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sabato 15 febbraio 2014

L'ARTE PERIFERICA: intervista a Domenico Canale


Domenico Canale nasce a Reggio Calabria nel 1970. Inizia a studiare il violino classico nel 1980 per poi dedicarsi allo studio dell'amonica blues, strumento che ormai predilige. Nel suo modo di suonare si può riscontrare un'attenzione particolare la blues feeling, senza però rinunciare alle contaminazioni rock, funky e jazz, vera linfa vitale delle 12 battute. Durante I primi anni della sua carriera ha avuto modo di conoscere e di suonare con diversi musicisti di fama internazionale come Andy J. Forest, Freddy & The Screamers, David James, Sam Lay (uno dei grandi batteristi di Muddy Waters e di Paul Butterfield) e con gli italiani Gigi Cifarelli, Vince Vallicelli, Angelo Morabito, Pippo Guarnera, Blue Staff, Dino Triassi (amico e collega armonicista palermitano) e la partenopea Hell's Cobra Blue Band. Nel 2003 partecipa alla registrazione del secondo lavoro discografico del bluesman Angelo Morabito Shadows of Blues. Si è esibito in diverse rassegne e festival, tra le quali Vicenza Blues 2002, Barocco Blues Revue 2003, Peloro Blues Festival 2003, Etna Blues Festival 2007 e 2009 (dove con la sua band Bad Chili ha aperto rispettivamente agli artisti Joe Bonamassa e Ana Popovich), Crossroad Blues Festival 2010. Ha dato vita nel corso degli anni a diverse formazioni musicali per poi concentrarsi su quelle più impregnate dell'ormai famigerato “Effetto Chili”: Bad Chili – Blues, Rock e un pizzico di Funky - Classica formazione rock blues (voce, armonica, chitarra, basso e batteria) la cui grinta e il feeling restano impressi indelebilmente nella memoria di chi ascolta; Light Chili – Electro Acoustic Power Duo – padre e figlio, armonica, dobro, valigia di cartone, washboard e tanta passione per l'avventura, un duo da locali con il quale hanno partecipato al Ferrara Busker Festival 2010 e 2011, Capo D'Orlando Blues Festival 2010 e al Nasker Festival di Naso 2012. Sempre in quest'ultimo anno partecipa alla registrazione del singolo dei FilmNoir Voglio a
mmazzare un impiegato, dal quale viene poi tratto un video. Nel 2013 partecipa in qualità di ospite alla registrazione del disco Twin Rivers del chitarrista e cantante siciliano Marco Corrao, con il quale ha recentemente formato un duo impegnato a portare in giro per l'Italia la propria personalissima visione musicale.


Come ti sei avvicinato alla musica?
Come spesso accade, in maniera casuale: da bambino vidi un film in televisione su Niccolò Paganini, restai tremendamente affascinato dalla figura di un uomo che, nonostante fosse riuscito a raggiungere notorietà e successo, continuava a considerare se stesso solo in relazione alla musica.
Iniziai allora lo studio del violino per capire cosa c’era di così speciale in questo modo di vivere, di usare le note al posto delle parole per comunicare le emozioni in maniera fluida e senza filtri.
L’avventura della musica classica continuò per alcuni anni fino alla scoperta di un linguaggio e di uno strumento più immediati e più consoni al mio modo di ‘sentire’: il blues e l’armonica.

Che cos'è la musica?
Non credo esista una risposta univoca ed esauriente a questa domanda, e forse questa è la cosa più affascinante della musica: ognuno ha la sua risposta.
Per quanto mi riguarda è semplicemente una componente essenziale della vita, una necessità, un bisogno che va alimentato ed assecondato.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi della musica, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
La musica, più di altre forme d’arte, ha il dono di educare alla bellezza.
Sono sempre stato dell’idea che molti dei problemi presenti nella nostra società non esisterebbero se si educassero i piccoli abitanti del pianeta allo studio ed alla pratica della musica.
Equilibrio, armonia, senso del tempo, coesistenza di più voci (argomenti) nello stesso discorso, rispetto dell’altro, ascolto, importanza del silenzio.
Questi sono solo alcuni dei valori che la musica trasferisce in chi la pratica e la studia. E lo fa con estrema naturalezza.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano per esempio , la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire i tuoi brani “poesie”, opere d'arte, creazioni nel senso pieno del termine?
I brani che suono in pubblico sono spesso “poesie maledette”, ma non sono miei.
Basta ascoltare Mr. Son House in “Death Letter” per capire quanto una canzone possa riuscire ad essere profonda, evocativa, triste e sarcastica al tempo stesso.
Da quando ho iniziato a conoscere e vivere il blues raramente ho sentito l’esigenza di scrivere canzoni. Affascinato dalle parole di improbabili antieroi, ragazzi e uomini di 60-80 anni fa, ho deciso di reinterpretare i loro brani mettendo in pratica spesso un’operazione di ri-scrittura musicale. E anche questo è “creazione”, secondo me.

