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giovedì 13 settembre 2018

TRASLOGOS



- di Saso Bellantone

Chiuse di nuovo il portabagagli, salì a bordo della Fiat Kappa e, assicuratosi che tutte le cianfrusaglie poste dietro non impedissero la visuale dallo specchietto retrovisore, partì, per l'ennesima volta, direzione sottotetto. Era il secondo trasloco in due giorni. Aveva dormito una sola notte nell'appartamento di via Guglielmo Radio, dopo averlo pulito e ripulito per due giorni di fila, ma come previsto e anticipato a Federica, e naturalmente passato in sordina, non andava bene. Troppo frastuono notturno. La via Guglielmo Radio era una arteria principale della città e anche la domenica, perfino d'estate, era sempre frequentata da automobili, camion e moto talmente rumorose da credere di ritrovarsele nella camera da letto.
“E ora che facciamo?”aveva detto Federica, mettendosi a sedere sul letto, in lacrime, guardando la piccola Nicole che dormiva placidamente “Come facciamo a dormire?”.
Silvestro alzò la testa dal cuscino ancora avvolto dal sonno, guardò prima lei poi la figlia e rispose: “Intanto proviamo a dormire. Domani si vedrà”.
Ovviamente l'ultima parola toccò mille volte a Federica, che pensò di programmare un nuovo trasloco l'indomani, contattando agenzie, proprietari, santi e diavoli, malgrado gli occhi e la voce di Silvestro mostravano chiaramente la necessità, e l'urgenza, di riposare.
Così il giorno dopo, mentre Rossella, la cugina di Federica appena arrivata, liberava le camere e sistemava scatole e valigie, Silvestro faceva viaggi dall'appartamento in via Radio alla soffitta in via Evoluzione, chiedendosi cosa aveva fatto di male per ritrovarsi, da tre-quattro giorni sempre con la maglia sudata a tal punto che sembrava appena tolta dall'acqua. Non seppe rispondere, tutte le volte che se lo chiese, ebbe solo l'impressione che il suono del portabagagli che si richiudeva fosse qualcosa di più, che lo colpisse dentro, che chiudesse, qualcosa, dentro.
Con questa sensazione ogni volta si recava in via Evoluzione con la macchina carica, con la stessa sensazione si stava recando adesso, nell'ultimo viaggio, con a bordo, lato guida, Federica e la piccola Nicole, ignara e dormiente.
“Ti dovrebbero fare santo!” sorrise la compagna, con un'espressione di scusa.
“Lasciamo stare” rispose sarcastico “San Pietro mi ha mandato un whatsapp, dicendo che comunque ha cambiato di nuovo serratura”.
“Che sei scemo!”
“Sei sicura?” chiese, guardandola con occhi sorridenti “Potrei abbandonare la mia calma serafica e incazzarmi, per il nuovo trasferimento, per il fatto di avertelo detto che la casa era rumorosa, per il fatto che avevi deciso di cercare casa con più calma, come suggerito anche da Davide, e poi hai avuto di nuovo fretta, perché avevo la sensazione che saremmo tornati in via Evoluzione...”
“Ok ok! Sei un santo, sei bravo!”
“Limitiamoci a bravo, va” scoppiò a ridere, seguito dall'interlocutrice, “Lo faccio solo perché c'è anche Nicole. Ma adesso, anche se scoppiasse una bomba sotto casa, la nuova intendo, restiamo qui per almeno due-tre anni.”
“Concordo!” rispose Federica, scoppiando nuovamente a ridere “Ma Davide e Rossella che fine hanno fatto?”
“Hanno preso un'altra strada... eccoli lì che arrivano anche loro con la Ford.” disse Silvestro, notandoli dallo specchietto retrovisore.
Gli amici parcheggiarono di fianco alla Fiat Kappa e, scaricate le macchine, cominciarono a portare su tutto quanto.
In realtà, molta della roba era già stata portata in soffitta da Alessia e Roberta, le figlie di Davide e Teresa, mentre la madre si era già attivata nel fare le pulizie, una volta appresa la notizia da Silvestro che, in mattinata, sarebbero tornati in mansarda.
Davide, Teresa, Roberta e Alessia erano i vicini storici della casetta rosa di via Evoluzione. Abitavano al primo piano ed erano stati i primi a conoscere, alcuni anni prima, quando Silvestro e Federica si erano trasferiti per lavoro a Nuova Città. Una famiglia semplice, umile, pacifica e piena di amore e di sorrisi, che viveva assieme alla nonna. Poi, giunta la notizia di Nicole, Silvestro e Federica erano rientrati al paese natio, e adesso, dopo la pizzata della sera prima fatta in casa da Teresa, i due erano tornati nuovamente al sottotetto di via Evoluzione, nell'incredulità di Roberta e Alessia, nipotine doc, acquisite per il grande affetto provato nei loro confronti. È probabile che anziché il frastuono di via Guglielmo Radio fosse stata propria la pizzata di Teresa a convincere Federica a ritornare in via Evoluzione, una volta appreso che la mansarda era di nuovo libera. Forse era stata la birra con Davide a convincere Silvestro. O forse l'attenzione di Roberta e Alessia, come se non ci si vedesse soltanto dal giorno prima. Comunque sia, il trasloco era compiuto.
Una volta portato tutto in mansarda, Silvestro e Federica cenarono con Rossella, senza la quale sarebbe stato impossibile organizzare un trasloco nell'immediato, mentre Nicole dormiva. Avevano sistemato ogni cosa nello stesso posto in cui si trovava due anni prima e avevano commentato il rapido trasferimento continuando a sottolineare la follia dell'accaduto e a elogiare l'immensa pazienza di Silvestro, il quale rimarcava che per lui San Pietro non avrebbe neanche battuto le ciglia di un occhio solo e la santità se la poteva sognare.
Finito di cenare, Rossella si mise a lavare i piatti mentre Silvestro e Federica uscirono sul balconcino, per fumare una sigaretta. Chiusero la scorrevole e Silvestro ebbe la stessa sensazione che aveva ogni volta che, in giornata, aveva chiuso lo sportello del portabagagli. Sembrava che qualcosa si richiudesse anche dentro di lui. Si affacciò assieme a Federica e i due scrutarono il paesaggio circostante, lo stesso panorama che dava loro pace prima dell'arrivo di Nicole. Si guardarono e proprio nel momento in cui i due dissero contemporaneamente “Siamo a casa.”, l'orologio, il vecchio orologio che avevano lasciato appeso due anni prima, all'ingresso, non funzionante, cominciò a ticchettare.
Si guardarono di nuovo, meravigliati dell'accaduto, e rivedendo velocemente gli ultimi due anni della loro vita nella mente, insieme, dissero di nuovo: “Sì, siamo a casa!”.