IN QUESTO BLOG NON SI PUBBLICANO COMMENTI ANONIMI.

martedì 4 gennaio 2011

L'ARTE PERIFERICA: intervista a Benedetto Demaio

- di Saso Bellantone
Benedetto Demaio nasce a Bagnara Calabra il 20 giugno 1978. Nel luglio del 2001 consegue il diploma in pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria. Da quel momento inizia la sua carriera artistica come pittore, grafico e scenografo che lo vedrà partecipare a svariati concorsi e mostre di pittura, realizzando inoltre numerosi dipinti e affreschi su commissione privata e pubblica. Dal 2001 al 2004 prende parte al progetto “Centro Polivalente” di Bagnara Calabra insegnando pittura, scenografia e decorazione e promuovendo numerose iniziative artistiche in ambito comunale e provinciale. Nel 2004 realizza il logo e la campagna pubblicitaria del “Gourmet del Mare” progetto varato dall'Associazione Nazionale Città del Pesce di Mare e svoltosi a Bagnara Calabra. Nell’estate del 2004 cura la regia, i testi e la produzione dei video e della grafica del musical “Themes: Il cinema ad occhi chiusi” interpretato dalla cantante Viviana Ullo, in un tour che tocca diversi comuni calabresi. Nel 2005 progetta la scenografia per lo spettacolo teatrale “Il cuore a Sud”, scritto e diretto da Lello Naso, con la partecipazione di Sergio Cammariere ed altri artisti di origine calabrese. Nel 2007 realizza la copertina del disco “Cipuda e Pani” del cantautore Nino Forestieri, curando anche la scenografia del tour e la grafica promozionale. Nel 2009 realizza insieme alla scrittrice Simona Barè Neighbors il libro di fiabe “Le Fatine Dispetose”, edito da Edigiò nel 2010, illustrando le storie e la copertina. Attualmente vive a Milano.

Come ti sei avvicinato alla pittura?
Quando da bambino mi chiedevano: “Cosa vuoi fare da grande?”, io rispondevo senza neanche pensarci troppo: ”Da grande voglio fare il pittore”. Non so di preciso se è una passione innata, ma so che la pittura nella mia vita esiste già dai primi ricordi che conserva la mia memoria. Ho sempre disegnato, anno dopo anno, dall’infanzia fino ad oggi, scuola dopo scuola; le miei mani sono sempre sporche di colore. A tre anni i miei genitori mi sorpresero in piazza mentre “mangiavo” della vernice direttamente da un barattolo! Che sia nato tutto in quel momento?

Che cos’è la pittura?
Per me è istinto. Dipingere è un gesto che non riesco a frenare, è un pensiero inconscio e continuo. La pittura è il mio modo di vedere il mondo, di viverlo ed esprimerlo. La mia quotidianità è un foglio bianco dove scorrono immagini vive e reali che io seguo nella mente. Solo pochi fotogrammi si fissano tra tela e vernice, il mio stato d’animo sceglie quali.

