- di Saso Bellantone
Nativo di Bagnara Calabra, Carmelo
Zoccali è un artigiano del marmo, pittore, scultore, autodidatta. Dopo le prime
esperienze di lavorazione del marmo a Bagnara, a diciassette anni si è
trasferito a Roma continuando a lavorare il marmo ed è ritornato a Bagnara dopo
circa dieci anni, dove ha iniziato a lavorare in proprio. Il suo laboratorio si
sposta in diversi luoghi col passare del tempo e attualmente si trova a Pellegrina
di Bagnara, nell’ex-stabilimento di Barbaro Marmi. Nel corso del tempo ha
realizzato diverse opere in marmo, come per esempio cappelle monumentali,
sculture monumentali, camini, tavoli e mosaici, ma ha anche creato presbiteri,
altari, leggii, acquasantiere, podi, pavimentazioni, basamenti, fonti
battesimali e sedute dl’altari per diverse chiese, tra le quali la Chiesa della
Beata Vergine dell’Immacolata di Delianuova (RC), la Chiesa della Beata Vergine
del Rosario - Porticello (Villa San Giovanni), il Ritiro Spirituale a
Pellegrina (Bagnara Calabra), la Chiesa S.S. Cosima e Damiano di Lazzaro (RC),
la Chiesa S. Maria e i XII Apostoli di Bagnara Calabra, la Chiesa di S.S.
Pietro e Paolo di Bagnara Calabra, la Chiesa San Rocco di Scilla. Oltre che
dedicarsi al lavoro per la sua azienda di artigianato del marmo, nel tempo
libero Carmelo Zoccali si è dedicato alla lavorazione artistica del marmo e
alla creazione di dipinti e sculture. Ha partecipato alla prima edizione de L’artisti i’ Bagnara (2009) presso la
Società Operaia di Mutuo Soccorso e nel 2011 alla Arte tra le arcate – mostra degli artisti delle Muse presso la
piazza Duomo di Tropea (VV). Attualmente vive e lavora a Bagnara.
Come
ti sei avvicinato all’arte del marmo?
Sin dalla scuola elementare avevo
l’attitudine per il disegno, tant’è vero che desideravo iscrivermi all’Istituto
di Belle Arti di Palmi. Quando ero ragazzo ho iniziato a lavorare come
apprendista da un amico mio, si chiamava Gioffré, e mi sono appassionato sempre
di più al marmo, anche più del disegno, perché all’epoca si lavorava molto a
mano. Io mi reputo un autodidatta, perché quello che faccio io l’ho imparato da
solo assieme agli altri marmisti e poi pian piano è diventata una passione
morbosa. Ho iniziato con la pittura, poi mi ha affascinato il marmo e all’età
di 16-17 anni sono andato a Roma con la famiglia, ho lavorato pure là il marmo,
e nel ’71 ho fatto il laboratorio a Bagnara, nel vecchio laboratorio di Barbaro
in via Garibaldi. Poi mi sono spostato in via Turati, sul Lungomare, e adesso
mi trovo sulle orme di Barbaro e spero almeno di fargli onore. Mi definisco
umilmente un artigiano, perché l’arte dipende da chi la guarda. Se
l’osservatore considera i miei lavori arte, allora possono anche chiamarmi
artista, altrimenti possono chiamarmi serenamente artigiano. Io mi considero un
artigiano.
Che
cos'è l’arte del marmo?
Il marmo affascina sempre di più col
passare del tempo e in qualsiasi modo lo tratti, dalla soglia alla scultura
all’intarsio. Parlare di marmo nudo è già un’arte ma dipende dalla sensibilità
dell’individuo che lo va a lavorare e a trattare. Personalmente, penso che un
marmo appena tagliato è già un’opera d’arte, poi ognuno ci mette il suo. Qua
c’è un blocco dal quale si deve tirare fuori l’immagine ma dipende dalla
sensibilità dell’artista. Per esempio questa scultura rappresenta la sirena che
esce dalle profondità del mare, i cui capelli rappresentano le onde, il sole,
il vento, tutto. Di lato ho fatto dei pescespada, che hanno appena fatto
l’amore, e sono talmente contenti che la femmina va sulla superficie del mare
mentre il maschio se ne va tutto tranquillo nei fondali marini. Dietro i
pescespada, forse, s’intravede uno squarcio del comportamento amoroso degli
esseri umani. Oppure quest’altra opera rappresenta un albero, il cui tronco è
fatto dal corpo maschile mentre le fronde sono fatte del volto e dei capelli di
una donna, ma devo ancora completarla. Io nel marmo vedo queste cose e tante
altre ancora.
