

- di Saso Bellantone

Nato e cresciuto a Cosenza, Tony Annunziata lascia presto la scuola, dopo aver frequentato un anno di liceo artistico, avvicinandosi per lungo tempo alle attività di un centro sociale autogestito cosentino. Da questa esperienza si amplifica la sua curiosità artistica, be sviluppata fin dalla giovane età. Nel corso del tempo svolge diversi lavori, dalle cucine di locali e pizzerie ad operatore sociale nel centro di salute mentale di Cosenza, e forma un gruppo musicale, i Polistyl, durato 7 anni, svolge il ruolo di chitarra e voce. Attualmente vive a Rende (cs) .

Come ti sei avvicinato all'arte del sale colorato?
Nell’estate del 1996 mi trovavo a Soverato (CZ) e per la prima volta vidi questi disegni in bottiglia fatti con la sabbia colorata. Rimasi colpito e affascinato da alcune minuscole bottiglie che avevano all’interno dei paesaggi. All’epoca disegnavo a mano magliette e le vendevo nei mercatini e in fiere varie. Così decisi di provare questa nuova tecnica per avere altro materiale da vendere. All’inizio non sapevo dove trovare la sabbia, così iniziai a colorare il sale con i gessi grattugiati. Da allora ho sempre usato il sale, colorandolo però con le tempere in polvere.

Che cos'è l'arte del sale colorato?
Questa particolare tecnica permette di realizzare all’interno di vari recipienti in vetro (che siano bottiglie, vasi, bicchieri ecc.) piccole opere d’arte che si sviluppano minuziosamente modificando la caduta del sale e gli strati colorati che si formano. Costruirsi da soli gli strumenti per un utilizzo creativo di questa tecnica è molto importante. A volte si può realizzare un disegno che hai già in mente, altre volte la caduta contemporanea dalla cannuccia-imbuto di due o più colori può suggerirti percorsi nuovi nello sviluppo del disegno, che sia astratto oppure qualcosa di specifico. Si può definire un'arte “Zen” anche per la pazienza e la meticolosità che la caratterizzano.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi dell'arte, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
L’arte e la creatività sono a mio parere tra le cose più importanti nella crescita sia individuale che sociale dell’uomo. Basti pensare all’importanza che hanno quando queste si avvicinano a quelle realtà sociali ai margini della società, nelle strutture psichiatriche, negli ospedali dove ci sono bambini con gravi problemi di salute, nelle carceri. Dare a tutti la possibilità di fare qualcosa di creativo, che sia pittura, musica, teatro e via dicendo, a mio avviso è importante in quanto ci fa crescere e soprattutto sviluppa autostima. Nel mondo d’oggi l’arte nella maggior parte dei casi viene usata per creare business, mentre non viene considerata, se non da pochi, la sua funzione sociale.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano per esempio , la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire le tue opere “poesie”, opere d'arte, creazioni nel senso pieno del termine?
Alcuni dei miei lavori posso definirli “composizioni di colore poetico”, quando scelgo di rappresentare un'immagine che ha molto a che fare con quel mondo interiore che ognuno di noi ha e che a volte non lo si esprime a parole. Mentre creo quasi sempre ascolto musica, penso a varie cose, ho delle sensazioni, tutto finisce in quel sale che scende dalla cannuccia, le immagini poi parlano e raccontano, sia che si tratti di paesaggi, sia che si tratti di ballerini di tango o di figure astratte. A lavoro finito mi piace guardarle per lungo tempo, e quando ho fatto un buon lavoro mi trovo davanti i miei gioielli, le mie poesie.

Perché crei? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante l'arte del sale colorato?
Essendo questa la mia principale attività, c’è da dire che la maggior parte delle cose che produco sono di tipo “commerciale”, questo perché per vivere devo avere una linea standard che spesso sono paesaggi in miniatura. Poi trovo il tempo per sviluppare il mio stile e lì sento l’esigenza di comunicare le mie passioni, ciò che vivo nella quotidianità, ma anche di lasciarmi trasportare da linee astratte per scoprire le sfumature dei miei stati d’animo. Spesso mi rilassa, mi gratifica e mi piace l’idea che il sale, che in genere serve anche a conservare i cibi, in questo caso conserva nel vetro l’emozione di un’immagine. Mi piace l’idea di lasciare in una bottiglia qualcosa di visibile anche tra molti anni.

