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domenica 26 giugno 2011

L'ARTE PERIFERICA: intervista a Valentina Sofio

- di Saso Bellantone
Cantautrice, polistrumentista autodidatta, Valentina Sofio comincia la sua carriera musicale negli anni ’90, partecipando a festival e iniziative musicali di varia natura. Nel 1998 incontra Mario Lo Cascio e diventa un’assidua frequentatrice della Saletta, un laboratorio musicale e sala-prove dove affina il suo amore per la musica. Nel 2000 segue la cantante Maria Carmela Gioffré in un tour invernale, nel ruolo di percussionista e corista. Nel 2001, insieme a Mario e al chitarrista Domenico Calabrò, Valentina forma il gruppo di musica popolare Discanto, nel ruolo di cantante principale, percussionista e di autrice, con il quale svolge molti concerti in Italia e in Francia e partecipa a festival e programmi radio-televisivi. Nel 2001/2002 interpreta un brano di Irene Grandi durante il programma televisivo “Domenica in”. Nel 2003 partecipa all’Accademia di Sanremo, con il suo brano “Questo amore”. Nel settembre dello stesso anno parte in tour con i Discanto, esibendosi in vari locali e quartieri di Parigi e nel 2005 il debutto discografico dell'album Chista Maìa dei Discanto, riscontra un enorme successo nazionale. Dal 2007 al 2010 Valentina collabora come tastierista o batterista con alcune band, quali i Ganja Garden e la Boku’s Band e comincia a pensare al progetto da solista “Ombra in Penombra”, con il quale svolge molteplici concerti e live. Questo progetto diviene il primo album da solista di Valentina, in uscita nel mese di luglio 2011.

Come ti sei avvicinata alla musica?
Innanzitutto grazie alla mia famiglia. Mio padre è musicista, mia madre cantante, e all’epoca si sono conosciuti così. Credo di essere nata con un po’ della loro musica e da loro mi sento sempre molto stimolata. Da piccola ascoltavo la musica che c’era attorno a me. A 5-6 anni ho avuto a che fare con i primi strumenti e a 7 anni ho scritto la prima canzone, banale forse ma indicativa: “I fiori sono belli”. Il primo strumento a cui mi sono avvicinata è stato il pianoforte. Intorno ai 10 anni ho iniziato a studiare musica con mio padre e qualche anno dopo ho deciso di proseguire da autodidatta, di passare dallo studio teorico a quello più pratico: una sorta di ricerca di una sintonia con lo strumento, di una poesia. La passione vera e propria, però, è esplosa con l’incontro di Mario Lo Cascio e de La Saletta. Quest’ultima mi ha offerto la possibilità di potermi esprimere in maniera completa con tutti gli strumenti che forniva, di imparare da tutti i musicisti che là ho incontrato e, nell’occuparmi della sua gestione, di capire che la musica è anche una responsabilità. Con La Saletta ho tirato fuori il mistero della musica che avevo e che ancora oggi porto dentro di me. È stata una vera fortuna. Tutto quello che mi serviva per comporre c’era. Ho iniziato a scrivere dei testi, a immaginarli musicalmente inserendo batteria, chitarra, pianoforte, voce eccetera. Poi ho cominciato a registrarmi da sola a casa, con il computer e a lavorare sugli arrangiamenti anche in modo più preciso e accurato. È stata la fortuna di diventare polistrumentista, di conoscere tanti amanti della musica, di tirar fuori tutta la musica che è in me.

Come avviene il tuo passaggio dalle band a questa nuova esperienza da solista?
L’esperienza da solista mi ha sempre affascinato ma anche quella con le band è stata musicalmente e socialmente formativa. Frequentando assiduamente La Saletta, ho deciso di dedicarmi interamente allo studio della musica perché la considero l’arte più vicina a me rispetto alle altre e agli altri saperi che si studiano a scuola. L’esperienza con le band è stata un’altra forma di studio. Col tempo, però, le band non mi saziavano più. Sentivo che c’era dentro di me una povertà della musica che desiderava fare ascoltare la sua voce e ho deciso di lasciare che questa voce si esprimesse, venisse fuori. Nelle mie canzoni infatti abbraccio molte tematiche che rinviano a esperienze vissute, le quali non vedevano l’ora di comunicarsi mediante il linguaggio della musica, la parte di me nella quale più mi rivedo.