Cosa
pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi dell’arte del marmo, sia a
livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
L’arte, anche la poesia o la musica, fa
pensare ma quando è vera fa stare le persone con i piedi per terra. Fa
riflettere. Ormai si pensa troppo alle cose superficiali. Sono pochissimi ad
avere questa sensibilità. Si è troppo di fretta, c’è troppo protagonismo e
superficialità. All’artista tocca esprimersi, poi tocca agli altri osservare
quello che ha fatto e capire se gli trasmette qualcosa. Per esempio, questo è
un vaso che ho creato io. Se i vasi non sono rotti, io non riesco a
utilizzarli. Quando sono rotti cerco di rimetterli in vita. Tocca all’osservatore
poi stabilire che cosa intravede in questo vaso.
I
Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa
parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino
a diventare in italiano per esempio, la parola “poesia”. Quando un poeta
comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce
il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire le tue opere
marmoree “poesie”, opere d'arte, creazioni nel senso pieno del termine?
Possiamo anche definirle poesie. A me
piace la linea morbida, i colori in particolare quelli del nostro cielo, del
nostro mare, il verde delle nostre montagne, insomma i colori della nostra
terra. Per me già questi colori sono poesia. Io spero con le mie opere di
comunicare la poesia che ci sta attorno. Per esempio, in quel quadro c’è un
bilancia arrugginita. Io l’ho trovata e con essa ho creato un quadro. Io questa
la chiamerei poesia. Perché le cose impensabili e ormai logorate io le riciclo
e le metto a nuova vita. Metto assieme il vecchio e il nuovo. In questo caso,
la bilancia rappresenta il vecchio e il resto del quadro rappresenta il nuovo.
Attraverso la bilancia volevo creare una nuvola e un fascio di sole che attraversa
un po’ tutto. Prendiamo un altro esempio. Questa è una farfalla. Che cosa ho
voluto rappresentare nel bianco statuario? Quando ero bambino, c’era molto
verde e c’era un’infinità di farfalle. Adesso non ci sono più. Sembra siano in
via di estinzione perché non ne vedi più una. Allora in quest’opera ho voluto
rappresentare che la farfalla vuole prendere il volo e andare via dallo smog, in
cerca di altri mondi ma è prigioniera dello smog. La farfalla vuole reagire ma
è in qualche modo bloccata dall’inquinamento. L’opera vuole anche spronare
l’essere umano e fare capire quello che stiamo facendo. È vero, siamo
progrediti con la tecnologia ma stiamo distruggendo il nostro pianeta e stiamo
perdendo la sensibilità che avevamo un tempo. L’opera quindi vorrebbe spronare
gli esseri umani a cambiare modo di pensare. Non dobbiamo pensare sempre a cose
futili e marginali, dobbiamo dare spazio alla sensibilità ed esternarla. Siamo
tutti chiusi nel nostro guscio e isolati dagli altri. Io realizzo quello che
penso, poi naturalmente ognuno ha il suo modo di vedere le cose. Questa per
esempio è la bagnarota, una donna tenace, e l’opera è un omaggio a mia madre
che era una bagnarota, che ha combattuto e cresciuto sette figli, assieme a mio
padre. Malgrado ho voluto omaggiare mia madre, quest’opera è dedicata a tutte
le bagnarote. L’opera evidenzia soprattutto il corpo da lottatrice della vera
bagnarota, perché le bagnarote di una volta erano delle lottatrici. Le donne di
oggi hanno sicuramente molta più cultura ma sembrano più superficiali rispetto
alle donne di un tempo. Per carità, è il mondo che va così. Sono cambiati i
tempi, cambia un po’ tutto e di conseguenza siamo cambiati anche noi. È
cambiato anche il modo di pensare e di vivere delle donne. Ma spero si riscopra
la bagnarota di un tempo. Io uso molto i colori e li userò sempre. Perché noi
viviamo in un paese bellissimo in cui la natura e il nostro mare ci accompagna
in tutte le stagioni. Il tramonto primaverile o autunnale ti dà delle emozioni
enormi e io voglio imprimere nelle mie opere i nostri colori, con delle
cromature abbastanza morbide. Nei miei quadri ci saranno sempre dei colori
molto accesi.
