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sabato 18 agosto 2012

Ridere, ridere, ridere ancora...



- di Gianmarco Iaria
Alla voce "Sarcasmo", nel mio buon vecchio Zingarelli del 2000 risponde il significato di: "Ironia amara e pungente mossa da animosità verso qualcosa o da personale amarezza [...]". Per quanto mi riguarda, il Sarcasmo è un'arma di sopravvivenza; vedere la realtà, capirla, carpirne l'essenza deve portare direttamente ad esso. Tutte le situazioni, in ogni tempo ed in ogni luogo, che possono dirsi -umane, sono per definizione e per natura imperfette; è possibile dunque riscontrare in ogni cosa aspetti positivi e aspetti negativi (radice primaria, questa, del relativismo). L'imperfezione apre la via, a chiunque abbia mente sveglia ed aperta, a cogliere la pluralità di elementi e sfumature dell'esistenza terrena, materiale. Porta a vedere la proporzione fra bene e male, fra Yin e Yang, che compone l'esperienza umana ed i suoi frutti; la stessa percezione, che a noi pare completa, è anch'essa imperfetta e limitata perché soggettiva. Individuale. Quindi, soggetta a possibili integrazioni, correzioni, cancellature o aggiunte. L'istinto spesso coglie la reale essenza della materialità, ma la mente fatica di più a dare una forma e un nome alla molteplicità di oggetti percepiti; e fra questi, ve ne sono di positivi e negativi.
Tuttavia, se la tensione al miglioramento ed alla perfezione necessita una costante analisi della realtà ed annovera come caratteristica principale il riconoscimento della negatività, ridere, o meglio, sorridere in modo disincantato di fronte ad essa fa in modo di evitare la palude dell'immobilismo, l'oblio dell'incapacità di migliorarsi dovuta dalla stessa consapevolezza della negatività. Rendersi giullari, ridere di fronte alla mediocrità del male è il primo passo verso l'infinita lotta all'infinita imperfezione. Verso il riconoscimento di quanto sempre migliore ci sia.
Dopotutto, una risata ci seppellirà!

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