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domenica 25 settembre 2011

Inaugurata la mostra Dalla noia nascon fiori unici

- di Saso Bellantone
Si apre con un effetto domino la Mostra d’Arte Contemporanea organizzata dal collettivo Laboratorio Kaleidoscopio presso il Castello Ducale Ruffo di Bagnara, inaugurata dal sindaco Cesare Zappia e gli assessori Giuseppe Spoleti e Bruno Dominici. È l’effetto domino che l’arte è capace di provocare in un gruppo di persone, in una comunità e anche oltre l’orizzonte. In una parola: speranza. Non c’è spazio libero per l’aria, il vuoto, la solitudine. È tutto pieno: il cortile, le camere, la terrazza, la via esterna. Tutti quelli che hanno ancora voglia di fare comunità, di sorridere, di pensare e di sperare con la voce dell’arte si raccolgono al Castello da ogni zona della provincia, per sentire, appunto, la voce dell’arte, pardon, le sue diverse voci. Pittura, scultura, fotografia, installazioni, allestimenti floreali e sculture vegetali, musica, lettura, video e quant’altro: sono questi gli ingredienti che i giovani artisti del Sud e del Laboratorio Kaleidoscopio usano per far sentire ognuno la propria voce con le differenti tonalità dell’arte e lanciare al Sud stesso un messaggio di speranza. Una scossa è sempre possibile. Occorre lasciarsi travolgere dalla cultura, dall’arte, dai giovani. Una volta che questi tasselli cominciano a operare, a “cadere”, il più è fatto. Non si può fermare il domino ma soltanto cavalcarlo come un’onda che conduce a persone, a gruppi, a comunità, a un intero Sud diverso, nuovo. Di seguito, la voce di alcuni artisti.

Tonino Cassalìa:
“Mi sono avvicinato all’arte con gli elementi naturali che ci circondano, con ciò che la natura ci offre. La mia arte non vuole deturparla: usa la natura con molto rispetto. Per esempio, in questa mostra ho realizzato due grifoni, stilizzati, per rappresentare lo stemma del Castello di Bagnara. In genere amo rappresentare forme mobili, non lineari, tutto ciò che può essere avvolto e inglobato in tutto quello che ci circonda, in tutto ciò che la natura fa. Il tema dominante della mia arte è costituto dalle radici. Occorre sentirsi legati alle nostre radici e alla nostra terra, anche se si è costretti a cercare fortuna altrove. La mia tecnica evidenzia una delle caratteristiche predominanti del Meridionale: la capacità di adattarsi a ogni situazione, con una marcia in più rispetto ad altri. È necessario coltivare l’arte, in primo luogo nelle scuole. Tutti possono essere artisti ma ci sono anche delle regole che vanno seguite per poi uscirne a modo proprio, cioè con la propria arte. Studiando si ha la possibilità di personalizzare i propri lavori ma con una cognizione dell’idea e una spiegazione logica di cosa si va a fare. La politica, le istituzioni e i pubblici non sono vicini ai giovani artisti e all’arte. Non tutti. Questa mostra evidenzia quanti ragazzi ci sono al Sud capaci di creare con i materiali e le tecniche più svariate, ognuna di grande impatto ed effetto. Niente da togliere alle firme che stanno in giro però occorre puntare sui giovani, con delle idee innovative e con una sensibilità particolare rispetto a chi negli anni si è lasciato andare, abbandonandosi al modus vivendi negativo che ci circonda oggigiorno. Occorre stimolare i giovani, credere in loro, e aiutarli anche economicamente, per acquistare i materiali, per pubblicizzare e far conoscere l’arte anche oltre i confini della nostra regione.”

