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giovedì 12 aprile 2012

L'arte periferica: intervista a CARMELO ZOCCALI

- di Saso Bellantone
Nativo di Bagnara Calabra, Carmelo Zoccali è un artigiano del marmo, pittore, scultore, autodidatta. Dopo le prime esperienze di lavorazione del marmo a Bagnara, a diciassette anni si è trasferito a Roma continuando a lavorare il marmo ed è ritornato a Bagnara dopo circa dieci anni, dove ha iniziato a lavorare in proprio. Il suo laboratorio si sposta in diversi luoghi col passare del tempo e attualmente si trova a Pellegrina di Bagnara, nell’ex-stabilimento di Barbaro Marmi. Nel corso del tempo ha realizzato diverse opere in marmo, come per esempio cappelle monumentali, sculture monumentali, camini, tavoli e mosaici, ma ha anche creato presbiteri, altari, leggii, acquasantiere, podi, pavimentazioni, basamenti, fonti battesimali e sedute dl’altari per diverse chiese, tra le quali la Chiesa della Beata Vergine dell’Immacolata di Delianuova (RC), la Chiesa della Beata Vergine del Rosario - Porticello (Villa San Giovanni), il Ritiro Spirituale a Pellegrina (Bagnara Calabra), la Chiesa S.S. Cosima e Damiano di Lazzaro (RC), la Chiesa S. Maria e i XII Apostoli di Bagnara Calabra, la Chiesa di S.S. Pietro e Paolo di Bagnara Calabra, la Chiesa San Rocco di Scilla. Oltre che dedicarsi al lavoro per la sua azienda di artigianato del marmo, nel tempo libero Carmelo Zoccali si è dedicato alla lavorazione artistica del marmo e alla creazione di dipinti e sculture. Ha partecipato alla prima edizione de L’artisti i’ Bagnara (2009) presso la Società Operaia di Mutuo Soccorso e nel 2011 alla Arte tra le arcate – mostra degli artisti delle Muse presso la piazza Duomo di Tropea (VV). Attualmente vive e lavora a Bagnara.

Come ti sei avvicinato all’arte del marmo?
Sin dalla scuola elementare avevo l’attitudine per il disegno, tant’è vero che desideravo iscrivermi all’Istituto di Belle Arti di Palmi. Quando ero ragazzo ho iniziato a lavorare come apprendista da un amico mio, si chiamava Gioffré, e mi sono appassionato sempre di più al marmo, anche più del disegno, perché all’epoca si lavorava molto a mano. Io mi reputo un autodidatta, perché quello che faccio io l’ho imparato da solo assieme agli altri marmisti e poi pian piano è diventata una passione morbosa. Ho iniziato con la pittura, poi mi ha affascinato il marmo e all’età di 16-17 anni sono andato a Roma con la famiglia, ho lavorato pure là il marmo, e nel ’71 ho fatto il laboratorio a Bagnara, nel vecchio laboratorio di Barbaro in via Garibaldi. Poi mi sono spostato in via Turati, sul Lungomare, e adesso mi trovo sulle orme di Barbaro e spero almeno di fargli onore. Mi definisco umilmente un artigiano, perché l’arte dipende da chi la guarda. Se l’osservatore considera i miei lavori arte, allora possono anche chiamarmi artista, altrimenti possono chiamarmi serenamente artigiano. Io mi considero un artigiano.

