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venerdì 11 marzo 2011

TRANSUSTANZIAZIONE: dai 7 peccati capitali ai 7 valori capitalistici

- di Saso Bellantone
Guardando all'attuale società globalizzata, tecnologica, iperattiva, fredda, nichilistica, mercificata, omologante e spersonalizzata, sembra assurdo parlare di peccati capitali. Questi ultimi, infatti, rinviano a una stagione della storia civiltà umane, quella cristiana, ormai sostituita da una nuova, quella economica, che nulla ha a che vedere con la vecchia. Almeno così sembra. A ben vedere, queste stagioni della storia delle civiltà umane si somigliano molto. Ne La globalizzazione in chiaroscuro: il tecnototalitarismo economico lavorativo, si è evidenziato per esempio quanto l'atteggiamento religioso dell'umano contemporaneo, che potremmo definire homo economicus, somigli a quello dell'homo christianus. Consapevolmente oppure no, l'umano contemporaneo vive in un rapporto di continua venerazione del dio denaro paragonabile a quello dell'umano cristiano nei confronti del Dio delle Scritture. Malgrado le innumerevoli somiglianze che si potrebbero evidenziare tra queste due ere dell'umanità, vi sono però delle differenze. Per esempio, ciò che per la stagione cristiana dell'umanità è considerato un peccato capitale, cioè un male, nell'era economica della storia delle civiltà umane è diventato un valore, ossia un bene. Per comprendere questa metamorfosi, occorre prima sapere quali sono i peccati capitali cristiani, che cosa significa il termine peccato.
Il concetto di peccato è stato introdotto da Paolo di Tarso. Nelle sue Lettere – che costituiscono il documento cronologicamente più vicino ai fatti di Gesù di Nazareth – Paolo si presenta come “apostolo di Dio”, come voce della verità assoluta, inviato per annunciare una lieta novella: la vita eterna, opposta alla morte definitiva. Tre anni dopo la caduta di Damasco, che segna la sua inversione di rotta da persecutore ad apostolo, Paolo inizia la sua predicazione e chiarisce che il peccato è una condizione generale che qualifica tutto l'esistente a causa della trasgressione di Adamo, reo di aver mangiato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male. Nella dimensione umana, spiega Paolo, il peccato è una forza che abita nella carne e conduce l'essere umano a trasgredire la Legge (la Torah, nonostante l'apostolo scriva il termine legge con la parola greca νόμος, chiaro riferimento di carattere politico), malgrado la sua volontà di rispettarla in pieno. La morte è il segno tangibile che il mondo è sotto il dominio di tale forza peccaminosa. Il Messia Gesù, secondo Paolo, è invece il nuovo Adamo che introduce una forza proveniente dallo Spirito e che è capace di contrastare quella del peccato, garantendo il rispetto in toto della Legge: l'amore. Questa nuova forza, che si attiva con la morte e resurrezione del Messia Gesù, cancella dal mondo il peccato e la morte, inaugurando l'inizio di una nuova vita, appunto eterna perché libera della morte. Nella dimensione umana, l'attivazione di questa nuova forza e l'accesso alla vita eterna avviene mediante il battesimo – che rende “corporalmente” partecipi della morte e resurrezione del Messia Gesù – e mediante la triade dell'etica paolina: fede, speranza, amore. Chi dunque si battezza e vive secondo l'etica dell'apostolo non pecca né muore più ma vive in eterno perché è nel bene, mentre chi fa l'inverso è nel male. Tuttavia, i fedeli continuano a morire e i superstiti si arrabbiano, pensando di essere stati raggirati dall'apostolo: per questo motivo, allo scopo di salvare la pelle, Paolo è costretto a parlare di altri avvenimenti, come per esempio del tempo in scadenza, della seconda venuta del Messia, del giudizio ultimo, dell'apparizione dell'Antimessia e del katekon. Con queste aggiunte, i fedeli tornano a credere all'apostolo e lui e la sua novella sono salvi. Per ora.