Mapi Dafne:
“Mi sono avvicinata all’arte per caso. A differenza di tanti altri che nascono fotografi, io mi sono avvicinata prima all’immagine in movimento, come filmaker, poi ho capito che un’immagine statica crea movimento lo stesso. Amo la fotografia in toto. Anche perché le nuove tecniche ci permettono di svariare in grande. La fotografia è l’occhio amplificato che dà la possibilità di, gioco di parole, sognare ad occhi aperti. La macchina fotografica mi permette di vedere e ricreare quello che voglio. La fotografia è libertà di espressione. Oltre al sogno ad occhi aperti, ci sono altri scopi che l’osservatore può cogliere. Ci tengo molto a fare denuncia sociale. Infatti nei miei scatti si possono vedere immondizia, bottiglie gettate a terra di multinazionali che inquinano l’acqua o l’ambiente oppure case di paesini abbandonati, lasciati al degrado mentre si continua a costruire altrove, non rivalutando quello che abbiamo. Credo che il non-luogo va ripopolato. Bisogna fare questo grande trasloco/migrazione dalle città ai piccoli paesini, riprendere i vecchi mestieri, le vecchie maestranze. Oggigiorno l’arte è stata volgarizzata. La fotografia, per esempio, da quando c’è stata l’introduzione del digitale, con il quale tutti sono diventati fotografi. Stesso dicasi per gli altri generi di arte. Con questo modo di vivere accelerato anche l’arte si è dovuta adattare: producendo velocemente non si riesce a cogliere il vero senso delle cose. L’arte invece ha bisogno di tempo, di espressione e soprattutto di libertà, che l’artista, in Italia e al Sud soprattutto, non ha. Bisogna stare attenti a fotografare certe situazioni. Dal punto di vista economico, l’arte non è libera. Io non mi reputo un’artista e il mio hobby è molto caro non soltanto sul piano economico. Non ne ricavo nulla: io lavoro per mantenermi questo hobby. L’arte alla fine, se è vera, non ripaga. Però l’artista che nasce oggi lo sa e se ama l’arte va avanti. La politica, le istituzioni e via dicendo dovrebbero aiutare l’arte e gli artisti perché la cultura è importante. L’arte trasmette cultura: occorre che ognuno metta a frutto le proprie idee, non si frustri e vada avanti in questo percorso. La politica spesso evita questo perché sa che la gente di cultura porta sempre tanti problemi. Abbiamo questa cultura strumentalizzata, chiusa in questi grossi edifici, riprodotta per loro. Infatti si vede quali sono gli artisti che vanno avanti: o fanno televisione o fanno mostre per la politica o l’economia. Credo che la politica non aiuterà mai l’arte e gli artisti perché la cultura è scomoda ma, per una volta ancora, voglio pensare di sbagliarmi. In ogni caso, se la politica non ci aiuta cercheremo di aiutarci da soli, perché l’unione fa la forza e questa esposizione lo dimostra. Ognuno con i propri tempi, ritagliando del tempo all’arte quando non è impegnato nel lavoro, dimostra di lavorare bene assieme agli altri. Speriamo di fare altre iniziative simili”

Carmela Caratozzolo:
“L’arte mi è sempre piaciuta fin da piccola in tutte le sue varie forme, tant’è che faccio danza da tanti anni: quale miglior medium per avvicinarsi all’arte. L’arte o ce l’hai dentro da quando nasci o è difficile tirarla fuori. Non è una cosa che si può spiegare: o si sente o fai altro. In questa mostra ho creato la Stanza dei Guardiani del Sidro, che parla dei peccati capitali e del peccato originale. Quindi mette in luce questo aspetto biblico, ricalcato dalle mele – simbolo del peccato – che è un messaggio abbastanza lampante. Ognuno fa di sé la propria arte: è una manifestazione dei sentimenti che si hanno e ognuno li esprime come meglio crede, con la scultura, la pittura, l’installazione. L’arte è un dire la propria e comunicare all’osservatore quel che si ha da dire, quel che si dice con il linguaggio dell’arte. L’arte e gli artisti hanno sempre difficoltà, in alcuni casi anche tra di loro, perché l’arte è, naturalmente, soggettiva e ciò spesso crea delle incomprensioni. Tra gli artisti è normale, infatti gli artisti tendono poi a superare queste incomprensioni tra di loro. È anormale quando l’arte non è compresa dagli altri, da chi artista non è e da chi fa di tutto per contrastarla. Bisogna invece cercare di mantenere l’arte e gli artisti nella nostra terra. A tal fine, occorre credere nell’arte e negli artisti e creare degli spazi come questo, il Castello di Bagnara. Se si parte da questo, il resto verrà da solo, passo dopo passo. Le cose non si possono programmare in toto, specie quando si ha a che fare con l’arte. Abbiamo voluto realizzare questa mostra senza chiedere contributi, per dimostrare che come primo passo l’arte non ha bisogno di soldi bensì di un monito pratico: ha bisogno di comunicare, di esprimersi. L’arte necessita di una collaborazione attiva da parte di tutti, senza pensare a scopi di lucro. Poi ovviamente se si fanno le cose in grande, c’è bisogno di un aiuto più concreto e a quel punto si parte con gli aiuti economici, specie quando si ha a che fare con dei giovani artisti che non hanno altri modi per sopravvivere. L’arte può essere un solido strumento per la lotta contro la criminalità e per distogliere i giovani dagli strumenti di comunicazione di massa che li raggirano, mostrando loro un mondo che non esiste. L’arte può risvegliare i giovani, parlargli, mostrargli qual è il vero mondo nel quale viviamo e insegnare loro a denunciare, a battersi per un mondo diverso.”

