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giovedì 19 aprile 2012

OLTREWEB Pari in bilancio nella Costituzione stivalica


- di Saso Bellantone
Buon meriggio web,
da giorni ti attardi a difendere o a criticare il partito verde e “l’uomo che ce l’ha duro”, e non ti accorgi che il Senato ha approvato l’entrata nella Costituzione stivalica del principio del pari in bilancio. Di che cosa si tratta? Di un principio basilare per una buona conduzione di un’azienda. In breve, se un’azienda in anno spende 100 ed incassa 80, deve in qualche modo raggiungere la quota che ha speso, vale a dire i 100, colmando il gap di 20. Questo “in qualche modo” significa, dal momento che vige il pari in bilancio, che può tassare i propri operai, trattenendo dalla loro busta paga una quota per raggiungere quei 20 utili per ottenere il pari in bilancio. Stessa cosa d’ora in poi vale per lo Stivale. Non raggiungendo il pari in bilancio, lo Stivale può, senza chiedere l’autorizzazione a nessuno, decidere di trattenere una quota dalla busta paga degli stivaliani o tassarli maggiormente o prendere qualsiasi altro provvedimento economico allo scopo di raggiungere il pari in bilancio. Sembra una regola dettata dal buon senso, dal momento che si è in crisi economica, ma è proprio così?
Innanzitutto, l’introduzione nella Costituzione stivalica del principio del pari in bilancio non è una ideazione dei parlamentari per salvare lo stivale ma una richiesta, per non dire una costrizione, che il Grande Leviatano del Nord ha avanzato nei confronti dei Nani membri, con la firma del Fiscal Compact, il trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance dell’Unione economica e monetaria firmato il 2 marzo 2012 da 25 Stati dell’Unione europea. Infatti tra i 16 punti previsti nel trattato, uno prevede che ogni Nano deve garantire “correzioni automatiche” qualora gli obiettivi di bilancio concordati non sono raggiunti e che deve agire su scadenze prefissate, un altro prevede che le regole d’oro del Fiscal Compact, tra cui quella appena citata, devono essere ratificate in norme di tipo costituzionale. Se si considera che tra gli altri punti del Trattato vi sono anche l’impegno ad avere un deficit strutturale inferiore allo 0,5 o 1% del PIL (a seconda dei casi), e l’obbligo di mantenere il deficit pubblico al di sotto del 3% del PIL, per evitare l’azionarsi di sanzioni automatiche, ci si rende conto che il principio del pari in bilancio è stato approvato perché è stato richiesto/imposto dal Titanico Mostro Settentrionale, per consentire allo Stivale di restare al suo interno, e non per contrastare la crisi economica.
D’altrocanto se un’azienda spende 100 e incassa 80, anziché tassare i propri operai o ridurne lo stipendio per colmare quel 20 di gap, provocando in loro un malumore che minaccia l’andamento della produzione dell’intera azienda, non dovrebbe invece lasciare inalterate le loro buste paga e promettere un aumento delle stesse in proporzione all’aumento della produzione? Non dovrebbe dunque aumentare la produzione e le strategie di vendita dei propri prodotti, lasciando stare le tasche dei propri operai? Che senso ha il principio del pari in bilancio, se non si escogita una politica economica capace di garantire un aumento del PIL, di evitare il fallimento e il trasferimento all’estero delle aziende, di frenare la disoccupazione, la fuga di cervelli e manodopera all’estero, i licenziamenti e i suicidi di imprenditori, artigiani e operai, in grado insomma di creare più lavoro possibile e, dunque, di contrastare una volta per tutte le crisi?
Anziché fare tutto ciò, ci si limita ad approvare l’entrata nella Costituzione del principio del pari in bilancio, soltanto perché l’ha dettato il Grande Leviatano del Nord, allo scopo di mantenere il PIL al livello nel quale si trova, mettendo le mani nelle tasche di aziende e privati, qualora dovesse mancare una quota di entrate per pareggiare le uscite. Cioè più tasse, meno credito in busta paga e nei conti correnti per tutti gli operai, imprenditori e artigiani che, ahiloro, non hanno il dono salvifico di far parte delle caste che, invece, saranno esentate da quei prelievi forzati da parte dello stivale.
Insomma, anziché creare lavoro, aumentare la produzione e l’occupazione, immettere moneta in circolo per far girare l’economia, si taglia su tutto, si accettano incondizionatamente i comandi divini del Titanico Mostro  Settentrionale, si continua a far crescere il debito pubblico rosicchiando prestiti leviatanici e tassi d’interesse, si ossida l’economia dello stivale e si bada soltanto a tassare, a prelevare beni agli stivaliani, a far fallire le aziende, a far suicidare gli imprenditori e gli operai, in breve a fregarsene di tutto e di tutti, perché il bene più prezioso, agli occhi dell’uomo del monte, è il Leviatano del Nord e l’esserne fedeli servitori. In questo panorama, mio caro web, puoi mai sperare in un cambiamento in meglio, nella salvezza, nella fuoriuscita dalla crisi economica? Il progetto di dominio  del Grande Leviatano del Nord va avanti e i suoi tentacoli cominciano a infilarsi nella Costituzione dello Stivale, per stringerla e trasformarla in altro da sé, in una Costituzione Leviatanica. Oggi tocca al pari in bilancio, domani, domani tocca a… perché continuerà a esistere, domani, lo stivale?
Medita web, medita…

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