tag:blogger.com,1999:blog-63730087535547727172024-03-22T17:54:27.773+01:00DIS-OBLIORicordare, conoscere, pensare, partecipare, formareUnknownnoreply@blogger.comBlogger492125tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-73856192882007282942024-03-22T07:00:00.002+01:002024-03-22T17:53:06.445+01:00IL LAMPO di Giovanni Pascoli<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFjXuL9ai7ErOpXutJDxMwt_-9JL4Xe2Tm56Ciy15foFJ0nIjWCepjT0NrcdfvyTuz9FwtSSt8CU1fpPPwz8T_I6IdFayHvRYrod1ZPvC3NIpiRxalgAEuaNCSn6QQwZA7yQQohtEaCYmCBm1g49gUC9rBnLCwGeMpjp8AgqBP6vhWFJdlxbxqXu2XJ00/s645/lampo%20-%20Copia.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="400" data-original-width="645" height="198" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFjXuL9ai7ErOpXutJDxMwt_-9JL4Xe2Tm56Ciy15foFJ0nIjWCepjT0NrcdfvyTuz9FwtSSt8CU1fpPPwz8T_I6IdFayHvRYrod1ZPvC3NIpiRxalgAEuaNCSn6QQwZA7yQQohtEaCYmCBm1g49gUC9rBnLCwGeMpjp8AgqBP6vhWFJdlxbxqXu2XJ00/s320/lampo%20-%20Copia.jpg" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><br /> - di Saso Bellantone</div><div style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><br /><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;"><span style="text-decoration: none;">E
</span>cielo e terra si <span style="text-decoration: none;">mostrò
</span>qual era:<br /></span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;"><span style="text-decoration: none;">la
terra ansante, livida, in sussulto;<br /></span></span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;"><span style="text-decoration: none;">il cielo ingombro, tragico,
disfatto</span>:<br /></span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;"><span style="text-decoration: none;">bianca
bianca </span>nel tacito tumulto<br /></span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;">una casa <span style="text-decoration: none;">apparì
sparì </span>d’un tratto;<br /></span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;"><span style="text-decoration: none;">come
un occhio</span>, che, largo, esterrefatto,<br /></span></i></span></span></span><span style="color: black;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="font-size: small;"><i><span style="background: transparent;"><span style="text-decoration: none;">s’aprì
si chiuse</span>, nella <span style="text-decoration: none;">notte
nera</span>.</span></i></span></span></span></div><div style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><i><br /></i></span>Il buio del pensiero è
asfissiante, incalzante, improrogabile. Come ombra delle ombre segue
ovunque. Non lascia scampo né riposo né solitudine alcuna. Come
nemico immaginario, colpisce da qualunque direzione e in qualsiasi
momento. Non c'è difesa né armatura né muraglia capace di fermare
i suoi fendenti. Come nero manto di origine ignota, non c'è spazio
che non sia avvolto, stretto, rinchiuso nella sua oscurità. Toglie
il fiato, altera il ritmo cardiaco, modifica i sensi e la percezione
delle cose. Incupisce, scurisce, occulta se stessi e le cose a tal
punto da con-fondere vittima, labirinto e Minotauro, ritenendoli un
tutt'uno. Ci si muove ciechi, dissennati, deliranti in cerca di
quella fiamma, di quella luce, di quella stella che possa schiarire
anche per un solo istante quello stato di anonimato, di
incomprensione, di annebbiamento che avviluppa tutto e ci si ritrova
nuovamente privi di vista, fuori di sé, senza ragione. Come Urobòro
o un cane che si morde la coda, il buio del pensiero costringe senza
sosta a fare i conti con esso. Obbliga a ottenebrarsi, a confondersi,
ad annichilirsi. Vincola, ad occuparsi di esso. Non ci si può
sottrarre, non gli si può sfuggire, non c'è redenzione. Si vive,
così, alla ricerca, si procede a tentoni, tastando con mano le
stesse tenebre nelle quali ci si muove, continuamente inconsapevoli
se l'orientamento è quello giusto oppure è l'ennesimo errore. E
poi, in un effimero istante, ecco la luce. Come in un battito di
ciglia, si apre una prospettiva ampia e meravigliosa e si ritira
repentinamente nel buio. Si vede tutto, nel silenzioso clamore di
quell'apertura inattesa. La terra spossata, ammaccata e ancora viva;
il cielo traboccante, fatale e deperito; una casa candida,
incontaminata, innocente.</div><div style="margin-bottom: 0cm; text-align: left;"><br />Nella poesia <i>Il lampo</i>
di Giovanni Pascoli, è possibile riflettere sul nichilismo e su cosa
vuol dire pensare a partire da esso, dentro di esso e nel tentativo
di trovare una via d'uscita. Quest'ultima non è scontata e dipende
dalla prontezza del soggetto che pensa di cogliere ciò che si apre
in un'illuminazione improvvisa, paragonabile a un evento naturale,
come per esempio un lampo che rischiara per un attimo la/nella notte
buia.<br />Questo chiarore
passeggero offre la <i>chance</i> di mettere a fuoco alcuni
elementi-chiave che consentono di orientare il pensiero, prima che
torni nuovamente l'oscurità del nichilismo, e di prendere una
scelta:<br />- la <i>terra</i>,
simbolo della storia, colma delle ferite provocate dalla fatica del
lavoro e dagli eventi politici e sanguinosi che si sono susseguiti
nella storia dell'umanità;<br />- il <i>cielo</i>,
simbolo della metafisica, strapieno di interpretazioni portatrici di
catastrofi al genere umano, ormai guasto, che ha esaurito la sua
antica funzione;<br />- la <i>casa</i>, simbolo
della mitezza, della semplicità, della genuinità, della
trasparenza;<br />- l'<i>occhio</i>,
simbolo del vedere, del pensiero;<br />- la <i>notte nera</i>,
simbolo appunto de nichilismo.<br />È a partire da questi
punti di riferimento che, in balia del nichilismo, è possibile
pensare all'occasione di trovare una via d'uscita da esso. Forse
Pascoli non la trova. Anzi, pare che ai suoi occhi il nichilismo sia
un dato di fatto, una certezza che torna ad essere un punto di
riferimento nel sottrarre qualsiasi stella polare con la quale
orientare il proprio pensiero. Forse lascia al singolo individuo
l'eventualità di operare una scelta a partire da quei
concetti-chiave, dei quali definisce il senso e la funzione con pochi
termini Forse indica nella casa la nuova stella polare con la quale
indirizzare il pensiero, all'interno del vicolo cieco che è il/nel
nichilismo. Forse...</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-56453265820094069712023-11-20T07:00:00.001+01:002023-11-20T07:00:00.155+01:00GRUPPO 5 TFA<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbSSSTfn04U_zJaoyLDE24mvDx-KWgeFnmWQd7hhW02EPbtKMGCa7pAUp3gILCOiBPi0WjiTZdcWSh22r1tYdKraCgAgwUkGEreWebGxRPyv0KRKaREk6TLcxVOxvFP3JpJ5mLo9uc31xkQqBzpKl_BMCIKtqyuO5aMn-Vd6lrdFEwpZK58CWxq99y5eo/s500/gruppo%205.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbSSSTfn04U_zJaoyLDE24mvDx-KWgeFnmWQd7hhW02EPbtKMGCa7pAUp3gILCOiBPi0WjiTZdcWSh22r1tYdKraCgAgwUkGEreWebGxRPyv0KRKaREk6TLcxVOxvFP3JpJ5mLo9uc31xkQqBzpKl_BMCIKtqyuO5aMn-Vd6lrdFEwpZK58CWxq99y5eo/s320/gruppo%205.jpeg" width="320" /></a></div><br /><p></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Io non so gli altri come
vivono gli avvenimenti. Io so che li vivo, intensamente. Anzi,
intensa-mente. Nell'oscuro scenario del post-moderno, immersi nella
tabula rasa di volti, orizzonti e stelle fisse che è il qui ed ora,
a me gli eventi e gli incontri parlano chiaramente, come fiore che
nasce in mezzo al deserto. Ed è subito l'aurora.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Ho frequentato per mesi
il TFA sostegno e sembrava di stare a Chongqing, in Cina, là dove
c'è l'incrocio di strade più complicato del mondo. Cinque piani e
quindici sopraelevate che moltiplicati per due (andata e ritorno),
danno metaforicamente il numero dei colleghi frequentanti il mio
corso di specializzazione. Gente proveniente da ogni regione
d'Italia, ognuna con la propria storia, le proprie motivazioni, il
proprio sguardo rivolto al domani. Tutti impegnati a seguire le
lezioni dall'alba al tramonto, ogni giorno, e poi ogni fine
settimana, per fare esami, in una irrefrenabile corsa contro il
tempo, gli impegni e le varie scadenze personali, accademiche,
lavorative e familiari.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">È stato un viaggio
sfiancante, lontano da sé e dai propri cari, in direzione della
tanto auspicata meta qual è il titolo di specializzazione. Un
itinerario fatto sempre dalle medesime tappe, tuttavia, sempre
diverse, perché condiviso con un gruppo speciale, a bordo del
pullman 5, con solo nove posti. Cambiava solo l'autista: il docente
di turno, che ogni volta ci ha condotto in un nuovo territorio del
mondo della conoscenza. Ma quei nove posti erano predestinati, come i
numeri sulla scala di Fibonacci.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Con tali compagni, il
crocevia si è trasformato in un sentiero nel bosco e la meta in una
radura, in una consapevolezza altra: tutto è scritto con inchiostro
simpatico sulle pagine invisibili dell'ignoto, e si può leggerle
soltanto senza vedere.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Come viva musica di un
vecchio vinile, ricorderò tali indimenticabili compagni sempre a
bordo di quel pullman, unico e raro, ma stavolta verso nuove
destinazioni: il Gruppo 5 TFA.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Buon proseguimento amici,
allacciate le cinture...</p>Unknownnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-18510550516461828322022-11-04T19:08:00.001+01:002022-11-04T19:35:18.890+01:00Feo, Erasmo, Nietzsche e Bataille<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-layN67xSu4JnDu1F8lAs06g9dTyxTiuVZ1-8Xwy4X28vupjOaNF0-UmWhDlRyo0mpd6aFiL8eJ9-fQgmnTJkDFuShgrRLXPkMB5P1csIah-tTjh3B5XdLZMCOH38RojrNua99qWp1DPxzBJPrEV1WQzoTrZsPziIBjhg6vrOtOTYsPJoOqMGGrSW/s320/feanor.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="240" data-original-width="320" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-layN67xSu4JnDu1F8lAs06g9dTyxTiuVZ1-8Xwy4X28vupjOaNF0-UmWhDlRyo0mpd6aFiL8eJ9-fQgmnTJkDFuShgrRLXPkMB5P1csIah-tTjh3B5XdLZMCOH38RojrNua99qWp1DPxzBJPrEV1WQzoTrZsPziIBjhg6vrOtOTYsPJoOqMGGrSW/s1600/feanor.jpg" width="320" /></a></div><p><br /></p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">- di Saso Bellantone</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Un cane, un Folle, un nichilista e
un antiutiliritarista.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Sembra già un
accostamento folle ma in realtà tale avvicinamento è più
dell'apparenza. È, Follia. Follia con la F maiuscola, di quella
buona, Erasmo docet.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Crediamo ormai sia sempre
un male, una colpa, un peccato a causa del quale vediamo sbarrata la
porta per il paradiso, il valhalla o qualsiasi altra speranza le
civiltà umane o singoli individui abbiano prodotto nel corso del
tempo, con ragionamenti austeri o stupefatti. Eppure, al di là della
latitudine e della longitudine, delle mode e delle abitudini, del dna
e della cultura, della provenienza e delle chance, del potere e della
sua povertà, del destino e del caso, la Follia può “anche”
essere un bene, un pregio, una virtù. Dipende da quale lato e con
quali occhi si guarda.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">La società nella quale
viviamo, a nostro piacere o meno, ci abitua, e ci impone, fin da
piccoli, a impiegare soltanto una sguardo, un paio di occhiali, una
sola prospettiva e per questo motivo non siamo mai necessariamente
pronti, preparati – o predisposti, per quei pochi s/fortunati – a
cambiare veduta, lenti o angolazione. Leggiamo gli eventi della vita,
la nostra e, naturalmente, quella di chiunque altro passi al nostro
fianco – sia quest'ultimo fisico, virtuale, ideale, patologico o
mediatico – così come ci è stato insegnato a casa, nelle chiese,
a lavoro o in qualsiasi altro luogo della società, sia un pub, la
parrucchiera o un supermercato. Interpretiamo gli accadimenti nella
maniera in cui siamo stati educati, allevati, cresciuti, ispirati e
civilizzati, e lo facciamo per essere inconsapevolmente numerati,
cifrati, micro-chippati e dunque essere pre-visti, calcolati,
pronosticati, preventivati e catalogati, per essere tradotti, infine,
in parti di equazioni inimmaginabili che ingrossano i conti di
pochissimi; quei visibili/invisibili, in abito ying e yang, talmente
divini da pagare altri per tirare i fili delle nostre scelte e del
nostro eterno dannato presente, mentre bevono assieme a noi un drink
o si riscaldano con noi al fuoco di una brace provvisoria e
periferica.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">In questo panorama, non
siamo capaci di mettere assieme un cane, un Folle, un nichilista e un
antiutiliritarista. Tantomeno di dichiararci, o ritrovarci, Folli. A
meno che, non sperimentiamo, realmente, la loro intrinseca
connessione.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">1) Feo è stato il mio
cane. Non c'è altro da dire – la sua storia, la nostra storia, i
suoi bisogni, i miei bisogni. Era mio ed io ero suo. Probabilmente,
io ero il suo cane.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">2) Nel tempo della morte
di Dio nietzscheana, la perdita è una delle parole chiave che
caratterizzano la nostra esistenza e l'esistenza in generale.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">3) La nozione di dépence
batailliana è quel punto di vista che consente di mettere a fuoco
l'impensabile e tale nozione è sempre un giudizio sintetico a
posteriori.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Partiamo dal punto 2.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">La morte di Dio
nietzscheana, enunciata nel celebre aforisma 125 de <i>La gaia
Scienza</i>, tra le tante cose, sottolinea, ricalca, mette a nudo il
concetto di “perdita”: azzeramento dei vecchi valori, da un lato;
possibilità/impossibilità di qualsiasi piramide valoriale,
dall'altro lato. In ogni caso, quel che vien meno, è la certezza di
qualcosa, di un punto fisso, di una stella polare che possa
indirizzare il nostro vagare o le nostre scelte. Brancoliamo nel
buio.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Eppure in questa cieca
erranza, continuiamo a sperimentare nella carne e nelle ossa la
perdita. Perdiamo il ventre materno, perdiamo l'infanzia,
l'adolescenza e tutto quanto vi è connesso: amori, amicizie,
speranze, sogni, prospettive, qualsiasi rapporto e relazione.