Gregorio Ocello:
“L’arte mi è sempre piaciuta. Studio infatti al Dams a Roma. In occasione di questa mostra ho pensato di creare un video, un mix di immagini e musica, impiegando un brano di mio cugino Biagio La Ponte, intitolato “Percezioni”, pensato originariamente per il suo cd. Po io l’ho adattata, dandogli un mio significato attraverso il video. L’arte può aiutare la gente a capire certe cose che altrimenti da soli non riescono a capire. È un mezzo che serve per fare aprire gli occhi alla gente, un mezzo che possono usare tutti, è per tutti e non è mai controllato completamente dalla società. È un mezzo per parlare liberamente con la gente comune. Il video che ho realizzato per la Stanza degli Elementi, vuole far capire alla gente che siamo controllati e paragone le persone alla natura. Se la natura dovesse ribellarsi, si pensi ai terremoti agli tzunami, potrebbe prendersi in un attimo ciò che gli spetta di diritto. Lo stesso vale per la gente ma non se ne rende conto. Il video parla dunque a tutti, a proposito di quello che accade nel mondo, impiegando la metafora della natura. L’arte finora è stata aiutata pochissimo perché è pericolosa, scardinerebbe l’ordine delle cose, il sistema. L’arte è ormai considerata qualcosa di commerciale, è usata soltanto per fare soldi e sfruttare la gente con gli occhi chiusi. Anzi è stata trasformata. Lo scopo dell’arte commerciale è il contrario di quello che l’arte vuole raggiungere: aprire gli occhi all’uomo su quello che lo circonda. Occorre investire sull’arte per avere più punti di vista, più libertà, ma investire nel senso di “creare di più”, non in senso economico. L’arte deve essere libera dall’economia. È un investimento per stimolare il criticismo dell’essere umano e soprattutto dei giovani che, grazie alla tecnologia di oggi, possono creare di più e possono parlare agli altri per far aprire loro gli occhi.”

