Qualche anno fa, nel 2002, Soile Lauti, cittadina italiana di origine finlandese, chiese alla scuola frequentata dai propri due figli – l’istituto statale “Vittorino da Feltre” di Abano Terme – di rimuovere i crocifissi dalle aule scolastiche. Il caso finì al Consiglio di Stato, il quale si pronunciò contrario alla richiesta della italo-finlandese. La donna non si arrese e dopo aver fatto ricorso presso i tribunali italiani, si rivolse alla Corte europea. Ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo si pronuncia a favore della donna e decide che il crocifisso, simbolo del cristianesimo, non potrà più apparire nelle aule d’insegnamento, perché rappresenta “una violazione della libertà dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni e una violazione alla libertà di religione degli alunni”. È la prima sentenza in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi nelle aule scolastiche. Il governo italiano annuncia che farà ricorso; il Vaticano boccia la sentenza, definendola “miope e sbagliata”, e difende il crocifisso perché è uno dei simboli dell’identità storico-culturale e spirituale degli italiani; la Cei (Conferenza episcopale italiana) considera la decisione della Corte europea frutto di una visione parziale e ideologica; il ministro Mariastella Gelmini dichiara che “la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione”; il ministro per gli Affari europei, Andrea Ronchi, considera il crocifisso “uno dei simboli profondamente legati alla storia, alla cultura e all’identità degli italiani”; insomma, è il putiferio. Molti si pongono la questione: “la sentenza rappresenta un passo in avanti sulla strada della laicità dello Stato o la negazione totale della tradizione cristiana del nostro paese? Personalmente, ritengo ben posta la prima parte della domanda, ma non la seconda parte. Le ragioni sono le seguenti. LAICITA’ DELLO STATO: l’art.7 della Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce che “lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modifiche dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”. I Patti Lateranensi sono quegli accordi sottoscritti l’11 febbraio 1929 nel palazzo di San Giovanni in Laterano tra Mussolini (per lo Stato italiano) e il Cardinal Gasparri (per la Santa Sede). Questi accordi si compongono di un Trattato, di un Concordato e di una Convenzione finanziaria. Il “Trattato” riconobbe alla Santa Sede la sovranità sulla Città del Vaticano, nella quale si esplica la potestà di imperio del Papa. Dal momento che con la conquista di Roma (1870) il Papato perse tutti i propri possedimenti che furono annessi al Regno d’Italia, al Trattato si aggiunse una “Convenzione finanziaria” che riconosceva un indennizzo alla Santa Sede (mai corrisposto). Il “Concordato” regolava i rapporti tra Stato e Chiesa, conferendo a quest’ultima “un’ampia libertà d’azione”. Il 18 febbraio 1984, a Villa Madama, il Concordato fu sostituito da un nuovo accordo tra la Repubblica italiana e la Santa Sede. Per quale motivo? Di fronte al cambiamento istituzionale e sociale del paese, divenne necessario “abrogare” il principio del ’29 che riconosceva la religione cattolica come unica religione di Stato, per affermare il principio della “laicità dello Stato”. Quest’ultimo riconobbe “uguale libertà a tutte le confessioni religiose” e modificò l’obbligo d’impartire nelle scuole pubbliche l’insegnamento della religione cattolica, prevedendo “il diritto degli studenti di scegliere se avvalersi o meno di questo insegnamento”. Che cosa afferma il Concordato dell’84? In breve, che il cattolicesimo NON E’ PIU’ religione di Stato; che lo Stato E’ LAICO; che tutte le confessione religiose SONO PARIMENTI LIBERE a quella cattolica (così afferma anche l’art.8 della Costituzione, pur recitando la formula “le confessioni religiose DIVERSE DALLA CATTOLICA hanno diritto di organizzarsi in statuti ecc.); che NON E’ OBBLIGATORIO studiare la religione cattolica e ci si può astenere dal suo insegnamento. In questo panorama, il problema dei crocifissi nelle scuole offre a tutti l’opportunità di rivedere la storia del nostro paese, anche a livello politico-giuridico, e di notare – se prima se ne era all’oscuro – che da circa 25 anni lo Stato è laico e che non è obbligatorio studiare il cattolicesimo nelle scuole. In questo senso, la prima parte della domanda qui interrogata, vale a dire “la sentenza (della Corte europea) rappresenta un passo in avanti sulla strada della laicità dello Stato?” è ben posta perché tuttora nelle nostre scuole si studia esclusivamente la religione cattolica ed è presente esclusivamente il simbolo del