IN QUESTO BLOG NON SI PUBBLICANO COMMENTI ANONIMI.

mercoledì 8 giugno 2011

REFERENDUM 12-13 GIUGNO: Democrazia e destino

- di Saso Bellantone
Oggigiorno non manca occasione per lamentarsi, per le ragioni più disparate, di coloro che una volta giunti in Parlamento sono chiamati a legiferare, per tutti. Spesso ci si lamenta perché le leggi varate non riflettono l'effettiva volontà dei cittadini o, meglio, della maggioranza. Dal canto loro, i parlamentari rispondono a queste lamentele affermando che le leggi approvate rispecchiano la volontà della maggioranza degli elettori, che li ha appunto eletti e investiti del ruolo di legislatore. Insomma, alla fine vince sempre il parlamentare e il cittadino semplice (anche quello che non ha votato per quel parlamentare bensì per un altro che non è stato eletto) è costretto ad accettare le decisioni del legislatore – cioè le leggi – senza potervi porre mai più rimedio. Non è così. C'è ancora una chance per il cittadino che non approva le leggi ratificate in Parlamento: il referendum abrogativo.
Il referendum abrogativo è lo strumento con cui è possibile cancellare quelle leggi che il cittadino non approva poichè non rispecchiano la sua volontà. Tale cancellazione può avvenire qualora il 50% più uno degli aventi diritto al voto – 47.357.878 residenti in Italia e 3.236.990 residenti all'estero – dunque 25.297.435 votanti, si esprime contrario a quelle leggi sottoposte a referendum. Se non si raggiunge tale quorum il referendum risulta non valido; se invece il 50% più uno dei votanti si pronuncia a favore, quelle leggi restano invariate. L'esito del referendum abrogativo rappresenta in qualunque caso la volontà del popolo, la sua sovranità, come sancito dall'art. 1 della Costituzione. Se il 50% più uno dei votanti è contrario, il legislatore è obbligato a depennare quelle leggi; se il 50% più uno dei votanti è favorevole, il legislatore è costretto a confermarle. Se però non si raggiunge il quorum e il referendum risulta non valido, cioè se non si va a votare, il legislatore considera tale atteggiamento dei cittadini (l'indifferenza) un preciso segnale rivolto nei suoi riguardi. Il legislatore – l'insieme dei parlamentari della Camera e del Senato – si sentirebbe nuovamente investito a svolgere il proprio compito come meglio crede, ossia indipentemente dalla volontà popolare, perché il popolo, non recandosi a votare, si dimostrerebbe indifferente alle decisioni che si prendono, cioè alle leggi che si approvano, in Parlamento. Insomma, tradurrebbe l'assenza dei votanti nell'espressione “Fate quel che volete!” e, prendendo il popolo sulla parola, il legislatore si comporterebbe in questo modo. Non recandosi a votare, però, il cittadino si priverebbe da solo del diritto di esprimere la sua volontà e la sua sovranità, riconosciuto dalla Costituzione. Rifiuterebbe, in breve, la democrazia, lanciando indirettamente il chiaro segnale di preferire un'oligarchia, un “governo dei pochi”, nel quale cioè si esprime la volontà e la sovranità di una minoranza, nella fattispecie i parlamentari.
In questa prospettiva, ogni volta che si presenta l'occasione di un referendum abrogativo, l'effettiva posta in gioco è la democrazia, il rispetto della volontà e della sovranità del popolo. Se quest'ultimo desidera difenderla e ribadirla, obbligando il legislatore a rispettarla, allora quel che deve fare, in primo luogo, è recarsi a votare, ossia raggiungere ed eccedere il quorum. In secondo luogo, deve esprimersi chiaramente a proposito degli argomenti in questione, ossia le leggi sottoposte a referendum abrogativo, per sottolineare al legislatore quali leggi rispecchiano la sua volontà e quali no. Se da un lato il popolo può confermare le leggi sottoposte a referendum, d'altra parte può rifiutarle, dichiarandosi implicitamente a favore di leggi diverse da quelle esaminate. Alla fine, in sostanza, deve risultare una legge. Ma quest'ultima non è altro che un frammento dell'idea di Repubblica, di democrazia, di Italia che si vuole.