Nei secoli successivi, infatti, il concetto di peccato subisce una metamorfosi. Con questo termine, la teologia cristiana, che trae origine proprio da Paolo, non indica più lo stato generale dell'ente causato della trasgressione di Adamo né la forza che ha dimora nella carne. Il peccato diviene una condizione individuale ed esclusivamente umana, una colpa, un male di cui l'essere umano si macchia sia nascendo (a causa della sua parentela con il primo peccatore, Adamo) sia decidendo volontariamente di vivere contrariamente a quanto la “dottrina” cristiana – che appare in questi secoli, perfezionandosi sino ai nostri giorni – prestabilisce. Tale colpa conduce alla morte individuale e, peggio ancora, alla dannazione eterna (idea che nella teologia paolina non figura mai e che si sviluppa in questo periodo, prima ancora di essere immortalata da Dante nella sua Divina commedia). In questa prospettiva, si comincia a parlare di peccati capitali (da caput: testa), nel senso di “mortali”, ossia di comportamenti che conducono alla dannazione eterna, anziché al paradiso, e per questo motivo devono essere evitati. I peccati capitali sono sintetizzati principalmente in 7 – avarizia, invidia, ira, gola, superbia, lussuria, accidia – e indicano quei divieti, quei taboo (come direbbe Freud), da inscriversi all'interno di un'interpretazione cristiano-cattolica (all'origine paolina) di tutto l'esistente, che si sviluppa attraverso le coppie Dio/Diavolo, vita eterna/ dannazione, bene/male, amore/odio, speranza/disperazione, giusto/ingiusto, vero/falso e via dicendo. Questa concezione del peccato, legata alle idee di dannazione eterna, di paradiso e di dottrina, ha più fortuna rispetto a quella paolina connessa alle idee di morte definitiva, di vita eterna e di etica. Tant'è che attraversa quasi due millenni interi della storia delle civiltà umane, giungendo inalterata (esclusa qualche rivisitazione) sino ai nostri giorni.
Nel corso del tempo, la Chiesa si è servita del concetto di peccato e dei 7 peccati capitali come degli strumenti di tortura psicologica e di controllo delle coscienze per operare una conquista del mondo conosciuto. Facendo leva sull'estremo timore della dannazione eterna, la Chiesa ha impiegato il concetto di peccato e i 7 peccati capitali come dei mezzi utili per frenare le selvagge passioni umane e ridirezionarle verso delle mete ideali e inesistenti (Gesù, Maria, i santi e i beati), punti di riferimento per condurre una vita terrena in modo puro e casto e ottenere in futuro il paradiso. In questo modo, la Chiesa ha reso gli esseri umani più docili e manipolabili e li ha usati per accaparrarsi un maggiore potere terrestre. Fondendosi infatti all'Impero romano prima, ai re barbari poi, ai signori comunali e ai re assolutistici in seguito, la Chiesa ha esteso ovunque la propria dottrina (cioè un insieme di dogmi, teorie e regole di vita pratica), divenendo il centro solare dell'esistente, la sua verità ultima. Ma non tutti hanno avuto paura della dannazione. Nel corso del tempo l'istinto umano alla trasgressione è sopravvissuto, dispiegandosi contro la stessa legge cristiana (perché la dottrina non è altro che una legge contrapposta alle altre), divenendo un motivo centrale della prassi quotidiana umana nell'era economica, che ha impedito alla Chiesa di estendere il proprio dominio assoluto sul mondo intero.
Malgrado molti, oggigiorno, continuino ad aver paura nella dannazione eterna e a condurre la propria vita secondo i principi della morale cristiana, molti altri, invece, si comportano diversamente. Non concepiscono più il peccato in quanto peccato, ossia nel senso di una colpa volontaria che conduce alla dannazione piuttosto che al paradiso o alla vita eterna, e preferiscono avere una vita tutt'altro che pura e casta. Ciò dipende non soltanto dalla crisi dei valori che secolarizza ogni fede, ma soprattutto dalla certezza della morte che può avvenire, come lo stesso Paolo dice a proposito della seconda venuta del Messia, “come un ladro nella notte”. Consapevole dell'imprevedibilità della morte (e i mass-media operano senza sosta affinché ognuno maturi/ricordi tale consapevolezza), l'essere umano contemporaneo tende a vivere attraversando tutti e 7 i peccati capitali cristiani. Vi sono stati dei momenti storici in cui questa tipologia di vita che transita per tutti e 7 i peccati capitali ha avuto il senso di una trasgressione alla morale cristiana. Ma attualmente non è più così. Chi oggigiorno vive passando per tutti e 7 i peccati capitali non è un trasgressore ma è il perfetto rappresentante di un nuovo tipo umano: l'homo economicus.
