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lunedì 14 dicembre 2009

IL NATALE: RIFLESSIONI IRONICHE SULLA RITUALITA' DEL DONO

- di Saso Bellantone
Questo brano è il primo di un ciclo di pensieri utili per riflettere insieme sui temi natalizi, troppo dati per scontato. Quando arriva il mese di dicembre, un’aria di letizia, di stravaganza e di fittizia religiosità si diffonde in lungo e in largo a tal punto che nelle nostre tristi, calcolanti ed egoistiche menti da occidentali aleggia soltanto il pensiero del Natale. Ma è proprio il Natale che c’interessa? Oppure quel che c’importa sono le riunioni, le tavolate e i giochi di famiglia, le ferie, i botti di capodanno, i rave-party nelle discoteche per festeggiare l’anno nuovo, le sbornie tra amici, lo scambio di regali? Già…i regali. Neanche diamo il tempo all’ultimo mese dell’anno di presentarsi sui nostri calendari da muro o tecnologici, che subito siamo pervasi dal folle bisogno di tredicesime, aumenti di paghette e schedine multimilionarie per fare la bella figura con parenti, amici e sconosciuti, mediante quelle scatole variopinte, infiocchettate e così scoccianti da scartare quali sono i pacchi-regalo natalizi. In questa prospettiva, giunto il mese di dicembre, ecco che comincia il delirio. Come burattini pilotati dallo spirito del Natale, girovaghiamo per le strade delle nostre città e siamo magnetizzati da tutto quello che, dietro le luci sparse tra una pigna, un festone e un granello di neve artificiale, si trova esposto nelle vetrine abitate tutte quante dallo stesso uomo con la barba bianca e il pigiama rosso, il quale o è seduto sulla slitta o scala un caminetto o si getta da un balcone (forse per paura della gelosia dei mariti appena rientrato): Babbo Natale. Ma trovare il regalo giusto per Tizio anziché per Caio o Sempronio non è cosa facile. Così, mentre la disperazione e il timore di fare una figuraccia si fa largo in noi, ecco che, subitaneamente, lo spirito del Natale si fa nuovamente vivo con le sue folgorazioni brillanti per risolvere il dramma dei regali: “Andate a cercare altrove!” – comanda l’invisibile burattinaio signore del mese di dicembre. E allora, invasati dal comando quasi demoniaco di questo impercettibile marionettista, ecco che schiere di automobili, scooter, treni e traghetti (per non dire aerei e jet privati) partono e tornano, vanno e vengono caoticamente verso luoghi prima sconosciuti e impensati, colonizzati dalle stesse vetrine delle nostre città e abitate dallo stesso uomo barbuto con la calzamaglia rossa, che però adesso tiene in mano un cellulare, un lettore dvd, un robot da cucina oppure guida un’automobile nuova o fa una pausa sopra una lavatrice. Siamo nei centri commerciali! “Che meraviglia!” – esclama il più delle volte la nostra fidanzata, moglie o compagna – “È la fine!” – diciamo a noi stessi, mentre loro, facendo a gara con le altre, si lanciano all’arrembaggio per saccheggiare i negozi e far felici più se stesse che chi riceverà il regalo. Sembra l’inferno! La gara del regalo non avviene a colpo sicuro. Si tratta di guardare e riguardare e toccare e ritoccare e assaporare e odorare e chiedere infinite informazioni di ogni oggetto presente su ogni scaffale di ognuno dei negozi. La scelta è difficile, perché non è cosa da poco trovare il regalo giusto per Tizio anziché per Caio o Sempronio. Perciò, è necessario ripetere più volte il rito della scelta e della valutazione del prodotto, è necessario sapere tutto quello che c’è nel centro commerciale e decidere scrupolosamente tutti i regali che bisogna acquistare. Così, mentre la mattina diviene sera, spesso non si acquista nulla. E allora anche la sera diviene mattina e l’inferno ricomincia da capo. Quando finalmente le nostre donne tornano a noi con volto soddisfatto ma curiosamente senza buste, noi, ringraziando il cielo e il creatore, pensiamo “È fatta! Abbiamo finito!”. Loro, invece, ci comunicano fiere che hanno soltanto deciso cosa regaleranno e che, sicure di ritornare per acquistare in modo definitivo i vari regali, affermano con aria inquietante: “Hai visto quanti bei gadget per l’albero? E quanti pastorelli! Facciamo l’albero? E il presepe?!”