Che cos'è l’arte del marmo?
Il marmo affascina sempre di più col passare del tempo e in qualsiasi modo lo tratti, dalla soglia alla scultura all’intarsio. Parlare di marmo nudo è già un’arte ma dipende dalla sensibilità dell’individuo che lo va a lavorare e a trattare. Personalmente, penso che un marmo appena tagliato è già un’opera d’arte, poi ognuno ci mette il suo. Qua c’è un blocco dal quale si deve tirare fuori l’immagine ma dipende dalla sensibilità dell’artista. Per esempio questa scultura rappresenta la sirena che esce dalle profondità del mare, i cui capelli rappresentano le onde, il sole, il vento, tutto. Di lato ho fatto dei pescespada, che hanno appena fatto l’amore, e sono talmente contenti che la femmina va sulla superficie del mare mentre il maschio se ne va tutto tranquillo nei fondali marini. Dietro i pescespada, forse, s’intravede uno squarcio del comportamento amoroso degli esseri umani. Oppure quest’altra opera rappresenta un albero, il cui tronco è fatto dal corpo maschile mentre le fronde sono fatte del volto e dei capelli di una donna, ma devo ancora completarla. Io nel marmo vedo queste cose e tante altre ancora.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi dell’arte del marmo, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
L’arte, anche la poesia o la musica, fa pensare ma quando è vera fa stare le persone con i piedi per terra. Fa riflettere. Ormai si pensa troppo alle cose superficiali. Sono pochissimi ad avere questa sensibilità. Si è troppo di fretta, c’è troppo protagonismo e superficialità. All’artista tocca esprimersi, poi tocca agli altri osservare quello che ha fatto e capire se gli trasmette qualcosa. Per esempio, questo è un vaso che ho creato io. Se i vasi non sono rotti, io non riesco a utilizzarli. Quando sono rotti cerco di rimetterli in vita. Tocca all’osservatore poi stabilire che cosa intravede in questo vaso.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano per esempio, la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire le tue opere marmoree “poesie”, opere d'arte, creazioni nel senso pieno del termine?
Possiamo anche definirle poesie. A me piace la linea morbida, i colori in particolare quelli del nostro cielo, del nostro mare, il verde delle nostre montagne, insomma i colori della nostra terra. Per me già questi colori sono poesia. Io spero con le mie opere di comunicare la poesia che ci sta attorno. Per esempio, in quel quadro c’è un bilancia arrugginita. Io l’ho trovata e con essa ho creato un quadro. Io questa la chiamerei poesia. Perché le cose impensabili e ormai logorate io le riciclo e le metto a nuova vita. Metto assieme il vecchio e il nuovo. In questo caso, la bilancia rappresenta il vecchio e il resto del quadro rappresenta il nuovo. Attraverso la bilancia volevo creare una nuvola e un fascio di sole che attraversa un po’ tutto. Prendiamo un altro esempio. Questa è una farfalla. Che cosa ho voluto rappresentare nel bianco statuario? Quando ero bambino, c’era molto verde e c’era un’infinità di farfalle. Adesso non ci sono più. Sembra siano in via di estinzione perché non ne vedi più una. Allora in quest’opera ho voluto rappresentare che la farfalla vuole prendere il volo e andare via dallo smog, in cerca di altri mondi ma è prigioniera dello smog. La farfalla vuole reagire ma è in qualche modo bloccata dall’inquinamento. L’opera vuole anche spronare l’essere umano e fare capire quello che stiamo facendo. È vero, siamo progrediti con la tecnologia ma stiamo distruggendo il nostro pianeta e stiamo perdendo la sensibilità che avevamo un tempo. L’opera quindi vorrebbe spronare gli esseri umani a cambiare modo di pensare. Non dobbiamo pensare sempre a cose futili e marginali, dobbiamo dare spazio alla sensibilità ed esternarla. Siamo tutti chiusi nel nostro guscio e isolati dagli altri. Io realizzo quello che penso, poi naturalmente ognuno ha il suo modo di vedere le cose. Questa per esempio è la bagnarota, una donna tenace, e l’opera è un omaggio a mia madre che era una bagnarota, che ha combattuto e cresciuto sette figli, assieme a mio padre. Malgrado ho voluto omaggiare mia madre, quest’opera è dedicata a tutte le bagnarote. L’opera evidenzia soprattutto il corpo da lottatrice della vera bagnarota, perché le bagnarote di una volta erano delle lottatrici. Le donne di oggi hanno sicuramente molta più cultura ma sembrano più superficiali rispetto alle donne di un tempo. Per carità, è il mondo che va così. Sono cambiati i tempi, cambia un po’ tutto e di conseguenza siamo cambiati anche noi. È cambiato anche il modo di pensare e di vivere delle donne. Ma spero si riscopra la bagnarota di un tempo. Io uso molto i colori e li userò sempre. Perché noi viviamo in un paese bellissimo in cui la natura e il nostro mare ci accompagna in tutte le stagioni. Il tramonto primaverile o autunnale ti dà delle emozioni enormi e io voglio imprimere nelle mie opere i nostri colori, con delle cromature abbastanza morbide. Nei miei quadri ci saranno sempre dei colori molto accesi.

Perché scolpisci? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante l'arte del marmo?
Io voglio scuotere gli osservatori. La vita è diventata talmente triste che ognuno di noi, oggi, ha il bisogno di fermarsi a pensare, a ragionare e a stare con i piedi per terra. Oggi vestiamo tutti in maniera scura e i colori li hanno messi da parte un po’ tutti. Questo significa che abbiamo un’ansia interna che ci domina ogni giorno. Perché allora non pensare a qualcosa di positivo? Ecco, io voglio ragionare in positivo e scuotere positivamente l’osservatore.