Perché suoni? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante la musica?
Suonare è una necessità. Lo è per me, come lo è per tanti colleghi musicisti di mia conoscenza.
E’ una cosa che non ti aspetti, all’inizio suoni perché ti fa stare bene e per avere la possibilità di esprimerti in maniera diversa, poi passa il tempo e ti rendi conto che hai sempre più cose da dire, capisci che quello che prima era un gran bel divertimento adesso è un modo di essere, di sentire e di rapportarsi agli altri.
Soprattutto capisci che, grazie alla musica, riesci a trasmettere sensazioni intense e personali a persone che non hai mai visto in vita tua.

Che cosa raccontano i tuoi brani?
Le canzoni spesso non sono altro che storie, storie comuni che, grazie alla musica, assumono forma poetica.
Personalmente preferisco raccontare me stesso e il mio modo di vedere ciò che mi circonda.
Ammetto di riuscire a farlo con molta più facilità grazie all’armonica che non con le parole.

Un artista può sentirsi tale senza i pubblici?
Per come la vedo io non è possibile. Ho sempre considerato il pubblico come la componente più importante della band. Quando riesci a comunicare veramente si forma un legame tra te e chi ti ascolta che ti permette di esprimerti al meglio, contemporaneamente nasce un dialogo con il pubblico e, secondo le risposte che quest’ultimo fornisce, il concerto prende forma sempre in maniera diversa.

Che cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
Non è il mio caso, quando ero molto giovane mi ritrovai genitore di un bellissimo bambino, decisi allora di mettere in stand-by (che sofferenza) la mia vita musicale per trovare un lavoro… che non mi sarebbe piaciuto!
La pausa è durata poco, un anno o giù di lì, visto che avevo già realizzato di non poter esistere a prescindere dalla musica, e adesso mi ritrovo a suonare, lavorare, non dormire e soprattutto, ad avere un figlio (sì proprio quello, il frutto del peccato) che ha deciso da un paio di anni di vivere da solo e solo grazie alla musica.
I sacrifici ci sono, non sempre si ha la sicurezza “del pasto caldo” ed è difficile fare programmi a lunga scadenza. Ma, quando lo guardo, vedo una persona felice della propria vita… e che vuoi di più?

Cosa ti spinge a restare nel sud?
Mi piace questa terra, le sue contraddizioni, il suo sole.
Mi piace pensare che ci sono realtà musicali di tutto rispetto che non aspettano altro che essere ascoltate.
Mi piace sapere che il feeling con il quale qui si suonano certi generi non sia così facile da trovare in posti in cui è più facile farsi notare.
Mi piace pensare che, grazie all’arte e alla musica, si possa contribuire a dare una ragione in più per restare.

Puoi definirti un sognatore? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Siamo tutti sognatori, anche se non tutti riescono a prenderne atto.
Il sogno è il motore che ci spinge a fare cose folli e per questo bellissime!
Il mio sogno? Te ne dico uno dei tanti: organizzare nella mia città un festival internazionale di musica da strada che duri almeno un paio di settimane!
Ho partecipato ad alcuni di questi festival e l’atmosfera che si respira è meravigliosa, i cittadini sono meravigliosi. Mi piacerebbe importare nella mia città la gioia di vivere che ho sperimentato altrove.

Chi vuole saperne di più su di te e sulla tua musica, dove può rivolgersi?
Basta fare una ricerca su facebook, reverbnation e youtube per ascoltare e vedere all’opera i fortunati possessori del famigerato Chili Effect!
Le parole chiave sono: Bad Chili – Light Chili – Travelling Blues Duo


oppure può trovarmi su:
o scrivermi a:
domenico.canale@gmail.com

Alcune parole per i giovani.
Prendete uno strumento in mano, strimpellateci qualcosa, convincete altri amici a fare lo stesso.
I ricordi migliori che ho della mia giovinezza sono per la maggior parte legati alla musica.
Grazie alla musica ho conosciuto gente meravigliosa, ho vissuto esperienze al limite dell’incredibile, mi sono divertito in maniera diversa eppure più intensa, ho assaporato l’avventura del musicista di strada, ho visto luoghi che non avrei mai pensato di raggiungere… grazie alla musica ho vissuto in maniera diversa!
Qualunque cosa vogliate fare nella vita, la musica ne può fare parte e vi farà stare bene!



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