Domenica 12 giugno (dalle 8:00 alle 22:00) e lunedì 13 giugno (dalle 8:00 alle 15:00) non si va semplicemente a votare bensì a esprimere e a ribadire la sovranità popolare, a difendere la democrazia, a promuovere un'idea di Italia per mezzo di alcuni referendum abrogativi. Il popolo è chiamato a pronunciarsi in merito alle seguenti leggi: la privatizzazione dell'acqua; il ritorno all'energia nucleare; il legittimo impedimento. Per votare occorre aver compiuto il diciottesimo anno di età, presentarsi con un documento di riconoscimento e con la tessera elettorale, nella quale è indicato il numero e l'indirizzo del seggio presso il quale recarsi a votare (qualora sia stata smarrita si può richiedere presso l'ufficio elettorale del proprio comune, anche nelle ore in cui si vota). I quesiti ai quali si dovrà rispondere sono quattro, suddivisi rispettivamente in una scheda di colore rosso, una di colore giallo, una di colore grigio, una di colore verde. Il cittadino può esprimersi liberamente barrando un SI' o un NO per ogni quesito, oppure può rifiutarsi di manifestare il proprio parere pur presentandosi a votare (ma ciò andrebbe contro la sovranità che gli è riconosciuta, contro la democrazia, contro l'idea di Italia che egli stesso possiede e che gli è stato chiesto di palesare mediante tali referendum). I SI' e i NO (o l'astesione) rappresentano con chiarezza la volontà del cittadino a proposito di ogni quesito. I problemi che si troverà ad affrontare, però, sono due: i testi potrebbero essere poco chiari; per abrogare le norme esaminate deve barrare il SI', mentre per confermarle deve barrare il NO.
Dal momento che i testi delle domande a lui sottoposte potrebbero presentarsi in questo modo -
ESEMPIO: 1° quesito: scheda di colore rosso: Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Abrogazione. “Volete voi che sia abrogato l'art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica, e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, come modificato dall'art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», e dall'art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante «Disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee», convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale (fonte: http://www.gazzettaufficiale.biz/atti/2011/20110077/11A04206.htm)?”
- stesso dicasi per i testi degli altri quesiti, il cittadino potrebbe non sapere se votare SI' oppure NO. Per questo motivo, ecco alcune delucidazioni sui quesiti.
Il 1° quesito (scheda di colore rosso), domanda al cittadino se vuole depennare le norme che attualmente consentono di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a operatori economici privati, cioè che consentono la privatizzazione dell'acqua. La normativa approvata stabilisce che il servizio idrico sia affidato a soggetti privati previa gara d'appalto o a società a capitale misto pubblico-privato, dove il privato è scelto tramite gara e ne detiene il 40%. In questa maniera, la gestione di ogni singolo ATO acqua (gestore pubblico di risorse idriche, in Italia ce ne sono 64) finirebbe sul mercato. Inoltre, nel caso in cui un ATO sia gestito da una società mista collocata in borsa, quest'ultima per mantenere la gestione dell'ATO dovrà, entro il giugno del 2013, diminuire la quota di capitale pubblico al 40% e al 30% entro il dicembre del 2015. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente, ogni singolo sistema idrico italiano non sarà più gestito da enti pubblici (dallo Stato) ma sarà messo all'asta e poi gestito da privati (italiani, europei, extraeuropei). TRADOTTO: l'acqua che arriva nella casa di ogni cittadino sarà erogata da privati, cessando di essere un servizio pubblico. Il 1° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