Perdiamo l'importanza che diamo a un genitore, a un parente, un amico
o una persona amata. Perdiamo le passioni, i piaceri, i modi di
vivere e di pensare. Perdiamo le abitudini, gli usi, il modo di
vestirci e la gente da frequentare. Perdiamo l'autobus, il
pronostico, il treno che passa una volta sola, il senso
dell'orientamento. Perdiamo continuamente la nostra identità e
quella che diamo a qualsiasi altra cosa, avvenimento, persona ci
sfiora. Viviamo, quindi, la perdita come un principio regolatore
dell'esistenza pur essendone inconsapevoli, e proseguiamo il nostro
incerto girovagare in direzione di un orizzonte che abbiamo perso già
prima di averlo pensato, oltre che visto di sfuggita. Non facciamo
altro, in estrema sintesi, che vivere perdendo tutto, nulla escluso,
assuefatti dalla sensazione del perdersi per perdersi nuovamente e
ancora, ancora... Per questo motivo, niente e nessuno può essere o
rappresentare quella feritoia, quel battito d'ali o di ciglia utile
per ritrovare se stessi. Perché ciò che perdi non è più tuo e
perché ciò che perdi non sei più tu.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">E così veniamo al punto
3.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Eppure c'è qualcuno, e
non un qualcosa, che vive la perdita in maniera batailliana, come
pura perdita, Pura con la P maiuscola, proprio come la Follia di
Erasmo. Qualcuno per cui “perdita” non è che un altro modo per
dire “dono”. Perché è un dono questo qualcuno e qualunque fatto
si possa sperimentare, assistere, vivere assieme a questo qualcuno.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Per questo qualcuno, è
un dono perdere il potere di decidere di sé, dei propri tempi, dei
propri spazi, della propria vita in toto. È un dono perdere il
potere del capobranco, di quel che c'è da fare, dei luoghi dove
andare, così come delle persone da incontrare, delle regole da
seguire e di quelle alle quali ribellarsi. È un dono perdere la
propria natura, i propri istinti, la propria animalità. È un dono
qualunque cosa faccia, bella o brutta che sia: starti vicino, quando
non vuoi nessuno al tuo fianco, e riempirti di tante di quelle
attenzioni innanzi alle quali un altro essere umano è cieco;
romperti le scatole, in quei momenti in cui non desideri altro che
non avere nulla a cui pensare, e darti tante di quelle responsabilità
innanzi alle quali, se solo fossero di natura umana, passeresti
dritto. È un dono, a ben vedere – avendo gli occhi per vedere,
naturalmente –, anche soltanto avere questa possibilità, quella
cioè di stare al fianco di questo qualcuno per il quale qualunque
cosa accada è un momento di gioia di stare con te, è un attimo di
difesa, di te, è un istante bello, semplicemente perché è con te.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Ma se questo qualcuno
fosse umano, non sarebbe niente di quanto detto finora.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">E così veniamo al punto
1.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Feo era un dono e anche
la sua perdita lo è. Te ne rendi conto solo a posteriori, perché il
suo “non esserci più” mostra la sua essenza, e la tua. Ti fa
capire di essere, di continuare a essere, “anche” ciò non hai
più e di non essere più quel che eri prima. Ti fa rendere conto che
tornerai a muoverti alla cieca, perché non era lui ad essere tuo ma
tu ad essere suo. E adesso, non sei più la sua proprietà, non hai
più una zavorra che ti tiene coi piedi per terra, non hai più
stelle fisse.</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">Feo era un dono non
umano, inumano, sovrumano. Se avesse avuto anche la minima parvenza
umana non sarebbe stato un dono e non lo sarebbe neanche ora che non
c'è più. Perché il dono che ti lascia è il pensiero: a lui, e a
te. Così rivedi un'intera vita, da una parte, e l'ignoto,
dall'altra.</p><p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><span style="text-align: left;">Feo era la risposta alla
morte di Dio nietzscheana, alla perdita cosmologica e antropologica
dei valori, al nichilismo che palpita nella terra e nella carne. Era
la dépence, la perdita, però in segno positivo: un dare continuo
senza voler ricevere nulla in cambio. Un dare e basta che riempiva il
niente, il vuoto di Dio. E adesso quel vuoto rischia di restare
incolmabile, di nuovo, ancora, senza la Follia di Erasmo. La Follia
che ha scandito il nostro percorso, fin che Feo c'è stato, la Follia
che deve continuare a dare un senso al percorso, anche adesso che non
c'è più. </span><span style="text-align: left;">Quella Follia che manca
alla società, e alle civiltà, per invertire la rotta e riscoprire, ricordare, rispolverare quanto di buono c'è, o è rimasto, nell'umanità e in ognuno di noi.</span></p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>
<p align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;"><br />
</p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-79133394047753422182019-12-16T11:01:00.001+01:002019-12-16T11:01:50.647+01:00SE TARDANO O NON ARRIVANO<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYNSMNxFdJxOIiV1E7_cETyxPY06AwquE-ask_AMTGluM_XNpIMjJxK0Up2Q_gEFd4hsdIKCQ4TheGUt8FIPcNutMXYd0TBasFM_XJ4qTm-iHM6XGhyGw1jlULs06UpT-z_4Ch4uC9YVs/s1600/parole.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYNSMNxFdJxOIiV1E7_cETyxPY06AwquE-ask_AMTGluM_XNpIMjJxK0Up2Q_gEFd4hsdIKCQ4TheGUt8FIPcNutMXYd0TBasFM_XJ4qTm-iHM6XGhyGw1jlULs06UpT-z_4Ch4uC9YVs/s320/parole.jpg" width="240" /></a></div>
<br />
<br />
- di Saso Bellantone<br />
<br />
<br />
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">Restano
e volano,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">come
piombo e piuma,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">se
le spingi permangono,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">se
le soffi si perdono,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">come
piombo e piuma,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">le
parole</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">uccidono
e salvano,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">se
tardano,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">o
non arrivano,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">lo
stesso,</span></span></div>
<div align="LEFT" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><span style="font-family: Times New Roman, serif;">feriscono.</span></span></div>
<br />Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-28258130364662616142019-11-03T15:28:00.001+01:002019-11-03T15:28:22.456+01:00TRASPARENZA<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJe1Sd6nRMPVXABV-7EpKUmYi32k8HgAhxylLn2UP7KetLSsLyNrAmRjTEA4WuBMwPtooJ-k8iCmBzc2UCMSOr7dQxX1t9EWs7YwFRQCXtRZurch5i-hYOTZ8fh-sIaj4r-ZGIx6eoYec/s1600/acqua+trasparente.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="600" data-original-width="1000" height="192" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhJe1Sd6nRMPVXABV-7EpKUmYi32k8HgAhxylLn2UP7KetLSsLyNrAmRjTEA4WuBMwPtooJ-k8iCmBzc2UCMSOr7dQxX1t9EWs7YwFRQCXtRZurch5i-hYOTZ8fh-sIaj4r-ZGIx6eoYec/s320/acqua+trasparente.jpg" width="320" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La trasparenza è
limpida, come acqua sorgiva. Chiara, come la luce. Nitida, come
paesaggio senza nebbia. Non ha sfumature né imprecisioni. Brilla,
senza macchie e imperfezioni.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La trasparenza è pulita,
come isola sperduta nell'oceano. Cristallina, come oasi nel deserto.
Innocente, come stella remota. Non conosce polvere né inquinamento.
È pura, mai infetta e senza contaminazioni.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La trasparenza è sana,
come albero da frutto. Dolce, come il sorriso di un fanciullo.
Delicata, come i sogni degli adolescenti. Resiste, desiderosa di
vita. Vuole se stessa, oltre le cadute e le ferite.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La trasparenza ha cura di
sé. Si rialza, si ristabilisce. Cerca l'armonia, con tutto ciò che
la circonda. È attenta, a chi le sta attorno. È buona, affettuosa.
È soffice, come il cotone e le nuvole.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La trasparenza conforta,
calma, rassicura. Guarisce e incoraggia. Dà la pace, stimola. Dà
fiato, come l'aria. Lava, come l'acqua. Rinvigorisce, come il fuoco.
Fortifica, come la terra.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La trasparenza è il
contesto, l'ambiente, l'habitat proprio dell'essere umano. È in essa
che quest'ultimo entra e resta in contatto con la propria essenza.
Con ciò che è veramente. Con la propria identità.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Essere e realtà sono due
facce della stessa medaglia. Sono trasparenti, manifesti, palesi, e
l'essere umano per essere tale non può evitare di trapelare,
mostrare, rivelare se stesso.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il “chi” dell'essere
umano si diluisce, si amalgama nel “che cosa” emerge, si
presenta, si esibisce di lui stesso. L'essere umano è tutto ciò che
ostenta, espone, mette in mostra. È ciò che fa vedere, che
sbandiera, che sfoggia e che vanta e, tuttavia, è convinto di essere
anche tutto ciò che nasconde, eclissa, insabbia e, per questo
motivo, è frainteso, travisato, non è capito.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Dagli altri.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Questo è il nodo
cruciale della questione, il problema di Aladino, il labirinto in cui
ci si perde. L'oblio di essere inevitabilmente immersi in un luogo,
spazio-tempo, ecosistema regolato dalla trasparenza, in cui ci sono
anche “gli” altri. In cui “si è con” gli altri.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
“Io giudico gli altri
in base a quel che vedo e a quel che gli altri mettono in mostra”,
è così che l'essere umano giudica senza esitazione. Dimentica a
priori, però, che lo stesso, all'inverso, vale per lui, e cioè che
oltre ad essere colui che giudica è, nel contempo, anche colui che è
giudicato dagli altri “in base a quel che loro vedono e a quel che
lui mostra di sé”. Dunque, in un caso e nell'altro, si permane
nelle lande della trasparenza, di ciò che è visibile, osservabile,
toccabile con mano: a partire da questa sfera ed entro tale
dimensione si giudica e si è giudicati.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il fraintendimento, il
malinteso, l'equivoco, in questo quadro, non è altro che
un'illusione, una giustificazione, una farsa. Convivendo nello stesso
habitat con gli altri, tutti al di sotto della fatale legge della
trasparenza, non si può pretendere di giudicare in base a quel che
si vede e di essere mal interpretati perché non si è manifestato
quel che si cela, si camuffa, si occulta. Si è, e quindi si giudica
e si è giudicati, per mezzo di quel si vede/si mostra nel contesto
comune. Si è mediante i fatti osservati/compiuti e se si dimentica,
o si sceglie consapevolmente, di svelare ciò che si custodisce nel
segreto non si può poi sostenere di non essere capiti in toto e di
essere stati travisati. Si è sempre la trasparenza manifesta, sia
nel caso in cui si vesta i panni dell'io, sia nel caso in cui si
vesta i panni degli altri.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
L'ironia della sorte, o
meglio della legge della trasparenza, è che in quest'ultima non
esistono equivoci né abbagli, neanche se si decide di nascondere
agli altri “parte di sé”, ossia tutto quello che può essere
definito come “segreto”. Quest'ultimo infatti, e cioè la scelta
di celare ad altri la pienezza di sé, traspare, trapela, emerge lo
stesso come “ciò che non è reso manifesto”, che non è stato
palesato, mostrato; affiora come “ciò che è stato occultato”,
che è stato mascherato, velato. Malgrado sé, il segreto spunta
fuori come sudore, aria espirata, energia emanata. Come ciò che c'è
nonostante si scelga volontariamente di non mostrarlo. Il segreto
filtra, gocciola da sé come l'invisibile che è visibile. È
trasparente, ed evidente. Indubbio.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Non ha senso dunque
alcuna pagliacciata, maschera e autocommiserazione. Splende anche
quel che si lascia nell'invisibile, nell'immateriale, perché tutto è
traslucido, opalescente, incontaminato.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Si è sempre trasparenti
e la trasparenza che si è resta sempre esposta all'alterità nella
sua fattualità. Si è i fatti compiuti e non compiuti, narrati
entrambi dalla propria presenza, e il linguaggio può fare poco se si
è scevri di tale consapevolezza o si tenta di aggirarla. Il
linguaggio ha potere soltanto se si abbraccia la consapevolezza di
essere trasparenti, esposti, fattuali, soltanto se si comprende che
l'habitat nel quale si vive può essere abitato esclusivamente
secondo questa regola inevitabile: tutto traspare, tutto è evidente,
tutto è fattuale, concreto, tangibile.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Bisogna avvinghiare
questa fatalità, vivere pienamente coscienti di essa.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Se la si evita, o si fa
finta di nulla, traspare.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E traspaiono anche le
ragioni.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E quando queste ultime
non ci sono, o sono superflue, emerge la verità.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Nient'altro.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-4685306215867180852019-10-25T09:58:00.000+02:002019-10-25T09:58:28.102+02:00IO NON GIOCO A DADI<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWMZEGTQcsNS5xb5IWmzxB5X5dwNDMyK_W_4_LSXK6JZbwv0yMW420oKbiJvLiFwPCFrirnqkEQulDF0clz8SrmgIjhO_OrpcTSi5cgryPcVOCs0pWEZHZ6mCuJfFWkK1drI5V5p42s78/s1600/luna.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="453" data-original-width="597" height="242" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWMZEGTQcsNS5xb5IWmzxB5X5dwNDMyK_W_4_LSXK6JZbwv0yMW420oKbiJvLiFwPCFrirnqkEQulDF0clz8SrmgIjhO_OrpcTSi5cgryPcVOCs0pWEZHZ6mCuJfFWkK1drI5V5p42s78/s320/luna.jpg" width="320" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">- di Saso
Bellantone</span></div>
<br />
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">La luna tace</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">eppure parla
la sua luce;</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">il sole
sembra una lumaca,</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">cammina
piano, con le antenne tese.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">Si fa giorno</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">eppure resta
ancora notte,</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">dilaga il
frastuono</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">ma divampa il silenzio nei suoi intermezzi.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">I piedi
senza stasi,</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">le ombre
fuggono all'indietro,</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">l'aria non
picca,</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">la bandiera
è bianca.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">Chiarisce
tutto la luce</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">ma l'ignoto
sogghigna,</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">una spalla
mi tocca</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;">ma sa già
che non gioco a dadi.</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-90950447759205796982019-10-14T16:49:00.001+02:002019-10-14T16:49:42.228+02:00L'APNEA È UN CAPITOLO CHIUSO<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirxaYQ2Q-tnXjZwrGYjWGjTXZUWUcG11pY7VCfcr2_nU9rCahOCMTcYtcK6JBmwXu_pEnjIb6tE957FFxWnGVzmaJ2-nUlk8IpKD_sCbtPsNk0wZNXlFY-SuerEbChmFIzj2oQTnf6qOg/s1600/fondale.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="359" data-original-width="590" height="194" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEirxaYQ2Q-tnXjZwrGYjWGjTXZUWUcG11pY7VCfcr2_nU9rCahOCMTcYtcK6JBmwXu_pEnjIb6tE957FFxWnGVzmaJ2-nUlk8IpKD_sCbtPsNk0wZNXlFY-SuerEbChmFIzj2oQTnf6qOg/s320/fondale.jpg" width="320" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Riemergere.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Respirare.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Non si può trattenere il
fiato per sempre.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
È una legge naturale,
malgrado si continui a credere che si un'opzione. Si è sicuri, anzi,
che l'apnea sia il proprio modo d'essere, la propria natura, e, forti
di questa certezza, pur incrociando grandi intuizioni, passioni o
scoperte rivoluzionarie, alla fine, o si torna a galla o si muore.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
È sempre così.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
In qualsiasi sfera della
conoscenza o della vita decida di fare la sua nuotata, l'essere umano
deve decidere se abbandonarsi all'istinto di riprendere fiato o
inabissarsi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Sceglie sempre, tuttavia,
di sprofondare, intontito dalla mancanza d'aria, scambiando
involontariamente poli e stelle fisse: la follia gli appare come
ragionevolezza, l'artificiosità come naturalezza, l'egoismo come
altruismo, il male come bene, l'odo come amore, l'orrore come il
sublime.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E si perde.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Perennemente in balia
delle maree abissali, sbattendo tra gli scogli, incastrandosi tra le
alghe e azzannato dagli squali, l'essere umano tenta ancora un'ultima
bracciata e un ultimo colpo di pinne nella speranza di raggiungere il
relitto che custodisce il forziere.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Eccolo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Finalmente gli si trova
innanzi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ancora una bracciata.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Lo tocca.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Prende la chiave che è
nella sua anima.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La inserisce.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Gira.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Apre lentamente...</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
...e un turbinio di onde
e flutti lo strappa dagli abissi del mare, riportandolo alla luce del
sole, all'aria, contro la sua volontà.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La rabbia e la delusione
rendono ciechi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Poi, però, subentra il
respiro.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
L'essere umano comincia a
riempirsi d'aria.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E ancora e ancora.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E il bagliore comincia ad
affievolirsi finché si abitua nuovamente a vedere.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E vede che niente è come
prima.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Tutto è all'inverso
rispetto a come lo ricordava.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Anzi, forse adesso tutto
sta dove deve.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Al proprio posto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
In ordine, chiaro, senza
sfumature né sbavature.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Respira ancora l'essere
umano.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Se ne rende conto e
adesso vuole continuare a farlo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Avidamente.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Senza sosta.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ancora.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E ancora.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Perché ogni respiro
chiarisce le cose...</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Tutto era capovolto,
prima, illuminato male, privo d'aria, stantio.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
E adesso niente è come
credeva.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Neanche lui.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ma ora l'essere umano lo
sa.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Sa chi è e sa bene che
l'apnea non è la sua natura.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Sa di essere fatto
soltanto di aria e che l'aria stessa simbioticamente è intrisa della
sua essenza.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Adesso, sa che il
forziere non esiste e che il tesoro, in realtà, è il respiro.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
L'apnea è un capitolo
chiuso.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-41840990265368156862019-02-05T12:28:00.001+01:002019-02-05T12:28:45.193+01:00DOVE FINISCE IL MARE<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEie0t4i6k5fNzN-TuNRM2qEX3PCqIOgI2j36FpPwrAGe9WN-XCsBhNPsFVFthSW2f5sk9kFLkzwZuNv6M2FYNYLgh14dfgidjTrXAoNNQRpIRdiF7j5frMCO6Yq-0ZCfq56INEVHL8QZ4s/s1600/mare.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1209" data-original-width="1600" height="241" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEie0t4i6k5fNzN-TuNRM2qEX3PCqIOgI2j36FpPwrAGe9WN-XCsBhNPsFVFthSW2f5sk9kFLkzwZuNv6M2FYNYLgh14dfgidjTrXAoNNQRpIRdiF7j5frMCO6Yq-0ZCfq56INEVHL8QZ4s/s320/mare.jpg" width="320" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
- di
Saso Bellantone</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare non finisce sulla
battigia né all'orizzonte. Finisce altrove, in un luogo cioè dove
il mare non è più e, al contempo, non è ancora.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Malgrado possa sembrare
continuamente identico a se stesso, anche il mare infatti è soggetto
al tempo e al cambiamento. Sono i nostri occhi a non riuscire a
vedere le cose in maniera essenziale.