Che cos'è la musica?
La musica è un’esigenza. Mi accompagna da sempre con la sua spontaneità in ogni momento della vita, sia quando sono io stessa a suonare sia quando lo fanno gli altri. C’è sempre. Persino a pranzo o a cena sento l’esigenza di suonare, di cantare: con le mani unte, prendo la chitarra e suono. Lo strumento stesso prende il profumo della quotidianità. La musica mostra la mia quotidianità. Non potrei farne a meno. La musica è un messaggio importante: possibilità di unirsi agli altri e di imparare ad ascoltare, se stessi e gli altri.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi della musica, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
Negli ultimi anni, i mass-media hanno banalizzato la musica, trasmettendo un’idea della musica troppo frettolosa, troppo commerciale. Si pensi ai reality musicali che incitano alla competizione non costruttiva, che illudono lo spettatore trasferendo un’immagine della musica come un viaggio rapido, breve e un punto d’arrivo prestabilito: il successo. La musica, invece, è un viaggio che non ha mai fine. Si dà troppo valore al successo e alla musica intesa come un prodotto commerciale, con la quale diventare famosi e arricchirsi. I reality sono costruiti appositamente per disturbare le nostre orecchie e i nostri occhi, per masturbare le menti. I ragazzi che vi partecipano, quando poi ne escono sono portatori di un concetto della musica a lei estraneo, il banale. Non portatori sani della vera musica. In termini tecnici, poi, si tende a creare i medesimi arrangiamenti standardizzati, orecchiabili sì ma incapaci di toccare il cuore della gente. Alla fine, insomma, di contenuti e di musica non c’è niente. Alterano la musica e rovinano le nuove generazioni, che tentano a tutti i costi di partecipare a questi reality pensando che là ci sia la musica. Poi però, giunte là, non la incontrano affatto. Lo spettacolo non è la musica: Dalla, Fossati questa è la musica. Privi dei mass-media e dei reality, questi cantautori si sono affermati girando il mondo e raccontando con la musica quello che vedevano, anche suonando gratuitamente. La musica è la gente stessa, la racconta. Non puoi stare dietro una telecamera: devi andare incontro alla gente, incontrarla, incontrarne la vita. La vita non si può rinchiudere dentro uno schermo: se vuoi raccontarla, devi viverla. Così è per la musica. La notorietà può anche arrivare ma non è lo scopo della musica: è la diretta conseguenza nel caso in cui fai musica vera, cioè racconti la vita, la tua vita nella quale altri possono identificarsi: sentimenti, fortune, disgrazie. La musica è un modo per incontrare gli altri con la propria vita.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano per esempio, la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire la tua musica un'opera d'arte, una creazione nel senso pieno del termine?
Forse non di mondi immaginati ma decisamente sì: la mia musica è la creazione della mia vita. Parla di me, del mio vissuto, anche di esperienze forti nelle quali molti potrebbero identificarsi, per denunciare quel che è successo loro e per trovare il coraggio, una volta per tutte, per essere quel che si è. La musica è creazione sul piano compositivo ma non crea un mondo parallelo né parla di personaggi fittizi. Parla di questo mondo, di se stessi e di quel che si vive. È l’arte del raccontare la vita e di confrontarsi con gli altri.

Perché suoni? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante l'arte della musica?
Non riuscirei a vivere senza musica. Potrei non suonare più nella mia stanza oppure su di un palco ma non potrei fare a meno, per esempio quando sono felice, di prendere la chitarra, suonare e cantare. La musica è sempre con me: è la mia vita che si offre spontaneamente. È la mia quotidianità, la parte più profonda di me, il mio modo di vivere.

Che cosa racconti con la tua musica?
Me stessa, la gente, la vita. La musica è come un cassetto che ogni musicista apre, dentro il quale posa il proprio disco e che poi richiude per aprirne un altro. Così accade per me. Ombra in Penombra è una raccolta di dieci brani che parlano della mia vita. Per esempio si parla della droga, degli abusi sessuali ma anche dell’amore, dell’omosessualità seppur in modo ermetico. Questo può invitare al ragionamento anziché distogliere da esso, come accade con le canzonette. Per carità, anche quest’ultime sono belle ma c’è bisogno di artisti che rappresentino qualcosa. Siamo in un periodo in cui non c’è più niente: né valori né speranze religiose o politiche credibili. Se si smette di raccontare quello stiamo vivendo o di protestare o di essere entusiasti di ciò che importante, allora tutto diventa privo di senso.