Il 2° quesito (scheda di colore giallo), chiede al cittadino se vuole abolire le norme che stabiliscono la determinazione della tariffa per l’erogazione dell’acqua, il cui importo prevede attualmente anche la remunerazione del capitale investito dal gestore. Tale quesito è collegato al primo e riguarda sempre la privatizzazione dell'acqua. La normativa approvata garantisce al gestore del servizio idrico (il privato o la società mista) di ottenere profitti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a logiche di reinvestimento per il miglioramento del servizio idrico stesso. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente e in associazione a quella riguardante il 1° quesito, il privato (o la società) che prende in gestione un sistema idrico nel territorio italiano si vede riconosciuto il diritto di ottenere guadagni dalle tasse sull'acqua che i cittadini pagano, aumentando la bolletta dell'acqua del 7% per recuperare il capitale iniziale che ha investito; il suddetto 7% non viene impiegato nuovamente per migliorare il sistema idrico da lui gestito e di cui usufruisce il cittadino. TRADOTTO: il cittadino dovrà pagare non soltanto una tassa relativa all'acqua che effettivamente consuma in casa propria e al fisso utile per mantenere e migliorare il sistema idrico, ma pagherà anche un'ulteriore tassa aggiuntiva (nella stessa bolletta) riferita all'acqua che non ha consumato. Tale “tassa in più” non sarà utilizzata per perfezionare il sistema idrico, ma finirà nelle tasche del privato che gestisce l'acqua che arriva in casa del cittadino. Il 2° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
Il 3° quesito (scheda di colore grigio) domanda al cittadino se vuole cancellare le nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente si consente non soltanto di produrre energia nucleare ma di costruire le centrali nucleari, utili per produrre questa forma di energia. TRADOTTO: il cittadino può veder sorgere, poco distante da casa sua, una centrale nucleare; la quale, per inciso, non sarà mai sicura al 100% e il rischio di incidenti, di morte o di esposizione alle radiazioni è sempre elevato (vedi Fukushima, Chernobyl e si pensi che l'Italia è un paese caratterizzato da frequenti attività sismiche). Inoltre, non si saprebbe come smaltire le scorie nucleari prodotte se non in casa del cittadino, in mare, in montagna, nei campi o chissà dove, rischiando di inquinare e di trasformare drasticamente gli habitat locali, danneggiando irrimediabilmente la salute degli esseri viventi che ci vivono. In più, il costo per la costruzione di un sito dove depositare le scorie salirebbe alle stelle (per esempio, negli Stati Uniti si sta studiando dal 1978 un progetto, che non trova mai compiuta realizzazione, per costruire un deposito definivo nel sito di Yucca Montain, in Nevada, e si prevede che saranno necessari oltre 54 miliardi di dollari. Figuriamoci se in Italia, con la crisi economica e il debito pubblico iperstellare, la costruzione di tali centrali possano portare benefici in termini economici). Il 3° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
Il 4° quesito (scheda di colore verde) domanda al cittadino se vuole eliminare le norme in materia di legittimo impedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale. IN ALTRE PAROLE: con la normativa vigente il Presidente del Consiglio e i ministri chiamati a comparire in udienza durante un processo penale possono rifiutarsi di farlo grazie alle cariche istituzionali che ricoprono. TRADOTTO: la legge non è uguale per tutti e se si è implicati in alcune procedure penali, basta ricoprire una carica istituzionale per non essere processati. Il 4° quesito chiede se si vuole abrogare questa normativa: SI' per cancellarla, NO per mantenerla.
In definitiva, domenica 12 e lunedì 13 giugno il cittadino sarà protagonista di due battaglie, l'una per la democrazia e l'altra per il proprio destino. Dovrà difendere e riaffermare la sua volontà e la sua sovranità, andando a votare e raggiungendo assieme agli altri il 50% più uno dei votanti; dovrà pronunciare quale idea di Repubblica, di democrazia, di Italia possiede. Se il cittadino desidera un Paese nel quale l'acqua è un bene comune e non privato, nel quale nessuno può arricchirsi con l'acqua, nel quale usare fonti energetiche alternative al nucleare, meno costose e più sicure (come per esempio l'eolico, il fotovoltaico, il geotermico, il biogas, il cippato ecc.), nel quale si è tutti uguali davanti alla legge e nel quale i ruoli istituzionali devono essere svolti in modo responsabile e trasparente, dovrà votare 4 SI'. Se invece desidera tutto l'inverso, dovrà votare 4 NO.
Alla coscienza degli elettori l'ardua sentenza...

Nessun commento:

Posta un commento