Che cosa racconti con le tue opere?
Io spazio dal marmo alla ceramica, dal mattone alla pietra di mare, dalla bottiglia di plastica al ferro arrugginito. Tutto quello che mi piace lo uso. A me piace osservare la natura, la quale mi dà sempre l’ispirazione. Anche vedere un pezzo di albero o di ferro arrugginito o una lattina o una bottiglia di plastica, io lao guardo di continuo, lo studio e cerco di tirare fuori qualche elemento che mi possa interessare. Dopo comincio a combinare tutti i materiali. Per esempio, quell’opera là è costituita di ferro arrugginito, di plastica, di rame, di vetro, c’è di tutto. La natura mi dà un’ispirazione totale. Io parto sempre dall’osservazione della natura. A volte la rappresento così com’è altre volte preferisco creare con quello che mi capita attorno. Se c’è qualche elemento che mi stuzzica, io vado avanti, creo quello che in natura non c’è, elaboro quella forma di continuo finché non tiro fuori quello che desidero rappresentare e quello che mi soddisfa. Per esempio, ho rappresentato questa Madonna con bambino sorridente. Nella storia dell’arte ci sono molte Madonne con Bambino ma sono tutte serie. Io ho voluto rappresentare la gioia di una mamma con il figlio. Oppure questa pietra lavica l’ho realizzata all’epoca del disastro di Chernobyl e rappresenta la distruzione della natura operata dall’uomo. Oppure ancora guarda questo ferro. L’ho trovato per caso in riva al mare, mi è piaciuto e l’ho portato con me. Non ho fatto altro che dargli una base ed ecco l’opera. Sembra una colomba ma è stata la natura a darle questa forma. Io non avrei mai immaginato una colomba così. A me è piaciuta ed eccola qui. Oppure guarda queste bottiglie di plastica. Io le immagino immense, su di una piazza, come delle sculture trasparenti attorno alle quali passeggiano le persone e guardando attraverso di esse vedono diverse forme e cose. Insomma io uso tutto quello che c’è in natura e creo. Quando mi aggiro per le città italiane le vedo molto tristi, disordinate, monotone, l’una uguale all’altra. C’è poca arte e pochi colori. Io suggerisco di controllare le tonalità delle facciate. I turisti passeggiando per le nostre città si ritrovano di fronte a dei colori che danno fastidio e nessuno interviene. Invece un occhio di riguardo alla colorazione degli edifici è importante, perché quando si cammina l’occhio non deve provare disagio, vuole godere. Le tinte scure inoltre portano tristezza. I colori invece portano allegria, armonia e pace. Con il marmo ho rappresentato alcune madonne con bambino e svolto dei lavori per alcune chiese. Ma anche in questo caso faccio molta attenzione ai colori e all’ordine delle forme. Perché anche in una chiesa l’occhio ha bisogno di sentirsi appagato grazie a quel che vede. Credo che nella mia arte ci sia sempre un lato religioso, ma la gente oggi sembra essere cambiata, crede poco in Dio e questo è un male. L’arte dà la possibilità di riflettere anche su Dio e sui principali sentimenti umani che, pur passando il tempo, non mutano mai.

