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sabato 27 ottobre 2012

L'accecante fretta


- di Saso Bellantone
"Uno dei paradossi dell'attivismo moderno è che si ha fretta nel fare qualsiasi cosa tranne una, cioè di prendersi tutto il tempo necessario per pensare a se stessi".

mercoledì 24 ottobre 2012

Puntura conoscitiva


- di Saso Bellantone
"Se nelle profondità del tuo essere covi spine, non meravigliarti allora se gli altri preferiscano starti lontano; se le tue spine, invece, sono portatrici di conoscenza, allora tenta di pungere più persone possibili".

martedì 23 ottobre 2012

La chiave della vita


- di Saso Bellantone
"Inutile cercare la chiave per aprire la porta della vita. Non puoi trovarla, perché l'hai persa quando hai attraversato quella soglia per la prima volta. Soltanto quando la varcherai nuovamente, malgrado te, ti ritroverai con la tua vecchia chiave tra le mani. Può darsi, tuttavia, che qualcuno abbia appena cambiato la serratura".

venerdì 19 ottobre 2012

Congiunzioni rivelatrici


- di Saso Bellantone
"Ognuno mira alla conoscenza di sé ma, a volte, ciò si realizza soltanto quando si tende la mano a qualcun altro".

martedì 16 ottobre 2012

Visioni taglienti


- di Saso Bellantone
"Anche nella nebbia puoi vedere... basta abituare i tuoi occhi a diventare lame".