Perché
scolpisci? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante l'arte del marmo?
Io voglio scuotere gli osservatori. La
vita è diventata talmente triste che ognuno di noi, oggi, ha il bisogno di
fermarsi a pensare, a ragionare e a stare con i piedi per terra. Oggi vestiamo
tutti in maniera scura e i colori li hanno messi da parte un po’ tutti. Questo
significa che abbiamo un’ansia interna che ci domina ogni giorno. Perché allora
non pensare a qualcosa di positivo? Ecco, io voglio ragionare in positivo e
scuotere positivamente l’osservatore.
Che
cosa racconti con le tue opere?
Io spazio dal marmo alla ceramica, dal
mattone alla pietra di mare, dalla bottiglia di plastica al ferro arrugginito.
Tutto quello che mi piace lo uso. A me piace osservare la natura, la quale mi
dà sempre l’ispirazione. Anche vedere un pezzo di albero o di ferro arrugginito
o una lattina o una bottiglia di plastica, io lao guardo di continuo, lo studio
e cerco di tirare fuori qualche elemento che mi possa interessare. Dopo
comincio a combinare tutti i materiali. Per esempio, quell’opera là è costituita
di ferro arrugginito, di plastica, di rame, di vetro, c’è di tutto. La natura
mi dà un’ispirazione totale. Io parto sempre dall’osservazione della natura. A
volte la rappresento così com’è altre volte preferisco creare con quello che mi
capita attorno. Se c’è qualche elemento che mi stuzzica, io vado avanti, creo
quello che in natura non c’è, elaboro quella forma di continuo finché non tiro
fuori quello che desidero rappresentare e quello che mi soddisfa. Per esempio,
ho rappresentato questa Madonna con bambino sorridente. Nella storia dell’arte
ci sono molte Madonne con Bambino ma sono tutte serie. Io ho voluto
rappresentare la gioia di una mamma con il figlio. Oppure questa pietra lavica
l’ho realizzata all’epoca del disastro di Chernobyl e rappresenta la
distruzione della natura operata dall’uomo. Oppure ancora guarda questo ferro.
L’ho trovato per caso in riva al mare, mi è piaciuto e l’ho portato con me. Non
ho fatto altro che dargli una base ed ecco l’opera. Sembra una colomba ma è
stata la natura a darle questa forma. Io non avrei mai immaginato una colomba
così. A me è piaciuta ed eccola qui. Oppure guarda queste bottiglie di
plastica. Io le immagino immense, su di una piazza, come delle sculture
trasparenti attorno alle quali passeggiano le persone e guardando attraverso di
esse vedono diverse forme e cose. Insomma io uso tutto quello che c’è in natura
e creo. Quando mi aggiro per le città italiane le vedo molto tristi,
disordinate, monotone, l’una uguale all’altra. C’è poca arte e pochi colori. Io
suggerisco di controllare le tonalità delle facciate. I turisti passeggiando
per le nostre città si ritrovano di fronte a dei colori che danno fastidio e
nessuno interviene. Invece un occhio di riguardo alla colorazione degli edifici
è importante, perché quando si cammina l’occhio non deve provare disagio, vuole
godere. Le tinte scure inoltre portano tristezza. I colori invece portano
allegria, armonia e pace. Con il marmo ho rappresentato alcune madonne con
bambino e svolto dei lavori per alcune chiese. Ma anche in questo caso faccio
molta attenzione ai colori e all’ordine delle forme. Perché anche in una chiesa
l’occhio ha bisogno di sentirsi appagato grazie a quel che vede. Credo che
nella mia arte ci sia sempre un lato religioso, ma la gente oggi sembra essere
cambiata, crede poco in Dio e questo è un male. L’arte dà la possibilità di
riflettere anche su Dio e sui principali sentimenti umani che, pur passando il
tempo, non mutano mai.