cattolicesimo. Che fine ha fatto la laicità dello Stato in questi 25 anni? Non solo NON E’ obbligatorio studiare la religione cattolica, ma è necessario attuare quanto prevede il Concordato dell’84. Vale a dire: garantire a tutti i cittadini italiani che frequentano le nostre scuole il DIRITTO DI ASTENERSI DALL’INSEGNAMENTO DEL CATTOLICESIMO. Questo chiama in causa la questione della materia alternativa all’ora di religione o di una revisione di quest’ultima in chiave multi-etnica, multi-culturale e, se si vuole, multi-religiosa. Le scuole pubbliche sono organi dello Stato italiano e non della Santa Sede. L’insegnamento del cattolicesimo e la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche, perciò, vanno in contrasto con il Concordato dell’84. La scuola, infatti, è quel luogo nel quale avviene non solo la formazione storica, letterario-linguistica, artistica, tecnica e scientifica dei giovani, ma dove si svolge anche l’educazione di quest’ultimi a diventare buoni cittadini del nostro paese, l’Italia, che è laico. Insegnare la religione cattolica nelle scuole e porre il crocifisso nelle aule scolastiche significa, per gli adulti, negare la laicità dello Stato e indottrinare i giovani, subliminalmente, al cattolicesimo o persuaderli a diventare cattolici (o a pensare da cattolici). Esiste una legge che garantisce la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche oppure no? In ogni caso, il crocifisso rimane un simbolo cattolico che, coadiuvato dall’ora di religione, sviluppa una qualche influenza sui giovani. Dal momento che nelle nostre scuole non ci sono solo italiani ma anche italo-arabi, italo-cinesi, italo-africani, italo-indiani e così via, mantenere l’ora di cattolicesimo e il crocifisso nelle aule significa trasmettere a questi nuovi abitanti del nostro paese l’idea di una scuola, e di uno Stato italiano, tutt’altro che laici, bensì cattolici. Se è vero che il Concordato dell’84 stabilisce la laicità dello Stato e se è vero che le scuole appartengono allo Stato e non alla Santa Sede, allora lo Stato deve garantire la laicità delle proprie scuole, utili non all’educazione religiosa – che avviene piuttosto negli organi ecclesiastici e nelle abitazioni private – bensì alla laica formazione storica, letterario-linguistica, artistica, tecnica, scientifica e civile delle risorse giovanili della Repubblica italiana. D’altrocanto, come recita l’art.2 della nostra Costituzione, “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, anche i nuovi valori che emergono dal contesto sociale; inoltre, come afferma l’art.19, “tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa ecc.”, purché rientri nel buon costume. In breve: o la Costituzione e i suoi articoli non significano nulla oppure vanno riconosciuti, rispettati e applicati. In sintesi: tutte le strutture statali devono mostrarsi, in coerenza con la Costituzione, laiche. CROCIFISSO COME SIMBOLO DELLA STORIA, CULTURA E IDENTITA’ DEGLI ITALIANI: da un punto di vista istituzionale, l’Italia riconosce come propri simboli due: la Costituzione e il tricolore. Da un punto di vista storico ed emotivo, l’altro simbolo nel quale un italiano si riconosce è l’Inno di Mameli. Chi afferma che il crocifisso rappresenta uno dei principali simboli della nostra identità storico-culturale, da un lato, dimentica la Costituzione e il tricolore e, così facendo, dimentica la storia d’Italia. L’identità di un italiano si dà, “storicamente”, a partire dall’unità d’Italia del 1861 o, al massimo, comincia a formarsi dagli anni del Risorgimento, di Mazzini, Cavour, Carlo Alberto (da cui lo Statuto Albertino), Vittorio Emanuele II, Garibaldi ecc. fino all’unità del 1861. In questo periodo il crocifisso non c’entra niente con la formazione dello Stato italiano; piuttosto, la Chiesa, abusando del simbolo della Croce, è stata l’acerrimo nemico di chi voleva riunificare il territorio italiano fino alla celebre presa di Porta Pia, avvenuta il 20 settembre 1870, con la quale si mise fine al potere temporale dei papi. Per quanto riguarda la prospettiva “culturale” dell’identità di un italiano, quest’ultima non è il frutto di pochissimi elementi, ma di innumerabili uomini, vicende, invenzioni, scoperte e scienziati, opere d’arte e artisti, poeti, navigatori, compositori, cavalieri, filosofi, medici, linguaggi, costumi, miti ecc. che vanno indietro nel tempo sino a migliaia di anni fa, ossia Etruschi, Greci, Italici, Latini e compagnia bella. Chissà quanti nomi, quanti fatti, quanti simboli vi sono venuti alla mente. In questo gigantesco quadro, all’interno del quale si colora la cultura italiana, com’è