Qual è l’essenza della pittura?
Incantare un pensiero, un’idea, un sogno. La pittura è una tappa intermedia del viaggio che compiono i miei pensieri prima di arrivare alla libertà. Dipingo per fissare un’emozione e riviverla scoprendola nuova, diversa da quando è nata, come se la stessi provando nel momento in cui la rileggo vestita di colori. La pittura è colore. Non c’è pittura senza colori. Che siano accesi, tenui, sporchi o puri, i colori scandiscono il ritmo dei dipinti, creano l’armonia e le dissonanze, fanno vibrare le immagini e ne definiscono il tono e l’intensità. Il dialogo tra me e i colori è pittura.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi della pittura, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
Nel corso dei secoli la pittura ha assunto accezioni differenti e spesso opposte. Alcuni pittori creavano dipinti come istantanee di usi e costumi della società dei loro tempi, altri invece esprimevano la propria religione in dipinti pregni di devozione e fede, altri ancora addirittura ne facevano manifesto programmatico di movimenti politici. L’invenzione della fotografia ha segnato una svolta sostanziale per l’arte figurativa. Dopo l’avvento della macchina fotografica la figura del pittore ha perso l’abitudine di interpretare la realtà per concentrarsi sull’analisi e la rappresentazione del proprio mondo interiore; non dipingeva quasi più ciò che provava guardando fuori dalla finestra ma ciò che sentiva leggendo le proprie emozioni. Così si sono alternati generi, stili e tecniche, e sperimentazione dopo sperimentazione la pittura è arrivata ai giorni nostri come un mezzo di comunicazione personale, un linguaggio artistico che spazia dalla mera rappresentazione decorativa di segni e motivi alla più profonda figurazione del proprio io, passando per la provocazione palese o sottesa fino ad arrivare alla sterile commercializzazione. Oggi la pittura non ha uno scopo unico né una tendenza o uno stile, si muove liberamente come uno strumento per parlare a se stessi e agli altri, vive come espressione dell’anima e dei sentimenti quanto come manifestazione grafica di una società che si muove tra evoluzioni tecnologiche e involuzioni sociali.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo si è trasformata di linguaggio in linguaggio fino a diventare, in italiano per esempio, la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire i tuoi dipinti “poesie”, opere d’arte, creazioni nel senso pieno del termine?
Quando dipingo o disegno trasferisco su una superficie immacolata ciò che la mia mente e il mio cuore percepiscono di un evento, di una situazione, di un sogno, di una sensazione. Questo semplice passaggio è un piccolo viaggio durante il quale riscopro me stesso e mi racconto una storia che mi ricorda chi sono e cosa voglio. Dipingo e mi sento vivo, cresco, mi trasformo e mi emoziono. Non so se questa possa essere definita poesia ma non mi dispiacerebbe se attraverso gli occhi di chi osserva i miei dipinti, i miei schizzi e i miei disegni, passassero tutte quelle minuscole emozioni che mi fanno vibrare l’anima; sarebbe proprio bello se ognuno riuscisse a intraprendere quello stesso piccolo viaggio raccontandosi una storia, sempre diversa per indole e umore, ma comunque emozionante.

Perché dipingi? Perché senti l’esigenza di comunicare mediante l’arte della pittura?
Non posso e non riesco a fare a meno di dipingere. È un gesto naturale che spesso neanche controllo. Chiedermi perché lo faccio è come chiedermi perché cammino! È un’azione totalmente spontanea, non è un’esigenza ma un’espressione innata. È come lasciare un’impronta: se ho davanti uno spazio bianco il mio istinto mi spinge a riempirlo di colori e segni. Mi muovo guidato dal mio stato d’animo, l’umore incide e trasforma il mio gesto pittorico a volte in momento ludico, altre in puro sfogo, altre ancora in conversazione intima e privata. Dipingo perché è la mia lingua madre, perché mi serve a crescere ed evolvere e mi fa stare bene.

Che cosa racconti nei tuoi dipinti?
Incastrato tra le linee e i colori dei miei dipinti c’è sempre un pensiero solo mio, personale e tanto intimo da essere volutamente celato con cura. Mi piace l’idea di racchiudere un segreto o semplicemente una parte di me dentro i miei disegni. Mi piace rileggermi nelle mie illustrazioni e riscoprire chi ero. E mi piace pensare che chi osserva le mie tavole trovi qualcosa di mio e lo interpreti facendolo proprio. Forse è un modo un po’ contorto per farsi conoscere nel profondo o forse al contrario è la scelta per rimanere sempre un misterioso sconosciuto… in ogni modo rimane comunque una storia tutta da scoprire.

