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mercoledì 15 settembre 2010

LA MALATTIA DELLA SAPIENZA VOL.2 - IL DOMINIO NEL GENESI BIBLICO

- di Saso Bellantone


…Continua dal volume 1.
Non è semplice auto-diagnosticarsi la malattia della sapienza né interpretare quest’ultima come una forma oscura della malattia del dominio. Per farlo, non basta conoscere, anche in linee generali, la storia dei concetti di malattia, di sapienza, di dominio. Bisogna avere una disposizione razionale ed emotiva indirizzata a una valutazione critica e imparziale – prima che esteriore, introspettiva – che consente da un lato, di scavalcare gli orizzonti e i limiti rassicuranti e dogmatici nei quali si vive (raggiungimento di un punto zero); dall’altro, di forgiare, perfezionare e verificare un metodo d’indagine capace di dare, se non delle risposte definitive e indubitabili, almeno delle prospettive capaci di evidenziare i sintomi (se non le cause) della malattia del dominio che si dà nella forma della malattia della sapienza. Se si prescinde da tale disposizione, non c’è possibilità di auto-diagnosticarsi la malattia, né di auto-prescriversi un rimedio.
Premesso questo, bisogna cominciare a chiedersi “perché la malattia della sapienza, nel suo volto oscuro, è una malattia del dominio?”. Si è anticipatamente risposto, dicendo che si tratta di una trasformazione delle antiche contese basate sulla forza fisica, in controversie basate su opinioni, idee e convincimenti, allo scopo del dominio del branco. Con quest’affermazione si asserisce che si è passati da una tipologia di forza, quella fisica, a un’altra: la forza logica (o razionale). Dunque, tutte le contese che avvengono nella dimensione della razionalità mirano al dominio del branco (umano). Quest’ultimo può significare sia un gruppo di individui (due o più), sia una comunità (un’associazione, un’azienda, uno Stato e via dicendo), sia l’insieme totale dei terrestri. Per capire in quale senso la malattia della sapienza è una forma della malattia del dominio è necessario capire che cosa s’intende con i termini malattia, sapienza, dominio. Cominciamo con il termine dominio. Per definire che cos’è il dominio, occorre muoversi su due livelli: uno religioso, uno scientifico.
Per precisare che cos’è il dominio sul livello religioso, è possibile richiamarsi al Genesi biblico, dove tale parola si ripete continuamente. Oltre che per introdurre l’argomento in questione (il dominio), la lettura delle prime pagine del Genesi può servire per evidenziare delle curiosità che di solito passano inosservate. Per esempio vi si legge: «“Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”» (Gen 1, 26-28). Ci si trova nel momento della creazione. Con la propria parola, Dio crea, cioè dispone del mondo e impone ad esso la propria volontà. La volontà divina, che si concretizza per mezzo della parola, stabilisce che il mondo abbia una configurazione e un ordine precisi e che i primi esseri umani, Adamo ed Eva, abbiano una posizione singolare rispetto agli altri esseri viventi, la quale è indicata da una qualità che gli altri esseri viventi non hanno. In altri termini, la vita umana è contrassegnata da una caratteristica che a un tempo la distingue dagli altri esseri viventi e la costituisce in quanto tale: il dominio. Dal momento che l’essere umano è una creatura “divina”, creata cioè “a immagine e somiglianza di Dio”, ci si chiede: la qualità che contraddistingue l’essere umano, il dominio, è una copia di quella di Dio? Se anche Dio possiede il dominio, l’essere umano lo possiede in modo uguale, maggiore o minore di Dio? Per il momento non interessa rispondere a tale quesito: d’altro canto, la risoluzione di questo interrogativo rinvia a una infinita voragine delle interpretazioni.