possibile ridurre tutto il nostro patrimonio di conoscenze a un simbolo soltanto quale il crocifisso? Se s’intende il crocifisso come un simbolo culturale, allora perché nelle scuole non gli si affianca l’Uomo vitruviano, la Gioconda, Cesare, Dante, Boccaccio, Verdi, Paganini, Caravaggio, La nascita di Venere, Marconi, Volta, Aristotele, Platone, Alessandro Magno, Carlo Magno, Ruggiero II, Federico II, Colombo, Vespucci, Giolitti, De Gasperi, la Ferrari, la pizza, gli spaghetti e chi più ne ha più ne metta? IL CROCIFISSO PUO’ ESSERE DECLASSATO A MERO SIMBOLO CULTURALE? Personalmente, credo che il crocifisso è, principalmente e primariamente, un SIMBOLO RELIGIOSO. Se da un lato, da un punto di vista culturale, il crocifisso può essere connesso ai vangeli e al Messia Gesù, rappresentando un modo di pensare basato sull’amore, la pace, il rispetto, la tolleranza, il sacrificio, il perdono ecc.; dall’altro lato, il crocifisso può essere messo in relazione alla Chiesa come istituzione fatta di uomini, dunque a Costantino, a Rotari, alla caccia alle streghe, alle Crociate, all’Inquisizione, al potere temporale dei Papi ecc. In altri termini, se da una parte acquisisce un significato positivo (Messia Gesù), dall’altra ottiene un senso negativo (Chiesa e Papato). Nella sua ambivalenza dovuta non all’iniziatore ma “agli uomini che possono sbagliare perché uomini”, intendere il crocifisso come simbolo dell’identità culturale italiana può significare l’una e l’altra cosa. Se invece lo si considera esclusivamente un simbolo religioso, vale a dire come rappresentazione della manifestazione del divino avvenuta col Messia Gesù, dunque come rivelazione della verità e di Dio – ed è così che deve intendersi – allora è chiaro che non lo si può imporre a chi possiede un credo diverso dal nostro e frequenta le nostre scuole. Se lo si interpreta come simbolo religioso, il crocifisso simboleggia che la verità assoluta delle cose è il Dio cristiano, manifestatosi per mezzo del Messia Gesù, suo figlio morto in croce e risuscitato. In questo senso, un ebreo, musulmano, are krishna, induista ecc., che crede in un’altra verità assoluta delle cose, non può accettare il simbolo della verità dei cattolici, posto nelle aule dove i propri figli vanno a educarsi e a formarsi. Difendere il crocifisso come patrimonio culturale del nostro paese e non credere in ciò che rappresenta, ai miei occhi, vuol dire essere confusi, significa volere “la botte piena e la moglie ubriaca”. Se gli italiani desiderano tutelare la presenza del crocifisso nelle scuole dicano “Non si tocca perché questo è un paese di religione cristiana”, non perché è un simbolo dell’identità storico-culturale degli italiani. Ma, a quanto pare, lo Stato è laico. Il problema è che non tutti gli italiani sono cristiani e che, oggigiorno, non tutti gli italiani hanno condiviso la nostra storia. Chi nasce oggi in Italia da genitori provenienti dal Giappone, dal Brasile, dalla Groenlandia o dalla Somalia, come può aver condiviso la nostra storia? Può conoscerla e studiarla nelle scuole. Ma a scuola non s’insegna che la storia della cultura italiana è sintetizzata principalmente dal cristianesimo. S’insegna “la” religione cristiana e si studia la cultura italiana, in modo onnilaterale (arte, scienza, musica, letteratura, storia ecc.), dalle origini ai nostri giorni. E in questo immenso arco di tempo, tutto partecipa alla formazione della nostra identità culturale, naturalmente, anche ma “non” soltanto la religione cattolica. PER CONCLUDERE: la questione posta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo è importante perché serve per vagliare la nostra preparazione, mentale soprattutto, per adeguare tutte le strutture che compongono il nostro paese al nuovo e diverso contesto sociale nel quale viviamo. Se la Repubblica italiana è laica, allora bisogna prendere provvedimenti; se non lo è, allora bisogna fare altre scuole per chi non è cattolico. Questo, però, dimostrerebbe che non amiamo l’altro così come insegnano i valori cristiani che tanto difendiamo. Inutile riempire le scuole di simboli religiosi per una questione di uguaglianza e pari opportunità. A scuola s’impara tutto quello che non è religione, la quale, a sua volta, và insegnata nei luoghi di culto d’appartenenza e nelle mura domestiche private. Infine, se si difende la presenza del crocifisso nelle scuole – e lo svolgimento dell’ora di religione – almeno si abbia un po’ di fede in più e si metta in pratica l’universo di valori che il simbolo della Croce rappresenta, cose che non a tutti interessa fare.
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