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare si muove, si
altera, va verso la sua fine, in quell'ambiente che,
contemporaneamente, custodisce la possibilità del suo rinnovamento,
del suo ricominciare. Finisce, perché là dove c'è la sua fine c'è,
anche, il suo inizio.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare appartiene a
questo spazio che salvaguarda la sua fine e il suo inizio. Gli è
legato perché senza di esso, nel suo assiduo mutare, non potrebbe
tornare a essere se stesso.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Questo luogo che completa
il mare, che lo rifinisce, è molto vicino eppure è anche molto
lontano. È invisibile ad occhio nudo, non si può toccare con mano e
tuttavia c'è, là, nei pressi del mare, e anche qua, distante da
esso. È un ambiente ignoto, afono e inodore, per certi versi
miracoloso, che là e qua fa sentire la voce e il profumo del mare,
il suo richiamo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare chiama, convoca a
sé per mezzo di questo spazio che lo ritocca, che nel farlo finire
cioè lo fa iniziare di nuovo; attira l'attenzione, perché nel suo
andare e tornare ha sempre qualcosa da dire.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare non ha linguaggio
umano eppure parla con le sue onde, le sue maree, la sua apparente
stasi, la sua fragranza e si fa capire. Da tutti. Solo che tutti,
poi, dimenticano quello che ha detto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare racconta del suo
legame, della sua appartenenza a questo luogo che non lo fa essere
più e non lo fa essere ancora, narra di questo ambiente invisibile e
intoccabile che lo trasforma e che in questo modo trasmette il suo
richiamo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare parla del tempo e
del cambiamento, al di là di un'apparenza eternamente identica a se
stessa; parla del finire e del ricominciare. Ecco perché non finisce
sulla battigia né all'orizzonte, perché la sua fine, e cioè la
possibilità del suo nuovo inizio, non si trova su di un piano,
appunto, orizzontale.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare finisce
nell'aria, in ciò che è immateriale e intangibile e che, tuttavia,
è percepibile. Ma l'aria è anche l'atmosfera e lo spazio profondo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il mare finisce nel
mistero dell'universo ma è proprio là, così come qua, nell'essere
umano, che, perfino, comincia.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-52798123401805523612018-09-13T18:14:00.000+02:002018-09-13T18:14:10.225+02:00TRASLOGOS<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9zRYcAU0R1QbYtQeGUxrLwuJeNVli3Bpq7IOyoX0g8NyrxJ0wcjLOFKWOVLvKCFdbQUcxL0-RPVZvxbIKoQ2HTCwH2goItcEUDe80bNoWpzS0H-GN69UFijnX_GQm7_DkR5UcamrdgO0/s1600/cofano+bianco+e+nero.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9zRYcAU0R1QbYtQeGUxrLwuJeNVli3Bpq7IOyoX0g8NyrxJ0wcjLOFKWOVLvKCFdbQUcxL0-RPVZvxbIKoQ2HTCwH2goItcEUDe80bNoWpzS0H-GN69UFijnX_GQm7_DkR5UcamrdgO0/s320/cofano+bianco+e+nero.jpg" width="240" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
- di
Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Chiuse
di nuovo il portabagagli, salì a bordo della Fiat Kappa e,
assicuratosi che tutte le cianfrusaglie poste dietro non impedissero
la visuale dallo specchietto retrovisore, partì, per l'ennesima
volta, direzione sottotetto. Era il secondo trasloco in due giorni.
Aveva dormito una sola notte nell'appartamento di via Guglielmo
Radio, dopo averlo pulito e ripulito per due giorni di fila, ma come
previsto e anticipato a Federica, e naturalmente passato in sordina,
non andava bene. Troppo frastuono notturno. La via Guglielmo Radio
era una arteria principale della città e anche la domenica, perfino
d'estate, era sempre frequentata da automobili, camion e moto
talmente rumorose da credere di ritrovarsele nella camera da letto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“E
ora che facciamo?”aveva detto Federica, mettendosi a sedere sul
letto, in lacrime, guardando la piccola Nicole che dormiva
placidamente “Come facciamo a dormire?”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Silvestro
alzò la testa dal cuscino ancora avvolto dal sonno, guardò prima
lei poi la figlia e rispose: “Intanto proviamo a dormire. Domani si
vedrà”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Ovviamente
l'ultima parola toccò mille volte a Federica, che pensò di
programmare un nuovo trasloco l'indomani, contattando agenzie,
proprietari, santi e diavoli, malgrado gli occhi e la voce di
Silvestro mostravano chiaramente la necessità, e l'urgenza, di
riposare.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Così
il giorno dopo, mentre Rossella, la cugina di Federica appena
arrivata, liberava le camere e sistemava scatole e valigie, Silvestro
faceva viaggi dall'appartamento in via Radio alla soffitta in via
Evoluzione, chiedendosi cosa aveva fatto di male per ritrovarsi, da
tre-quattro giorni sempre con la maglia sudata a tal punto che
sembrava appena tolta dall'acqua. Non seppe rispondere, tutte le
volte che se lo chiese, ebbe solo l'impressione che il suono del
portabagagli che si richiudeva fosse qualcosa di più, che lo
colpisse dentro, che chiudesse, qualcosa, dentro.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Con
questa sensazione ogni volta si recava in via Evoluzione con la
macchina carica, con la stessa sensazione si stava recando adesso,
nell'ultimo viaggio, con a bordo, lato guida, Federica e la piccola
Nicole, ignara e dormiente.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Ti
dovrebbero fare santo!” sorrise la compagna, con un'espressione di
scusa.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Lasciamo
stare” rispose sarcastico “San Pietro mi ha mandato un whatsapp,
dicendo che comunque ha cambiato di nuovo serratura”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Che
sei scemo!”</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Sei
sicura?” chiese, guardandola con occhi sorridenti “Potrei
abbandonare la mia calma serafica e incazzarmi, per il nuovo
trasferimento, per il fatto di avertelo detto che la casa era
rumorosa, per il fatto che avevi deciso di cercare casa con più
calma, come suggerito anche da Davide, e poi hai avuto di nuovo
fretta, perché avevo la sensazione che saremmo tornati in via
Evoluzione...”</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Ok
ok! Sei un santo, sei bravo!”</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Limitiamoci
a bravo, va” scoppiò a ridere, seguito dall'interlocutrice, “Lo
faccio solo perché c'è anche Nicole. Ma adesso, anche se scoppiasse
una bomba sotto casa, la nuova intendo, restiamo qui per almeno
due-tre anni.”</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Concordo!”
rispose Federica, scoppiando nuovamente a ridere “Ma Davide e
Rossella che fine hanno fatto?”</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
“Hanno
preso un'altra strada... eccoli lì che arrivano anche loro con la
Ford.” disse Silvestro, notandoli dallo specchietto retrovisore.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Gli
amici parcheggiarono di fianco alla Fiat Kappa e, scaricate le
macchine, cominciarono a portare su tutto quanto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
In
realtà, molta della roba era già stata portata in soffitta da
Alessia e Roberta, le figlie di Davide e Teresa, mentre la madre si
era già attivata nel fare le pulizie, una volta appresa la notizia
da Silvestro che, in mattinata, sarebbero tornati in mansarda.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Davide,
Teresa, Roberta e Alessia erano i vicini storici della casetta rosa
di via Evoluzione. Abitavano al primo piano ed erano stati i primi a
conoscere, alcuni anni prima, quando Silvestro e Federica si erano
trasferiti per lavoro a Nuova Città. Una famiglia semplice, umile,
pacifica e piena di amore e di sorrisi, che viveva assieme alla
nonna. Poi, giunta la notizia di Nicole, Silvestro e Federica erano
rientrati al paese natio, e adesso, dopo la pizzata della sera prima
fatta in casa da Teresa, i due erano tornati nuovamente al sottotetto
di via Evoluzione, nell'incredulità di Roberta e Alessia, nipotine
doc, acquisite per il grande affetto provato nei loro confronti. È
probabile che anziché il frastuono di via Guglielmo Radio fosse
stata propria la pizzata di Teresa a convincere Federica a ritornare
in via Evoluzione, una volta appreso che la mansarda era di nuovo
libera. Forse era stata la birra con Davide a convincere Silvestro. O
forse l'attenzione di Roberta e Alessia, come se non ci si vedesse
soltanto dal giorno prima. Comunque sia, il trasloco era compiuto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Una
volta portato tutto in mansarda, Silvestro e Federica cenarono con
Rossella, senza la quale sarebbe stato impossibile organizzare un
trasloco nell'immediato, mentre Nicole dormiva. Avevano sistemato
ogni cosa nello stesso posto in cui si trovava due anni prima e
avevano commentato il rapido trasferimento continuando a sottolineare
la follia dell'accaduto e a elogiare l'immensa pazienza di Silvestro,
il quale rimarcava che per lui San Pietro non avrebbe neanche battuto
le ciglia di un occhio solo e la santità se la poteva sognare.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Finito
di cenare, Rossella si mise a lavare i piatti mentre Silvestro e
Federica uscirono sul balconcino, per fumare una sigaretta. Chiusero
la scorrevole e Silvestro ebbe la stessa sensazione che aveva ogni
volta che, in giornata, aveva chiuso lo sportello del portabagagli.
Sembrava che qualcosa si richiudesse anche dentro di lui. Si affacciò
assieme a Federica e i due scrutarono il paesaggio circostante, lo
stesso panorama che dava loro pace prima dell'arrivo di Nicole. Si
guardarono e proprio nel momento in cui i due dissero
contemporaneamente “Siamo a casa.”, l'orologio, il vecchio
orologio che avevano lasciato appeso due anni prima, all'ingresso,
non funzionante, cominciò a ticchettare.</div>
<div align="JUSTIFY" style="font-weight: normal; margin-bottom: 0cm;">
Si
guardarono di nuovo, meravigliati dell'accaduto, e rivedendo
velocemente gli ultimi due anni della loro vita nella mente, insieme,
dissero di nuovo: “Sì, siamo a casa!”.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-82848726371361754932018-08-31T14:30:00.000+02:002018-08-31T14:30:26.183+02:00Luoghi<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6OcxXTQDJUdH_AIx_HhQRpKNA2wSIYZ8PY_q65os2izVHCyzpFJB457XUex1MUj_G3Vd4kUwW2QQCyGhg8X5sOEVJCnjmnXm9fefcrlmIGOKGyb_sSAeK_cD2uRn7avujpvWafX55vyw/s1600/luoghi.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6OcxXTQDJUdH_AIx_HhQRpKNA2wSIYZ8PY_q65os2izVHCyzpFJB457XUex1MUj_G3Vd4kUwW2QQCyGhg8X5sOEVJCnjmnXm9fefcrlmIGOKGyb_sSAeK_cD2uRn7avujpvWafX55vyw/s320/luoghi.jpg" width="240" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Si è destinati a certi
luoghi o, forse, alcuni luoghi sono destinati a noi. Non si sa se sia
davvero in un modo o in un altro, eppure vi è una stretta relazione
tra io e luogo, tra coscienza e ambiente circostante. È un problema,
quest'ultimo, ben chiaro già ai primi filosofi anche se, fino a
Cartesio, si dava maggiore importanza alla conoscenza delle cose in
maniera ultima e definitiva, entro la quale, molto probabilmente in
termini mistico-sacrali e religiosi, si forniva un'interpretazione el
singolo essere umano. Con Cartesio, e poi con Galileo e Kant,
comincia quel processo di indagine della <i>res cogitans</i> e della
<i>res extensa</i> che porterà a una visione scientifica del mondo e
a partire da Freud della coscienza umana, allo scopo, così come
facevano i primi pensatori, di tracciare una immagine certa di
entrambi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Al di là di ogni metodo
e prospettiva con i quali giungere a una comprensione risolutiva dei
due oggetti in esame, resta tuttavia il problema della loro
relazione, ben più pesante e pressante per alcuni rispetto al
possesso di una carta geografica completa che consenta di muoversi
con sicurezza nell'universo e nella propria psiche. L'io, cioè,
continua a sentirsi legato al luogo in cui si trova, la coscienza
all'ambiente circostante nel quale è immersa, l'interiorità
all'esteriorità nella quale è calata, la psiche alla corporeità,
della quale, tra l'altro, fa parte. Perché vi è questa stretta
relazione? A che pro? Vi è una ragione di essa? Uno scopo?</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Domande, queste ultime,
irrisolte e irrisolvibili, se non in chiave mistica, ascetica,
teologica, religiosa, ossia per mezzo di prospettive egoistiche ed
egocentriche, le cui risposte non assicurano nulla di vero in merito
a quegli interrogativi ma soltanto un progetto di potere e di dominio
sugli altri, sia per le cose futili e banali sia per quelle di
portata più ampia. Mentre alcuni continuano a illudersi con tali
fittizi responsi, altri invece sono consapevoli di essere soli con
quegli stessi quesiti; soli e bramosi di chiarirli una volte per
tutte. E anche se non ci riescono mai, permangono ciechi nel
domandare.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La questione
interno-esterno è uno dei pezzi galleggianti del relitto della
filosofia, affondato nel mare del tempo e della secolarizzazione. Con
Nietzsche, si è giunti alla scoperta che anche il pensiero
filosofico è soggetto a una laicizzazione, per cui tutte le vecchie
domande o crollano con la filosofia o sono poste in maniera nuova,
compreso il dilemma interno-esterno. Se l'essere umano continua a
porsi tale interrogativo, allora quest'ultimo merita ancora di essere
indagato, concependo il problema però in forma nuova, a partire da
altre cornici, presupposti e traiettorie.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Innanzitutto l'essere
umano, come sintesi di mente e corpo, è già l'esterno di
qualcos'altro, ossia dei processi biologici che alimentano e fanno
funzionare il suo corpo. Questa esteriorità, tuttavia, è l'interno
di qualcos'altro. Trovandosi all'interno dell'universo, dentro quella
galassia, quel sistema, quel pianeta sulla cui
superficie/ambiente/atmosfera abita, essa, e dunque l'essere umano, è
parte di quell'interno. Dal momento che l'universo, nella sua
struttura e composizione, è regolato da forze ed energie, la maggior
parte delle quali sono ancora da scoprire e da capire, e dal momento
che l'essere umano è (al)l'interno di esso, allora anche lui è
ordinato nel medesimo modo ed è condizionato da esse, da forze ed
energie che si manifestano in maniera macrocosmica, l'universo, e
microcosmica, il corpo umano.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Lo stretto legame che
l'essere umano percepisce con un determinato luogo non è altro che
il segnale di quella stretta connessione tra lui, in quanto
esteriorità e corporeità, e l'universo intero. La questione è che
tale segnale è recepito e messo a fuoco per mezzo del pensiero,
anche questo parte dell'essere umano, il quale però è astratto e
invisibile, tranne nel caso in cui si concretizza per mezzo delle
azioni corporee con cui raggiunge precisi scopi prefissati
(alimentarsi, dormire, camminare e così via) ed è a sua volta
condizionato dalla cultura che gli viene trasmessa, che eredita e che
esercita quotidianamente. Proprio la cultura, infatti, è ciò che
influenza e suggestiona l'essere umano, la sua psiche, la sua
percezione dei luoghi e dello stretto legame che vi è con essi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Guardando una nuvola, per
esempio, si dovrebbe dire di vedere una nuvola ma a seconda della
cultura ricevuta si dice di vedere forme geometriche, fantastiche,
religiose e altro ancora. Lo stesso vale per i luoghi e i paesaggi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La cultura è
paragonabile a un elastico che può spingere lontano ma può anche
tenere legati. Perciò, è lavorando su di essa che è possibile
influire sulla psiche umana e aiutarla a percepire le cose, e i
luoghi, per quello che sono. In questo senso, si potrebbe dire che un
luogo è soltanto se stesso e che non vi è alcun legame con esso, ma
secondo una prospettiva macrocosmica, cioè sul piano delle forze e
delle energie, non è così. Infatti, se alcuni alimenti possono
condizionare la nostra vita e il nostro pensiero, lo stesso vale per
ciò che è e resta al di fuori di noi. Così come alcune sostanze ci
fanno stare bene o male, allo stesso modo alcuni luoghi sortiscono su
di noi lo stesso effetto. È risaputo che vivere in un ambiente
degradato condiziona a tal punto da sviluppare un modo di pensare e
di pensarsi simile, anche se in alcuni casi spinge a ricercare
l'opposto, e viceversa. In questo senso i luoghi hanno un ruolo
cruciale nella vita di ognuno, un'importanza tale da deciderne il
destino anche sul piano biologico oltre che culturale. Chi vive per
esempio in zone montane è abituato alla scarsa quantità di ossigeno
presente nell'aria e ritrovandosi a una bassa altitudine soffrirebbe
per la maggiore presenza di ossigeno nell'aria, e viceversa. Se tale
è l'influenza fisica di un luogo, altrettanto è quella culturale (o
la sua interpretazione).</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
I luoghi sono parte di
noi e noi siamo parte di essi. Li vogliamo, li ricerchiamo, in
maniera inspiegabile, perché con e per mezzo di essi viviamo grandi
emozioni. Da ciò si spiega anche il fenomeno del turismo. Ma oltre
che vissuti in maniera irrazionale, occorrerebbe vivere i luoghi in
maniera misurata. Ci vorrebbe, cioè, un'educazione ai luoghi sul
piano storico, artistico, scientifico e mediante le tante discipline
utili per comprendere maggiormente la loro natura, struttura e il
loro funzionamento. Ciò chiama in causa un'educazione all'abitare,
che significa conoscere l'ambiente in cui ci si trova immersi e, dal
momento che la psiche è già immersa in un altro ambiente, il corpo,
occorrerebbe anche un'educazione alla propria corporeità.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
L'educazione all'abitare,
in questa prospettiva, si manifesta duplice, ambiente da un lato e
corpo dall'altro lato, ed è possibile con una visione critica dei
saperi e delle stesse discipline umane utili per una formulazione di
essa. Per enunciarla e formalizzarla è necessario pensare, a partire
dalla stretta relazione interno-esterno sopra espressa, e per
comunicarla è necessario poi istruire.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Una sfida, perciò, di
carattere filosofico, in quanto la relazione interno-esterno si
espone al domandare e quest'ultimo, al di là della ruggine
tradizionale e dei vuoti estetismi delle mode passeggere, cela sempre
i grandi interrogativi sulla vita e sull'universo. In questo senso,
nella relazione interno-esterno, io e luogo, coscienza e ambiente,
<i>res cogitans</i><span style="font-style: normal;"> e </span><i>res
extensa</i>, e nel fascino che tale mistero suscita ancora, non vi è
altro che la domanda sul mistero dell'esistenza, accessibile a
partire da qualsiasi luogo e, tuttavia, non ancora risolvibile, e poi
quella sulla sua origine e la sua fine, ammesso che di essi di possa
parlare, e anche sul nostro destino all'interno di essa.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
I luoghi dunque ci
parlano del nostro destino, anzi ci chiedono di esso e ci fanno
interrogare su di esso. Ci ricordano che il destino è e non è nelle
nostre mani, al pari di quello dello stesso domandare. Essere umano,
luoghi, domandare sono infatti strettamente connessi in questa
parola, il cui significato può morire o risorgere o trasmutarsi a
seconda del rapporto che intratteniamo con essa e se lo intratteniamo
oppure no.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Per quanto siano soltanto
se stessi, da questo punto di vista i luoghi sono anche di più:
l'accesso privilegiato a questa parola, sostando con la quale
possiamo ancora emozionarci e pensare.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-34601217832721083152018-08-21T12:34:00.000+02:002018-08-21T12:34:59.973+02:00Chiedimi chi sono<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCXuSEzSJk2dUn1L03zCp0AxwDvm47azGyKwgeMbS71I7p0aetBM6o2RKxdFd22l8lAUw7I9MkZUDJOsod-DERKIL4uygGoVYb7Vxyj7D9Tse2H5SCBwdKAzBOf5Wxrrh_YHVu6t0jdQ0/s1600/identit%25C3%25A0.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="450" data-original-width="600" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCXuSEzSJk2dUn1L03zCp0AxwDvm47azGyKwgeMbS71I7p0aetBM6o2RKxdFd22l8lAUw7I9MkZUDJOsod-DERKIL4uygGoVYb7Vxyj7D9Tse2H5SCBwdKAzBOf5Wxrrh_YHVu6t0jdQ0/s320/identit%25C3%25A0.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
“Chi sono?” è una
delle domande che l'essere umano ha iniziato a porsi – e in seguito
altre quali “Dove sono?”, “Perché sono?”, “A che scopo?”