Che cosa racconti con le tue opere?
La bellezza e la varietà della natura, ciò che di bello hanno fatto e fanno gli uomini e le donne sulla terra. Mi capita di raccontare la musica, il ballo, i volti delle persone.

Un artista può sentirsi tale senza i pubblici?
Non so, un artista forse può sentirsi tale anche se si trova da solo in un deserto, se quello che fa appaga il suo spirito.

Che cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
È davvero difficile vivere della propria arte, anche perché spesso non basta il talento e purtroppo nel mondo d’oggi vivere di creatività significa trovare i canali giusti e non è facile. Essendo in un mondo dove tutto fa business, si devono capire determinati meccanismi che spesso chi vuole vivere con una certa libertà e spontaneità non è disposto ad accettare. Se però ci si accontenta di vivere con quello che è necessario, senza pretese di benessere eccessivo, si viene comunque gratificati da qualcosa che è unico, perché è tuo.

Cosa ti spinge a restare nel sud?
Mi piace il sud e tutti i “sud” del mondo. Non c’è niente in particolare che mi spinge a rimanere dove vivo se non i legami affettivi. Se potessi viaggerei e porterei ciò che so fare in giro, magari su di un camper.

Puoi definirti un sognatore? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
È importante sognare e credere nella forza del sogno, è importante trovare la volontà di realizzarlo. Sono un sognatore se non sono da solo ad esserlo, con la capacità di leggere la realtà che ci circonda. Il mio sogno nel cassetto è vivere circondato dalla natura, con la possibilità di vivermi al meglio il mio tempo facendo le cose che amo fare.

Alcune parole per i giovani.

Ho avuto modo qualche anno fa di fare alcuni laboratori sulla mia tecnica nelle scuole, dove ho potuto constatare l’interesse vivo che i ragazzi hanno per le arti in genere. È vero che le moderne tecnologie allontanano un po’ le nuove generazioni dal linguaggio creativo, ma allo stesso tempo sono sempre affascinati da ciò che di nuovo gli viene proposto e hanno un buon livello di intraprendenza. Le tecnologie sono importanti ma non devono assorbire completamente. La soddisfazione che dà un lavoro creativo realizzato con le proprie mani, ma anche l’osservazione di un’opera di un artista famoso, possono aprire mondi caleidoscopici e farci capire che l’utilizzo creativo delle nostre intelligenze può, non dico cambiare il mondo, ma sicuramente farci vivere meglio.

martedì 25 giugno 2013

Desossiribo-fatalità


- di Saso Bellantone
"Non esiste corazza capace di proteggere dal destino scritto nei propri geni".

giovedì 20 giugno 2013

L'altro è il cammino


- di Saso Bellantone
"Custodisci i tuoi sogni nel segreto forziere del tuo essere: la persona che riuscirà ad aprirlo, sarà il sentiero per poterli realizzare".