Giuseppe Frosina:
“L’arte mi ha sempre appassionato fin da bambino, quando disegnavo o copiavo le cassette della Walt Disney. Dopo le lacrime che ho versato quando i miei genitori hanno scelto di mandarmi allo scientifico anziché all’artistico, ho deciso di seguire la mia passione e non l’aspetto puramente lavorativo. Così sono andato all’Accademia. Da qui ho seguito la mia strada. Mi è sembrato giusto mettere in piedi questa mostra a Bagnara perché offre l’occasione di evidenziare l’arte e di conoscere i giovani che permangono nella nostra terra. Questa fuga di cervelli verso il nord impoverisce il territorio dove noi nasciamo. Da qui, scaturisce l’esigenza di mettere in piedi un insieme di idee, per dare voce ai giovani che sono rimasti in una terra che non ti dà molte aspettative né via d’uscita. E allora abbiamo deciso di creare, di urlare tramite il metodo per eccellenza: l’arte, dove non ci possono essere censure ma soltanto libera espressione. Abbiamo scelto di organizzare questa mostra in occasione delle Giornate Nazionali per il Patrimonio perché guardandoci attorno abbiamo visto cose che non ci andavano bene – vedi com’è stato trattato il Castello e altri reperti della nostra storia passata – e abbiamo pensato di farla qui per mettere in primo piano anche il nostro patrimonio, usando la nostra voce, quella dell’arte. L’arte è libera espressione. Al contrario di quanto dicono molti secondo cui internet è l’unico metodo per esprimersi liberamente, io credo che ancora oggi questo spetti soltanto all’arte. All’inizio, quando abbiamo pensato di organizzare questa mostra, c’era molta paura di non essere capiti. Paura delle persone che non sono abituate a un certo tipo di discorso o di situazioni. L’incomprensione era la nostra paura più grande. Io penso che fare un certo tipo di cose, anche in contesti come questo, è importante per abituare la gente a un certo tipo di linguaggio. Elevare le persone a qualcosa di più e non abbandonarle alla loro “ignoranza”. L’arte è una crescita e gli artisti sono chiamati ad aiutare gli altri in questa crescita, a prendere coscienza delle cose. La Stanza della Polvere, per esempio, è una metafora che rappresenta l’arrendevolezza dell’uomo. L’uomo si è inserito sempre più in un percorso che non gli appartiene. Io credo che l’uomo è un essere naturale e che il progresso, in realtà, è un regresso. Più progrediamo più ci allontaniamo dal nostro stato naturale. La polvere è la metafora per eccellenza per comunicare questo. Rappresenta infatti la battaglia che l’uomo combatte giornalmente contro quello che ha creato su di sé. La polvere non è un elemento che ci appartiene: ogni giorno tu la togli ma lei torna sempre. Credo che un giorno l’uomo si stancherà di questa situazione che si è creato attorno. Guardiamo le scope molli: guardiamo che cosa accadrà se tutto verrà abbandonato. Non ci sarà più niente, nemmeno l’uomo. Spero che si riesca ad acquisire la coscienza di tornare a quello che eravamo. Finora l’arte e gli artisti sono stati aiutati pochissimo, perché nessuno fa niente per niente. Credo che la politica sfrutti queste occasioni per farsi una cornice attorno che gli possa servire in futuro, non perché si creda a fondo nei valori dell’arte e dell’impegno che stiamo mettendo. È un gioco che bisogna intraprendere, da qualche parte occorre cominciare, abituando le persone e i politici stessi, perché anche oro sono uomini, alla presenza dell’arte. L’importante era iniziare e infondere un certo tipo di fiducia nei nostri confronti. Per ora c’è stata, vedremo in futuro. Vogliamo che la gente si fidi dell’arte, si appassioni e speri in un futuro migliore, privo di paure, di crescita e capace di decodificare qualsiasi tipo di linguaggio in modo costruttivo: l’essere più aperti.”

Alessandra Ienco:
“Mi sono avvicinata all’arte con più forza quando ho iniziato l’Accademia delle Belle Arti a Reggio dove, studiando e conoscendo altre tecniche e altri artisti, ho capito maggiormente la mia vena artistica. Un’opera d’arte a primo impatto deve trasmettere qualcosa, specie a un osservatore che non la vive giornalmente come accade per noi. Spesso non è capita però occorre che l’osservatore si avvicini sempre a questa realtà che per lui risulta essere nuova. Pian piano può crearsi una sintonia con l’arte, può educarsi all’arte malgrado, a tal fine, siamo noi i primi a doverlo educare. L’installazione che espongo in questa mostra s’intitola “Le realtà invisibili”, nella quale rappresento l’esperienza umana. È come se ci ritrovassimo all’interno di un cervello, che viene rappresentato attraverso il corpo umano dell’uomo e della donna, che appaiono come dei manichini che hanno il corpo colorato di cielo, in quanto rinvia a un senso di libertà che ritroviamo all’interno di ognuno di noi. C’è una serie di fili che rappresenta il non rappresentabile, cioè sia tutto ciò che è nella mente dell’uomo, i pensieri di ogni singola persona, sia l’energia vitale dell’essere umano, che viene fuori da questo uomo e questa donna, che rappresentano ognuno di noi. In generale l’arte è aiutata e stimolata ma lo stesso non si può dire pienamente al Sud, tranne alcune eccezioni. In questo caso, stiamo tastando il territorio e la gente. Si spera in una rinascita dell’arte e in particolare in una giusta valorizzazione di questi giovani artisti che stanno esponendo oggi al castello. Occorre aiutare l’arte e gli artisti, non possiamo farne a meno. Oggi si spreca tempo a guardare un qualsiasi oggetto elettronico o tecnologico, mentre innanzi a un’opera d’arte si passa dritti e non perdiamo tempo, ma perdiamo la possibilità di riflettere sulla vita con altri occhi, mediante l’opera pittorica, scultorea e altre realtà. C’è bisogno di vedere un oggetto semplice come la lana di quest’opera, alla maniera di un simbolo della continua lotta dell’essere umano con se stesso nel corso del tempo, e che indica anche l’energia dell’uomo che nonostante le lotte, le difficoltà della vita e le cose più belle, comunque trova sempre un modo per uscire e condurre l’uomo in avanti nel suo cammino.”