– dal momento in cui ha preso coscienza di essere, esserci,
esistere. Un enigma insolubile, la cui inesplicabilità spesso spinge
alla resa, lasciandosi persuadere che la propria identità coincida
perfettamente con il contingente, la società, la vita così come
accade ed è vissuta.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Vi sono dei momenti,
tuttavia, in cui la sicurezza radicata nell'evidenza dell'accadere e
nella chiarezza della ripetizione va in frantumi e tutto ciò che
finora è stato dato per scontato viene messo in discussione. Si vaga
nel buio, si torna indietro sui propri passi e si cambia nuovamente
rotta ma non si scorge traccia dell'uscita dal labirinto oscuro in
cui si è finiti. Si sospende il giudizio, si torna alla vita di
prima ma è tutto diverso, adesso. Non soltanto non c'è più la vita
così come prima avveniva, non vi è proprio il prima né il dopo.
Restano solo il qui ed ora e la domanda che riverbera nella coscienza
con tutto il peso di ciò che costituisce l'esistente: “Chi sono?”.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Si potrebbe rispondere in
molti modi, senza sapere, però, qual è l'opzione giusta:</div>
<ul>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
in maniera
mistico-religiosa, e cioè secondo una o più delle interpretazioni
con cui gli essere umani traducono in forma rituale il loro istinto
teologico e la ricerca del divino;</div>
</li>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
in maniera
social-comunitaria, ossia sulla base dell'interpretazione della vita
e dei ruoli all'interno dello specifico clan o gruppo cui si
appartiene;</div>
</li>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
in maniera
tecnico-economica, vale a dire per mezzo del lavoro che si pratica e
dei guadagni di cui si dispone;</div>
</li>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
in maniera
intellettual-letteraria, e cioè mediante uno o più dei tanti
saperi cui si ha accesso;</div>
</li>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
in maniera
web-mediatica, ossia tramite le informazioni che è possibile trarre
da internet e dai media;</div>
</li>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
in maniera
solipsistico-decadente, vale a dire mediante le convinzioni maturate
nel tempo, espresse per monologhi, interiori o scritti, spesso
accompagnati dall'uso e dall'abuso di sostanze stupefacenti,
alcoliche, farmaci e psico-farmaci, consapevoli o no dei loro
effetti.</div>
</li>
</ul>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Alcuni si accontentano di
una delle precedenti alternative, spesso coscienti di non aver
trovato risposta affatto al quesito, vivendo il resto della vita come
spettri illusi in un paesaggio grigio fatto di sorrisi falsi e
lacrime invisibili; altri non trovano ristoro in nessuna delle
precedenti possibilità e continuano a ricercare senza sosta la
risposta, in una continua partita a scacchi a tre, assieme alla
follia e alla dama nera.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il pensiero sistemico ed
ecologico, d'altro canto, ha evidenziato come un determinato soggetto
non sia altro che la risultante dell'ambiente in cui è immerso e
vive, in un continuo scambio di influenze reciproche. Un processo di
tira e molla, quest'ultimo, destinato a non avere fine e che, pur
passando per momenti di apparente equilibrio, si evolve di continuo
per mezzo di ogni novità di cui è informato il sistema
soggetto-ambiente. In questo panorama, l'identità della persona
facente parte di un determinato contesto sociale – a sua volta
costituito da micro-sistemi quali la famiglia, il lavoro, la scuola,
lo sport e così via – non può essere definita in maniera
definitiva; si può pensare, invece, a identità temporanee,
destinate a loro volta a essere abbandonate, superate, oltrepassate.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
I totalitarismi, e in
particolare quello nazional-socialista, protagonista della Seconda
guerra mondiale e della Shoa, hanno messo in evidenza come l'identità
della persona – si pensi al caso Eichmann –, all'interno di una
interpretazione del mondo in chiave mistico-militare totalizzante,
possa essere confinata alla mera esecuzione dei ordini ricevuti,
senza spazio alcuno per un giudizio personale, figuriamoci morale,
pena: la morte. Una parentesi agghiacciante, quest'ultima, della
storia umana perché oltre a far luce su altre guerre passate e
contemporanee, evidenzia anche il funzionamento del giudizio umano
all'interno di un sistema politico-militare basato sull'accentramento
del potere e sul terrore. L'identità singolare, in un contesto
simile, non è altro che una pagina scritta a matita, perfettamente
cancellata dalla gomma della violenza e riscritta dalla penna di chi
possiede la sovranità; in altri termini, l'identità del singolo non
è altro che quella collettiva, di ogni altro, simile a quella delle
api, delle formiche, delle termiti, della catena di montaggio e delle
varie tecnologie robotiche che ci circondano, presto sostituite dalle
I.A.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Si potrebbe rispondere
alla domanda sostenendo di essere carne e mente, hardware e software
ma sarebbe troppo banale e si resterebbe all'interno di un circolo
vizioso monologistico. L'essere umano non può essere soltanto il
proprio corpo e le informazioni ricevute o impiantate nella propria
testa, né il frutto di chirurgia estetica, invasiva e non, né le
notizie con cui si aggiorna, non è la moda che sceglie di seguire
tanto meno il linguaggio che decide di impiegare. Se non è nulla di
tutto questo, allora come rispondere alla domanda?</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Forse, “Chi sono?”
non è un interrogativo a cui si può rispondere in maniera
solitaria. Forse, è un quesito del quale si può rispondere a
qualcun altro, ammesso che vi sia qualcuno ancora interessato non a
sapere dell'altro nella forma del gossip ma a conoscere l'altro,
ascoltando personalmente quanto ha dire, in qualsiasi modo egli si
esprima.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La domanda “Chi sono?”,
ammessa la resistenza di spazi di relazione con l'altro in maniera
autentica, diventerebbe dunque “Chiedimi chi sono?”, una domanda
completamente diversa dalla precedente in quanto, nella società
attuale, figurerebbe anche come una richiesta, un'urgenza di ciò che
non avviene più se non raramente e fortuitamente.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
È probabile che la
fatalità con cui tale domanda-richiesta si presenta, anche quando
non è pronunciata palesemente, scandisca il tempo autentico di
ognuno e lasci emergere le tracce di quella che potrebbe essere la
propria identità ma non vi è certezza neanche in questo. Resta
soltanto la speranza della relazione con l'altro in una società
abitata da innumerabili cupole di vetro oscurato quali noi siamo.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-62307487231446899032018-05-16T10:43:00.000+02:002018-05-16T10:43:06.655+02:00Niente eco dei tamburi stanotte<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/FTQbiNvZqaY/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/FTQbiNvZqaY?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Africa</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">I hear the drums echoing
tonight<br />But she hears only whispers<br />of some quiet
conversation<br />She’s coming in twelve-thirty flight<br />Her moonlit
wings reflect the stars<br />that guide me towards salvation<br />I
stopped an old man along the way<br />Hoping to find some old forgotten
words<br />or ancient melodies<br />He turned to me as if to say:<br />Hurry
boy, it’s waiting there for you</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">It’s gonna take a lot to
drag me away from you<br />There’s nothing that a hundred men<br />or
more could ever do<br />I bless the rains down in Africa<br />Gonna take
some time<br />to do the things we never had</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">The wild dogs cry out in
the night<br />As they grow restless,<br />longing for some solitary
company<br />I know that I must do what’s right<br />As sure as
Kilimanjaro rises<br />like Olympus above the Serengeti<br />I seek to
cure what’s deep inside,<br />frightened of this thing that I’ve
become</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">It’s gonna take a lot to
drag me away from you<br />There’s nothing that a hundred men<br />or
more could ever do<br />I bless the rains down in Africa<br />Gonna take
some time<br />to do the things we never had</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Hurry boy, she’s waiting
there for you</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">It’s gonna take a lot to
drag me away from you<br />There’s nothing that a hundred men<br />or
more could ever do<br />I bless the rains down in Africa<br />I bless the
rains down in Africa<br />I bless the rains down in Africa<br />I bless
the rains down in Africa<br />Gonna take some time<br />to do the things
we never had</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: small;"><i>traduzione</i></span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Africa</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Sento l’eco dei tamburi
stanotte<br />Lei sente solo dei sussurri<br />di una conversazione
silenziosa<br />Lei sta arrivando con il volo delle 12:30<br />Le ali al
chiaror di luna riflettono le stelle<br />Che mi guidano verso la
salvezza<br />Ho fermato un anziano lungo la strada<br />Sperando di
trovare alcune parole<br />o melodie dimenticate da tempo<br />Lui si è
voltato verso di me come per dire<br />“Muoviti ragazzo, ti sta
aspettando laggiù”</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Sarà difficile
trascinarmi lontano da te<br />Non c’è niente che cento uomini<br />o
più potranno mai fare<br />Ho benedetto le piogge laggiù in
Africa<br />Prenderò un pò di tempo<br />per fare le cose che non
abbiamo mai fatto</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Cani selvatici ululano
nella notte<br />Mentre crescono irrequieti<br />desiderando qualche
solitaria compagnia<br />So che devo fare la cosa giusta<br />Tanto
sicuro quanto il Kilimanjaro si eleva<br />Come l’Olimpo sopra il
Serangetti<br />Cerco di guarire ciò che è nel profondo<br />Impaurito
da questa cosa che sono diventato</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Sarà difficile
trascinarmi lontano da te<br />Non c’è niente che cento uomini<br />o
più potranno mai fare<br />Ho benedetto le piogge laggiù in
Africa<br />Prenderò un pò di tempo<br />per fare le cose che non
abbiamo mai fatto</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Muoviti ragazzo, lei ti
sta aspettando laggiù</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-size: x-small;">Sarà difficile
trascinarmi lontano da te<br />Non c’è niente che cento uomini<br />o
più potranno mai fare<br />Ho benedetto le piogge laggiù in Africa<br />Ho
benedetto le piogge laggiù in Africa<br />Ho benedetto le piogge
laggiù in Africa<br />Ho benedetto le piogge laggiù in
Africa<br />Prenderò un pò di tempo<br />per fare le cose che non
abbiamo mai fatto.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Niente eco di tamburi
stanotte, malgrado <i>Africa</i>, brano dei Toto, reciti il
contrario. Niente eco perché la musica all'interno dell'abitacolo
della Uno Turbo Blu è perfetta. Il volume dello stereo Pioneer è a
palla. L'equalizzatore, anch'esso rigorosamente della medesima marca,
è ben regolato. Le casse, sia quelle sugli sportelli anteriori sia
quelle poste sulla mensola posteriore, pompano decibel come concerto
di piazza. È una sensazione stupenda. Sergio non ha mai ascoltato
una musica talmente limpida. Mai in macchina. Mai oltre le 23:00. <span style="font-family: Times New Roman, serif;">È</span>
in netto ritardo. Ha soli 15 anni, non gli è consentito stare fuori
così tardi, specialmente nei giorni infrasettimanali, dal momento
che l'indomani deve andare a scuola ma quella, è un'esperienza
bellissima: ascoltare la musica con Mauro, a bordo della sua Uno
Turbo, di notte, con lo stereo a palla, lo fa sentire un adulto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
I capelli “a spina”,
rasati ai lati e ben ingellati sopra, pelle nera e fisico scolpito
tanto da guadagnarsi il nomignolo “Divu niru”, un sorriso
coinvolgente, genuino, Mauro, 21 anni, è una persona talmente
pacifica che un santone indiano sembrerebbe un diavolo al suo
confronto. Fa parte di una bella comitiva, che tra moto e macchine,
conquistano tutte le ragazze del paese. Anche le coetanee di Sergio.
Così, stare con Mauro fino a tarda ora fa sperare Sergio: prima o
poi, qualche ragazza avrebbe notato anche lui.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Di ragazze infatti si
parla stanotte, oltre che di musica. Ma anche di sé e di quei
segreti della vita che nessuno conosce fino in fondo. Perché a 15, a
21 o a 1521 anni, tutti sono esperti della vita ma ognuno a modo suo,
senza sapere, davvero, come stanno le cose. In questa consapevolezza,
tuttavia, è bello chiacchierare. Hai l'occasione di confrontarti, di
sapere com'è che vede le cose qualcun altro, di imparare da altri,
specialmente se l'altro è uno dei tuoi simboli, dei tuoi punti di
riferimento e, stanotte, sei proprio al suo fianco. Non c'è nessun
altro in giro per il paese. Soltanto Mauro, Sergio, la Uno Turbo e i
Toto a palla.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Sergio si sente pago di
tutto, sazio. Non vuole altro. Ha un amico più grande di lui, è in
pace con se stesso e crede, in quelle ore passate con “Divu niru”,
di essere il re della notte. Ci si scambia sorrisi, consigli e
battutacce. Non volgari ma freddure, quelle battute con l'ironia di
una volta, senza malizia né doppi sensi, che ti fanno ridere
spontaneamente, delle quali Mauro è un maestro.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ogni momento della vita,
però, è destinato ad approdare al suo contrario. Dal sorriso,
infatti, i due amici passano alla serietà più profonda e alla paura
in un attimo. Il rombo di una Alfa 33 Blue, proprio nel momento in
cui <i>Africa</i> è finita, riecheggia nella notte, sul corso. È la
madre di Sergio, sicuramente in cerca di lui, incazzata nera, più
del colore della pelle dell'amico.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Cazzo,
mia madre!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Beh,
che c'è? Non stiamo mica facendo nulla di male. Stiamo solo
ascoltando un po' di musica.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
è questo, Mauro! Se ci pesca assieme, le prendi anche tu! Non
conosci mia madre!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Bene,
allora ti porto a casa.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Sbrigati,
fammi scendere e corri via!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Mauro
accelera, accompagna Sergio e se ne va sfrecciando, sperando di non
incontrare la madre dell'amico. Sergio tira fuori le chiavi, apre il
portone, corre in camera sua e si infila sotto nel coperte con abiti
e scarpe.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ce
l'ho fatta.» pensa.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Un
minuto dopo, sente il portone aprirsi e chiudersi di nuovo, e il
suono di passi che si avvicinano.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Si
può sapere dov'eri? È da due ore che ti cerco...» la madre entra
in camera, accende la luce e inizia a sgridarlo.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Sergio,
invano, fa finta di svegliarsi in quel momento ma la ramanzina va
avanti, con un tono paragonabile soltanto al volume dei Toto, a bordo
della Uno Turbo Blu, di poco prima. Si prende tutti i rimproveri
Sergio, se li merita, ma dentro di sé è felice di aver passato del
tempo con Mauro, di aver ascoltato la musica a tutto volume e di aver
chiacchierato con lui. È sicuro che non dimenticherà mai quel
momento. Non soltanto per via dei rimproveri, ma perché, ripensando
ai suoi 15 anni, non si è mai sentito bene così come è accaduto
con Mauro stanotte.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'indomani
racconta tutto ai suoi coetanei ma nessuno gli crede, finché usciti
da scuola, da lontano, si sente una musica assordante avvicinarsi. È
ancora </span><span style="font-family: Times New Roman, serif;"><i>Africa</i></span><span style="font-family: Times New Roman, serif;">
dei Toto, è una Uno Turbo Blu, è Mauro, e si ferma davanti al
liceo, proprio vicino a Sergio.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Allora
com'è andata con tua madre?» abbassato il volume, con i suoi soliti
occhiali da sole neri, Mauro gli sorride.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
hai idea di quante me ne ha dette!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Sali
e racconta. Facciamo un giro.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Sergio
saluta i suoi compagni e sale a bordo dell'auto. I compagni lo
guardano increduli, le ragazze con interesse. Mauro riparte e Sergio
sorride. Sì, adesso tutti lo tratteranno come un adulto, perché
Sergio esce coi ragazzi più grandi della sua età.</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-4417104747726705752018-03-30T10:04:00.000+02:002018-03-30T10:04:01.020+02:00QUALE DIO? di Antonio Signori<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjboy7dNzrZldDsWcvSPzE78xJf57KEnXOoJNDTzCF0u3JGOg5n0bWo42TGFCSlw3cofeBMmQuL6yDwcnqxccfiKcUBPYDUffNJUXjjBf7J3zl6urqF4HFtKZYdOyQ8yXYkoMWcj3LrpdE/s1600/copertina+QUALE+DIO+di+Antonio+Signori.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="320" data-original-width="224" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjboy7dNzrZldDsWcvSPzE78xJf57KEnXOoJNDTzCF0u3JGOg5n0bWo42TGFCSlw3cofeBMmQuL6yDwcnqxccfiKcUBPYDUffNJUXjjBf7J3zl6urqF4HFtKZYdOyQ8yXYkoMWcj3LrpdE/s1600/copertina+QUALE+DIO+di+Antonio+Signori.jpg" /></a></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Si è soliti esclamare
“Quanto è piccolo il mondo!” quando ci si reca dall'altra parte
del pianeta e si incontra, per caso o per destino, chi lo sa, un
amico o un conoscente, ma è quello che ho pensato quando ho
incontrato Antonio Signori. Dialogando con lui, è emerso che abbiamo
in comune due caratteristiche:</div>
<ul>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
entrambi abbiamo
scritto dei libri;</div>
</li>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
uno di questi ha il
medesimo oggetto, lo stesso interrogativo.</div>
</li>
</ul>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Pur partendo da
esperienze e posizioni differenti, l'uno per via filosofica e l'altro
per via scientifica, entrambi ci siamo posti la medesima domanda,
rintracciabile a partire dal titolo del libro di Antonio Signori:
<i>Quale Dio?</i> Di quale Dio stiamo parlando, dunque?</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il testo, pubblicato
nell'ottobre 2012, è confortante innanzitutto, perché emerge che
c'è ancora qualcuno che si pone l'interrogativo sopra citato, su
posizioni e prospettive che vanno al di là degli schemi, popolari,
metafisici e teologici tradizionali; è divertente, perché è
accompagnato da alcune vignette di Stefano Arzuffi, ognuna delle
quali riassume in maniera visiva, ribaltandolo su un piano ironico,
il nucleo del capitolo appena trattato; è brillante, perché senza
panegirici e “giri del mondo in 80 giorni”, come sono soliti fare
gli accademici, ogni capitolo entra nel cuore della questione
proposta nel titolo del capitolo stesso e fornisce rapidamente, a
partire da una costellazione bibliografica di riferimento, il punto
di vista sostenuto dall'autore, come già detto, al di là degli
schemi e delle confezioni precostituite che si impara, generalmente,
sui banchi di scuola, dell'accademia e nella società.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La “carta
bibliografica” presente nelle note a piè di pagina del testo, là
dove l'argomento lo richiede, evidenzia già come l'autore, così
come è spiegato nell'introduzione <i>Il senso di questo libro</i>,
non affronti in maniera banale la questione bensì sulla base delle
proprie esperienze e delle proprie domande inquadrate all'interno
della “cartina” appena citata. Ciò vuol dire che Antonio
Signori, diversamente da quanto fa la maggior parte, prima di
scrivere questo libro su questo argomento innanzitutto “legge” a
proposito di tale questione, per conoscere i pareri di altri e
confrontarsi con essi, dal momento che di questi temi non se ne parla
facilmente o, meglio, non se ne parla affatto nella quotidianità.