lunedì 17 giugno 2013

S. ELIA JUNIORE di Oreste Kessel Pace

- di Saso Bellantone

Che cos’è la santità? È una chiamata, un destino, un cammino già scritto che non è possibile rimandare. È un itinerario che conduce lontano dalla propria terra, dalle persone amate, dall’infanzia, da una vita uguale a tutte le altre. Quando si è convocati da Dio, quando si è scelti per servirLo, non c’è tempo per le valutazioni né per se stessi. Occorre soltanto partire, malgrado il sentiero di Dio diriga verso le prove più dure, come la schiavitù, la sofferenza e la tentazione. Non è facile sostenere questo percorso. Ogni giorno che passa la lotta contro il Maligno, contro il proprio corpo, contro l’incredulità della gente diviene sempre più faticosa. Alle volte, ci si sente così soli, abbandonati, sfiniti e finiti da non capire il senso di tutti questi tormenti e si è pronti a mollare, a tornare indietro. Restando tuttavia saldi nella propria volontà, nella propria fede, nella propria chiamata per un attimo ancora, ecco che tutto ha fine e si comprende la ragione del martirio passato: si è pienamente diventati testimoni di Dio.
In S. Elia Juniore (Kaleidon), Oreste Kessel Pace propone in forma romanzata la straordinaria vita del Santo da Enna, interamente dedicata alla predicazione, alla guarigione, al servizio di Dio per tutto il Mediterraneo. Seguendo il cammino di S. Elia, il lettore ha l’occasione di intraprendere un viaggio dentro di sé, alla ricerca di quella dimensione che la società capitalistica, consumistica e spersonalizzante tende a cancellare definitivamente: la fede. A distanza di oltre mille e cento anni dallo scenario in cui si svolge la vicenda del Santo da Enna, la vita continua a presentarsi, al di là del progresso tecnico-scientifico, nella sua essenziale crudeltà, colma cioè di morte, di malattie, di dolore, di cattiveria, e, senza la fede, per l’essere umano non è possibile vivere. L’essere umano ha invece urgenza di credere, di confidare, di sperare nell’esistenza di un Dio che possa salvarlo dalla brutalità della vita, da quelle piaghe cioè che rendono la vita stessa povera, priva di senso. Inoltre, specie oggigiorno, l’essere umano ha bisogno di riscoprire la fede attraverso una figura simile a S. Elia, vale a dire un profeta, un santo, un predicatore, guaritore e viaggiatore che porti ovunque la Parola di Dio e che sconfigga nell’immediato quei mali in cui, volenti o nolenti, ci si ritrova ogni volta coinvolti.
Ispirato al Bios del Santo da Enna, S. Elia Juniore è un romanzo semplice, appassionante, essenziale proprio come il messaggio di cui si fa portatore: la riscoperta della fede è possibile soltanto se Dio, come ha fatto con Giovanni divenuto poi Elia, chiama qualcun altro a riscoprire la santità.

venerdì 14 giugno 2013

Altrimenti che lotta


- di Saso Bellantone
"Molti interpretano la vita come la costante battaglia da ripetersi ovunque, in ogni era e contro chiunque nella scacchiera della società: alcuni godono nel dare gratuitamente e irrevocabilmente scacco matto all'altro; altri  soffrono nel vedersi costretti a darlo ai primi, anticipandone le mosse. La vita, invece, è soltanto il travagliato cammino sulla scacchiera dell'amore: in fondo alla via, la nostra anima gemella muove già verso di noi".

martedì 11 giugno 2013

Fondi di tazzina subconsci


- di Saso Bellantone
"Il senso di alcuni ricordi riposa in minuzie simili a quei tanti fondi di tazzina lasciati, dimenticati e rimossi, ritenendosi ogni volta già sazi. Quando però si avverte l'urgenza di comprenderlo, tragicamente consapevoli di non poter tornare indietro, si farebbe qualsiasi cosa per gustare il superfluo ogni volta abbandonato. Soltanto allora ci si accorge di essere, e di esserlo sempre stati, dei dissennati".

venerdì 7 giugno 2013

lunedì 3 giugno 2013

Versieri: LE PETITE PROMENADE DU POÈTE di Dino Campana


- di Saso Bellantone

Me ne vado per le strade
strette oscure e misteriose:
vedo dietro le vetrate
affacciarsi Gemme e Rose.
Dalle scale misteriose
c'è chi scende brancolando:
dietro i vetri rilucenti
stan le ciane commentando.
La stradina è solitaria:
non c'è un cane: qualche stella
nella notte sopra i tetti:
e la notte mi par bella.
E cammino poveretto
nella notte fantasiosa,
pur mi sento nella bocca
la saliva disgustosa. Via dal tanfo
via dal tanfo e per le strade
e cammina e via cammina,
già le case son più rade.
Trovo l'erba: mi ci stendo
a conciarmi come un cane:
da lontano un ubriaco
canta amore alle persiane.