Un
artista può sentirsi tale senza i pubblici?
Non ho mai esposto in passato. Qualche
anno fa ho esposto a Reggio Calabria e tuttora c’è qualcosa di mio a Reggio. Io
realizzo le opere perché sento la necessità di farlo, non perché le debba
vedere qualcuno. Perché finché non le completi e le tieni sempre a mente
diventi inquieto. Una volta fatte non le voglio neanche vendere, perché per
adesso le voglio vedere io. Però desidero che le opere dedicate a Bagnara, come
i miei dipinti, restino qua. Se li porti altrove, magari non hanno senso,
invece a Bagnara hanno un significato. Molti mi rimproverano, dicendo di avere
tutto questo ben di Dio e di non farlo conoscere a nessuno. Io rispondo che le
opere le realizzo perché sento la necessità di doverle fare, non perché altri
debbano elogiarmi o perché io debba darmi a vedere. Certo, se alla gente
piacciono sono contento, però le faccio perché mi devo sentire bene io, perché
se non le faccio dentro di me rimane sempre un’ansia. Mi spiego meglio. Ogni giorno
dedico metà del mio tempo all’azienda e l’altra metà all’arte. Dovendo lavorare
per vivere, quando comincio un’opera d’arte mi capita spesso che mentre lavoro
agli ordini che riceviamo, ho un’ispirazione per un’altra opera d’arte. E allora
mollo quella che stavo facendo e ne inizio un’altra. E parecchie cose non sono
mai terminate. Quindi inizio un pezzo adesso e lo finisco tra un anno o due,
perché sento l’impulso di finire prima un’altra opera. Questo mi accade perché
se perdo l’ispirazione, finisce l’intera opera, non la completo più. E allora
mollo subito quello che stavo facendo e seguo l’ispirazione. Credo che ci sono
dei momenti in cui tutti gli artisti non riescono a creare niente ma quando
sono concentrati e piace loro l’ispirazione giunta, allora tirano fuori quattro
cinque sei opere dello stesso filone. Per esempio, in quest’opera c’è plastica,
alluminio, pietra. Perché l’ho fatta? Perché sentivo il bisogno di realizzare
un’opera così. Voglio sperimentare tutto. Prima ero molto vincolato al
tradizionale, ora invece voglio giocare con gli elementi come se fossi un
bambino. Per esempio, guarda questa fontana. Ho voluto rappresentare il
rubinetto come una pompa impazzita quando si apre l’acqua di botta. I riccioli
che vedi, invece, dovrebbero illuminarsi di notte. Cioè non vedi nulla ma
riconosci la presenza della fontana per mezzo di questi riccioli fosforescenti.
Anche queste forme strane a me piacciono molto. Mi piace l’idea di un’arte che,
girandole attorno, ti mostra, o vedi, cose
sempre diverse. D’altronde gli stati d’animo e i sentimenti dell’essere umano
non sono mai uguali, sono sempre diversi perché è l’evoluzione della vita che è
così. Tutti nella vita hanno alti e bassi, anche l’artista. Perché non deve
averli anche l’arte? Io tuttavia con l’arte cerco di trasmettere i lati
positivi di me stesso.
Che
cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della
propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa
missione?