Un artista può sentirsi tale senza i pubblici?
Premettendo che preferisco definirmi Valentina, credo che la musica può fare a meno dei pubblici se la s’intende come vita. Posso continuare a scrivere testi, a suonare, a comporre nella mia solitudine per parlare con me stessa. Però i pubblici o, meglio, la gente è molto importante perché è il senso della musica. È bello viaggiare con la musica e sentirsi un tutt’uno con la gente quando suoni e canti, perché non è più soltanto un’esigenza tua ma anche degli altri. Quindi credo non potrei essere Valentina senza la gente.

Che cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
Innanzitutto si rischia la fame, nel contesto dei reality show musicali e della cattiva musica di cui ti ho accennato prima. Finora, mi riconosco fortunata nell’avere una famiglia che mi aiuta anche economicamente per intraprendere questo progetto. Per altri, infatti, non è così. Quando la musica non è costruita richiede molti sacrifici e molto tempo. Perciò occorre essere selettivi, essere capaci di scegliere quale musica si vuole e si è. Ho scelto la musica vera, dunque quella non costruita, perché la amo e non posso farne a meno. Fin da piccola ho scelto di studiare la musica per suonare ovunque e incontro alla gente. E ora sono ancora più motivata perché ho intrapreso questo progetto che voglio portare avanti in quanto è una parte di me. Per il momento, l’età è dalla mia parte e perché no, guardo dritto in direzione della speranza, un domani, di sopravvivere con la mia musica. Ovviamente prendo in considerazione altre possibilità lavorative e guardo alla famiglia che è molto importante (anche di questo, canto con la mia musica). Il lavoro oggi manca per tutti però finché ne avrò le energie, continuerò sulla strada che ho scelto.

Cosa ti spinge a restare nel Sud?
Finora, una forma di musica: quella condivisa con le band, gli amici, i musicisti, la Saletta, la famiglia, le occasioni lavorative che ho avuto. A settembre però mi sposterò in Toscana sia per amore, sia perché i musicisti che collaborano a questo progetto abitano da quelle parti (Domenico Cotroneo, Bruno Crucitti e Luana Malara che farà da turnista per i concerti su Reggio Calabria), sia per lavoro. Organizzerò delle lezioni private di musica e, portando il mio progetto, spero di intraprenderne dei nuovi. Mi è stato anche chiesto di spostarmi a Los Angeles, di portare là il mio progetto musicale e di trasferirmi definitivamente. Ma ci devo riflettere.

Puoi definirti una sognatrice? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Sì. Uno dei miei sogni, cioè Ombra in Penombra, si sta già realizzando. Ma ne ho degli altri, come per esempio quello di sopravvivere della mia musica. So che non è facile ma per adesso ci provo, presentando la mia musica così com’è, così come sono io. L’importante è sentirsi sempre stimolati.

Il titolo del tuo primo album da solista è Ombra in penombra. Che cosa significa?
Ombra in penombra è uno stato d’animo confusionario che spesso si attraversa nella vita. È un insieme di conclusioni che giungono all’improvviso come piombo, e tu sei là con loro provando panico. Con Ombra in Penombra incoraggio a guardare e ad affrontare questi momenti decisivi e obbligatori, perché in essi che nascono le migliori risposte che segnano la tua vita. I brani dell’album quindi raccontano questi momenti di panico, per dare forza a chi si trova negli stessi momenti. Ombra in Penombra racchiude tante “ombre in penombra” che la musica spettacolarizzata, per tornare a quanto ho detto prima a proposito della musica, non racconta. Non soltanto le esperienze negative ma anche quelle positive, i momenti belli della vita, condivisi con gli altri o soli con se stessi, come quelli spirituali. Per fare un esempio, durante i miei concerti sono solita leggere alcuni passi della Bibbia o dei Vangeli e gli ascoltatori spesso mi guardano sconvolti, perché il luogo comune considera questa pratica al di fuori delle mode o estranea alla musica. Credo invece che la spiritualità sia una dimensione che abbia molto a che fare con la musica. Per esempio, non è una cosa e non può essere spettacolarizzata. Nella vita non ci sono soltanto cose ma anche realtà intangibili e invisibili che però si possono ascoltare, come per esempio la musica, la voce della propria anima o dell’essere che è al di sopra di noi.