venerdì 12 ottobre 2012

Pensieri visivi: OCCHIO di Maurits Cornelis Escher



- di Saso Bellantone
Un occhio. Sta fissando qualcosa ma non è la luce che si riflette nella sua iride. Può vedere la luce, sì, ma non quel che si apre in essa. Per farlo, deve fermarsi al bagliore e lasciare che qualcos'altro passi, entri. Soltanto allora ciò che si dischiude in quella fenditura, in quella chiarezza, può essere visto. Quel che vi abita, però, non è però l'immagine che si rispecchia nella pupilla dell'occhio né a vedere è quest'ultimo. A vedere nella crepa, nella luminosità, è il pensiero. E quel che scorge chiaramente è la morte.
Occhio di Maurits Cornelis Escher offre l'occasione di affrontare un argomento insolito. Ogni giorno, i quotidiani informano della morte di Tizio, Caio o Sempronio e ogni volta ci si sente scossi – o indifferenti, a seconda delle prospettive – perché si pensa al fatto che Tizio, Caio o Sempronio non c'è più. La notizia consiste nella scomparsa dalla comunità dei vivi di Tal dei Tali e ciò sconvolge per un periodo, breve o lungo che sia, a seconda dei casi, dopodiché si riprende la solita routine, come se non fosse accaduto nulla. “È ovvio, occorre vivere” si potrebbe affermare “non pensare costantemente al fatto che Tal dei Tali è morto” e si direbbe bene. Ma ciò su cui si vuole porre l'attenzione consiste nel fatto che pur accorgendosi della scomparsa di qualcuno dalla comunità dei vivi, ogni volta, leggendo o ascoltando una notizia di cronaca, ci sfugge sempre il medesimo fenomeno: quello della morte.
È un tratto tipico della nostra società. Non si pensa alla morte. È un fenomeno evitato, preso alla leggera o addirittura rimosso eccetto quando si perde una persona cara o, appunto, si è rischiato di perdere la vita. In questi casi, la morte dà da pensare e, alla fine – consapevolmente oppure no – non si fa altro che pensare alla vita.
Per le civiltà passate la morte è stata il fenomeno a partire dal quale pensare la vita. Da una precisa interpretazione della morte è poi originata, in chiave mistico-cultuale, una morale mediante la quale regolare le condotte di una comunità e, quindi, destinarne – seppur in parte, in larga parte – la storia. Per la nostra civiltà, ormai planetaria, la morte non conta. Non si pensa la vita a partire dalla morte ma a partire da alcuni “fenomeni della vita” – tra i quali il potere, il successo, la ricchezza, il piacere – che hanno generato un'etica della quantità, risoltasi ormai nella lotta di tutti contro tutti, che già produce differenza tra potenti e impotenti, signori e schiavi. L'avvenire della nostra civiltà è, quindi, condizionato dall'equazione vita = quantità.
Nelle civiltà passate, per mezzo dei medium o simboli mistico-cultuali nei quali si riconosceva e, dunque, per mezzo della morte, l'individuo dava un senso alla propria esistenza diverso dalla propria esistenza stessa e dai fenomeni in essa contenuti. Oggi ciò non accade. Da un lato perché la morte non è considerata un fenomeno della vita, eccetto nel suo volto economico-consumistico – dunque, quantitativo. Dall'altro lato, perché la mistica che regge la nostra società coincide perfettamente con la sua logica sintetizzata nell'equazione vita = quantità, la quale significa anche dio = quantità.
L'essere umano ha un nuovo comandamento “Non avrai altro dio all'infuori della quantità”. Alla luce di esso interpreta la vita, venerandola, nel modo della quantità, della ricerca della quantità di tutto: delle relazioni, della ricchezza, dei beni, dei servizi, dei piaceri, di qualsiasi fenomeno. Per lui, tradotto in termini filosofici, “l'Essere è la quantità”. Egli non ha tempo di pensare alla morte e, quindi, alla propria fine, per il semplice fatto che la morte è la fine della quantità, quindi è insensata e inutile. Si concentra, dunque, sulla quantità – cioè sulla vita, sul nuovo dio – e non si rende conto che continua a imbruttirsi, avvilirsi e infuriarsi sempre di più, riducendo rapidamente la distanza che lo separa dal giorno in cui distruggerà sé e l'intero pianeta. L'essere umano, in breve, è fuori di sé.
Non è questo il luogo – né se ne ha l'intenzione – di impiegare l'idea della morte per generare nuove morali o scale di valori con le quali ripensare la civiltà planetaria e le sue condotte. Si propone, piuttosto, di tornare a pensare alla morte ogniqualvolta si legge un articolo di cronaca o un nostro caro svanisce dalla comunità dei vivi. Chiedendosi “Che cos'è la morte? - Perché la morte? - Perché esiste la morte? - Perché si muore? - C'è un dopo-la-morte?” e via dicendo, ci si offre l'occasione di riappropriarsi di sé; di ricordarsi che, in fondo, si è esseri mortali, finiti, limitati; di capire che l'innaturale e disumano circolo vizioso della quantità, che domina la nostra era, non è la meta ultima del mistero dell'esistenza, ma se si continua così sarà certamente il nostro ultimo capolinea. 

lunedì 8 ottobre 2012

Delirio e lucidità


- di Saso Bellantone
"La differenza tra l'essere umano e la natura è che mentre il primo, delirante, continua a distruggerla, la seconda, lucidamente, continua a ricambiare gratuitamente con la propria bellezza".

venerdì 5 ottobre 2012

Irradiarsi di sé


- di Saso Bellantone
"Non è sempre buio: o la luce dorme o sei tu stesso ad addormentare la tua".