Comporta tanti sacrifici. Tutte le opere
che hai visto sono state fatte per hobby, per passione, il che vuol dire che io
non posso lavorare otto-dieci al giorno su quelle opere ma devo dedicarmi anche
all’azienda. Quando gli operai se ne vanno a casa, io mi chiudo qua e lavoro
alle opere d’arte. Questo è un sacrificio per amor di fare, di realizzare, per
il desiderio di mettermi sempre in discussione. Mi sono sempre sacrificato per
realizzare quello che dice la mia testa. Ho sempre dovuto creare,
indipendentemente dal fatto che gli altri giudichino quel che faccio bello oppure
no. Questo per quanto riguarda l’arte del marmo. Parliamo ora dell’artigianato,
della mia azienda. Oggi non c’è più un’educazione professionale e questo
artigianato rischia di svanire perché gli ordini calano di giorno in giorno. L’azienda
stessa che gestisco corre il pericolo di chiudere ogni giorno che passa. Questo
artigianato necessita di molti sacrifici ma se i miei operai non vedono
ripagati i loro sacrifici con dei guadagni, molleranno sicuramente. Spesso non
abbiamo un ordine ed io sto male perché mi rendo conto che non posso consentire
loro di realizzarsi con questo artigianato. Nel tempo mi hanno ordinato diverse
cose ed io le ho fatte egregiamente. Ma tutte queste opere d’arte che vedi non
me le ha ordinate nessuno. le ho fatte per il piacere di farle, per il bisogno
che ho di creare. Abbiamo sempre portato avanti un lavoro di qualità non di
quantità e grazie a Dio il lavoro non è mai mancato. Ma adesso la situazione è
davvero preoccupante. Io vorrei stimolare maggiormente mio nipote in questo
artigianato, dal momento che vado invecchiando. L’artigianato del marmo non è
mai uguale, ti appassiona sempre con ogni nuovo lavoro che intraprendi. Ogni
lavoro che facciamo è unico, è un’esperienza nuova. È tutto lavoro fatto a mano
e ti coinvolge totalmente. Ogni lavoro lo intendi come una sfida con se stesso.
Se avessi la possibilità di realizzare su Bagnara un serie di opere artistiche,
consentirei a molti giovani di lavorare e di imparare questo artigianato, e nel
contempo consentirei a questo artigianato, che a Bagnara c’è sempre stato, di continuare
a vivere e non di svanire. Barbaro è stato un maestro e da lui sono usciti buoni
artigiani. Non ho mai avuto l’occasione di lavorare assieme a lui, però ricordo
che un giorno gli chiesi un parere su come realizzare un’opera e lui mi disse: “Credi
di riuscire a farla? Allora falla, coraggio!”. Mi chiedo perché adesso questo
artigianato deve morire? Perché nessuno ci aiuta? C’è bisogno, oltre che di
laureati, anche di persone umili che amano questa arte. Se non c’è
un’educazione da bambini, non s’impareranno mai queste cose.
L’artigianato è una scommessa per il futuro di Bagnara. Attualmente io disegno le opere da realizzare, do gli ultimi accorgimenti di carattere di gusto ma il resto lo fa mio nipote, che è già diventato bravissimo. A volte mi chiedo: perché portare artisti da altri luoghi d’Italia, quando siamo capaci di fare questi lavori a Bagnara? Io non voglio favori da nessuno, sia chiaro, chiedo soltanto di avere una possibilità, di essere messo alla prova, di venire a trovarci nel laboratorio per vedere quello che realizziamo. Chiedo soltanto di credere nella nostra arte. Vorrei realizzare qualcosa di bello su Bagnara, lo dico con molta umiltà. Io invito ufficialmente il sindaco a venire a trovarmi, per vedere le opere che realizzo. Il sindaco, penso, dovrebbe rappresentare un padre, mentre io e i cittadini siamo i figli. Se il padre non conosce il potenziale dei suoi figli, come può pretendere di sperare in loro per un miglioramento delle cose? Io vorrei quindi che il sindaco venga a prendere coscienza del potenziale che gli artigiani bagnaresi rappresentano. Non solo da me, per quanto riguarda il marmo, ma dovrebbe andare anche da quelli del ferro, della ceramica, del legno, del vetro, da tutti, per capire se si può creare qualcosa a livello professionale. Altrimenti noi restiamo con i nostri problemi, finché riusciamo andiamo avanti altrimenti finisce tutto. Ecco perché, ribadisco, invito il sindaco a venire a farci una visita. Per prendere coscienza dei suoi paesani, di quello che sanno fare e di capire se si può improntare qualche progetto lavorativo e professionale. Bisogna investire artisticamente su Bagnara, non facendo le solite piastrella ture del Corso e del Lungomare. L’arricchimento artistico di Bagnara crea lavoro, fa sì che l’artigianato non muoia, dà la possibilità di creare una scuola, abbellisce il paese e attira maggiormente i turisti. Questo laboratorio non può chiudere. L’artigianato deve essere risollevato.
