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lunedì 21 marzo 2016

COSI 'I 'NA VOTA: l'insicurezza dei cambiamenti


- ricerca a cura di Mimmo De Pietro
"Cu' cangia a vecchja c'a nova, o 'nperra o 'nchjova"

venerdì 4 marzo 2016

FIMMINE di Natascia Cucunato




- di Saso Bellantone

Il caos. Sembra costituito da rumori senz'anima. Ma in realtà è fatto di fucilate e pistolate. E non è disordine. È tutto pianificato, predisposto e attuato dalla criminalità, organizzata appunto, delle quale fanno parte anche donne. Sì, le donne, che comandano e che sono soltanto comandate. La realtà della 'ndrangheta è fatta di potere e di morte, di litanie e di ninne nanna di dolore e di vendetta. Perché la vita è un elastico tirato troppo spesso e che si spezza troppo frequentemente per mano delle mafie, a causa delle quali si prega per i morti, ma anche per i vivi. Perché il destino di alcuni è già scritto, li raggiunge e li colpisce troppo facilmente. La morte insegue e ferisce chiunque e ovunque, addolora, ti guarda e ti tormenta. È una dannazione senza uscita alcuna, che brucia la luna e il cuore. Il potere delle mafie deriva da “ciò che lo Stato non sa dare o non ha mai voluto dare”. Ma a volte si racconta, spinge a raccontare, proprio per bocca di donna, nella speranza che questo circolo vizioso sia interrotto una volta per tutte.
E allora troviamo storie di donne disperate, folli, punite, sottomesse o uccise per aver infranto le regole e le tradizioni della famiglia; storie di donne dalla vita facile e felice proprio perché all'apice del sistema mafioso di cui imprtiscono leggi e usanze, mentre il resto della gente vive la propria esistenza inconsapevole, fregandosene o facendo finta di non vedere; storie di donne mafiose che una volta deciso di collaborare con le forze dell'ordine, si ritrovano con una coscienza infranta tra il desiderio di dire tutto e l'ammonizione di non dire nulla.
Sono questi i temi rappresentati da “Fimmine”, il nuovo spettacolo delle Produzioni Tersicore, andato in scena per la prima volta (in sold out) domenica 28 febbraio 2016, presso il Teatro dell'Acquario di Cosenza. Diretto dal regista Natascia Cucunato, con la collaborazione di Daniela Arena (vocal couch), di Tommaso Muto (musiche) e di Eros Leale (disegno luci), “Fimmine” racconta la storia di alcune donne di mafia che “agiscono, coordinano, istigano alla violenza e al potere”, ma anche quella di donne “che si ribellano, che infrangono le leggi del clan” e che per questo motivo vengono punite per far riacquistare alla famiglia l'onore perduto.
Sedie, rosari, telefoni, calzini rossi, è soltanto questo il materiale di scena utilizzato da Stefania Mangia, Marianna Esposito, Nadia Mele, Linda Fassari, Alessandro Urso, Sonny Rizzuto, Elvira Gallo, Chiara Garritano, Shelly Perna, Alessia Mazzei, Francesca Carolei, Francesca di Benedetto, Simona Bozzo, Francesca Allevato, Martina Felicetti, Mauro Settembrino, Giuseppe Turchiaro, Teresa Cupiraggi –, dagli attori cioè che con grande coordinazione, prontezza e teatralità hanno saputo impiegare all'unisono i loro corpi per trasmettere i messaggi dello spettacolo, che andrà nuovamente in scena il 4 aprile, sempre al Teatro dell'Acquario di Cosenza. Coreografie e luci semplici, musiche accurate, una narrazione chiara e immediata al pari dei suoi contenuti di estrema attualità e brutalità. Uno spettacolo che lascia senza fiato fin dai primi istanti e che si vorrebbe vedere di nuovo una volta concluso, per rendersi davvero conto del dramma che alcune donne, alcune "madrine", hanno vissuto e vivono ancora.
“Ogni spettacolo – ha detto Natascia Cucunato, autrice e regista di “Fimmine” – parte da un laboratorio. Ci si incontra, si comincia a sperimentare e poi si inizia a montare ogni parte delle coreografie, puntando tutto sulle doti dei ragazzi e dei loro corpi, intesi come unici strumenti di comunicazione. Sono molto soddisfatta del loro lavoro. Quando la gente riceve i messaggi che rappresentiamo, allora vuol dire che abbiamo lavorato bene. Rispetto a Sara Kane – 4:48, è stato più difficile mettere in scena Fimmine. Se nel primo avevamo tutto, nel secondo abbiamo dovuto scrivere ogni cosa, persino le musiche, grazie al lavoro di Tommaso Muto, registrate e rielaborate. Ringrazio tutti i ragazzi, i miei collaboratori e il Teatro dell'Acquario, dove il 3 aprile replicheremo lo spettacolo. Sono convinta che il teatro abbia ancora qualcosa da dire, serve a sognare, a denunciare, a lanciare dei messaggi e a far riflettere, anche su temi attuali come quello della criminalità organizzata e del ruolo delle donne al suo interno”.