Che senso ha la vita quando essa stessa è capitalizzata? Non si spreca nulla. Ogni giorno, dalla mattina alla sera, si programma tutto. I tempi, gli spazi, le condotte, i pensieri, persino i cinque sensi. Condannati per nascita alla morte e alla sofferenza, si sopravvive tentando ripetutamente di scansare le pene inflitte dalla società di massa, consumistica, capitalistica. Si ha sempre appetito. Non soltanto, però, di cibo. Si ha fame anche di lavoro, di una casa, di una famiglia, di amore, di amicizia, di leggerezza. Si è continuamente affamati del proprio destino. Tragico, aleatorio, insicuro. Si sopravvive nella preoccupazione che l'attimo che viene non sia peggiore di quello appena passato. Si è infelici. Consapevoli di far parte di quell'immenso esercito di pierrot senza armi né munizioni, si tira avanti a scapito degli altri, prima che gli altri stessi tirino i nostri fili a vantaggio per loro. Sembra di stare in un logoro teatro, nel quale innumerevoli burattini sono costretti a recitare perennemente la medesima scena. Non c'è posto per il diverso, il nuovo, l'imprevedibile. Tutto è soppesato e calcolato con certezza matematica. Si è incatenati alla logica della ripetizione consumistica come cani moribondi in attesa di rosicchiare l'osso, marchiato col simbolo dell'euro, caduto per sbaglio dalle mani dei propri insaziabili padroni.
Vi è ancora tuttavia qualche impertinente che, svincolandosi dai lacci della schiavitù e del dolore per alcuni istanti, riesce a uscir fuori dal circolo vizioso del capitalismo e a trarre piacere dallo spreco. Non pianifica nulla, non ha appetito di sé, è felice, perché gode dello sprecare questi pochi attimi nella piena e totale libertà, casualità, fuggevolezza. Proprio come descrive Dino Campana ne La petite promenade du poète.
Questo sfrontato d'un poeta, si muove per le stradine oscure e ignote della città, e gode nell'osservare, nel vedere ancora la bellezza, la semplicità, l'affabilità di tutto ciò che gli altri non riescono a scorgere più. Le donne che si affacciano a una finestra o che civettano tra loro in casa. Chi scende le scale a fatica. La stradina silenziosa e solitaria. La luce delle stelle sopra i tetti delle case. Il fascino della notte. Innanzi a questo spettacolo che genera innumerevoli fantasie, il poeta si sente povero delle risposte ai grandi interrogativi dell'esistenza e prova il disgusto nei confronti della società massificata, consumistica, capitalizzata. Per questo motivo, continua a camminare e si allontana dal fetore di questa società finché, quando le case sembrano ormai dileguarsi, ecco che trova la natura. Fresca, pulita, sana. Ancora là, a due passi dalla fetida società. Non c'è più nulla da osservare. Mentre un uomo alticcio canta invano il proprio amore a donne chiuse dietro le persiane, il poeta s'abbandona all'amore gratuito della terra, si stende e si rotola sull'erba selvaggia, per sporcarsi, proprio come un cane, del sano contatto con la terra e appagarsi di essa.
Leggendo oggigiorno La petite promenade du poète di Dino Campana, si ha la possibilità di raffrontare l'omologata e rassegnata forma di vita che ognuno di noi conduce in chiave capitalistica alla ribelle e battagliera vita del poeta. Mentre nel primo caso, la vita perde il proprio senso perché costretta ad accadere nelle circoscritte maglie consumistiche della società consumistica, nel secondo caso la vita preserva il proprio senso, la vitalità, vale a dire il suo dinamismo, la sua abbondanza, il suo sgorgare al di là di ogni limite e convenzione umana. Questo confronto, naturalmente, offre l'occasione, per inverso, di guardare in faccia la società nella quale si vive e di scorgere la freddezza, l'indifferenza, l'insensibilità che ha l'essere umano nei confronti del bello, causata purtroppo dalla paura per il proprio destino, dal timore di non riuscire a sopravvivere in questo tempo di crisi. La via del poeta, che apprezza le bellezze della società e di ciò che sta oltre di essa, è anche la direzione necessaria per uscire non dalla società bensì dalla crisi che la domina: il ritorno alla natura. Se la società è regolata dal capitalismo e quest'ultimo conduce alla schiavitù infelice del consumismo, il ritorno alla natura offre l'occasione di ripensare l'abitare umano su questo pianeta, coniugandolo verso l'amore del bello e del naturale e, anche, della felicità di stare assieme agli altri.
Il poeta, dunque, è sì un impertinente e uno sfrontato ma soltanto nei confronti della logica capitalistica, di chi la promuove e di chi la sposa, consapevolmente oppure no. Il suo occhio, la sua voce resta ancora il sentiero della realtà.

sabato 1 giugno 2013

Legione viandante


- di Saso Bellantone
"Non si è mai soli durante il viaggio, si è sempre in compagnia dei ricordi rimossi, delle percezioni ignare, dell'avvenire inatteso, dell'assenza delle persone amate".