Oltre ad acquistare il tuo album, chi desidera seguirti e saperne un po' di più sulla tua musica, dove può rivolgersi?

Alcune parole per i giovani.
Non fermatevi sul piano dell’apparenza, del successo, della spettacolarizzazione o dell’economia. Ascoltate voi stessi e siate voi stessi nella vita. Dio o questa entità superiore che credo esista per tutti, ha dato a ognuno di noi una missione. Il compito di ognuno è di diventare consapevole della propria, allo scopo di sorridere e di far sorridere gli altri. La felicità, e anche questo è la musica, è di tutti.

mercoledì 8 giugno 2011

REFERENDUM 12-13 GIUGNO: Democrazia e destino

- di Saso Bellantone
Oggigiorno non manca occasione per lamentarsi, per le ragioni più disparate, di coloro che una volta giunti in Parlamento sono chiamati a legiferare, per tutti. Spesso ci si lamenta perché le leggi varate non riflettono l'effettiva volontà dei cittadini o, meglio, della maggioranza. Dal canto loro, i parlamentari rispondono a queste lamentele affermando che le leggi approvate rispecchiano la volontà della maggioranza degli elettori, che li ha appunto eletti e investiti del ruolo di legislatore. Insomma, alla fine vince sempre il parlamentare e il cittadino semplice (anche quello che non ha votato per quel parlamentare bensì per un altro che non è stato eletto) è costretto ad accettare le decisioni del legislatore – cioè le leggi – senza potervi porre mai più rimedio. Non è così. C'è ancora una chance per il cittadino che non approva le leggi ratificate in Parlamento: il referendum abrogativo.
Il referendum abrogativo è lo strumento con cui è possibile cancellare quelle leggi che il cittadino non approva poichè non rispecchiano la sua volontà. Tale cancellazione può avvenire qualora il 50% più uno degli aventi diritto al voto – 47.357.878 residenti in Italia e 3.236.990 residenti all'estero – dunque 25.297.435 votanti, si esprime contrario a quelle leggi sottoposte a referendum. Se non si raggiunge tale quorum il referendum risulta non valido; se invece il 50% più uno dei votanti si pronuncia a favore, quelle leggi restano invariate. L'esito del referendum abrogativo rappresenta in qualunque caso la volontà del popolo, la sua sovranità, come sancito dall'art. 1 della Costituzione. Se il 50% più uno dei votanti è contrario, il legislatore è obbligato a depennare quelle leggi; se il 50% più uno dei votanti è favorevole, il legislatore è costretto a confermarle. Se però non si raggiunge il quorum e il referendum risulta non valido, cioè se non si va a votare, il legislatore considera tale atteggiamento dei cittadini (l'indifferenza) un preciso segnale rivolto nei suoi riguardi. Il legislatore – l'insieme dei parlamentari della Camera e del Senato – si sentirebbe nuovamente investito a svolgere il proprio compito come meglio crede, ossia indipentemente dalla volontà popolare, perché il popolo, non recandosi a votare, si dimostrerebbe indifferente alle decisioni che si prendono, cioè alle leggi che si approvano, in Parlamento. Insomma, tradurrebbe l'assenza dei votanti nell'espressione “Fate quel che volete!” e, prendendo il popolo sulla parola, il legislatore si comporterebbe in questo modo. Non recandosi a votare, però, il cittadino si priverebbe da solo del diritto di esprimere la sua volontà e la sua sovranità, riconosciuto dalla Costituzione. Rifiuterebbe, in breve, la democrazia, lanciando indirettamente il chiaro segnale di preferire un'oligarchia, un “governo dei pochi”, nel quale cioè si esprime la volontà e la sovranità di una minoranza, nella fattispecie i parlamentari.
In questa prospettiva, ogni volta che si presenta l'occasione di un referendum abrogativo, l'effettiva posta in gioco è la democrazia, il rispetto della volontà e della sovranità del popolo. Se quest'ultimo desidera difenderla e ribadirla, obbligando il legislatore a rispettarla, allora quel che deve fare, in primo luogo, è recarsi a votare, ossia raggiungere ed eccedere il quorum. In secondo luogo, deve esprimersi chiaramente a proposito degli argomenti in questione, ossia le leggi sottoposte a referendum abrogativo, per sottolineare al legislatore quali leggi rispecchiano la sua volontà e quali no. Se da un lato il popolo può confermare le leggi sottoposte a referendum, d'altra parte può rifiutarle, dichiarandosi implicitamente a favore di leggi diverse da quelle esaminate. Alla fine, in sostanza, deve risultare una legge. Ma quest'ultima non è altro che un frammento dell'idea di Repubblica, di democrazia, di Italia che si vuole.