L'homo economicus è quel tipo umano che, consapevolmente oppure no, considera i 7 peccati capitali cristiani come dei valori sulla base dei quali costruire il proprio destino. Egli è:
  • superbo, in quanto considera se stesso il centro, l'essenza, l'alfa e l'omega dell'universo; è chi brama sempre più potere, successo, gloria, ricchezza, chi usa tutte le proprie forze coscienti e tutte le risorse della vita per questi scopi;
  • avaro, cioè tiene tutto per sé, passa una vita intera a capitalizzare merci, persone, oggetti, emozioni, sensazioni nulla escluso; ma è anche chi si mostra apparentemente e temporaneamente generoso per sfamare successivamente la propria avidità insaziabile;
  • invidioso, vale a dire disprezza gli altri perché li considera dei concorrenti. Per questo motivo, opera continuamente alla loro distruzione, impiegando tutti i mezzi reperibili, leciti e illeciti. In questo senso, si mostra apparentemente compiacente per poi costruire la propria tela di ragno nella quale, a tempo debito, eliminare tutti i suoi avversari, uno per uno;
  • goloso, ossia non trova quiete in nessuna persona, evento, paesaggio, clima, cultura, merce od oggetto; è chi corre senza sosta allo scopo di appagare tutti i desideri che sorgono in quel momento passeggero o che ha rinviato precedentemente;
  • lussurioso, in quanto brama di soddisfare tutti i piaceri (sessuali, estetici, intellettuali, artistici, scientifici, tecnologici, lavorativi, sportivi, del gossip, insomma tutto quello che è ottenibile nella vita in e out door), l'uno dietro l'altro, di continuo; li rincorre nel corso della propria vita e vuole andare sempre oltre la barriera del piacere e del senso di appagamento già sperimentati (persino nel dolore);
  • nervoso, perché non si sente pago del potere, del successo, della gloria, della ricchezza conseguiti e ne desidera ancora di più; non è soddisfatto delle forze che ha dispiegato e delle risorse usate per ottenere quegli scopi; teme la perdita di ciò che è suo (beni, persone, servizi, caratteristiche fisiche e biologiche), per opera dei concorrenti; detesta il potere, il successo, la gloria, la ricchezza che gli altri riescono a raggiungere; teme di essere scoperto nei propri artifici contro gli altri; soffre la presenza d'altri, la monotonia, la fissa dimora, quel che già possiede; perché non può soddisfare tutti i piaceri che desidera in quel momento o che non ha ancora realizzato da tempo;
  • pigro, perché nel desiderare maggiore potere, successo, gloria, ricchezza, piaceri, capitali, beni e quant'altro, e nel mobilitare tutte le proprie forze e risorse, è, nel contempo e paradossalmente, svogliato, quasi infastidito dal doversi dare da fare; egli sogna di ottenere tutto quel che desidera senza muovere un dito, senza far nulla o semplicemente ordinandolo ad altri.
Vivendo sulla base di questi valori, che nell'era cristiana erano dei peccati capitali, l'homo economicus ha impedito alla casta sacerdotale cattolica di estendere il proprio dominio sull'intero pianeta per una sola ragione: perché è lui stesso che desidera tale potere globale. Questa ambizione si riflette in ogni livello della piramide global-economica, dal gradino più basso alla vetta. Ciò che differenzia l'uno dall'altro sui vari livelli di tale piramide sino alla vetta, è il grado di consapevolezza che gli antichi 7 peccati capitali cristiani sono ormai i 7 valori capitalistici. Quanto più si è consapevoli di ciò e li si incarna, tanto più si è in alto nella piramide e si domina coloro che stanno al di sotto. Viceversa, quanto più se ne è all'oscuro e non li si incarna, tanto più si è in basso nella piramide e si è dominati da chi sta al di sopra. Il grado di consapevolezza e di incarnazione dei 7 valori capitalistici stabilisce dunque il grado di dominio di cui si è partecipi in relazione alla collocazione che si occupa nella piramide global-economica. Ma il dominio, quando si parla di peccati e di valori, di male e di bene, si esprime appunto con la capacità di decidere che cosa è bene e che cosa è male, che cosa è un valore e che cosa è un peccato. Quanto più si è in alto, tanto più si è capaci di stabilire il bene e il male. Al contrario, quanto più si è in basso, tanto più si obbligati ad accettare le idee di bene e di male decisi da chi sta al di sopra.
