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giovedì 22 dicembre 2011

L'arte periferica: intervista a Raffaele Facciolà

- di Saso Bellantone
Nato a Reggio Calabria, Raffaele Facciolà studia tecnica vocale e repertorio con il maestro Gaetano Tirotta e nel 2006 si diploma in canto presso il Conservatorio “F. Cilea” di Reggio Calabria con il massimo dei voti. Nel 2002 segue il corso di perfezionamento “Crotone in Musica” indetto dall’associazione ACAM. Con l’Associazione “Nuovo Laboratorio Lirico” debutta nel 2003 con il “Don Giovanni” di Mozart nel ruolo di Masetto, durante il “Terzo festival dell’Opera Giocosa”. È stato anche Il Conte nella “Nina ossia la Pazza per Amore” di G. Paisiello e Don Chilone in “Erighetta e Don Chilone” di L. Vinci. Nel frattempo svolge intensa attività concertistica sia sacra che profana. Nell’aprile 2006 riceve il primo premio al concorso Nazionale “Campi Flegrei” di Pozzuoli (Napoli). Nel marzo 2007 vince il ruolo di Nardo del “Filosofo di Campagna” presso il medesimo concorso. Nel settembre 2007 viene selezionato dall’“Accademia Lirica Toscana” per ricoprire il ruolo di Don Perizonio nell’“Impresario in Angustie” di Cimarosa per i teatri di Cortona e Anghiari. Nello stesso mese segue un corso di perfezionamento di tecnica vocale e repertorio con il M° Michael Aspinall. Nel 2008 ,sotto la direzione del M° Marc Andrè, è Norton nella “Cambiale di Matrimonio” per il Teatro di Chiasso. Ad aprile 2009 è stato Don Magnifico nella “Cenerentola” di Rossini per il Teatro Borgatti di Cento (FE). Nel febbraio 2011 è stato Uberto nella “Serva padrona” per i Pomeriggi Musicali di Milano. A settembre è stato interprete principale dell'opera contemporanea, in prima rappresentazione assoluta, “La Baronessa di Carini” del M° Antonino Fortunato a Palermo e al Teatro Bellini di Catania. Presso il Teatro Vittorio Emanuele di Messina ha interpretato il ruolo di Don Parmenione nella farsa Rossiniana “L’Occasione fa il Ladro”. Attualmente vive a Scilla.

Come ti sei avvicinato al Canto Lirico?
Quando sia esattamente nata in me la passione per la musica e il melodramma non posso dirlo con precisione. Quello che posso dire è che a 11 anni, mentre tutti i miei coetanei ascoltavano musica rock e pop, io mi emozionavo ascoltando Pavarotti e le composizioni Verdiane. Mi ha sempre affascinato cantare, non di meno esibirmi e stare in palcoscenico. Feci la mia prima lezione di canto a 12 anni ma il mio percorso da cantante lirico inizia nel 2002, quando cominciai a studiare tecnica vocale con il M° Gaetano Tirotta.