Domenica 12 giugno (dalle 8:00 alle 22:00) e lunedì 13 giugno (dalle 8:00 alle 15:00) non si va semplicemente a votare bensì a esprimere e a ribadire la sovranità popolare, a difendere la democrazia, a promuovere un'idea di Italia per mezzo di alcuni referendum abrogativi. Il popolo è chiamato a pronunciarsi in merito alle seguenti leggi: la privatizzazione dell'acqua; il ritorno all'energia nucleare; il legittimo impedimento. Per votare occorre aver compiuto il diciottesimo anno di età, presentarsi con un documento di riconoscimento e con la tessera elettorale, nella quale è indicato il numero e l'indirizzo del seggio presso il quale recarsi a votare (qualora sia stata smarrita si può richiedere presso l'ufficio elettorale del proprio comune, anche nelle ore in cui si vota). I quesiti ai quali si dovrà rispondere sono quattro, suddivisi rispettivamente in una scheda di colore rosso, una di colore giallo, una di colore grigio, una di colore verde. Il cittadino può esprimersi liberamente barrando un SI' o un NO per ogni quesito, oppure può rifiutarsi di manifestare il proprio parere pur presentandosi a votare (ma ciò andrebbe contro la sovranità che gli è riconosciuta, contro la democrazia, contro l'idea di Italia che egli stesso possiede e che gli è stato chiesto di palesare mediante tali referendum). I SI' e i NO (o l'astesione) rappresentano con chiarezza la volontà del cittadino a proposito di ogni quesito. I problemi che si troverà ad affrontare, però, sono due: i testi potrebbero essere poco chiari; per abrogare le norme esaminate deve barrare il SI', mentre per confermarle deve barrare il NO.
Dal momento che i testi delle domande a lui sottoposte potrebbero presentarsi in questo modo -
ESEMPIO: 1° quesito: scheda di colore rosso: Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Abrogazione. “Volete voi che sia abrogato l'art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica, e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, come modificato dall'art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», e dall'art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee», convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale (fonte: http://www.gazzettaufficiale.biz/atti/2011/20110077/11A04206.htm)?”
- stesso dicasi per i testi degli altri quesiti, il cittadino potrebbe non sapere se votare SI' oppure NO. Per questo motivo, ecco alcune delucidazioni sui quesiti.
Il 1° quesito (scheda di colore rosso), domanda al cittadino se vuole depennare le norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati, cioè che consentono la privatizzazione dell'acqua. La normativa approvata stabilisce che il servizio idrico sia affidato a soggetti privati previa gara d'appalto o a società a capitale misto pubblico-privato, dove il privato è scelto tramite gara e ne detiene il 40%. In questa maniera, la gestione di ogni singolo ATO acqua (gestore pubblico di risorse idriche, in Italia ce ne sono 64) finirebbe sul mercato. Inoltre, nel caso in cui un ATO sia gestito da una società mista collocata in borsa, quest'ultima per mantenere la gestione dell'ATO dovrà, entro il giugno del 2013, diminuire la quota di capitale pubblico al 40% e al 30% entro il dicembre del 2015. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente, ogni singolo sistema idrico italiano non sarà più gestito da enti pubblici (dallo Stato) ma sarà messo all'asta e poi gestito da privati (italiani, europei, extraeuropei). TRADOTTO: l'acqua che arriva nella casa di ogni cittadino sarà erogata da privati, cessando di essere un servizio pubblico. Il 1° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