Un artista può sentirsi tale senza i pubblici?
Non ho mai esposto in passato. Qualche anno fa ho esposto a Reggio Calabria e tuttora c’è qualcosa di mio a Reggio. Io realizzo le opere perché sento la necessità di farlo, non perché le debba vedere qualcuno. Perché finché non le completi e le tieni sempre a mente diventi inquieto. Una volta fatte non le voglio neanche vendere, perché per adesso le voglio vedere io. Però desidero che le opere dedicate a Bagnara, come i miei dipinti, restino qua. Se li porti altrove, magari non hanno senso, invece a Bagnara hanno un significato. Molti mi rimproverano, dicendo di avere tutto questo ben di Dio e di non farlo conoscere a nessuno. Io rispondo che le opere le realizzo perché sento la necessità di doverle fare, non perché altri debbano elogiarmi o perché io debba darmi a vedere. Certo, se alla gente piacciono sono contento, però le faccio perché mi devo sentire bene io, perché se non le faccio dentro di me rimane sempre un’ansia. Mi spiego meglio. Ogni giorno dedico metà del mio tempo all’azienda e l’altra metà all’arte. Dovendo lavorare per vivere, quando comincio un’opera d’arte mi capita spesso che mentre lavoro agli ordini che riceviamo, ho un’ispirazione per un’altra opera d’arte. E allora mollo quella che stavo facendo e ne inizio un’altra. E parecchie cose non sono mai terminate. Quindi inizio un pezzo adesso e lo finisco tra un anno o due, perché sento l’impulso di finire prima un’altra opera. Questo mi accade perché se perdo l’ispirazione, finisce l’intera opera, non la completo più. E allora mollo subito quello che stavo facendo e seguo l’ispirazione. Credo che ci sono dei momenti in cui tutti gli artisti non riescono a creare niente ma quando sono concentrati e piace loro l’ispirazione giunta, allora tirano fuori quattro cinque sei opere dello stesso filone. Per esempio, in quest’opera c’è plastica, alluminio, pietra. Perché l’ho fatta? Perché sentivo il bisogno di realizzare un’opera così. Voglio sperimentare tutto. Prima ero molto vincolato al tradizionale, ora invece voglio giocare con gli elementi come se fossi un bambino. Per esempio, guarda questa fontana. Ho voluto rappresentare il rubinetto come una pompa impazzita quando si apre l’acqua di botta. I riccioli che vedi, invece, dovrebbero illuminarsi di notte. Cioè non vedi nulla ma riconosci la presenza della fontana per mezzo di questi riccioli fosforescenti. Anche queste forme strane a me piacciono molto. Mi piace l’idea di un’arte che, girandole attorno, ti mostra, o vedi,  cose sempre diverse. D’altronde gli stati d’animo e i sentimenti dell’essere umano non sono mai uguali, sono sempre diversi perché è l’evoluzione della vita che è così. Tutti nella vita hanno alti e bassi, anche l’artista. Perché non deve averli anche l’arte? Io tuttavia con l’arte cerco di trasmettere i lati positivi di me stesso.