Proseguendo con la lettura, si assiste alla vicenda del cosiddetto “peccato originale”, vale a dire gli umani (Adamo ed Eva) trasgrediscono al divieto divino di mangiare i frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. Per questo motivo, Dio pronuncia parole d’ira nei confronti dei trasgressori, maledice la terra e ad Eva dice: «Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà» (Gen 3, 16). Con questo passo, si comprende qualcos’altro del dominio, riguardante la distinzione tra l’uomo e la donna. Non si capisce che cosa s’intende con la parola “istinto”. Dal momento che la tipicità della vita umana (che la differenzia dalla vita degli altri esseri) è il dominio, si suppone che con il termine “istinto” si intenda proprio il dominio. In questa prospettiva, il brano significherebbe che la donna tende a dominare l’uomo (il proprio compagno) ma, alla fine, è dominata da lui. L’uomo e la donna, dunque, dominano tutti gli esseri viventi ma l’uomo domina anche la donna nel rapporto di coppia. Al di là della ridicola visione maschilistica che ne scaturisce e che va bocciata, il racconto prosegue con la preoccupazione di Dio riguardo alle conseguenze che potrebbero sorgere se gli umani dovessero cibarsi, dopo quello della conoscenza del bene e del male, anche dell’albero della vita: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!» (Gen 3, 22-23). Avendo mangiato dell’albero della conoscenza del bene e del male, Adamo ed Eva sono diventati come Dio: se prima erano “immagini somiglianti a Dio”, adesso sono diventati “come Dio”, perché conoscono il bene e il male. Dunque, ragionando all’inverso, Dio e gli umani si somigliano (immagine) ma gli umani diventano come Dio (sostanzialmente) quando conoscono il bene e il male (sapere). Intimorito dalla possibilità che Adamo ed Eva vivano in eterno, mangiando i frutti dell’albero della vita, Dio decide di scacciarli dall’Eden e li mette a lavoro là da dove sono stati creati: la terra (che Dio maledice).
A questo punto si assiste al primo omicidio della storia del genere umano (Caino e Abele, figli di Adamo ed Eva). Caino è un agricoltore e Abele un pastore. Entrambi offrono a Dio i frutti del rispettivo lavoro ma Dio preferisce l’offerta di Abele, perché la terra da cui Caino trae i propri prodotti è stata da Lui precedentemente maledetta. A causa della preferenza dei prodotti del fratello, Caino è indignato e dispiaciuto ma Dio gli parla per confortarlo (quasi ironicamente): «Perché sei irritato e perché è dispiaciuto il tuo volto? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo» (Gen 4, 6-7). In questo brano appare il peccato ma non si sa se è da intendere nel senso di “colpa, delitto, male, trasgressione o entità astratta (o fisica)”. Similmente a quanto si afferma sopra, a proposito di Eva, si dice che il peccato tende a dominare l’essere umano ma questi deve dominarlo (nel brano si usa l’imperativo). Il brano, quindi, chiarisce un altro aspetto: gli umani non solo possiedono il dominio sugli altri esseri viventi; l’uomo non solo domina la donna, nel rapporto di coppia; esiste anche “qualcosa” (il peccato) nei confronti della quale l’essere umano non esercita il dominio con facilità ma deve sforzarsi a esercitarlo per non subirlo. L’uomo contrasta questo “qualcosa” che tende a dominarlo per non esserne dominato bensì per dominarlo. Se però l’essere umano è arrabbiato o amareggiato, questo “qualcosa” ha la meglio, cioè domina l’essere umano. Infatti, Caino conduce Abele in campagna e lo uccide. Dio allora maledice Caino, lo scaccia dalla terra che ha coltivato sino a quel momento e qui comincia l’assurdo vero e proprio.