Per questo motivo, ci si ritrova di fronte ad alcuni pareri,
opinioni, prospettive affiorate da questi “dialoghi letterari”
svolti, non senza, naturalmente, i quesiti proposti dalla vita e
dall'esperienza.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Sì, chi scrive ha usato
consapevolmente i termini “pareri, opinioni, prospettive” perché
il testo, stilisticamente, si presenta in un certo modo: non è
aforismatico, se lo fosse stato avrebbe fatto parte del genere delle
massime e delle sentenze, ma somiglia più a un diario, senza date e
indicazioni di luoghi, certamente, però gli somiglia perché nel
tempo di poche pagine testuali si condensano gli svariati quesiti
provenienti da quello iniziale e perché tali questioni, specialmente
oggigiorno, non hanno bisogno di quelle coordinate per essere
maggiormente comprese, soprattutto alla luce della scrittura
dell'autore, chiara, precisa, “pesata” in ogni singolo termine,
affinché il nodo di ogni problema sia accessibile a tutti, ai più.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Lo scopo di questo libro,
come scrive Antonio Signori nella già citata Introduzione, non è
quello di <span style="font-family: Times New Roman, serif;">«dare le mie risposte,
ma per stimolare ognuno a trovare le proprie e, soprattutto, ancor
prima di trovare le risposte, a porsi delle domande» (p. 5); in
altri termini, è di fare pensare gli altri sulla/e stessa/e
questione/i.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Oggigiorno,
infatti, la domanda su Dio non è posta più. Si preferisce indossare
la maglia della squadra del cuore, sia quest'ultima una delle tante
religioni e sette esistenti o uno dei tanti ateismi, e ci si è tolti
il pensiero. Dio è per la maggior parte nient'altro che diverse
scatole preconfezionate e preferibili, così come la sua negazione,
issando a divinità la medesima, è una scelta tra le tante
irreligiosità.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Per
Antonio Signori, invece, Dio è una domanda ancora aperta, non solo
al di là delle “opzioni del volgo” ma anche oltre le strade
finora seguite sul piano filosofico, scientifico e
teologico-religioso; un interrogativo che merita di essere posto,
malgrado sia impossibile indagarlo (come vedremo), perché è a
partire da questo dilemma che l'essere umano può definire,
storicamente e anche oggigiorno, seppur in maniera precaria, in che
cosa consiste la sua umanità e in quale maniera può regolare la
propria condotta.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">E
allora, chiediamoci: in quale maniera l'autore scioglie “il nodo di
Gordio” presentato nel titolo?</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Antonio
Signori si confronta di pagina in pagina con le scelte e le
intuizioni operate dalla tradizione filosofica, scientifica e
teologica, dalle quali naturalmente scaturiscono quelle popolari e in
voga; ogni volta, mettendo a fuoco alcuni punti cruciali, già
dibattuti storicamente o attualmente dati per scontato, propone una
via alternativa, una risposta altra, utile, come chiarito all'inizio
di questa recensione, per fare pensare. A tal fine, le sue risposte
si palesano, appunto, come dei “suggerimenti di riflessione”.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Che
cosa emerge da tali suggerimenti? Di quale Dio parla Antonio Signori?</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Operando
una attenta spettrografia del libro, ci si accorge che l'autore
presenta due tipologie, due idee di Dio:</span></div>
<ul>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">quello
delle religioni e della tradizione biblica;</span></div>
</li>
<li><div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">un
Dio “altro”.</span></div>
</li>
</ul>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Il
Dio delle religioni e della tradizione biblica sarebbe, agli occhi di
Antonio Signori, un “idolo”, un Dio reificato, scambiato per
qualcos'altro, ridotto a mera cosa dall'essere umano in vari modi:
con statue, simboli, teorie, immagini, con la sua stessa professione
di fede, la quale, nel convincersi di aver compreso, afferrato Dio,
lo perde istantaneamente. Ciò dipende dallo stesso sguardo umano
che, con la sua prospettiva e il suo relativismo, frutto della
cultura, dell'informazione e del tipo di società/comunità in cui
vive, tende, in maniera antropologica, antropomorfica e
antropocentrica, a umanizzare tutto, persino Dio. In questo senso,
quando si parla di questo Dio non si fa altro che parlare delle
“proiezioni” che l'essere umano, o meglio le civiltà, a
effettuato nel corso della propria storia.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Dal
momento che Dio è una proiezione “umana, troppo umana”, anche la
morale e i valori, solitamente associati a questa o quell'idea di
Dio, promossi da tale o tal altra religione, non sono altro che delle
“invenzioni” umane, dei fenomeni storico-sociali derivanti dalla
creatività umana. Da questo punto di vista, l'idea di Dio che
incarna una precisa morale e dei precisi valori – così come
un'altra ma tutte provenienti dall'uomo – è “sufficiente” per
svolgere, soltanto, una chiara funzione: regolare e limitare le
condotte umane. Così infatti si mostra la storia delle civiltà,
secondo una prospettiva secolarizzata, ossia come la narrazione degli
eventi che hanno riguardato i popoli, aventi, ognuno, delle ben
definite idee di Dio mediante le quali hanno dato una misura e dei
limiti al proprio agire.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">A
partire da questa visione disincantata della questione di Dio, appare
chiaro, secondo l'autore, che occorre prendere con le pinze anche i
testi sacri perché, pur essendo stati compilati sulla base di una
“ispirazione divina”, i compilatori/redattori erano comunque
degli esseri umani, soggetti all'errore; i testi dunque vanno letti e
indagati, per non dire in maniera scientifica, con criterio e secondo
uno sguardo multidisciplinare, allo scopo di individuare i possibili
errori umani presenti in essi e, inoltre, le possibili ed esclusive
matrici umane.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Tutto
questo non vuol dire per Antonio Signori bocciare in toto le
religioni. Se nelle idee di Dio è possibile riconoscere le morali e
i valori stabiliti nel tempo dall'uomo, nelle religioni è possibile
individuare quei movimenti storico-concreti grazie ai quali quelle
morali e quei valori – e quelle fonti sacre – sono giunti a noi.
Le religioni hanno il pregio – e in ciò consiste la fortuna di
esse – di parlare alle masse, all'interiorità dei cosiddetti
“fedeli” e di stabilire norme, riti e simboli resistenti al
tempo, con le quali, comunque, avviene una forma di comunicazione
interiore, con le quali, in ogni caso, si tenta di mantenere vivo il
rapporto di Dio – pur idolatrandolo e reificandolo. Il problema
delle religioni è quando a regolare il loro operare sono “i se e i
ma”, i secondi fini, spesso e volentieri lontani dalle stesse norme
e professioni di fede che le costituiscono, distanti dal messaggio
rivoluzionario annunciato da Gesù “Ama il prossimo tuo come te
stesso”.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Se
si esclude la Shoa, tragico evento in cui il Dio delle religioni, non
interviene e non si manifesta – così come miracolosamente aveva
fatto in passato (non dimentichiamo di trovarci all'interno di una
visione secolarizzata della questione, secondo la quale
l'interventismo divino è un'altra proiezione/invenzione umana) –
secondo l'autore le religioni, oltre che mantenere “aperto” lo
spazio dell'interiorità, seppur in maniera monopolistica e per
secondi fini, hanno un altro merito: propongono in chiave
secolarizzata un concetto di Bene molto somigliante a quella che oggi
chiameremmo una “cultura della non violenza, della solidarietà e
del rispetto altrui”, concetto e cultura mediante i quali è
possibile essere uomini, “umani” in maniera autentica.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Se
il Dio delle religioni e della tradizione è soltanto un idolo, una
proiezione umana, un'invenzione, allora come pensare Dio?</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Secondo
Antonio Signori, «Dio è in quello che rappresenta lo sguardo
incredulo di Isacco» (p. 25), va ricercato da un'altra parte, da un
altro punto di vista. Per essere più precisi, Dio non va più
reificato, ridotto a mero oggetto o idolo, non va più sottoposto e
condizionato alla prospettiva umana, relativa. In questo senso, va
inteso come ciò che è indicibile, indimostrabile e su questo
sentiero occorre abbandonare le vecchie idee, quella creazionista
classica o quella quinziana secondo cui Dio avrebbe creato il tutto,
sottraendosi, perché in tal modo non faremmo altro che tornare a
pensare e a immaginare Dio alla vecchia maniera. Stesso dicasi per la
Cristologia. Persino la presunzione di entrare in relazione con Dio è
una visione antropologica, scorretta, illusoria, reificante, di Dio.
Dio va inteso come un “mistero impenetrabile”. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Se
proprio si vuol salvare qualcosa delle vecchie religioni, per
intendere Dio in maniera nuova, ciò consiste, secondo l'autore,
nell'idea di Spirito Santo, il quale, nella sua invisibilità, è
l'unico Dio accettabile (della tradizione).</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Intendere
Dio come un mistero impenetrabile non significa per Antonio Signori
interpretarlo come un qualcosa di totalmente inaccessibile. Ai suoi
occhi, infatti, Gesù, oltre che passare alla storia come un modello
da imitare per vivere nel “Bene”, «è l'esempio di come di possa
essere in contatto con Dio», colui che ha insegnato la possibilità
«di essere portatori di messaggio divino pur essendo uomini».</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Finora,
Dio è stato immaginato con occhi umani ma, secondo l'autore, per
cominciare a immaginarlo in maniera nuova si dovrebbe intenderlo come
<span style="background: transparent;">«natura relazionale di tutte
le cose» (p. 29), come lo spinoziano </span><i><span style="background: transparent;">deus
sive natura</span></i><span style="background: transparent;">, un Dio
cioè che è la natura stessa nell'insieme delle sue relazioni, entro
la quale vi è anche l'essere umano.</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="background: transparent;">Quest'ultimo,
in quanto parte della natura e partecipe delle molteplici relazioni
che costituiscono la natura stessa, dunque Dio, è «la dimostrazione
vivente dell'intelligenza cosmica» (p. 46), esprime la presenza di
Dio malgrado questi sia altrove, in uno spazio autonomo e
impenetrabile. In questo senso, nella preghiera di ringraziamento –
altro elemento delle religioni che l'autore salva – l'essere umano
può sentire, ascoltare, accettare una voce che non è la sua,
egoistica ed egocentrica, e poco conta se tale voce è di Dio o del
cosmo o soltanto la sua.</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;"><span style="background: transparent;">Immaginando
Dio come insieme di relazioni naturali, come «tutto in tutto» (pp.
74-75), potremmo spingerci oltre, riconoscendone le tracce nel bello
matematico, nella bellezza dei teoremi e dei calcoli legati ai
numeri. Da questo punto di vista, tra l'altro, anche la religione e
la scienza potrebbero procedere nel rispetto reciproco, perché –
scartata la teoria evolutiva, incapace di rispondere definitivamente
alla domanda se il tutto sia un caso o un disegno – la questione
escatologica, alla luce della fisica quantistica, potrebbe essere
posta su altri piani e la stessa morte potrebbe essere pensata come
una “mutazione della vita” (p. 74), una fusione di </span><i><span style="background: transparent;">logos</span></i><span style="background: transparent;">
e </span><i><span style="background: transparent;">kosmos</span></i><span style="background: transparent;">.</span></span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Alla
luce della differenza tra il Dio dicibile (delle religioni e della
tradizione) e il Dio indicibile (quello nuovo, ossia quello che,
sulla base delle considerazioni precedenti, non è stato mai
considerato), ecco che cambia, anche, l'idea di fede o, meglio, “la”
fede e la ricerca di questo nuovo Dio.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Al
di là di ogni idolatria e presunzione, fede e ricerca coesistono,
convivono, l'una con l'altra e nessuna delle due è possibile senza
l'altra. Entrambe sono, oltre ogni certezza e ansia, «una continua
vigilanza a mantenere viva la nostra tensione verso la ricerca di
senso» (p. 8); entrambe sono attesa, non egocentrica non egoistica,
la cui vitalità è esperibile nel dubbio: il dubbio di aver trovato
la fede, il dubbio di aver concluso la ricerca.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Si
tratta, in definitiva, di un'opera piacevole da leggere, mai banale
mai pesante, ma che nella brevità e densità delle sue trattazioni
stimola davvero a pensare criticamente la domanda su Dio e a
ripensarsi, oltre che come uomo, come umanità.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Forse
il messaggio celato da Antonio Signori tra le pagine di questo
scritto è che la speranza in una società migliore rispetto a quella
attuale, non prescinde dal porsi, ancora, questo interrogativo e dal
pensare diversamente, razionalmente e in maniera spiritualmente altra
– che cos'è la spiritualità se non una razionalità altra, quasi
invisibile, alla quale però abbiamo accesso – i nodi cruciali
della fede e dell'interiorità.</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-58580484714317627912018-02-21T11:47:00.000+01:002018-02-21T11:47:06.322+01:00DISsonoria: RAGAZZO dei Litfiba<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe width="320" height="266" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/fQV-E3u1TNg/0.jpg" src="https://www.youtube.com/embed/fQV-E3u1TNg?feature=player_embedded" frameborder="0" allowfullscreen></iframe></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">- di Saso
Bellantone</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">“Io vorrei
sapere<br />chi governa il mondo<br />e cosa gli direbbe<br />uno che è
senza lavoro.<br />Vorrei sapere<br />come si fa a cadere<br />e come puoi
risalire<br />senza farti male.<br />Sono un ragazzo<br />ricordatevi che
esisto<br />sono il re del Nulla<br />mentre il Nulla ruba i
migliori.<br /><br />Vorrei sapere<br />perché non è reato<br />fare la
puttana di stato<br />ed abusare ogni potere.<br />E sono senza un
letto<br />ma mi basterebbe un tetto<br />almeno fino a domani<br />prima
che la marea cresca.<br />Sono un ragazzo<br />ricordatevi che
esisto<br />sono il re del Nulla<br />mentre il Nulla ruba i
migliori.<br /><br />Lavorare per contare<br />Non si può dire che sia
godere<br />Meglio impazzire<br />Che stare qui a vegetare<br />E sono
senza un letto<br />Ma mi basterebbe un tetto<br />Almeno fino a
domani<br />Prima che la marea cresca”.</span></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">Il
mondo è retto da forze oscure transnazionali, pubbliche e private,
societarie e individuali, che decidono tutto. Giocano al potere, con
lo spread, la guerra, i colpi di Stato, le leggi, per puro piacere.