Che cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
Comporta tanti sacrifici. Tutte le opere che hai visto sono state fatte per hobby, per passione, il che vuol dire che io non posso lavorare otto-dieci al giorno su quelle opere ma devo dedicarmi anche all’azienda. Quando gli operai se ne vanno a casa, io mi chiudo qua e lavoro alle opere d’arte. Questo è un sacrificio per amor di fare, di realizzare, per il desiderio di mettermi sempre in discussione. Mi sono sempre sacrificato per realizzare quello che dice la mia testa. Ho sempre dovuto creare, indipendentemente dal fatto che gli altri giudichino quel che faccio bello oppure no. Questo per quanto riguarda l’arte del marmo. Parliamo ora dell’artigianato, della mia azienda. Oggi non c’è più un’educazione professionale e questo artigianato rischia di svanire perché gli ordini calano di giorno in giorno. L’azienda stessa che gestisco corre il pericolo di chiudere ogni giorno che passa. Questo artigianato necessita di molti sacrifici ma se i miei operai non vedono ripagati i loro sacrifici con dei guadagni, molleranno sicuramente. Spesso non abbiamo un ordine ed io sto male perché mi rendo conto che non posso consentire loro di realizzarsi con questo artigianato. Nel tempo mi hanno ordinato diverse cose ed io le ho fatte egregiamente. Ma tutte queste opere d’arte che vedi non me le ha ordinate nessuno. le ho fatte per il piacere di farle, per il bisogno che ho di creare. Abbiamo sempre portato avanti un lavoro di qualità non di quantità e grazie a Dio il lavoro non è mai mancato. Ma adesso la situazione è davvero preoccupante. Io vorrei stimolare maggiormente mio nipote in questo artigianato, dal momento che vado invecchiando. L’artigianato del marmo non è mai uguale, ti appassiona sempre con ogni nuovo lavoro che intraprendi. Ogni lavoro che facciamo è unico, è un’esperienza nuova. È tutto lavoro fatto a mano e ti coinvolge totalmente. Ogni lavoro lo intendi come una sfida con se stesso. Se avessi la possibilità di realizzare su Bagnara un serie di opere artistiche, consentirei a molti giovani di lavorare e di imparare questo artigianato, e nel contempo consentirei a questo artigianato, che a Bagnara c’è sempre stato, di continuare a vivere e non di svanire. Barbaro è stato un maestro e da lui sono usciti buoni artigiani. Non ho mai avuto l’occasione di lavorare assieme a lui, però ricordo che un giorno gli chiesi un parere su come realizzare un’opera e lui mi disse: “Credi di riuscire a farla? Allora falla, coraggio!”. Mi chiedo perché adesso questo artigianato deve morire? Perché nessuno ci aiuta? C’è bisogno, oltre che di laureati, anche di persone umili che amano questa arte. Se non c’è un’educazione da bambini, non s’impareranno mai queste cose. 
L’artigianato è una scommessa per il futuro di Bagnara. Attualmente io disegno le opere da realizzare, do gli ultimi accorgimenti di carattere di gusto ma il resto lo fa mio nipote, che è già diventato bravissimo. A volte mi chiedo: perché portare artisti da altri luoghi d’Italia, quando siamo capaci di fare questi lavori a Bagnara? Io non voglio favori da nessuno, sia chiaro, chiedo soltanto di avere una possibilità, di essere messo alla prova, di venire a trovarci nel laboratorio per vedere quello che realizziamo. Chiedo soltanto di credere nella nostra arte. Vorrei realizzare qualcosa di bello su Bagnara, lo dico con molta umiltà. Io invito ufficialmente il sindaco a venire a trovarmi, per vedere le opere che realizzo. Il sindaco, penso, dovrebbe rappresentare un padre, mentre io e i cittadini siamo i figli. Se il padre non conosce il potenziale dei suoi figli, come può pretendere di sperare in loro per un miglioramento delle cose?  Io vorrei quindi che il sindaco venga a prendere coscienza del potenziale che gli artigiani bagnaresi rappresentano. Non solo da me, per quanto riguarda il marmo, ma dovrebbe andare anche da quelli del ferro, della ceramica, del legno, del vetro, da tutti, per capire se si può creare qualcosa a livello professionale. Altrimenti noi restiamo con i nostri problemi, finché riusciamo andiamo avanti altrimenti finisce tutto. Ecco perché, ribadisco, invito il sindaco a venire a farci una visita. Per prendere coscienza dei suoi paesani, di quello che sanno fare e di capire se si può improntare qualche progetto lavorativo e professionale. Bisogna investire artisticamente su Bagnara, non facendo le solite piastrella ture del Corso e del Lungomare. L’arricchimento artistico di Bagnara crea lavoro, fa sì che l’artigianato non muoia, dà la possibilità di creare una scuola, abbellisce il paese e attira maggiormente i turisti. Questo laboratorio non può chiudere. L’artigianato deve essere risollevato.

Cosa ti spinge a restare nella tua terra natia?
La forte attrazione che ho nei confronti della natura e del paesaggio bagnarese. Volevo realizzarmi a Bagnara. A Roma ero uno qualunque. Qui invece ci conosciamo un po’ tutti, voglio stare a contatto con i sapori, i colori della mia terra e le persone con cui sono cresciuto. Molti tendono ad andare via, specialmente in questi tempi di crisi economica ma io preferisco restare e continuare a lavorare qui. Certamente vorrei essere aiutato è per questo che invito il sindaco a venire a trovarmi, altrimenti la mia attività è destinata a chiudere. Io ho degli operai, a partire da mio nipote. Ormai io disegno ma la parte pratica dei lavori la svolge lui. La nostra azienda ha un potenziale che si può confrontare con le altre, riteniamo di non avere nulla in meno rispetto alle altre. Allora dico perché Bagnara deve essere lasciata a se stessa? Finora siamo andati avanti con i lavori che il singolo cittadino ci ha chiesto, ma adesso è diventato difficile. Vorrei trasmettere a mio nipote tutto quello che so e lasciare tutto a lui ma se lui non ha prospettive l’azienda finirà per chiudere. Io spero che chi legge questa intervista, vede le fotografie ed è interessato ai lavori che facciamo, venga a dargli un’occhiata di persona e ci consenta di tener viva questa azienda. Io vorrei anche dare la possibilità ai giovani che sono disoccupati di imparare questo artigianato, ma c’è bisogno di lavoro, di ordini. L’artigianato è aiutato ovunque, soltanto qui no. Ma noi non ci rassegniamo. Io non mi rassegno. Resto qui per l’azienda, per mio nipote, per l’artigianato del marmo, per i giovani disoccupati, per Bagnara. ma abbiamo bisogno di un po’ di fiducia nella nostra arte, per poter andar avanti e realizzare tutto quello che si può fare.