Il 2° quesito (scheda di colore giallo), chiede al cittadino se vuole abolire le norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. Tale quesito è collegato al primo e riguarda sempre la privatizzazione dell'acqua. La normativa approvata garantisce al gestore del servizio idrico (il privato o la società mista) di ottenere profitti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a logiche di reinvestimento per il miglioramento del servizio idrico stesso. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente e in associazione a quella riguardante il 1° quesito, il privato (o la società) che prende in gestione un sistema idrico nel territorio italiano si vede riconosciuto il diritto di ottenere guadagni dalle tasse sull'acqua che i cittadini pagano, aumentando la bolletta dell'acqua del 7% per recuperare il capitale iniziale che ha investito; il suddetto 7% non viene impiegato nuovamente per migliorare il sistema idrico da lui gestito e di cui usufruisce il cittadino. TRADOTTO: il cittadino dovrà pagare non soltanto una tassa relativa all'acqua che effettivamente consuma in casa propria e al fisso utile per mantenere e migliorare il sistema idrico, ma pagherà anche un'ulteriore tassa aggiuntiva (nella stessa bolletta) riferita all'acqua che non ha consumato. Tale “tassa in più” non sarà utilizzata per perfezionare il sistema idrico, ma finirà nelle tasche del privato che gestisce l'acqua che arriva in casa del cittadino. Il 2° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
Il 3° quesito (scheda di colore grigio) domanda al cittadino se vuole cancellare le nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente si consente non soltanto di produrre energia nucleare ma di costruire le centrali nucleari, utili per produrre questa forma di energia. TRADOTTO: il cittadino può veder sorgere, poco distante da casa sua, una centrale nucleare; la quale, per inciso, non sarà mai sicura al 100% e il rischio di incidenti, di morte o di esposizione alle radiazioni è sempre elevato (vedi Fukushima, Chernobyl e si pensi che l'Italia è un paese caratterizzato da frequenti attività sismiche). Inoltre, non si saprebbe come smaltire le scorie nucleari prodotte se non in casa del cittadino, in mare, in montagna, nei campi o chissà dove, rischiando di inquinare e di trasformare drasticamente gli habitat locali, danneggiando irrimediabilmente la salute degli esseri viventi che ci vivono. In più, il costo per la costruzione di un sito dove depositare le scorie salirebbe alle stelle (per esempio, negli Stati Uniti si sta studiando dal 1978 un progetto, che non trova mai compiuta realizzazione, per costruire un deposito definivo nel sito di Yucca Montain, in Nevada, e si prevede che saranno necessari oltre 54 miliardi di dollari. Figuriamoci se in Italia, con la crisi economica e il debito pubblico iperstellare, la costruzione di tali centrali possano portare benefici in termini economici). Il 3° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
Il 4° quesito (scheda di colore verde) domanda al cittadino se vuole eliminare le norme in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente il Presidente del Consiglio e i ministri chiamati a comparire in udienza durante un processo penale possono rifiutarsi di farlo grazie alle cariche istituzionali che ricoprono. TRADOTTO: la legge non è uguale per tutti e se si è implicati in alcune procedure penali, basta ricoprire una carica istituzionale per non essere processati. Il 4° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
In definitiva, domenica 12 e lunedì 13 giugno il cittadino sarà protagonista di due battaglie, l'una per la democrazia e l'altra per il proprio destino. Dovrà difendere e riaffermare la sua volontà e la sua sovranità, andando a votare e raggiungendo assieme agli altri il 50% più uno dei votanti; dovrà pronunciare quale idea di Repubblica, di democrazia, di Italia possiede. Se il cittadino desidera un Paese nel quale l'acqua è un bene comune e non privato, nel quale nessuno può arricchirsi con l'acqua, nel quale usare fonti energetiche alternative al nucleare, meno costose e più sicure (come per esempio l'eolico, il fotovoltaico, il geotermico, il biogas, il cippato ecc.), nel quale si è tutti uguali davanti alla legge e nel quale i ruoli istituzionali devono essere svolti in modo responsabile e trasparente, dovrà votare 4 SI'. Se invece desidera tutto l'inverso, dovrà votare 4 NO.
Alla coscienza degli elettori l'ardua sentenza...

