IN QUESTO BLOG NON SI PUBBLICANO COMMENTI ANONIMI.

mercoledì 28 ottobre 2009

SHOAH: IL RIDICOLO NEGAZIONISMO


- di Saso Bellantone
Il 22 ottobre 2009, il sindaco Gianni Alemanno sollecita Luigi Frati, rettore dell’Università la Sapienza di Roma, per sospendere il professor Antonio Caracciolo, il quale dichiara che la Shoah è una leggenda. Il professor Caracciolo, ricercatore di Filosofia del diritto della Facoltà di Scienze Politiche, si difende invocando il diritto alla ricerca e scambiando quest’ultimo con il potere di parlare per opera dello Spirito Santo. Quando scoppia il putiferio, il professor Caracciolo, come si dice in questi casi “con la coda di paglia”, continua a difendersi affermando che nel programma previsto per l’A.A. 2009/2010 è previsto lo studio della storia a cavallo delle due guerre, mediante l’analisi di un testo di Carl Schmitt, sostenitore del regime nazista, da lui tradotto. Leggendo quello che gli conviene, il professor Caracciolo non si è mai accorto che il filosofo-politico in questione, Carl Schmitt, non era un sostenitore del regime nazista ma uno dei più spietati critici, da un punto di vista giudirico, del cosiddetto “stato d’eccezione” che negli anni del regime nazista si era realizzato. Basti leggere alcune pagine del celebre “Il nomos della terra” – che Cacciari ha definito “uno dei 3 libri che meritano di essere traghettati nel terzo millennio”, assieme a La stella delle redenzione di Rosenzweig e al Nietzsche di Heidegger – per rendersi conto della dura polemica ad opera di Schmitt nei confronti del regime nazista. Al di là della cattiva preparazione del professor Caracciolo riguardo a Carl Schmitt – giurista chiamato alla creazione della Costituzione dello Stato d’Israele (pensate voi quant’era nazista) – la sua negazione dell’olocausto, avvenuto negli anni della Seconda Guerra Mondiale, dimostra che: o il professore in esame è in malafede per questioni di natura politica; o che non è capace di vedere al di là del proprio naso, nemmeno quando si trova davanti ai documenti storici (Diario di Anne Frank, Se questo è un uomo di Primo Levi per dirne qualcuno) o ai sopravvissuti alla Shoah. Questa miopia o testardaggine del professore, naturalmente, è la stessa che caratterizza tutti coloro che ancora oggi hanno il coraggio di negare uno dei più spietati crimini contro il genere umano, la cosiddetta “Soluzione Finale”. Il rifiuto della Shoah ci mette di fronte al grave problema di cui spesso si discute nelle aule universitarie e nei convegni di studio: la tensione degli uomini a manipolare la storia dell’umanità per il potere. È il celebre problema della “Storia dei vincitori e storia dei vinti”, vale a dire del prospettivismo storico-etnologico, secondo il quale oggi molti studiosi e ricercatori svolgono una revisione della storia delle civiltà umane per meglio comprenderla nei suoi momenti salienti. Tuttavia, come accade per il professor Caracciolo, alterare la storia dell’umanità per mera brama di potere personale o per provocare sommovimenti politico-culturali, utili per affermare il potere di una corrente rispetto a un’altra, dimostra che tutti quanti perdiamo sempre più il buon senso e la nostra identità. La storia è quel terreno carico d’informazioni e d’esperienza al quale è possibile rivolgersi per evitare di compiere gli errori passati e per rendersi conto che ogni civiltà (presente e passata) fa parte di un comune destino. In questo senso, le più gravi sciagure compiute nel passato sono quei mattoni che servono per costruire solidamente il nostro domani. Cancellare o dimenticare questi disastri, come nel caso della Shoah, significa annientare a priori il futuro di un’unica comunità: ossia, dell’umanità. Per questa ragione, l’atteggiamento di chi ha la stessa posizione del professore Caracciolo, non può che essere che disapprovato.

Nessun commento:

Posta un commento