Per godere della invasante e gradevole sensazione di essere tra i
pochi, se non gli unici, a poter stabilire qualsiasi cosa, a proprio
profitto, a scapito di tutti gli altri: la vita e la morte, le mode e
i consumi, la salute e la malattia, il lavoro e la disoccupazione, la
fortuna e la disfatta di aziende, persone, servizi, idee, sogni e
incubi. A causa di questa oscura volontà, la società è ridotta a
un mero programma che si ripete all'infinito sempre nel medesimo
modo, pur cambiando le sfumature, in cui miliardi di burattini sono
illusi di essere liberi, anche nelle inutili proteste. Il risultato,
è una realtà fittizia in cui ognuno conta per nessuno. E quando si
è nessuno, vuol dire che non si conta affatto. Neanche nel caso in
cui si ha la fortuna di lavorare.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">Sì,
perché il lavoro è una questione di fortuna, di amicizie, di
raccomandazioni. O si è dei geni, di cui non si può fare a meno
per quella specifica mansione o disciplina; o va avanti l'amico
dell'amico. E in entrambi i casi, a condizione di accrescere il
potere e la ricchezza di quella o quell'altra azienda, Spa,
multinazionale.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">Ci
si ritrova, di conseguenza, in un mondo orientato al ribasso, alla
mediocrità, all'ignoranza, dominato da un'etica violenta e
parassitaria, ispirata da una morale inversa e perversa, che
costringe all'uniformità, all'omologazione, all'uguaglianza e alla
somiglianza. O si è una fotocopia di tutti gli altri o non si ha
diritto alcuno.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">Il
capitalismo non è altro che la carta d'identità di quelle forze che
si impiantano nel presente a scapito del futuro e delle generazioni a
venire. Interessa solo moltiplicare la ricchezza, qui ed ora, con
l'uso della forza, della cattiveria, del male. O si è parte di
questo meccanismo che arricchisce i pochi, secondo le loro regole
naturalmente, o si è sacrificabili, senza speranza alcuna.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">In
questo brano dei Litfiba, emerge la ripetuta critica nei confronti
delle multinazionali e dei governi, che alimentano questo circuito
nero del potere a svantaggio dei giovani. I sogni, le competenze, i
buoni propositi non valgono in una società marchiata dalle monete.
Bisogna adeguarsi, obbedire, se si è fortunati lavorare così come
viene imposto, senza emozioni né rimpianti. Al contrario, si resta
senza lavoro senza un tetto, si rimane privi dello stesso diritto di
esistere.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">Ma
è davvero così che si deve andare avanti? È davvero questa società
il risultato dei sacrifici dei nostri antenati?</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="color: black;">“Prima
che la marea cresca”, bisognerebbe invertire la corrente.</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-23772315599172285532018-02-14T13:56:00.001+01:002018-02-14T13:56:45.951+01:00From de sabbatical year (ben ritrovati)<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheS9qVNs1e3bsiDI75EcHmFhq2m1vIJd87o2GJ6fqwRj5dx32GMNPj0PRlFFDa4Mg5wOB40DB2oo6Hp-shsAdt3OD4tS0sDM4RlurzVyeI8k7CwXk17GYWgjkM2VonLwmRur-hzExh-h4/s1600/friedrich.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="796" data-original-width="625" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheS9qVNs1e3bsiDI75EcHmFhq2m1vIJd87o2GJ6fqwRj5dx32GMNPj0PRlFFDa4Mg5wOB40DB2oo6Hp-shsAdt3OD4tS0sDM4RlurzVyeI8k7CwXk17GYWgjkM2VonLwmRur-hzExh-h4/s320/friedrich.jpg" width="251" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ne è passato di tempo. A
parte qualche sporadico post, è trascorso un anno, senza scrivere e
con tanto pensare ma, soprattutto, con tanto da fare. La vita, non
quella virtuale che abbindola dietro gli schermi delle nuove
tecnologie, bensì quella vera, in carne e ossa, chiama e non puoi
voltarle le spalle. Pena: la perdita totale della propria identità,
ammesso di averne una o di essere convinti di averla.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
L'identità è la Sfinge,
il lago di Narciso, l'Urlo di Munch dell'essere umano. Sulla base
dell'epoca, della civiltà, del continente, della regione, della
città in cui vive e sulla base della comunità, della famiglia,
dello status sociale a cui appartiene, della formazione ricevuta,
degli incontri avvenuti, dei sogni infranti e delle sconfitte
incassate, ma soprattutto sulla base della sensibilità posseduta,
dell'apertura (o della chiusura) mentale che ha, degli amori e dei
dolori patiti, dei maestri e dei ciarlatani con cui si è confrontato
e di un'incalcolabile ventaglio di incognite che sconquassano la vita
come bandiera strappata alla sua asta e in balia del vento, l'essere
umano traccia e cancella sulla tela invisibile del suo animo uno
schizzo confuso di quella che ritiene la propria identità.
Un'immagine effimera, precaria, che dura il tempo di essere depennata
dalle persone che ha conosciuto e conosce (in realtà, non le conosce
affatto), che costituiscono, rappresentandola, la società e dunque
anche la regola, il giusto, il buono, il bello di essa. E così è
per tutti.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Arriva il momento in cui
ci si sente depennati, archiviati, esclusi, eterei e quello che si è
sempre stati e che si è sempre fatto non ha più valore del tempo
misurato da un orologio qualsiasi. Bisogna fermarsi, staccare,
isolarsi negli abissi più bui e nelle vette più fredde alla ricerca
di una qualche certezza di esserci davvero, concretamente,
materialmente, di essere vivi in un mondo di zombie. Sì, perché è
così che appare il mondo quando si sceglie (o non si può fare a
meno) di vivere al contrario della società e di manifestarsi, agli
occhi degli altri, come l'irregolarità, l'ingiusto, il cattivo, il
brutto. Agli occhi degli altri.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
“L'inferno sono gli
altri” dice Sartre. Parafrasandolo: “Gli altri sono l'inferno”.
E ha ragione. Specie quando si scrive (la penna o i tasti sono il
prolungamento del propria essere pensante e senziente) per qualcun
altro. La scrittura dovrebbe migliorare, se non il mondo, almeno
qualcun altro e, invece, ognuno non resta che tale e quale a prima,
anzi peggiora, degenera nella sua regressione, mostrando quello che è
sempre stato dietro le belle facce e le belle parole. Il bello degli
altri, appunto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Questo, naturalmente,
toglie tutte le forze, fa crollare ogni speranza, smantella ogni
sacrificio svolto. È inutile, ci si dice, continuare a scrivere.
Tanto non cambierà nulla e nessuno. Così ci si autosospende da
questo regno del sottosopra, si posa la penna, si chiude la tastiera
dentro il cassetto e si attende un segnale, un indizio o anche un
presagio che qualcosa, adesso, stia cambiando veramente e che
qualcuno, ora, mostri chiaramente di essere sempre stato quello che
ha manifestato. E così è stato.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
In questo anno sabbatico
pochissimi hanno avuto il coraggio (perché in un mondo di zombie e
pecore è l'ardimento che è scomparso) di bussare alla porta, di
suonare il campanello e di attendere una risposta o, per chi era
fisicamente lontano, di prendere il tracciatore istantaneo (il
cellulare), di selezionare il numero e di telefonare (o soltanto di
mandare un messaggio). Nessuna sorpresa, lo si sapeva già che per la
maggior parte non si è mai esistiti se non per interessi personali,
di qualsiasi natura siano. Questo è stato determinante per
distinguere i vivi e i leoni dagli zombie e dalle pecore. E lo è
ancora, adesso che, forse, l'anno sabbatico è sul finire e sta per
iniziare un anno nuovo. Un nuovo inizio che, per essere tale, deve
necessariamente portare con sé le orme del vecchio percorso: sia
quelle profonde, cariche di dolore e gravità, sia quelle più
superficiali, piene di amore e leggerezza.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Chi è stato tra quei
coraggiosi, sa benissimo le gioie e i dolori provati in questo anno
sabbatico e anche prima di esso, e non ha bisogno di vederseli
elencati; chi, invece, non lo è stato, non troverà catalogo alcuno
in questo post, se non il biasimo di saperlo parte della società,
della sua regola, del suo giusto, del suo buono, del suo bello, e che
l'ha rovinata e continua a rovinarla, egoisticamente, fregandosene
non soltanto dei maledetti altri ma anche dei propri cari e di coloro
che verranno.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Alla luce di queste
considerazioni e sull'impotenza della scrittura per cambiare, almeno,
qualcun altro, mi è stato detto: scrivi per te stesso. Ci ho pensato
ma la scrittura è per natura comunicazione, evento, apertura,
ricerca, dialogo; è fatta di parole e, in quanto tale, è sempre
rivolta a qualcun altro. Questa convinzione è tra i pochi detriti
rimasti del vecchio viaggio, con i quali intraprendere il nuovo, e
con essa ho ritrovato tanti altri detriti, ancora solidi e, anzi, più
resistenti di prima, con i quali tracciare un'altra bozza nel mio
animo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
È a voi, pochissimi
coraggiosi, che dedico questo post e, anche, a chi ancora,
naturalmente, non può sapere di questa dedica.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ben ritrovati!</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-38628530596411227062017-10-25T11:36:00.000+02:002017-10-25T11:36:15.032+02:00La bontà è cieca<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQ9W3oDpeRDIUkZiXbpjpAieAGVTtC3cOfPnnmdEiqw8SRhYapcLZodOAQxtU_E2XObjI1HVJHcrJ9oqGcsMqrsBeOkpf960t_HQU-QCEHjJ0tdSlRirH_CNNebijezI70sUfemkh5ne4/s1600/maschera.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQ9W3oDpeRDIUkZiXbpjpAieAGVTtC3cOfPnnmdEiqw8SRhYapcLZodOAQxtU_E2XObjI1HVJHcrJ9oqGcsMqrsBeOkpf960t_HQU-QCEHjJ0tdSlRirH_CNNebijezI70sUfemkh5ne4/s320/maschera.jpg" width="240" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
- di Saso Bellantone<br />
<div style="text-align: justify;">
"La bontà ha sempre gli occhi chiusi; se li apre, diventa il suo perfetto opposto ed è tutt'altro che buona".</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-25529235416079019582017-10-16T14:34:00.001+02:002017-10-16T14:34:24.922+02:00Tangemi e Melograni<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilQFGkj3A1oR0MqF0DriEoSolD4yWT-zTwaZTQqvlK8rTTSf_yVtqO6xs6skCbIsYraGDTbVLV1UgNVOJs6tXBZ_KoY0hD_MnwDrL-sJfUUQ2eS-lGBTtYfHhG-azs_R5nXIWfeLxP4a0/s1600/tangemi+e+melograni.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilQFGkj3A1oR0MqF0DriEoSolD4yWT-zTwaZTQqvlK8rTTSf_yVtqO6xs6skCbIsYraGDTbVLV1UgNVOJs6tXBZ_KoY0hD_MnwDrL-sJfUUQ2eS-lGBTtYfHhG-azs_R5nXIWfeLxP4a0/s320/tangemi+e+melograni.jpg" width="240" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Quando arriva l'autunno,
si chiude un ciclo e uno nuovo comincia.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Si pensa al lavoro, ai
sacrifici da sopportare per il sostentamento proprio e dei propri
cari, alle nuove sfide da affrontare. La vita vissuta si riassume
nelle foglie appassite che cadono qua e là per le strade, metafora
appunto del tempo passato ma anche monito del tempo rimasto.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
La vita infatti non è
soltanto ciò che è stato ma anche ciò che sarà. È la sintesi di
due occhi che guardano in direzioni opposte e che s'incontrano
soltanto nel qui ed ora, simile quest'ultimo alla moneta avente due
facce, al Giano avente due volti, al Taijitu contenente lo yin e lo
yang.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
È in questo periodo che
il qui ed ora, leggero come l'indefinito nella stagione estiva,
inizia a manifestare la propria pesantezza, la propria gravità. Il
cammino diventa più arduo, i movimenti più faticosi, le orme sul
sentiero del tempo e dei ricordi più profonde. Non sappiamo più chi
eravamo né chi diventeremo. Siamo consapevoli che occorre proseguire
lungo la strada verso la foresta, oltre la quale ve n'è un'altra che
conduce a un'altra foresta ancora e così via, finché resteremo in
questo sogno lucido che è il mistero dell'esistenza.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Fa piacere tuttavia
percorrere alcuni tratti di strada con dei compagni inattesi.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Sulla via, infatti, non
sai mai chi incontri e, quando meno te lo aspetti, ecco spuntare
qualcuno che con gesti semplici ti offre l'occasione di rammentare la
tua identità, la tua provenienza, la tua direzione. È quello che
accade ogni volta con l'amico Mimmo De Pietro.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Mio personale maestro di
vernacolo nicoterese, è una persona sui generis, dalla spiccata
intelligenza e dalla grande umanità, una di quelle persone difficili
da incontrare in questo tempo buio e selvaggio qual è quello
attuale. Ha sempre qualcosa da raccontare, la battuta pronta, è
gentile, attento agli impegni familiari e a quelli collettivi. Ma
soprattutto, è una persona sincera, spontanea, senza secondi fini:
naturale.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ricordo ancora quando
alcuni anni fa portò dei Tangemi o Tangeli, che dir si voglia. Un
agrume che non conoscevo, la cui bellezza, il cui sapore e il cui
profumo ispirarono la scrittura di un racconto dall'omonimo titolo.
Restò incuriosito della mia ignoranza in materia e fu felice quando
scoprì che quell'agrume era stato il protagonista di un racconto,
dedicato a lui.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Da allora è nata una
bella amicizia. Ci vediamo poco, per via degli impegni, ma ogni volta
è come se ci fossimo incontrati il giorno prima. Mimmo fa ricerca
dialettale per insegnarmi quello che non conosco, io gli sottopongo
delle domande a cui lui, se non lo fa subito, risponderà la prossima
volta che ci vedremo. Un'amicizia intellettuale, così mi piace
definire questo tipo di affinità vissuta con pochi altri, e credo
sia la migliore. Nella società, infatti, nulla si fa per
nient'altro, ci dev'essere qualcosa in cambio. Eppure questo tipo di
amicizia sfugge a quella fattispecie. Si dà la conoscenza per il
piacere della conoscenza stessa, si è amici per il piacere di essere
tali.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ogni anno, tuttavia,
quando arriva l'autunno, Mimmo non dimentica mai di portare alcuni
Tangemi, simbolo ormai della nostra amicizia. Questa volta, però, li
ha accompagnati a dei melograni, dei frutti adatti all'autunno, la
stagione della riflessione. È in questo periodo, infatti, che i
melograni sono pronti per essere gustati, mentre la pianta comincia a
denudarsi delle sue foglie, restando un tronco spoglio,
apparentemente morto, eppure in piena primavera e a inizio estate
torna a mostrare nuovi germogli.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Non a caso gli antichi
pensavano che il melograno simboleggiasse la rinascita della vita.
Non è un caso se quest'anno Mimmo li ha portati assieme ai Tangemi.
Rappresentano una conferma: un rinnovamento della nostra amicizia e,
con essa, anche la rammemorazione della strada percorsa finora e di
quella ancora da attraversare.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-51150830826329646262017-10-12T11:35:00.000+02:002017-10-12T11:35:12.725+02:00Stelle umanizzate<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidVJFm45R0ignVySbT51Bzz_WcvVCqtqNa70AlfmHj7QAW2w7TlrdmWaWrusCD_LRdMrZEhFFmIt98pXFnrS-r4LlrXQOZIDG2NbeQuNQhTVA8CcNX84-1VrrqfgL0t8QvTDYgBIGwGqM/s1600/stella.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="481" data-original-width="854" height="180" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEidVJFm45R0ignVySbT51Bzz_WcvVCqtqNa70AlfmHj7QAW2w7TlrdmWaWrusCD_LRdMrZEhFFmIt98pXFnrS-r4LlrXQOZIDG2NbeQuNQhTVA8CcNX84-1VrrqfgL0t8QvTDYgBIGwGqM/s320/stella.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
- di Saso Bellantone<br />
<div style="text-align: justify;">
"Il fascino di una stella non è nel suo splendore ma nella sua distanza; se la riducessimo, perderemmo non soltanto il fascino ma anche la stella".</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-56024035326321555252017-10-07T09:28:00.000+02:002017-10-07T09:28:47.006+02:00La magia delle parole<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCsoOomQI2JgDAaIcBkpsDTlOsopjSS4tLYzepnU4JnfD3hxKVoLrroBieiNyRlslF035SNyK-xKYKzTkdHpY-LdDGhvj3NVt639EINdw6CI800BatviM4XzE8kUoVuOrg2nQEFHEdQZk/s1600/libro+magico.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="278" data-original-width="431" height="206" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCsoOomQI2JgDAaIcBkpsDTlOsopjSS4tLYzepnU4JnfD3hxKVoLrroBieiNyRlslF035SNyK-xKYKzTkdHpY-LdDGhvj3NVt639EINdw6CI800BatviM4XzE8kUoVuOrg2nQEFHEdQZk/s320/libro+magico.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<br />
- di Saso Bellantone<br />
<div style="text-align: justify;">
"La magia è la capacità di cambiare le cose, mutando i cuori attraverso le parole. Se le cose non cambiano, o le persone sono senza cuore o le parole sono inefficaci".</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-34097550657178876412017-10-05T12:16:00.000+02:002017-10-05T12:16:29.563+02:00Identità restante<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNayx6a_ERo-mhJnV2ArnlOunnWf_WbONBMQ1L-6TX7tfGqS8WhgUuEcGm5StDtXMG3Tfwh52GVg6_bvTJu8sbl3z66K9PlnKleVcxFcD6gWN2CQuQD-yok-AzynK6uzKGryzBD3A17uU/s1600/specchio+rotto.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="186" data-original-width="368" height="161" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgNayx6a_ERo-mhJnV2ArnlOunnWf_WbONBMQ1L-6TX7tfGqS8WhgUuEcGm5StDtXMG3Tfwh52GVg6_bvTJu8sbl3z66K9PlnKleVcxFcD6gWN2CQuQD-yok-AzynK6uzKGryzBD3A17uU/s320/specchio+rotto.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
- di Saso Bellantone<br />
<br />
<div style="margin-bottom: 0cm;">
“L'identità è quel che resta delle
gioie e dei dolori provati, dei premi e dei castighi ricevuti, delle
vittorie e delle sconfitte incassate”.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-82178890886505684032017-09-30T14:42:00.002+02:002017-09-30T14:42:54.030+02:00Uno strano passaggio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTAG8oN76nUzaHxJXtNTmyFzqsUBkOAdzZ9J_X3j5dz12PQqgNKsUE9uxaE0MkqyN2yvAaCI9dtG8hELuRenbGJIKKlzFHUCfbkPQPcZmpo4KLTWuJsRIXIyOQJBQimker8-qb6XLngq8/s1600/pioggia.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1461" data-original-width="1600" height="292" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgTAG8oN76nUzaHxJXtNTmyFzqsUBkOAdzZ9J_X3j5dz12PQqgNKsUE9uxaE0MkqyN2yvAaCI9dtG8hELuRenbGJIKKlzFHUCfbkPQPcZmpo4KLTWuJsRIXIyOQJBQimker8-qb6XLngq8/s320/pioggia.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">-
di Saso Bellantone</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">La
pioggia cadeva forte e veloce, come burrasca in mare aperto. La
Toyota saltava tra le profonde pozze d'acqua come peschereccio su
onde rabbiose. Inutili tergicristalli si muovevano su e giù su un
parabrezza totalmente spento dal piovasco, mentre ciechi occhi
cercavano di non sbattere contro muri, alberi e recinzioni. Pur
essendo mezzogiorno, sembrava mezzanotte. Non c'era nessun altro, a
parte i fulmini improvvisi che squarciavano il cielo nero e i tuoni
che amplificavano l'agitazione di Gianni, penetrando il silenzio
dell'abitacolo.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Non
vedeva un temporale simile da anni. Ne aveva affrontati tanti ma mai
si era spaventato come in questo caso, nonostante stesse
attraversando una strada a lui ben nota, quella del Ponte Vecchio,
che da casa sua portava all'uliveto di famiglia. Produttore di olio
di pregiata qualità, esportato al nord Italia e all'estero, ogni
giorno la percorreva almeno quattro volte, avanti e indietro: alla
mattina, a mezzogiorno, nel primo pomeriggio e alla sera. Gianni
Tanboga era un buon autista e, pur conoscendo a memoria tutte le
strade della zona, questa volta, sotto quel maledetto temporale,
aveva paura e non ne capiva il perché. Aveva sempre lavorato, fin da
ragazzo, non aveva mai fatto del male a nessuno né combinato guai di
alcun genere. Amava la musica, l'arte, la letteratura, la scienza, il
cinema e lo sport. Era una persona sensibile, tant'è che faceva
parte di diverse associazioni del territorio con finalità solidali e
di volontariato. Si era laureato persino in Agraria e aveva dato una
svolta all'azienda familiare, rendendola una dei fiori all'occhiello
della regione, assieme ad altre ormai di fama mondiale. L'unica cosa
che non gli interessava era la politica, che reputava ormai marcia e
inutile dal momento che tutte le decisioni di ordine nazionale, su
qualsiasi settore, le prendeva il parlamento europeo e non quello
italiano. Passava la vita lavorando, dedicando il tempo libero alle
sue passioni e alla solidarietà, e aveva pochissimi amici, che
incontrava o sentiva raramente, perché preferiva restare da solo per
occuparsi di tutti i suoi impegni lavorativi e ricreativi. Non aveva
dunque alcun motivo per cui sentirsi talmente inquieto eppure, quel
giorno, lo era e la consapevolezza di questo lo agitava di più. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Tenendo
gli occhi fissi sulla strada che, comunque, non si vedeva, Gianni
prese una sigaretta e l'accese, mentre il cielo veniva nuovamente
lacerato da un fulmine. Abbassò poi leggermente il finestrino per
far uscire il fumo, incurante dell'acqua che penetrava dentro
l'abitacolo, e saltò sul sedile a causa del tuono assodante
consecutivo alla folgore. Convinto che il boato avesse rotto qualcosa
dentro di lui, tolse gli occhi dalla strada, in ogni caso
introvabile, per recuperare la sigaretta finita in mezzo alle gambe.