Un artista può sentirsi tale senza i pubblici
Il confronto e la condivisione sono indispensabili nell’arte. Dipingere per me è felicità e la felicità è reale solo se è condivisa. Io comincio a raccontare le mie emozioni, le mie storie e i miei segreti appena traccio il primo segno sul foglio e la storia continua tratto dopo tratto, pennellata su pennellata, percorrendo tutta la strada della mia creatività e concludendo fin dove arriva la fantasia di chi osserva il dipinto. Se non si posassero altri occhi su ciò che ho creato sarebbe un racconto solo mio, una storia muta, un viaggio solitario: non avrei la possibilità di condividere le sensazioni che provo e confrontarmi con gli altri. L’arte è creare e ogni cosa creata cresce, si evolve, si trasforma, vive se diventa pensiero o ricordo comune.

Che cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
Fare arte è una missione bellissima e difficile. Se da un lato ti appaga con il suo carico di emozioni, dall’altro troppo spesso non paga le spese materiali di tutti i giorni. Vivere d’arte, oggi, è un’utopia, una bella utopia, forse è meglio dire un sogno, per me che sono un inguaribile ottimista. L’arte non ti paga l’affitto e neanche tutto il resto, a meno che non si riesca ad arrivare in cima a quell’olimpo di privilegiati che possono permettersi il lusso di vivere esclusivamente delle proprie opere, senza scendere a compromessi né cedendo ai condizionamenti del mercato pagante. È raro, ma non impossibile, un sogno appunto. Ma come diceva Walt Disney: “Se puoi sognarlo puoi farlo”, allora perché non provarci?

Che cosa ti spinge ogni anno a tornare alla tua terra natia?
Il senso di appartenenza. La mia famiglia mi appartiene e io appartengo a loro qualunque sia il luogo che mi ospita. Vivo lontano dal paese che m’ha visto nascere e crescere ma soprattutto lontano dai miei genitori e i miei fratelli; sento il bisogno, l’esigenza, la necessità di ritrovarli e abbracciarli oltre quel ponte di comunicazioni telefoniche che ci tengono uniti a distanza per troppo tempo durante l’anno. Ritrovare la mia casa e le mie abitudini familiari è sempre come rinascere.

Puoi definirti un sognatore? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Mi nutro di sogni e i sogni mi nutrono. Vivo la mia vita sempre sospeso tra quello che faccio e quello che sogno di fare. Il legame tra realtà e onirico è spesso così sottile da farmi perdere la percezione effettiva delle cose e degli eventi. Nonostante questo tengo i piedi ben saldati a terra e riesco a vivere tutto con praticità e concretezza. In questo sono contraddittorio: sogno per esorcizzare le difficoltà della vita e supero gli imprevisti per non smettere di sognare. Forse il mio sogno più grande è proprio quello di continuare a sognare sempre.

Qual è l’ultimo lavoro di cui ti stai occupando?
Nell’attesa che vengano pubblicati gli altri due volumi del progetto “Le Fatine Dispettose” (Edigiò), sto illustrando altri brevi racconti scritti dalla scrittrice Simona Barè Neighbors, che saranno raccolti in un unico volume cha ha come filo conduttore l’amicizia. Inoltre sto realizzando un calendario illustrato che racconta una piccola favola sul passaggio delle stagioni mese dopo mese. E per non smettere di sognare sto preparando le illustrazioni per due importanti concorsi di illustrazione internazionale. Incrociamo le dita…

Alcune parole per i giovani.
La stranezza della società odierna impone troppo spesso modelli negativi che vincono e trascinano folle nonostante siano palesemente sbagliati e portino a cattive conseguenze. Portare avanti onesti propositi, valori semplici e genuini, idee buone e lavorare con impegno, fatica e devozione, sembra ormai una marcia controcorrente quando dovrebbe essere la normalità. C’è tanto di bello in ognuno di noi che potrebbe venir fuori se si smettesse di inseguire povere mete e facili successi. Il potere dei sogni dovrebbe spingerci a realizzarli con calma e tenacia e non con fretta e pressappochismo. Bisognerebbe cominciare a guardare e a portare avanti il lato buono e positivo delle cose e smettere di vedere solo quello che non funziona perdendosi in sterili lamentele. Studiate, sognate, create e siate semplicemente positivi.

Nessun commento:

Posta un commento