lunedì 6 giugno 2011

A-LABOR: Giovani ibridi, ibridi giovani

- di Saso Bellantone
x - Dove ci troviamo?
y - Non saprei, è tutto indefinito qui.
x - Già, è tutto così confuso, caotico, incolore. Sembra di trovarci nel niente.
y - Sembra, però non può essere il niente. Il niente è niente. Non c'è nulla. Invece qui c'è un ammasso disordinato e sbiadito di cose, che vortica ingarbugliato ora lento ora veloce, ora sfiorandoci ora sbattendoci contro... e poi ci siamo noi... a proposito... e tu chi sei?
x - Stavo per farti la stessa domanda... a dire il vero, non so chi sono. E tu?
y - Non lo so neanch'io...
x - Come sei pallido! Sembri un cadavere...
y - Veramente anche tu lo sembri... sembri uno spettro...
x - Ho paura.
y - Anch'io.
x - Ci siamo persi o siamo sempre stati in questo posto?
y - Non so che dire...
x - Come siamo finiti qua?
y - Ti ripeto, non lo so. Quando mi sono svegliato la prima cosa che ho notato è stata la tua voce mista a questo panorama irriconoscibile.
x - Ed io quando mi sono svegliato ti ho visto... allora, perché siamo qua?
y - Non so nemmeno questo... so che ci siamo ma la ragione di ciò mi è nascosta.
x - Non sappiamo dove siamo né conosciamo il nostro nome.
y - Siamo apolidi e anonimi, senza mondo...
x - Non sappiamo come siamo arrivati né perché ci troviamo qua.
y - Senza origine né meta...
x - Un cadavere e uno spettro.
y - Pallidi viandanti nell'ignoto...
x - Perché non ricordiamo il nostro nome?
y - Non lo so...
x - Forse è questo posto?
y - Forse siamo noi e basta...
x - Noi e basta? Come può esserci un noi se non c'è un io e un tu?
y - Hai ragione...
x - E poi c'è questo posto, a parte noi. Non c'è il basta, non c'è il niente, c'è questo posto. Noi e questo posto.
y - Vero...
x - Siamo noi e questo posto difforme e scolorito.
y - Già, siamo noi e l'informe, noi e lo scialbo.
x - L'informe e lo scialbo, senza noi.
y - Come senza noi?
x - Te l'ho detto. Non può esserci un noi, senza un io e un tu.
y - Ah già, è vero... ma scusa, se non siamo un noi, allora non siamo neanche un io e tu, giusto?
x - Sì, è così.
y - Ma tu sai che cosa sono un io e un tu?
x - Un io e un tu sono... in effetti, non lo so.
y - Come non lo sai?
x - Te l'ho detto! Non lo so, non lo so! Tu piuttosto lo sai?
y - Non so... credo abbiano a che fare coi nomi...
x - Coi nomi dici... ma noi non l'abbiamo un nome, no?
y - Noi non l'abbiamo...
x - E che cos'è allora un nome?
y - Un nome, un nome è... non lo so...
x - Neanch'io...
y - Allora siamo spacciati, senza uscita?
x - Temo proprio di sì...
y - Non c'è via d'uscita...
z - Lo so io cos'è un nome...
x - Chi ha parlato?
y - Da dove viene questa voce?
x - Aspetta! Guarda laggiù! La vedi anche tu?
y - Dove?
x - Laggiù, in mezzo all'informe e allo scialbo...
y - Sì la vedo! Ma chi sarà mai quella figura nera?
x - Sta venendo proprio qui...
y - Sì punta dritto da questa parte...
x - Ho paura...
y - Anch'io...
x - Si è fermata innanzi a noi...
y - La vedo...
x - Perché porta un mantello nero?
y - Dove sono le sue mani e i suoi piedi?
x - Dov'è il suo volto?
y - Chi si nasconde dietro quel cappuccio?
x - Sembra sospeso in aria...
y - Sembra levitare...
x - Perché non si muove?
y - Perché non parla?
x - Forse dovremmo chiederglielo...
y - Avanti! Domanda!
x - Va bene... ma aiutami anche tu...
y - Va bene, ti aiuto...
x - Chi sei?
z - Lo spirito del tempo.
y - E che cos'è uno spirito del tempo?
z - Un messaggero.
x - Un messaggero di che cosa?
z - Del tempo... continua a leggere