Quando guardò di nuovo innanzi a sé, si accorse che stavolta la
strada si vedeva: aveva improvvisamente smesso di piovere e un raggio
di sole, facendosi largo tra le nubi, illuminava una figura solitaria
che camminava senza ombrello a una trentina di metri da lui.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Non
ebbe il tempo di tirare un sospiro di sollievo né di chiedersi chi
fosse quel tale che le nubi si chiusero nuovamente, la pioggia
riprese a cadere più forte di prima e il parabrezza fu velato di
nuovo dall'acqua. Preoccupato per il tizio, Gianni abbassò
completamente il finestrino, gettò via la sigaretta e, mettendo la
testa fuori dall'abitacolo, si avvicinò lentamente all'altro che
proseguiva imperterrito nel temporale.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ehi!»
urlò «Ehi! Che ci fate sotto la pioggia?!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'uomo
parve non sentire, così Gianni, avvicinatosi ancora un po', lo
chiamò di nuovo:</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ehi!
Ma dove andate sotto quest'acqua?!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Stavolta
l'altro si fermò e si voltò in direzione di Gianni, che ormai si
era fermato al suo fianco e poté vederlo chiaramente. Era un uomo
sulla settantina, avvolto in una cerata nera. Portava un vecchio
bastone su una mano e sull'altra una busta della spesa, mentre in
testa aveva un cappello da cowboy, saldamente legato sotto il mento.
Il suo volto era segnato dalle rughe e i suoi occhi trasparivano una
bontà innata:</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
dovevi fermarti, posso proseguire da solo.» rispose l'uomo, senza
mostrare alcuna emozione.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ma
che state dicendo, non vedete come piove?! Salite che vi do un
passaggio.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«D'accordo
giovanotto, come preferisci.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'uomo
girò dall'altra parte e si imbarcò sull'automobile, mentre Gianni,
rimessa la testa dentro l'abitacolo, alzò il finestrino e ripartì.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Guardate
come siete conciato!» disse, guardando incuriosito il cappello da
cowboy «Siete tutto inzuppato! Ma si può sapere che ci facevate da
solo in questo diluvio?!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Doveri,
giovanotto. Doveri.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Doveri?
E non avete nessuno, un parente o un amico che possa accompagnarvi?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Purtroppo
i miei impegni non prevedono la presenza di altri . Ecco perché ti
avevo detto che avrei proseguito da solo.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Vabbè,
potevate farvi accompagnare, dire di attendervi in macchina per
sbrigare i vostri obblighi e una volta finito potevate farvi
riportare a casa. Tenete...» Gianni prese dei pacchi di fazzoletti
dal cruscotto e li porse all'anziano «Intanto, asciugatevi come
potete. Dove dovete andare che vi porto io?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Te
l'ho detto, dove vado io non può venire nessuno... e comunque, non
ho parenti né amici.» sorrise l'altro, accettando i fazzoletti e
cominciando ad asciugarsi, senza togliersi il cappello né
l'impermeabile.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Questo
mi dispiace però ormai siete a bordo e vi accompagno io. Ditemi dove
andate, così vi lascio lì e me ne vado.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Grazie
giovanotto. Tutte le persone che ho incontrato finora sono state
scortesi e offensive, mentre tu sei molto gentile. Ma come ti ho già
detto, questo non è possibile. Dove vado io non può venire nessuno,
neanche tu.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Allora
facciamo così: ditemi una zona nelle vicinanze. Così io non so dove
andate e voi non dovete rivelarlo. Va bene?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Il
vecchio si mise a ridere, perché Gianni lo fissava con
un'espressione buffa: «Neanche così va bene, giovanotto. Pensa a
guardare la strada.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«La
guardo la strada, la guardo... anche se non si vede nulla. Comunque
non capisco una cosa. Se nessuno può accompagnarvi dove dovete
andare, perché allora siete salito a bordo?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Vuoi
saperlo davvero?» lo fissò l'anziano.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Gianni
lo guardò come inebetito e rispose: «Certo.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«E
va bene, te lo dirò.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'uomo
restò in silenzio per alcuni istanti e Gianni, che ormai non stava
nella pelle, esclamò: «Allora?!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Perché
hai insistito.» il vecchio scoppiò a ridere.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ma
che risposta è questa!» protestò Gianni «Siete salito a bordo
soltanto perché ho insistito?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ti
sembrerà strano ma è proprio così. Di solito nessuno mi cerca, mi
rivolge la parola o attira la mia attenzione per fare qualcosa per
me, come hai fatto tu. In genere, tutti lo fanno perché vogliono
avere qualcosa da me, e attualmente accade talmente spesso che mi
sono stancato. Non mi va più di fare questo lavoro...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Beccato!
Quindi è per lavoro che state andando a...» </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Tanto
non ci casco, giovanotto.» rise l'altro «Ricordati che sono più
adulto e ho più esperienza di te.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Va
bene, ci ho provato... Comunque, almeno questo potete dirlo: è per
lavoro che vi trovate qui?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Sì,
diciamo di sì.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Bene.
E si può sapere quale?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Mmm...
Non fare troppe domande, però.» lo intimò l'anziano, cercando di
farsi serio senza riuscirci.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Avanti,
l'ho capito da un pezzo che non riuscite ad essere duro...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«È
così evidente? Strano, pensavo...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
cambiate argomento. Stavate dicendo qual è il vostro lavoro.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ah
già!» il vecchio gli strizzò l'occhio «Diciamo che il mio è uno
dei... anzi, direi, sì, è il lavoro più antico che esista.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Mi
state prendendo in giro?» Gianni fermò l'automobile e lo guardò
severamente.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«No,
non quello!» rise l'altro, aggiustando il cappello «E comunque
neanche tu sei credibile in termini di seriosità. Si vede che stai
trattenendo le risate.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Gianni
scoppiò a ridere e ripartì: «E quale sarebbe questo lavoro più
antico che praticate?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Diciamo
che è un lavoro in base al quale ogni cosa, persona o fenomeno
acquisisce un senso.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Acquisisce
un senso eh...» Gianni cominciò a pensarci su.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Anche
se...» riprese l'altro.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Anche
se... che cosa?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Anche
se tutto acquisisce un senso agli occhi altrui e non sempre ciò
corrisponde con quanto avrebbe dovuto davvero significare.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Un
fulmine tagliò il cielo e un tuono fece vibrare l'abitacolo. Gianni
saltò sul sedile, mentre l'altro restò impassibile.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Accidenti
a questi tuoni... Dunque, se non ho capito male, voi fate il lavoro
più antico con cui tutto acquisisce un senso, per gli altri... ma
non sempre è il senso giusto. Giusto?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Giusto.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Io
non ci ho capito niente.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">I
due scoppiarono a ridere.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Avanti,
mi dia qualche altro aiuto?» richiese Gianni.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Allora,
vediamo... Ah ecco! Il mio è il lavoro più antico ma anche
l'ultimo, il lavoro ultimo.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ultimo
eh...» Gianni si mise a pensarci su.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Sì,
ultimo, nel senso di finale, conclusivo, definitivo...» disse serio
l'uomo mentre un fulmine divideva il cielo e un tuono faceva
traballare l'abitacolo.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Anche
Gianni lo guardò in maniera austera: «No, non ci capisco niente.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">I
due scoppiarono nuovamente a ridere, poi ripresero a discutere.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
fate prima a dirmi che lavoro è?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
posso. Ti ho già aiutato.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ma
insomma, non potete dirmi dove andate, non potete dirmi che lavoro
fate... almeno si può sapere come vi chiamate?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'uomo
si mise una mano sul mento e cominciò a pensare, fissando il vuoto.
Poi si voltò verso l'altro e rispose: «No.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Come
no?!» Gianni non credeva alle proprie orecchie «Neanche il nome?!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Il
mio nome è il lavoro che faccio, il più antico e l'ultimo.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">La
macchina passò sopra una pozzanghera più profonda del solito,
sballottando i passeggeri qua e là, mentre un fulmine e un tuono
fecero tutto il resto.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Va
bene va bene, ho capito. Torniamo un po' indietro. Prima avete detto
che non vi va più di fare questo lavoro incredibile ed eccezionale,
antico e ultimo, che è anche il vostro nome.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Infatti.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Posso
sapere perché?» Gianni fermò l'automobile e lo fissò.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'uomo
girò lo sguardo nella sua direzione e rispose: «Sì.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Aaahhh!
Finalmente si può sapere qualcosa!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Comunque
la risposta era presente nell'affermazione precedente. Tutti vogliono
avere qualcosa da me, e stanno diventando in troppi. Certo, ci sono
stati momenti in cui questo è già avvenuto, molte volte nella
storia Nazioni, popoli o tribù hanno richiesto me e il mio lavoro ma
adesso è diverso. Sono stanco. Vorrei che gli altri facessero
qualcosa per me.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Aspettate.
Che significa che “nella storia” hanno richiesto voi e il vostro
lavoro?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Beh,
quello che hai appena detto. Dovrebbe avere un altro significato?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
parlo di significato della frase ma di “nella storia”. Scusate,
quanti anni avete? O non si può sapere nemmeno questo?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Il
vecchio sogghignò, si sistemò il bastone e la busta e rispose:
«Questo si può sapere.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Bene.
Allora?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Tu
quanti me ne dai?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«È
scortese rispondere a una domanda con un'altra domanda!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Avanti,
provaci!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«E
va bene.» Gianni lo osservò con aria indagatrice e disse: «Ne date
a vedere una settantina ma ho l'impressione che non sia così.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Cosa
te lo fa credere, giovanotto? Troppe rughe?» l'anziano si guardò
nello specchietto e cominciò a toccarsi il viso.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«No
no, anzi, pare ne abbiate poche. Ma quel “nella storia” puzza un
po'. E finitela di guardarvi allo specchio!» Gianni mise a posto lo
specchietto, non senza notare che il volto riflesso su di esso era
diverso rispetto a quello dell'uomo seduto al suo fianco. Un brivido
gli percorse la schiena, mentre un fulmine fratturava il cielo e un
tuono faceva oscillare l'abitacolo. </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Scusami.»
il vecchio si ricompose, accorgendosi che Gianni era rimasto segnato
da quello che aveva intravisto «Non dovevo specchiarmi. E tu non
dovevi fermarti!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Gianni
vinse la paura suscitata dalla fuggevole visione e rispose:</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
ricominciamo con questa storia! “Nella storia”... Oh, accidenti!
Forse ho capito chi siete: un fantasma!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'anziano
lo guardò seriamente, fece finta di ragionarci su, cominciò ad
assentire e poi disse: «Bravo! Finalmente hai capito che... no.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">I
due scoppiarono a ridere, Gianni diede una pacca sulla spalla del
vecchio, quest'ultimo su quella di Gianni, e così proseguirono
due-tre volte, mentre fuori i fulmini e i tuoni si ripetevano ad ogni
movimento dei due, come collegati a loro.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Comunque
ti sei avvicinato.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Quindi
se non siete un fantasma siete uno spirito...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ma
quale fantasma e spirito! Non esistono queste cose qua! Intendevo che
la tua impressione era corretta. Non ho settant'anni, magari fosse
così. Ne avrò almeno settanta volte non so quante volte settanta
miliardi circa, mio caro Gianni.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Fulmini
e tuoni. Il vecchio lo osservò seriamente e scoppiò a ridere.
Gianni fa lo stesso.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Sapevo
di avere indovinato!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ma
se non hai detto niente.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ecco,
sempre ad interrompere, fatemi parlare! Ero indeciso tra il becchino
e Dio ma, viste le vostre ultime dichiarazioni, direi che siete Dio.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'anziano
restò a bocca aperta e chiese: «Come lo hai capito?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Hai
detto il mio nome poco fa. Solo Dio può saperlo.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ah
sì?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Sì.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ah.
Mi è sfuggito. Bravo! Finalmente hai capito che... no.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Gianni
lo fissò in maniera seriosa: «Lo sapevo.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«E
allora perché hai detto “Dio”?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Per
vedere la vostra reazione.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
è scortese prendere in giro la gente?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Beh
anche voi siete stato scortese prima...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Allora
siamo pari.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Giusto,
siamo pari.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Uno
a uno.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ics.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Fulmini
e tuoni.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Stavolta
non c'entravano.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Come
no?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«In
genere li producete quando fate finta di dire cose serie.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ah
è vero, scusa. Mi sono confuso.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Allora
è vero che siete voi a produrli?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Certo,
chi dovrebbe produrli? Aspetta un attimo Gianni. Hai imbrogliato.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ho
solo tirato ad indovinare... e ci siete cascato.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
si fa così.» disse il vecchio, alzando l'indice in direzione del
cielo e un fulmine subito ebbe origine. Poi il vecchio chiuse il
pugno e lo mosse in direzione del finestrino al suo fianco, e subito
un tuono fece traballare l'abitacolo.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">I
due si lasciarono andare in una risata e si diedero tante di quelle
pacche che le spalle cominciarono a fare male a entrambi.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
sarebbe ora di far terminare questo temporale?» propose Gianni,
ormai tranquillo e sereno.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Tu
dici? A me piace così tanto...» rispose l'altro, con aria
malinconica, guardando oltre il finestrino, mentre la pioggia
cominciava a rallentare il suo ritmo.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Dovreste
saperlo che ogni cosa ha un suo tempo e non può durare per sempre!