Puoi definirti una sognatore? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Certamente. Io sto già realizzando una grande fontana in mosaico che vorrei realizzare a Bagnara sulla via marina, sempre se mi viene data la possibilità, e attorno vorrei fare dei sedili e delle panche sempre in marmo e in stile Gaudì, cioè molto colorato. Poi il mare e il sole mi faranno anche da fondo. Vorrei realizzare quest’opera in tutti i tiraggi che ormai non sono più usati come un tempo. D’estate, Bagnara è piena di gente, ci sono molti posti per sedersi ma poco da vedere in fatto di arte. Allora, perché non realizzare opere d’arte di questo genere? Se mi si mostrasse interesse, sarei molto felice di realizzare queste opere. Sia la via marina sia il resto del paese infatti mancano di colore e di arte. Un turista non visita le città per il piacere di spendere ma anche per farsi una fotografia, per scoprire le bellezze del territorio naturali e anche artistiche. Se si crea un’attrattiva di questo genere, il turista, che è sempre con la macchina fotografica in tasca, approfitta di queste opere per farsi delle fotografie e ricordare la sua visita a Bagnara, che mostrerà ad altri, i quali, attratti dalla fotografia e dalle opere d’arte che vedranno, verranno anche loro a visitare Bagnara. Anziché fare i soliti lavori monotoni, cementizi e senza colori, si dovrebbe cominciare ad abbellire Bagnara con l’arte. Chi dà un’occhiata alle mie opere dice che ho uno stile simile a quello di Gaudì. Per carità, io non mi sento all’altezza del paragone, però mi chiedo: se in Spagna la sua arte ha fatto enorme successo, ha creato un’enorme attrattiva, perché non provarci anche qui? Un’altra cosa che vorrei realizzare, dove c’è la statua di Mia Martini o dove c’è la Madonnina di Bernadette, è un grande acquario con pesci tropicali, lavorati in ceramica, in vetro, in marmo, sempre con uno stile somigliante a quello di Gaudì. Certo, l’opera va poi controllata, perché non può essere abbandonata a se stessa. Insomma ho molti sogni nel cassetto che vorrei realizzare a Bagnara, ma occorre che ci sia interesse per la mia arte. Quando la gente viene si deve fermare ad osservare le nostre bellezze paesaggistiche, certo, ma anche quelle artistiche non vanno sottovalutate. Se non c’è nulla di attrattivo, Bagnara rischia di morire, non verrà più nessuno. Io sogno di trasformare il nostro Corso, il Lungomare, di realizzare un’altra opera imponente a Marturano ma per realizzarsi i sogni hanno bisogno di qualcuno creda in loro, altrimenti restano soltanto sogni. Bagnara dev’essere abbellita artisticamente.

Chi desidera seguirti e saperne un po' di più sulle tue fotografie, dove può rivolgersi?
Indirizzo – Via Nazionale per Pellegrina, Bivio Grimoldo, 89011 Bagnara Calabra (RC)
www.carmelozoccali.com studio@carmelozoccali.com – tel. 0966371424 – cell. 3929593635

Alcune parole per i giovani.

Non mollate, siate positivi nella vita perché le cose prima o poi si aggiusteranno. In tutti i cicli della vita, c’è sempre un momento di crisi ma prima o poi questo momento dovrà passare. Presto vi realizzerete. Non perdete la speranza. Credete in voi stessi, cercate di sapere quello che volete da voi e lasciate perdere tutto quello che è superficiale. Pensate alle cose serie e cercate di sognare sempre, altrimenti vi ritroverete morti già da giovani. Sognate, avvicinatevi all’arte, qualunque essa sia, e all’artigianato. Abbiate fiducia in voi stessi. Siate forti, stabilite il vostro obiettivo e prima o poi riuscirete a raggiungerlo. Fate bene quello che fate, non in modo banale. È la differenza a distinguere una persona da un’altra. Se io sono uguale a un altro, siamo tutti uguali e tutto perde il proprio significato. Ognuno di noi ha pregi e difetti, ma è importante tentare di differenziarsi in meglio, non in peggio. Siate positivi e non mollate mai i sogni. Ciascuno di noi fa i propri sacrifici, in base all’età che ha e a quel che fa. Ma quando vi sarete creati il vostro avvenire, vi guarderete indietro e sarete felici. Io sono contento di quel che ho fatto ma continuo a sognare ancora.

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