Nel Genesi infatti si narra della creazione dei primi esseri umani, Adamo ed Eva. Quando Dio li scaccia dall’Eden, Adamo ed Eva sono soli sulla terra e non si fa menzione alcuna di altri abitanti della terra. Quando Caino uccide Abele (gli unici due figli di Adamo ed Eva) e se ne va dal suolo che ha coltivato, sulla terra dovrebbero restare Adamo, Eva e Caino. Se è così, allora come fa Caino a prendere moglie? Il racconto infatti prosegue sostenendo: «Ora Caino si unì alla moglie che concepì e partorì Enoch; poi divenne costruttore di una città, che chiamò Enoch, dal nome del figlio» (Gen 4, 17). È vero che, alla cacciata di Caino, Adamo ed Eva generano Set e dopo Set, per ottocento anni, generano numerosi figli e figlie. Ma se Caino prende in moglie una figlia dei propri genitori (o una figlia di Set), dunque una sorella, non sarebbe un incesto? Insomma, lasciando stare questi interrogativi, il racconto va avanti elencando le discendenze di Caino e di Set (i nomi dei rispettivi discendenti, paradossalmente, si somigliano pur non trovandosi nella stessa successione temporale) e sottolineando che, moltiplicatisi gli uomini sulla terra, i “figli di Dio” (chi? Angeli? O i figli di Set) prendono in moglie le “figlie della terra” (chi? Le figlie di Caino? O le stesse figlie di Set?), dalla cui unione derivano gli eroi dell’antichità. Possibile che ci si è dimenticati di scrivere che sulla terra abitavano già altri esseri umani, prima che Dio creasse Adamo ed Eva? Dunque, alcuni umani sono stati creati da Dio mentre altri no? Oppure si è svolta più di una creazione, nello stesso tempo? Se così fosse, ha operato Dio tutte queste creazioni oppure sono opera di divinità diverse, addirittura di altre religioni? Sospendendo anche questi interrogativi, anche con Set ci si imbatte negli stessi dilemmi relativi a Caino. Il racconto biblico non dice che Set prende in moglie qualcuno bensì «Set aveva centocinque anni quando generò Enos» (Gen 5, 6). Insomma, Set è un uomo o una donna? Quando genera Enos, lo partorisce da solo (o meglio da sola)? Si sposa? E con chi, visto che ad abitare la terra sono lui, Adamo, Eva e il fratello Caino? Come già detto, si ripresenta il problema se la terra fosse già abitata oppure no da altri esseri umani, quando vengono creati Adamo ed Eva e nascono Caino e Set. In ogni caso, dalla discendenza di Set si giunge, dopo centinaia e migliaia di anni, a Noé, al diluvio e all’alleanza.
Dopo il diluvio, Dio cancella la propria maledizione scagliata contro la terra, promette di non maledirla più «perché l’istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza» (Gen 8, 21), di non punire più alcun essere vivente come ha fatto (il diluvio) e di non intervenire più, dunque, sull’ordine terrestre (sulla base di che cosa Dio sentenzia che il cuore umano è incline al male?); benedice Noé e i suoi figli e prima di stringere compiutamente l’alleanza, dice: «Chi sparge il sangue dell’uomo dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l’uomo. E voi, siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela» (Gen 9, 6-7). Dunque, in occasione dell’alleanza, il tratto tipico che caratterizza la vita umana e la distingue da quella degli altri esseri viventi (il dominio) è esteso da Dio anche alla terra, a tutto quello cioè che la costituisce. Da Noé si giunge ad Abramo (e qui comincia un’altra storia che sarà affrontata in altra sede).
In seguito a questo lungo excursus, utile per porsi altri interrogativi, si può riassumere che, secondo la tradizione biblica, il dominio è la caratteristica basilare della vita umana, la principale tipologia di rapporto che l’essere umano instaura con gli altri esseri viventi (non umani) e il mondo. Questa modalità umana di relazione avviene anche tra l’uomo e la donna ma il rapporto è sempre unidirezionale: l’uomo domina la donna. Naturalmente, bisogna tener presente che il Genesi è stato scritto migliaia di anni fa e l’artefice (se non è Dio stesso) non poteva rendersi conto che non è sempre così e, quindi, non si può generalizzare. Molti sono i casi nei quali la donna domina l’uomo, ma non è il rapporto uomo/donna – donna/uomo il problema in tal sede considerato bensì la concezione del dominio nel Genesi biblico.