mercoledì 3 ottobre 2012

OLTREWEB Comincia la risalita del fiume del diritto


- di Saso Bellantone
Buon meriggio web,
è ormai cominciata la risalita alle fonti del fiume del diritto e gli “andati a logica piramidale” di destra, di centro e di sinistra tremano. Hanno paura. E fanno bene. Perché sono consapevoli che il voto 2013 non sarà un semplice giro di boa ma una carneficina. Alcuni “andati”, infatti, affonderanno una volta per tutte alle foci del torrente, portandosi dietro gli ultra-decennali piloti e ammiragli, mentre il “fenomeno five-stars” risalirà sempre più il torrente stivalico appostandosi a un passo dalla sua sorgente, con la disperata forza di giovani vogatori su canoe che imbarcano acqua. Sarà un momento epocale. L’antico potrà essere rimpiazzato dal nuovo. La storia dello Stivale potrà prendere un nuovo corso. Ma dipende da te, mio caro web.
Gli “andati” conoscono questo pericolo da mesi, ma hanno voluto prendere del tempo. Con la giustificazione dello spread e della crisi economico-finanziaria, hanno chiamato l’Uomo del Monte e il giorno dopo gli hanno affidato le sorti dello Stivale con la sua guida tecnica, allo scopo di riorganizzarsi. Ma adesso, che l’Uomo del Monte si è dichiarato disponibile ad assumersi nuove responsabilità post-elettorali, tutti gli “andati”, non soltanto alcuni, rabbrividiscono. Temono di essere reputati inutili, superflui e di essere depennati dallo Stivale per sempre.
Eppure, questo è il destino che gli “andati” stessi hanno deciso per sé con decenni e decenni di mal-andamento e di mal-business con pietroni, mastravalute, banditi e intonacati, allo scopo di riempire la propria saccoccia a scapito delle greggi. Erano sicuri che non sarebbe mai venuto il giorno in cui il loro oscuro operato sarebbe uscito alla luce del sole. Invece, sono giunti diversi di questi luminosi giorni e, ora che questi sembrano interminabili, le mandrie sono stanche di vedersi magre e di sentire lo scandaloso scampanellio del collare stretto al loro collo dagli “andati”. Se non darsi all’ingrasso, almeno vogliono la salute e respirare senza strozzature.
Per questi motivi, nel 2013 il bestiame dirà di no agli “andati a logica piramidale” e si aprirà ai “fenomeni a logica circolare” come il five-stars. Il bestiame vuole auto-condursi e chiudere i vecchi mandriani nel recinto della dimenticanza. Gli “andati” ne sono coscienti e sperano di esorcizzare tale pericolo in due modi: gettando discredito sui fenomeni a logica circolare, denominandoli appunto “chiunquismo”; rivolgendosi ancora una volta al male minore, al rappresentante degli “importanti”, l’Uomo del Monte. Non si rendono conto che in entrambe le maniere accelerano il processo del loro svanimento. Nel primo caso, offrono alle greggi l’occasione di dimostrare loro che non si tratta di “chiunquismo” bensì di quel che gli “andati” hanno scordato o fanno finta di aver dimenticato: la sovranità popolare. Nel secondo caso, regalano agli “importanti” nazionali e internazionali il momento propizio per depennarli una volta per tutte, accentrare nelle proprie mani il potere del popolo, appunto, il Nano, e smantellare quest'ultimo più facilmente per generare più rapidamente l'impero del Grande Leviatano del Nord.
In un modo o nell’altro, dunque, gli “andati” sono al capolinea. Tremano. E fanno bene. Perché, superbi, anziché lasciare la cabina di pilotaggio a quegli stessi giovani vogatori imbarcati nei “fenomeni a logica circolare”, preferiscono affondare con i propri vecchi capitani e ammiragli. E affonderanno, cedendo il passo agli “importanti” e alla fine di ogni cosa, così com'è stata finora.
La piena del fiume del diritto, mio caro web, sta arrivando e l’unico modo per frenare la fortuna degli “importanti” è abbandonare le vecchie navi degli “andati a logica piramidale” con i loro capitani, imbarcarsi sulle canoe dei “fenomeni a logica circolare” e strappare agli “importanti” la cura di quello che è stato sempre tuo: il Nano. Ma tu, mio caro web, stai preparando le canoe oppure preferisci stare ancora una volta dentro il recinto, quello però del Titanico Mostro Settentrionale, degli “importanti” internazionali e della smisurata compravendita targata (ze)Leviatan?
Medita web, medita…