Mimì Ramone:
“Sono state due settimane toste. La mostra è un evento per Bagnara e per il Sud perché non è soltanto un’esposizione ma un progetto che vorremmo duri nel tempo, per il territorio e recuperare le strutture abbandonate o poco utilizzate e sfruttate. Quel che immaginavamo era una situazione di incontro di artisti, di esposizioni, di installazioni, di performance di danza, di teatro, di musica, cioè un museo che raccolga tutte le forme di arte contemporanea. Volevamo trasformare il Castello in un museo, una cosa che a Bagnara manca. Noi lavoriamo per la creazione di una situazione continuativa per riutilizzare gli spazi inutilizzati, rivalutando la possibilità di crearci da noi il lavoro. Per noi sarebbe bellissimo poter vivere di questo. C’è chi si occupa della parte esecutiva, chi della parte organizzativa, c’è chi ha studiato una disciplina, chi un’altra ma tutti operiamo per lo stesso scopo. Raggruppando queste menti volevamo creare questa situazione, questo laboratorio. Volevamo un punto di riferimento e il Castello ci sembrava la location ideale. Il titolo di questo evento, “Dalla noia nascon fiori unici”, nasce così. Una sera abbiamo cominciato a parlare in piazza di questa iniziativa. L’estate bagnarese era finita, sono partiti tutti e siamo rimasti in quattro a parlarne. Nella noia, ognuno ha tirato fuori un’idea che è diventata un punto di partenza verso qualcosa che nel nostro paese non si era ancora visto. Dalle idee che abbiamo tirato fuori mi sembrava adatto questo pezzo della canzone degli Afterhours. Annoiati dagli eventi che ci sono stati quest’estate – il calendario dell’estate bagnarese è stato peggio degli altri anni, a parte le serate dei Ganja Garden o di Valentina Sofio – per divertirsi occorreva andare fuori, per esempio seguendo Battiato o il Paleariza. Insomma, tutto è nato dalla sera alla mattina. Invito tutti a venire al Castello per darsi una scossa culturale e stimolare la propria curiosità con un’altra cosa nuova. È anche un modo per conoscere i giovani che abitano la nostra terra. Se l’avesse fatta qualcun altro, io sarei stata la prima a dire “andiamo al Castello”. Quando c’è una cosa nuova in giro, vado subito. La gente deve venire qui, per dare quella critica anche negativa, o un consiglio, o accorgimenti, o per spronarci ancora di più, è tutto costruttivo. Quindi, vorrei che si parli di questo, che le opere e le installazioni che abbiamo preparato stimolino la riflessione e che si cominci a pensare a quanto abbiamo da proporre. Se si riesce a centrare questo obiettivo, per me sarebbe il massimo.”

1 commento:

  1. Grande Salvo!! Articolo molto interessante... Finalmente nel nostro paese l'interesse arriva anche dove c'è grande bisogno..
    Speriamo che si sia aperta una porta verso un cammino doveroso!
    L'arte é essenziale per la vita dell'uomo!

    Biagio Laponte

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