L’unico ostacolo del dominio, stando al racconto biblico appena esaminato, è costituito dalla sfera delle emozioni e degli istinti personali. Questi sentimenti, secondo il Genesi, non sorgono nella solitudine ma quando un essere umano entra in contatto con altri esseri umani e accade qualcosa. Nel racconto biblico, Caino si arrabbia e si amareggia perché Dio preferisce il dono di Abele al suo. Se tale preferenza non fosse avvenuta, Caino non avrebbe mai ucciso Abele. Dunque, i sentimenti suscitati da certi avvenimenti verificatisi in presenza d’altri o in competizione con altri (perché una sorta di gara di doni è quella che avviene tra Caino e Abele), impediscono all’essere umano di sviluppare pienamente ciò che più lo caratterizza: il dominio. Questo non influisce nel rapporto che s’instaura con il mondo o con le altre specie viventi, ma nel rapporto che si ha con se stessi, il quale può generare l’uso della violenza, della forza fisica contro altri. In questa prospettiva, si capisce come il dominio non è qualcosa che si esercita soltanto all’esterno ma anche verso l’interno. Il problema è che mentre il mondo e gli altri essere viventi sono facilmente dominabili – questo si evince dal racconto biblico (ma si potrebbe sottolineare che non è sempre così, si pensi per esempio ai terremoti e agli uragani) – la sfera delle emozioni e degli istinti non è dominabile affatto.
Che cos’è, dunque, il dominio, secondo il Genesi biblico? Il governo, il comando. È avere l’autorità, la forza, la facoltà di esercitare la propria volontà su se stessi, sul mondo, sulle altre specie. È la capacità di stabilire una legge, una regola (o più) in base alla quale devono avvenire una serie di condotte e di avvenimenti. Ma questa capacità, secondo il Genesi, proviene da Dio, il quale può disporre in modo illimitato del mondo, degli esseri viventi ma anche dell’essere umano perché, essendo il creatore di tutto, stabilisce delle leggi universali e al di sopra della volontà umana, per mezzo della parola con la quale concretizza la propria volontà. Nel Genesi, è Dio il possessore del dominio in modo completo. Il dominio di sé e del mondo si manifesta in Dio con l’azione creativa/distruttiva (ex nihilo) che si genera dalla potenza della sua stessa parola. L’essere umano, pur somigliando apparentemente e sostanzialmente a Dio, possiede il dominio in modo incompleto perché non è capace di usarlo allo stesso modo di Dio (creare/distruggere mondi dal nulla), né di esercitarlo sulle proprie emozioni e sui propri istinti, suscitati dagli avvenimenti in presenza d’altri, a causa dei quali usa violenza sugli altri (rimorso, vendetta). Per questo motivo, prima dell’alleanza, Dio dice «chi sparge il sangue dell’uomo dall’uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l’uomo» (Gen 9, 6). Lo scopo di ogni essere umano è di riuscire a manifestare in pieno la condizione divina che ha ottenuto mangiando dell’albero della conoscenza del bene e del male: il dominio completo. La manifestazione di questa condizione corrisponde al dominio di sé, oltre che del mondo e degli altri esseri viventi non umani (e chi lo sa, portando questo ragionamento alle estreme conseguenze, forse l’essere umano riuscirà anche a creare/distruggere dal nulla, in breve a fare miracoli). Se l’essere umano non riesce a manifestare la condizione divina ottenuta all’epoca della cacciata dall’Eden, dunque non si dimostra capace di dominare se stesso (le proprie emozioni e i propri istinti causati dagli avvenimenti in presenza d’altri) e usa violenza su altri, allora pagherà il sangue d’altri con il proprio sangue, perché versare il sangue d’altri è versare il sangue di Dio, che ha fatto ogni essere umano a propria immagine e somiglianza.
Nella prospettiva biblica, il dominio è una caratteristica “divina”, una qualità che Dio ha esteso all’uomo per esercitarla sugli altri esseri non umani e che l’uomo ha assunto su di sé in modo completo quando ha mangiato il frutto dell’albero proibito, “divenendo come Dio”. La violenza su altri, lo spargimento del sangue di altri è una prassi generata dal mancato dominio di sé (e mancante) che allontana dalla propria condizione divina e trasforma l’essere umano in altro da sé e dalla propria somiglianza apparente e sostanziale con Dio. Vittima delle proprie emozioni e dei propri istinti, incapace di dominarli, dunque di controllare se stesso, l’essere umano si è moltiplicato sulla terra allontanandosi dalla propria condizione divina, usando violenza su gli altri esseri umani (sugli altri esseri non umani e sul mondo), versando il sangue d’altri. In questo modo, ha equivocato il dono divino del dominio con una prassi totalmente inversa ad esso: la violenza, da cui proviene l’idea del potere in senso politico. Ma questo rinvia al livello scientifico.

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