Che cos'è il Canto Lirico?
Il Canto Lirico, o belcanto, è quell’insieme di tecniche vocali, stile e interpretazione personale che ci permette di esprimere la vocalità cantata nell’ambito del melodramma o, in maniera più ampia, della tradizione musicale Europea dal ‘500 ad oggi. Forse quest’ultima definizione è un po’ troppo tecnica ma ha il pregio di essere sintetica e abbastanza esauriente. Per dirla in altre parole il “vero” Cantante Lirico utilizza le sue qualità vocali naturali, incanalate nella tecnica del belcanto, per esprimere ciò che l’autore di un brano vuole esprimere. Con lo studio del Canto la voce “parlata” sublima in una dimensione super-umana per diventare strumento e mezzo d’espressione per eccellenza. Non dimentichiamoci che il vero primo strumento musicale, e non solo, è la voce. Ci sarebbe da discuterne all’infinito ma preferisco fermarmi per ovvie ragioni di spazio.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi del Canto Lirico, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
Vorrei rispondere con una frase che troneggia sul frontone del bellissimo teatro Massimo di Palermo: “L'arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l'avvenire” questo dice già tutto. Il belcanto, inserito nel suo contesto musicale insieme al melodramma e alla musica classica, ha lo scopo di di suscitare nello spettatore quella famosa catarsi estetica che induce gli spettatori tutti a sentirsi parte di un qualcosa di più grande che tutti li riunisce e li accomuna, questo è il senso della Musica. La musica Classica, e quindi anche il canto lirico, opera tutto questo all’interno di quello che a me piace chiamare L’Arte dei Suoni. Anche qui il discorso sarebbe ben lungo ma per spiegarmi posso dire che la musica classica, al contrario della musica popolare, trova la sua forza nelle forme musicali che si sono susseguite nei secoli e nella prassi con la quale gli strumenti, compresa la voce, vengono suonati e concertati. Tutto questo ha uno scopo: l’armonia dei suoni e degli intenti.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano per esempio, la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire le tue performance delle opere d'arte, delle creazioni nel senso pieno del termine?
L’esempio del poeta che crea mondi è molto pertinente nel mio caso. Quando si parla di melodramma lo si associa immediatamente al compositore/autore delle musiche dimenticandosi puntualmente di chi ha creato le parole che gli artisti cantano. I cosiddetti librettisti erano poeti (più o meno valenti) che facevano i salti mortali per riadattare testi teatrali e non, dei generi più disparati, alle esigenze dei compositori e dei cantanti. Trasformavano tutto in poesia che poi veniva musicata. In sostanza il Cantante Lirico è colui che rende vita ai versi e alla musica di altri. C’è chi potrebbe vedere in noi dei meri esecutori ma vi posso assicurare che mediare gli intenti degli autori e nel contempo esprimere ciò che c’è da proporre al pubblico non è affatto un compito da semplici esecutori. Per usare una metafora da sala cinematografica: se il regista e gli autori creano il film, l’addetto alla proiezione decide quando e come proiettarlo, noi siamo la Lampada che da luce alla pellicola e rende possibile la magia.

Perché canti? Perché senti l’esigenza di comunicare mediante il canto lirico?
Non credo che questa sia una di quelle cose per le quali esista un perché. È un bisogno, una necessità innata. Come il grattarsi una puntura di zanzara.

Che cosa raccontano le opere nelle quali hai modo di esibirti?
I soggetti sono svariati per non parlare delle ambientazioni. Si va dai miti greci e nordici, passando per ambientazioni di tutte le ere, fino ad arrivare a quelle contemporanee o addirittura favolistiche. Quello che però non manca mai è il conflitto, sia esso tra i vari personaggi che interno a ciascuno di essi. Il teatro in musica è innanzi tutto semplice teatro che vive dello squilibrio che alberga in ciascuno di noi. Le Opere Liriche raccontano di odio, onore, tranelli e fraintendimenti ma soprattutto d’amore. Questo non manca quasi mai ed è il motore drammatico nella maggior parte dei casi.

Un artista (un cantante d’opera) può sentirsi tale senza i pubblici (gli ascoltatori)?
Assolutamente no. La saggezza popolare in questa risposta mi viene in aiuto con il detto: tu te la canti e tu te la suoni.

Che cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
Il lavoro del Cantante d’Opera non si discosta molto da quello di qualsiasi altro libero professionista. Siamo soggetti alle richiesta del mercato e dunque la situazione cambia notevolmente rispetto al territorio nel quale si opera. Quello che però fa davvero la differenza è il valore che si dà agli artisti. Purtroppo il nostro territorio non è solo depresso sul piano economico ma ancora di più su quello culturale. L’arte in generale è vista come un’attività marginale della società. La musica classica, rilegata al ruolo di semplice svago, spesso viene equiparata a forme musicali con le quali non ha niente a che fare. Così anche il ruolo del musicista che opera in questo campo perde di dignità ed insieme a questa anche il posto che gli spetterebbe nella comunità.

Cosa ti spinge a restare nel Sud?
Non c’è nulla che mi spinge a restare o a partire fuorché la musica. Per il momento mi trovo qui, domani potrei trovarmi da tutt’altra parte. L’importante è che, ovunque vada, non manchi mai la musica.

Puoi definirti un sognatore? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Poter vivere del mestiere che amo e che so fare. Sarà un sogno misero ma se si avverasse mi sentirei il più fortunato tra gli uomini.

Chi desidera seguirti e saperne maggiormente su di te, dove può rivolgersi?
Il mio indirizzo e-mail è raffaele.fac@gmail.com .

Alcune parole per i giovani.
Non vivete la musica come spettatori ascoltando quello che altri hanno scelto per voi. Siate curiosi di conoscere le delicatezze e la travolgente passione che vi può offrire la musica “colta”. Coltivate l’amore per il bello che la mente umana può partorire e non ne sarete mai sazi.

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