L’artigianato è una scommessa per il futuro di Bagnara. Attualmente io disegno le opere da realizzare, do gli ultimi accorgimenti di carattere di gusto ma il resto lo fa mio nipote, che è già diventato bravissimo. A volte mi chiedo: perché portare artisti da altri luoghi d’Italia, quando siamo capaci di fare questi lavori a Bagnara? Io non voglio favori da nessuno, sia chiaro, chiedo soltanto di avere una possibilità, di essere messo alla prova, di venire a trovarci nel laboratorio per vedere quello che realizziamo. Chiedo soltanto di credere nella nostra arte. Vorrei realizzare qualcosa di bello su Bagnara, lo dico con molta umiltà. Io invito ufficialmente il sindaco a venire a trovarmi, per vedere le opere che realizzo. Il sindaco, penso, dovrebbe rappresentare un padre, mentre io e i cittadini siamo i figli. Se il padre non conosce il potenziale dei suoi figli, come può pretendere di sperare in loro per un miglioramento delle cose? Io vorrei quindi che il sindaco venga a prendere coscienza del potenziale che gli artigiani bagnaresi rappresentano. Non solo da me, per quanto riguarda il marmo, ma dovrebbe andare anche da quelli del ferro, della ceramica, del legno, del vetro, da tutti, per capire se si può creare qualcosa a livello professionale. Altrimenti noi restiamo con i nostri problemi, finché riusciamo andiamo avanti altrimenti finisce tutto. Ecco perché, ribadisco, invito il sindaco a venire a farci una visita. Per prendere coscienza dei suoi paesani, di quello che sanno fare e di capire se si può improntare qualche progetto lavorativo e professionale. Bisogna investire artisticamente su Bagnara, non facendo le solite piastrella ture del Corso e del Lungomare. L’arricchimento artistico di Bagnara crea lavoro, fa sì che l’artigianato non muoia, dà la possibilità di creare una scuola, abbellisce il paese e attira maggiormente i turisti. Questo laboratorio non può chiudere. L’artigianato deve essere risollevato.
Cosa
ti spinge a restare nella tua terra natia?
La forte attrazione che ho nei confronti
della natura e del paesaggio bagnarese. Volevo realizzarmi a Bagnara. A Roma
ero uno qualunque. Qui invece ci conosciamo un po’ tutti, voglio stare a
contatto con i sapori, i colori della mia terra e le persone con cui sono
cresciuto. Molti tendono ad andare via, specialmente in questi tempi di crisi
economica ma io preferisco restare e continuare a lavorare qui. Certamente
vorrei essere aiutato è per questo che invito il sindaco a venire a trovarmi,
altrimenti la mia attività è destinata a chiudere. Io ho degli operai, a
partire da mio nipote. Ormai io disegno ma la parte pratica dei lavori la
svolge lui. La nostra azienda ha un potenziale che si può confrontare con le
altre, riteniamo di non avere nulla in meno rispetto alle altre. Allora dico
perché Bagnara deve essere lasciata a se stessa? Finora siamo andati avanti con
i lavori che il singolo cittadino ci ha chiesto, ma adesso è diventato
difficile. Vorrei trasmettere a mio nipote tutto quello che so e lasciare tutto
a lui ma se lui non ha prospettive l’azienda finirà per chiudere. Io spero che
chi legge questa intervista, vede le fotografie ed è interessato ai lavori che
facciamo, venga a dargli un’occhiata di persona e ci consenta di tener viva
questa azienda. Io vorrei anche dare la possibilità ai giovani che sono
disoccupati di imparare questo artigianato, ma c’è bisogno di lavoro, di ordini.
L’artigianato è aiutato ovunque, soltanto qui no. Ma noi non ci rassegniamo. Io
non mi rassegno. Resto qui per l’azienda, per mio nipote, per l’artigianato del
marmo, per i giovani disoccupati, per Bagnara. ma abbiamo bisogno di un po’ di
fiducia nella nostra arte, per poter andar avanti e realizzare tutto quello che
si può fare.