Voi, meglio di chiunque altro, che fate il lavoro di...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
dirlo! Non dirlo! Non dirlo!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Va
bene non lo dico... Voi, meglio di chiunque altro, che vi
chiamate...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
dirlo! Non dirlo! Non dirlo!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ah
ah ah! Ve l'ho fatta di nuovo, non lo dico!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Aaahhh!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Avanti,
è il momento di far tornare il sole.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«È
che mi ero affezionato a questo viaggio in macchina...» il vecchio
mostrò nuovamente la sua amarezza.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Anch'io,
ad essere sincero.» sorrise Gianni, porgendo all'altro una sigaretta
«Dai, una sigaretta insieme e poi andiamo. In fondo, il vostro è un
lavoro importante, anche se siete sempre da solo. Ma se non lo
svolgete, niente ha senso in questo mondo.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Hai
ragione, Gianni. E comunque, ormai siamo amici e puoi darmi del tu.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«D'accordo,
ti do del tu.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">I
due accesero la sigaretta e iniziarono a fumare. Il vecchio chiese:
«Veramente hai capito chi sono e qual è il mio lavoro? Non dirlo
però! Altrimenti devo portarti con me e, come ti ho detto
all'inizio, non puoi venire dove vado io.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
lo dico! Tranquillo! Altrimenti dovrò venire con te e, anche se sei
un buon amico, non voglio ancora.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Però
insieme ci divertiremmo! Potremmo viaggiare sempre in automobile,
parlare continuamente, fumare...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ne
sono certo, ma ho ancora molte cose da fare. E poi, oggi ho capito
due cose importanti.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Primo:
che sei stanco della solitudine e che in fondo, anche tu, vorresti un
po' di compagnia. Ma il tuo lavoro è importante e devi farlo
soltanto tu, altrimenti tutto perderebbe di significato. Secondo: che
anch'io sono stanco della solitudine e che, tra le cose più
importanti che ho da fare, la prima fra tutte è passare il resto
della mia vita assieme a qualcun altro. È questo, finalmente l'ho
capito, di cui avevo paura, quando mi sono imbattuto nel temporale.
Ma adesso so che cosa devo fare.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Bravo!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Grazie.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Prego.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Quando
questo acquazzone sarà finito, andrò a trovare una ragazza. Al
liceo stavamo insieme e stavamo bene. Nella pausa dividevamo sempre
del pane caldo con acciughe e olio d'oliva. Davvero buono. Poi il
lavoro, l'Università, la scomparsa dei miei mi hanno allontanato da
lei ma sono sicuro che tutto è rimasto così come un tempo. Lei è
ancora a casa. Da sola, come me, e vive della sua attività. Mi sono
reso conto che mi manca tanto e, anche se forse è troppo tardi,
voglio dichiararle quello che provo per lei.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Era
quello che volevo sentire, Gianni. Adesso, posso anche andare.»
l'anziano mosse lentamente le mani, come per pulire il parabrezza, e
subito smise di piovere e le nubi si diradarono. Il sole cominciò a
splendere e a penetrare dal parabrezza oltre il quale, finalmente, si
vedeva chiaramente la strada. Il vecchio posò una mano sulla spalla
di Gianni, gli sorrise e prese la maniglia dello sportello ma Gianni
gli afferrò l'altro braccio e lo fermò.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Prima
che te ne vada» disse «mi toglieresti una curiosità?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Certo
giovanotto! Dimmi tutto.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Mi
dici perché ti porti dietro quella roba? Di solito non giri con
falce e mantello nero?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Di
solito! Ma mi sono stancato anche di quel look e ho preferito
cambiare, mettermi al passo coi tempi. Il bastone mi serve per
appoggiarmi, tanta è la mia stanchezza, caro Gianni.»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
fare il melodramma ora, e vai avanti!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Vado
avanti, sì! Nella busta invece ci metto la mietitura. La cerata
naturalmente la uso per coprirmi, non mi va a genio che la gente mi
guardi nudo! Sono tutto pelle e ossa, sai?! Anzi, più ossa che
pelle!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«E
il cappello da cowboy? Quale sarebbe la sua utilità?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Nessuna.
Mi piace e basta. Sto bene vero?» sorrise il vecchio, scendendo
dalla Toyota.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Lasciamo
stare...» sbuffò Gianni, per nulla convinto della scelta
dell'altro.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Lasciamo
stare sì! Non capisci nulla di look!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Iooo?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Tu!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Ma
vaaa!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Infatti,
sto andando! Te l'avevo detto!»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Che
cosa?»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Non
dovevi fermarti, non era la tua fermata. Vai anche tu...»</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">«Dove
devo and...» </span>
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">L'anziano
scomparve improvvisamente, dal nulla comparso al nulla tornato.
Gianni si chiese se quella conversazione fosse davvero avvenuta o se
fosse stata soltanto frutto della sua immaginazione ma vedendo il
bivio per il Paese, il sole alto nel cielo e sentendo l'odore della
terra, quell'odore che lo portava a vecchi ricordi e nuove promesse,
non ci pensò più. Sorrise, mise la prima e ripartì.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Arrivò
a destinazione pochi minuti più tardi. Aveva i capelli fradici ed
era bagnato per metà del corpo ma non gli interessava. Si mise
innanzi alla porta, magro com'era sembrava un lampione con una pianta
sulla testa. La porta era aperta, una tenda blu come il cielo
lasciava passare dall'interno il profumo di pane caldo con le
acciughe ed olio d'oliva.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: Times New Roman, serif;">Gianni
suonò il campanello, il cuore trepidante, e sentì una voce
femminile chiedere chi fosse. Dei passi si avvicinarono all'uscio e
una mano con le unghie rosse come peperoncino spostò di lato la
tenda. L'altra mano agguantava un pezzo di pane morsicato da una
donna bellissima, esattamente come la ricordava, che appena lo vide
si lasciò andare in un sorriso meravigliato.</span></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<span style="font-family: "Times New Roman", serif;">«Ciao
Federica.» disse Gianni.</span></div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-89297727695064241302017-09-28T10:57:00.000+02:002017-09-28T10:57:28.714+02:00Circolarità, ciclicità, continuità<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiL_ej9Hsahi4416qfpREoVsgRqhy2b2zxHEz9-PeMyEV4jdlKj0cSVMTzIyhkLhgu50KOy7RSnGivg7W_lpIpHIyVYdA0yI7Kbqut6kq6btJ2pUv94Li9of1UYXV8N4keAByOhqiPDozg/s1600/parmenide.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="288" data-original-width="220" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiL_ej9Hsahi4416qfpREoVsgRqhy2b2zxHEz9-PeMyEV4jdlKj0cSVMTzIyhkLhgu50KOy7RSnGivg7W_lpIpHIyVYdA0yI7Kbqut6kq6btJ2pUv94Li9of1UYXV8N4keAByOhqiPDozg/s1600/parmenide.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
- di Parmenide<br />
"Indifferente è per me il punto da cui devo prendere le mosse; là, infatti, nuovamente dovrò fare ritorno".Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-13509964127911141902017-09-23T16:05:00.000+02:002017-09-23T16:05:57.407+02:00La trappola fotografica<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCPNX-l-4bkSZOKbm4_P-9oThtsHD1PHRNt0KZrXWAWwWgInxe2owL0xADNqVM7zr3A00VqMEyuiCcbr2VIqQezN79I4HpIu-pFZr6XXFDzY_8P8OzH-YLGh9Yzkh_blsh943Ne8gj_9w/s1600/macchina+fotografica.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="300" data-original-width="247" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhCPNX-l-4bkSZOKbm4_P-9oThtsHD1PHRNt0KZrXWAWwWgInxe2owL0xADNqVM7zr3A00VqMEyuiCcbr2VIqQezN79I4HpIu-pFZr6XXFDzY_8P8OzH-YLGh9Yzkh_blsh943Ne8gj_9w/s1600/macchina+fotografica.jpg" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
- di Saso Bellantone<br />
<br />
"Ho fotografato un istante pensando d'immortalarne le emozioni ma oggi, a distanza di tempo, di esso non mi resta che una fredda fotografia".Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-45835929586719008712017-09-18T09:41:00.000+02:002017-09-18T09:41:42.705+02:00Cieli di sabbia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjG8tsQ6FmliSWhyHEC5kIDb7pWjr3s0EnS4_O3bsuF0dVZAO7nqYs5ZmhtYwhyxkLpsMExHK7uorQQBbay3dV_4eLiOSaEOljMWFpLQhhTHqyFCWyg4voPwqMI-40a7ltnnPNMYZV7YFg/s1600/nuvole.jpeg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="843" data-original-width="1600" height="168" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjG8tsQ6FmliSWhyHEC5kIDb7pWjr3s0EnS4_O3bsuF0dVZAO7nqYs5ZmhtYwhyxkLpsMExHK7uorQQBbay3dV_4eLiOSaEOljMWFpLQhhTHqyFCWyg4voPwqMI-40a7ltnnPNMYZV7YFg/s320/nuvole.jpeg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
- di Saso Bellantone<br />
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"Ho visto cieli di sabbia, chiazzati da nuvole di schiuma; un mare astrale scorre, là, vicino a un porto senza baia, dove un uomo pesca senza filo, i segreti del tempo e dell'immenso".</div>
Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6373008753554772717.post-89782051297733961722017-09-13T11:19:00.001+02:002017-09-13T11:19:46.585+02:00Jünger, Bauman e l'uomo come istinto d'osservazione e di sperimentazione vitale<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKKfGu-e7UsBPOhUen0B6uvCGKfV4_2lzx72JCsuQ67bPWKUJ2Ri9qKpqqpvmBN9OUhU-HZ5xOJKGvZCNBLgQ9pdL4v5CvQ8PmAWdiSbzBG5Mnx6fB-nB3dSutyo6IWMKKFkTC4MCis_w/s1600/junger.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="441" data-original-width="942" height="149" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKKfGu-e7UsBPOhUen0B6uvCGKfV4_2lzx72JCsuQ67bPWKUJ2Ri9qKpqqpvmBN9OUhU-HZ5xOJKGvZCNBLgQ9pdL4v5CvQ8PmAWdiSbzBG5Mnx6fB-nB3dSutyo6IWMKKFkTC4MCis_w/s320/junger.jpg" width="320" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
- di Saso Bellantone</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Il ciclone è quel
fenomeno meteorologico causato dalla differenza della pressione
atmosferica di una regione, generalmente bassa, rispetto a quelle
circostanti, meglio conosciuti o individuabili come vortici. Si
tratta in altri termini di spirali d'aria, nubi, pioggia mischiati
tra loro, che ruotano in senso orario o antiorario a velocità
talmente elevate da risucchiare o da distruggere, al loro passaggio,
per effetto centrifuga, qualsiasi cosa, naturale o artificiale.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ne <i>L'operaio</i>,
Ernst J<span style="font-family: Times New Roman, serif;">ü</span>nger paragona la
vita in generale a un ciclone e reinterpreta la figura dell'oltreuomo
nietzscheano come una forza, appartenente alle altre forze naturali,
capace però rispetto a queste ultime di raggiungere il centro esatto
della rotazione di questo fenomeno meteorologico, in cui la rotazione
stessa è zero, cioè non c'è, non avviene.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Questo luogo, definito
occhio del ciclone per via della sua forma, è inteso da J<span style="font-family: Times New Roman, serif;">ü</span>nger
come un punto di osservazione privilegiato. A partire da esso l'uomo,
soggetto alla calma, alla sospensione, all'assenza di rotazione, è
in grado di vedere, appunto, a 360° gradi ciò che gli sta attorno,
dunque il vortice, la rotazione stessa, intesa dal filosofo tedesco
come una metafora della vita in generale.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Insieme, occhio del
ciclone e ciclone rappresentano secondo J<span style="font-family: Times New Roman, serif;">ü</span>nger
una immagine di ordine nel disordine, di stasi nel caos, di essere
nel divenire. Essendo l'occhio sulla vita che gli sta attorno, l'uomo
(o l'oltreuomo nietzscheano) avrebbe il compito, o la caratteristica,
di dare un senso alla confusione circostante, secondo una forma, una
modalità d'esistenza che, piuttosto che renderlo soggetto alla
babele che gli sta intorno, minacciando la sua sopravvivenza, lo
rende soggetto soltanto a se stesso, salvaguardando e potenziando la
sua esistenza stessa.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Nel tempo della fine
delle speculazioni metafisiche, in <i>Vita liquida</i>, Zigmunt
Bauman concepisce la vita in generale come liquida, come un elemento
cioè informe la cui caratteristica principale è la fluidità. La
vita, in tal senso, dovrebbe fluire costantemente fino a perdersi
definitivamente in un altro elemento liquido più grande, pieno di
misteri e segreti, che è il mare. Ma in questo fluire prima della
fine, la vita, proprio perché è un elemento liquido informe,
avrebbe anche la caratteristica innata di prendere la forma, anche se
temporaneamente, degli oggetti, degli enti che possono contenerla.
Tale contenimento, come detto, è temporaneo, passeggero, perché il
senso di ciò che è liquido è il fluire e non il permanere, dunque
qualsiasi contenitore prima o poi sarà svuotato del liquido che ha
in seno, per accogliere nuovi liquidi o per svanire esso stesso, in
quanto liquidità costitutiva apparentemente e precariamente
stabilizzata, nel mare o essere reimmesso in circolo, riciclato.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
L'uomo stesso,
amplificando il linguaggio baumaniano e conducendolo in una
prospettiva ontologica, non sarebbe altro che un liquido tra i
liquidi, soggetto alle leggi che regolano gli elementi fluidi. Il suo
senso sarebbe il fluire, passando perfino da un contenitore all'altro
(per quanto riguarda il suo modo di pensare o il suo abito di
pensiero), fino al perdersi definitivamente nel mare o all'essere
riciclato. Clonazione e miracoli della scienza a parte, capaci cioè
di trasferire la coscienza umana da un corpo a un altro, il destino
dell'uomo sarebbe dunque il perdersi nel mare dei liquidi. Ma è vero
anche che al di sopra e al di là del mare vi è un altro elemento,
il sole, capace di trasformare il mare stesso in aria, il liquido in
gas, e ciò fa chiedersi se lo stesso vale per quelle piccole
particelle che, in precedenza, sono state di un uomo, di una
coscienza. Così come le particelle di mare, per effetto del calore
solare, si trasformano in particelle di gas e queste ultime, una
volta condensatesi, tornano in circolo nella terra sotto forma di
pioggia, che invade e nutre qualsiasi essere vivente, mentre altre si
perdono nell'etere, allo stesso modo particelle di uomo, ormai mare,
o di sua coscienza, potrebbero avere la stessa sorte e fare pensare a
una sua rinascita se non a una sua reincarnazione. Ma queste sono
soltanto ipotesi visionarie.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
<br />
</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
J<span style="font-family: Times New Roman, serif;">ü</span>nger
e Bauman s'incontrano su un punto: tutto è precario, caotico,
disordinato, informe, dinamico; l'uomo è parte integrante di esso ma
la sua funzione, agli occhi dell'uno e dell'altro pensatore, è
diversa.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Mentre il primo, nella
pancia della metafisica, pensa l'uomo come un occhio del ciclone,
dunque come <i>osservatore</i>, come una forza naturale tra le altre,
capace di osservare e condizionare le altre per la propria
conservazione e per il proprio potenziamento, il secondo invece,
privo di una qualsiasi metafisica, perché fuori-luogo e perché
proveniente egli stesso dal campo della sociologia, intende l'uomo
come un elemento naturale tra gli altri, capace sì di condizionare
gli altri per vantaggi personali o collettivi di breve durata, ma il
cui senso è soltanto il fluire stesso (nonostante la sua capacità
mentale di essere contenuto all'interno di precisi contenitori
concettuali, siano questi ultimi sistemi di pensiero, mode o
quant'altro).</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Quello che sfugge è che
il liquido, per poter fluire, <i>cerca istintivamente</i> il percorso
adatto a questo scopo, altrimenti, non potendo fluire, non sarebbe se
stesso, non manifesterebbe la sua essenza, lasciandola in sospeso,
fino al momento in cui qualcosa cambi. Per esempio, immaginiamo una
diga d'acqua. Il liquido trattenuto dalla diga è, sì, acqua ma non
potendo fluire è come se non lo fosse, perché la caratteristica
dell'acqua è il fluire (oltre che gli svariati usi umani). Ma nel
momento in cui si aprisse una crepa nella diga o si collegasse ad
essa un sistema di tubature aperto, l'acqua, cominciando a fluire,
manifesterebbe la sua essenza, dunque sarebbe se stessa,
realizzerebbe il proprio scopo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Avvicinando le loro
riflessioni, J<span style="font-family: Times New Roman, serif;">ü</span>nger e
Bauman mostrano che l'uomo è una forza naturale e in quanto tale è
dotata di un istinto a manifestare la propria essenza (o a
manifestare il proprio scopo, per dirla in un'altra maniera), la
quale è la tendenza a fluire nella vita alla ricerca, mediante
l'osservazione e l'esperimento, di forme d'esistenza capaci di
potenziarlo (o di depotenziarlo, considerando alcuni sistemi di
pensiero di carattere religioso).</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
L'uomo sarebbe dunque
<i>istinto d'osservazione e di sperimentazione vitale</i>, in vista,
aggiungeremmo, anche di altri scopi che, alla fine, rientrano nella
sua ricerca di maggiore vita. Le domande imperiture dell'uomo su Dio,
l'anima e altri misteri del cosmo non sono soltanto il tentativo di
capire qual è la conformazione dell'esistenza in generale, ma anche
di verificare se all'interno di tale conformazione c'è la
possibilità, dopo la morte, di ottenere (o di essere) altra vita. In
altri termini, se c'è la possibilità di esistere di nuovo.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
Ma a noi piace pensare
che l'uomo non sia altro che il ciclone stesso, nella sua interezza,
a volte comprensivo di occhio; piace pensare che sia la liquidità
stessa, puro istinto al fluire inteso come precarietà, caos,
disordine, informità, dinamismo, in cerca, anche in maniera
cosciente, di ulteriore fluire, senza sosta, senza mai fine. L'uomo è
la fluidità stessa alla ricerca istintiva (naturale) o cosciente di
nuove possibilità in cui manifestare la propria essenza, ossia il
fluire, ancora, ancora e ancora per sempre, per l'eternità.</div>
<div align="JUSTIFY" style="margin-bottom: 0cm;">
È in questo suo
istintivo e/o consapevole fluire sperimentale che l'uomo scopre e
crea (qualsiasi cosa) a suo vantaggio o svantaggio o di quello degli
altri suoi simili, degli altri esseri viventi e del luogo che abita.
Ed è qui, forse, si aprono nuovi scenari del pensiero.</div>
Unknownnoreply@blogger.com0