. Comincia così una nuova gara per chi addobba meglio delle altre l’albero e per chi compone il più bel presepe di tutti. Palle, palline, stelle, coccarde, fasce, stelle filanti, neve artificiale, pastori, casette, muschio, fontane, luci, stelle cadenti e decorazioni varie sono gli oggetti della grande e silenziosa contesa natalizia che, mischiando il sacro e il profano, si svolge nelle case di ognuno per pochi giorni e poi vien abbandonata nell’oblio…fino al prossimo dicembre. Anche in questo caso non è facile addobbare l’albero o comporre il presepe. Allo stesso modo dei regali, sia l’albero che il presepe devono essere qualcosa di semplice ma allo stesso tempo di originale, raro e bello soprattutto! Così, mentre le tasche, le carte di credito e i conti bancari cominciano a svuotarsi, ecco che la nostra pazienza è messa a dura prova: “Voglio l’albero là, con questa inclinazione e altezza!...La stella là sopra, frontale ma un po’ all’indietro…Le coccarde a circolo sinusoidale, obliquo e alternato…le palle tutte di color blu, ma non blu blu, diciamo di color blu azzurro-celeste…L’illuminazione, và invece là dove non c’è nulla, ma si deve vedere e non vedere…la lasciamo accesa? Spenta? Spenta e accesa a un tempo? E la neve? E il presepe? Sopra o sotto l’albero? Il muschio bagnato, asciutto o tutt’e due? I re magi in fila indiana…anzi no, allineati…anzi mettili dietro i pastorelli…non vicino il panettiere, vicino al pecoraio…fai scorrere l’acqua di là…il fumo di qua così sembra che il bue e l’asinello respirano…e l’angioletto?...” – insomma, dopo ore e ore di ricomposizione e perfezionamento, alla fine tutto è pronto, le tasche vuote e…“Mancano solo i regali! Domani li andiamo a prendere?!”. Dopo aver un po’ giocato coi propri bambocci e fattosi due risate alla faccia nostra, il burattinaio del Natale ci grazia e conduce con esattezza le nostre donne nel luogo giusto per comperare il regalo specifico per ogni parente, amico e sconosciuto. Una volta tornati a casa, non è finita, perché solo allora (e siamo quasi arrivati al giorno 25) ci si ricorda che mancano le buste con gli auguri! Si esce di nuovo. Si cerca il bigliettino d’auguri adatto per ogni persona che riceverà il regalo e se va bene la sera bisogna scervellarsi per augurare “buon natale” a ognuno però con parole poetiche e insolite differenti per ciascuno. Giunta poi la sera di Natale, quando ormai tutto è compiuto e la pancia è piena, si stracciano i pacchi-regalo, ci si scambia gli auguri, ci si ringrazia l’un l’altro, ci si sorride, si mette il bambinello nel presepe e…senza pensare al vecchio Babbo Natale né di andare a messa, si torna alla vita di prima, gli uni estranei agli altri. Ormai né albero né presepe contano più. A volte, ci si dimentica pure della loro presenza, fuorché il giorno dopo la Befana…quando con far sospetto ci avviciniamo a loro per smantellarli e goderci di brutto! Per quest’anno il peggio è passato ma in quello che viene, noi faremo peggio di quanto hanno fatto le nostre donne l’anno prima… Questa ritualità che si ripete nel dicembre di ogni anno mette in evidenza non solo la perdita generale di significato del Natale, del capodanno, del presepe e dell’albero, ma l’idiozia che si nasconde dietro quello che denominiamo lo “spirito del Natale”. Siamo scaduti nell’abitudine, nella moda, nell’apparenza, siamo schiavi di una logica consumistica che in questo periodo produce un’impennata delle nostre spese e un aumento dei profitti di chi vende, ma amplifica anche la perdita dei valori e del buon senso. Ci si chiede: perché fare regali a Natale? Non si può fare un regalo anche in un altro momento? Quando lo si sente? Qual è il significato di questa pratica natalizia? Perché regalare a parenti, amici e conoscenti quando nel mondo molte persone non sanno che cos’è il Natale? Quanti muoiono di fame? Quanti, per via delle condizioni drammatiche nelle quali vivono, non sono capaci nemmeno di regalarsi un sorriso a vicenda? Tutto ciò deve farci pensare, specialmente in questo periodo nel quale, mascherandoci dietro un falso buonismo, continuiamo a essere sempre i soliti egoisti. Per cominciare a esserlo meno, bisogna iniziare a fare qualcosa per chi nel mondo, specialmente i bambini, non può festeggiare il Natale o perché non lo conosce o non può e basta. Quel che in tal sede si propone non è di interrompere la “ritualità del dono”, dunque di smettere di comprare i regali da scambiare con chi si vuole, per dare i propri denari a chi non ne ha. Sarebbe assurdo, oggi, immaginare un Natale senza regali. Piuttosto bisogna mantenere questa ritualità, introducendovi qualche elemento utile per i più bisognosi, nel mondo o nella stessa città. In poche parole, lo Stato dovrebbe varare una “legge natalizia” con la quale ci si obbliga, tutti nessuno escluso, a impiegare una percentuale del ricavato delle spese natalizie per chi ne ha bisogno. Per fare un esempio, se un oggetto costa 10 euro, soltanto per Natale, 1 euro và in beneficenza. Naturalmente, dal momento che non si ha fiducia nelle associazioni private, lo Stato dovrebbe creare un “organo statale”, sorvegliato dalla Guardia di Finanza, che si occupi della gestione dei denari ricavati mediante questa pratica e che garantisca, con la pubblicazione annuale di un estratto conto, l’effettivo utilizzo di questi denari per le famiglie più bisognose italiane e immigrate e per i bisognosi di altri paesi. In questo modo – o in un altro se qualcuno ha un’idea migliore – il Natale, e assieme la stessa ritualità del dono, comincerebbe ad acquisire più senso.

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