Dal momento però che la posta in gioco nella piramide global-economica è il dominio dell'intero pianeta, la trasmissione del significato di ciò che è bene e di ciò che è male dai livelli superiori ai livelli inferiori della piramide non avviene in modo equo. Chi sta più in alto stabilisce il bene e il male per sé e trasmette al livello successivo un'interpretazione “alterata” del bene e del male, una versione cioè che non intacca il grado di dominio che possiede. Chi sta al di sotto del primo, fa lo stesso a sua volta e così via, finché non si giunge ai livelli più bassi della piramide, nei quali giunge un'interpretazione del bene e del male radicalmente opposta da quella che possiede chi sta sulla vetta. In questo senso, se chi sta all'apice della piramide considera i 7 peccati capitali come i 7 valori del capitalismo, chi invece sta al gradino più basso intende i 7 peccati capitali come i 7 peccati del capitalismo, mentre considera come valori il perfetto opposto dei primi, ossia: l'umiltà, la generosità, la compiacenza, il disinteresse, la castità, la pacatezza, la dedizione. Se questi sono gli estremi, è evidente che chi sta nei livelli centrali della piramide ha le idee parecchio confuse e ciò comporta una vita eternamente instabile, insicura, indecisa. Chi sta sulla vetta della piramide global-economica è il perfetto rappresentante dell'homo economicus, chi invece sta alla base della piramide è quel tipo umano che continua a ispirarsi alla morale cristiana, è l'homo christianus. Diversamente da questi, chi sta nei livelli centrali della piramide è un ibrido, per metà economicus e per metà christianus, un essere confuso, indefinito, in eterna lotta con se stesso. Chi domina la piramide global-economica non si preoccupa di chi sta alla base bensì di chi si trova sui livelli intermedi. Egli vuole che questi continui a vivere in modo precario, che continui a sentirsi contraddittorio, incerto, liquido, senza volto, nevrotico, perché in questo modo non costituisce una minaccia. Per questo motivo, chi domina la vetta della piramide opera in tutti i modi e con tutti i mezzi reperibili affinché gli ibridi continuino a essere ibridi, educando i nascituri a diventare ibridi, a pensare e a vivere come ibridi. Ciò che provoca stupore, è che la maggior parte di coloro che vivono nell'era economica sono proprio degli ibridi e nemmeno sanno di esserlo.
Oggigiorno, se chiedessimo a qualcuno – premesse le dovute eccezioni, naturalmente – di parlarci dei 7 peccati capitali, resteremmo allibiti. L'intervistato brancolerebbe nel buio, si metterebbe a ridere, comincerebbe a scherzarci su, ci direbbe che si tratta di una limited edition di famose marche di gelati, di gioielli o di altre merci, ci manderebbe a quel paese, ne ricorderebbe due o tre, saprebbe spiegarci il senso di una o due parole ma dimostrerebbe di non conoscere qual è il loro significato, pur dicendo, paradossalmente, di reputarsi un cristiano – a meno che non si riconosca in altre religioni. Che accadrebbe se domandassimo invece quali sono i 7 valori e i 7 peccati del capitalismo? Se, cari lettori, sarete presi per pazzi, con l'accusa di mischiare il sacro con il profano, non preoccupatevi. Proprio coloro che intervistate sono infatti un mix di sacro e profano, di bene e male cristiani e di bene e male economici a un tempo. Gli intervistati non sanno di essere tali ibridi, proprio come i pazzi che non sanno nemmeno di esser tali. La questione, cari lettori, è capire se lo siete anche voi. E qui comincia un altro viaggio, al di là del bene e del male, al di là dei valori e dei peccati...

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