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sabato 16 gennaio 2016

Onirica autocritica (e buon disoblio a tutti)


- di Saso Bellantone
Dicono che i miei scritti siano monotoni. Che affrontino continuamente gli stessi argomenti. Che parlino sempre delle medesime cose. Crisi economica, crisi dei valori, disoccupazione, fame, povertà, solitudine, lotta di classe, potere, caste, cospirazioni locali nazionali e internazionali, fallimento Italia ed Europa, e la lista prosegue. Inutile citarle tutte le questioni, dal momento che già le conoscete.
Ma voglio raccontarvi del sogno che ho avuto stanotte.

“Basta! Parla di qualcos'altro!” mi dicevano i più fervidi lettori, nella conferenza stampa svoltasi sul Pianeta Piano, Galassia Galatina, Palazzo delle Pale, Trono di Coppe.
“E di cosa dovrei parlare?” chiedevo, guardando sconfortato Totò e Peppino, Franco e Ciccio, Roger Rabbit e Shrek.
“Parla di altro! Il mondo va come deve andare e va bene!” mi ribadivano continuamente, senza riuscire a specificare.
“Così sia.” rispondevo “Prometto di parlare, e di scrivere, di qualcos'altro.
D'ora in poi, cercherò di indagare a fondo, e di capire, quale lingua parli Paperino, se sia più forte Batman o Superman, se Dylan Dog abbia sempre la camicia rossa perché è solito macchiarla di pomodoro quando mangia gli spaghetti (così non si nota), se Dart Fener sia in realtà il diminutivo del moschettiere D'Artagnan che suona una Fender Stratocaster, travestito da carnevale.
Cercherò di comprendere se nella pasta al pesce ci vada il formaggio oppure no, se si trattava di fuorigioco, se Marika farà la scelta, se Cinzia aveva nel pacco i cinquecentomila euro.
Lo giuro, investigherò il pagliaio alla ricerca dell'ago, e all'interno della sua cruna ci farò passare un cammello, con le sue sigarette, il suo condizionatore e la sua automobile preferita, quattro per quattro ovviamente. Chiarirò se la pizza sia nata a Napoli o ad Hong Kong (passando per Londra da Roma fino a Bangkok, certamente), se quella vera, originale (così come Dio l'ha creata, prima di riposarsi il settimo giorno) sia con o senza mozzarella e se quest'ultima sia preferibile di bufala o di Buffalo Bill. Mi accerterò che in ogni locale nel sabato sera tutti abbiano i propri chupiti gratis e spiegherò che le chupa chupa sono state inventate prima di una celebre gag da cabaret.
Parlerò del tempo, sì. Avete capito bene. Sono io a non aver capito se debba parlare del movimento degli astri o della storia, di un'epoca, del clima, della cottura di un alimento, di quanto ci mette una Ferrari a fare un giro del percorso del GP di Monza, o se debba semplicemente dire che ore sono, evitando di cantare il celebre brano di Jovanotti.
Ma dubbi a parte, state tranquilli che parlerò, che racconterò tante cose, che scriverò di tanti di quegli argomenti da farvi felici e contenti per sempre, da farvi ridere più di tutte le droghe leggere e pesanti e di tutti i superalcolici che abbiate mai consumato nella vita, da farvi vivere esattamente come prima e proprio come volete voi (o loro).”
Gli applausi scrosciavano come sinfonia di patate fritte amplificate da un impianto per un concerto da stadio. Tutti i rappresentanti dei popoli dell'universo conosciuto sorridevano e si abbracciavano commossi e ballavano la macarena. I fuochi d'artificio ricoprivano di colori stupendi i cieli con le loro quindici lune e i loro sedici soli, al di sotto dei quali si svolgevano parate trionfali, di Buffon, Andanovic, Peruzzi, Zenga e di tutti gli altri portieri degli edifici dell'isolato accanto.

Poi mi sono svegliato. Ho capito di avere sognato e mi sono chiesto se fosse un sogno premonitore o se si trattasse soltanto di un sogno e basta.
“Parla di altro! Il mondo va come deve andare e va bene!”
Questa frase mi ronza ancora nella testa.
È vero, il mondo va come deve andare.
Ma non va bene.
E non posso parlare di altro.
Buona monotonia a tutti.
Anzi, buon Disoblio.