Puoi
definirti una sognatore? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Certamente. Io sto già realizzando una
grande fontana in mosaico che vorrei realizzare a Bagnara sulla via marina,
sempre se mi viene data la possibilità, e attorno vorrei fare dei sedili e
delle panche sempre in marmo e in stile Gaudì, cioè molto colorato. Poi il mare
e il sole mi faranno anche da fondo. Vorrei realizzare quest’opera in tutti i
tiraggi che ormai non sono più usati come un tempo. D’estate, Bagnara è piena
di gente, ci sono molti posti per sedersi ma poco da vedere in fatto di arte.
Allora, perché non realizzare opere d’arte di questo genere? Se mi si mostrasse
interesse, sarei molto felice di realizzare queste opere. Sia la via marina sia
il resto del paese infatti mancano di colore e di arte. Un turista non visita
le città per il piacere di spendere ma anche per farsi una fotografia, per
scoprire le bellezze del territorio naturali e anche artistiche. Se si crea
un’attrattiva di questo genere, il turista, che è sempre con la macchina
fotografica in tasca, approfitta di queste opere per farsi delle fotografie e
ricordare la sua visita a Bagnara, che mostrerà ad altri, i quali, attratti
dalla fotografia e dalle opere d’arte che vedranno, verranno anche loro a
visitare Bagnara. Anziché fare i soliti lavori monotoni, cementizi e senza
colori, si dovrebbe cominciare ad abbellire Bagnara con l’arte. Chi dà
un’occhiata alle mie opere dice che ho uno stile simile a quello di Gaudì. Per
carità, io non mi sento all’altezza del paragone, però mi chiedo: se in Spagna
la sua arte ha fatto enorme successo, ha creato un’enorme attrattiva, perché
non provarci anche qui? Un’altra cosa che vorrei realizzare, dove c’è la statua
di Mia Martini o dove c’è la Madonnina di Bernadette, è un grande acquario con
pesci tropicali, lavorati in ceramica, in vetro, in marmo, sempre con uno stile
somigliante a quello di Gaudì. Certo, l’opera va poi controllata, perché non
può essere abbandonata a se stessa. Insomma ho molti sogni nel cassetto che
vorrei realizzare a Bagnara, ma occorre che ci sia interesse per la mia arte.
Quando la gente viene si deve fermare ad osservare le nostre bellezze
paesaggistiche, certo, ma anche quelle artistiche non vanno sottovalutate. Se
non c’è nulla di attrattivo, Bagnara rischia di morire, non verrà più nessuno.
Io sogno di trasformare il nostro Corso, il Lungomare, di realizzare un’altra
opera imponente a Marturano ma per realizzarsi i sogni hanno bisogno di
qualcuno creda in loro, altrimenti restano soltanto sogni. Bagnara dev’essere
abbellita artisticamente.
Chi
desidera seguirti e saperne un po' di più sulle tue fotografie, dove può
rivolgersi?
Indirizzo – Via Nazionale per
Pellegrina, Bivio Grimoldo, 89011 Bagnara Calabra (RC)
Alcune
parole per i giovani.
Non mollate, siate positivi nella vita
perché le cose prima o poi si aggiusteranno. In tutti i cicli della vita, c’è
sempre un momento di crisi ma prima o poi questo momento dovrà passare. Presto vi
realizzerete. Non perdete la speranza. Credete in voi stessi, cercate di sapere
quello che volete da voi e lasciate perdere tutto quello che è superficiale.
Pensate alle cose serie e cercate di sognare sempre, altrimenti vi ritroverete
morti già da giovani. Sognate, avvicinatevi all’arte, qualunque essa sia, e
all’artigianato. Abbiate fiducia in voi stessi. Siate forti, stabilite il
vostro obiettivo e prima o poi riuscirete a raggiungerlo. Fate bene quello che
fate, non in modo banale. È la differenza a distinguere una persona da
un’altra. Se io sono uguale a un altro, siamo tutti uguali e tutto perde il
proprio significato. Ognuno di noi ha pregi e difetti, ma è importante tentare
di differenziarsi in meglio, non in peggio. Siate positivi e non mollate mai i
sogni. Ciascuno di noi fa i propri sacrifici, in base all’età che ha e a quel
che fa. Ma quando vi sarete creati il vostro avvenire, vi guarderete indietro e
sarete felici. Io sono contento di quel che ho fatto ma continuo a sognare
ancora.
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