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domenica 5 luglio 2009

IL GIRO DEL MONDO IN 80 GIORNI


- di Saso Bellantone
Non è una semplice scommessa per una questione di quattrini. Né una gita turistica attraverso i diversi paesaggi folcloristici della Terra. Né l’apoteosi del calcolo matematico applicato agli spostamenti umani su scala planetaria. La scommessa che origina il viaggio intorno al mondo del gentleman Phileas Fogg, esemplare “a” della società inglese di fine Ottocento, è piuttosto l’immagine simbolica che sintetizza alcune qualità specifiche dell’uomo nel viaggio dell’esistenza: creazione e previsione, illusione e anticipazione, volontà e azione. La scommessa è un’invenzione: vale a dire, un patto che gli uomini stabiliscono tra loro per sfidarsi pacificamente. Questa competizione consiste nella valutazione preventiva della possibilità o impossibilità di compiere una determinata impresa oppure nel pronosticare la riuscita o meno di un avvenimento compiuto da altri. Alla stima anticipata corrisponde una promessa di scambio di beni da attuare successivamente, in relazione all’esito dell’impresa o dell’evento su cui ci si è accordati. Si tratta, dunque, di una finzione che origina conseguenze concrete e convalidate dai contraenti, vale a dire l’attuazione reale dello scambio concordato. In questo senso, nel definire il vincitore e il perdente, ogni scommessa genera un trasferimento di beni. Chi vince, somma quanto è messo in gioco da altri a quanto ha messo in gioco egli stesso; chi perde, resta legalmente e definitivamente privo di quanto ha messo in gioco. Nelle civiltà del passato, la scommessa ha un ruolo decisivo per determinare il rango sociale degli uomini. Anche le guerre, in un certo modo, appartengono a questa dimensione. Ma non è questa la sede per scendere nei particolari. Terminati la scommessa e lo scambio, ossia la trasformazione sociale, l’uomo può giudicarsi pago oppure decidere di continuare a scommettere. Ma alla fine, che accade dopo la scommessa? Nulla, è finita e basta. Allora, perché scommettere? Perché pattuire scambi assieme ad altri? Perché sfidare altri in questo modo? Scommettendo, l’uomo vive, esiste, spera, gioisce, si arrabbia…prova sentimenti. L’uomo è drogato dei suoi sentimenti, ne è schiavo. Ha bisogno di provare sensazioni, emozioni, suggestioni, impressioni. Necessita di sentirsi vivo, in atto, partecipe di un qualcosa, di una qualche opera, di qualche evento, anche di quanto giudica impossibile. A ben vedere, dietro questa dipendenza del gustare, sentire, tastare, l’uomo urge soltanto di sé. La scommessa è tale in quanto, di fatto, si scommette sull’impossibile piuttosto che sul possibile. E che cosa è tanto impossibile, assurdo, insensato, illogico, irrazionale, incoerente, folle se non l’uomo stesso? Se non il suo desiderio di aver prova della sua esistenza, del suo esserci, del suo vivere? Se non la sua brama di essere partecipe di un senso, uno scopo, di una qualche verità, ordine, certezza? Che cos’è l’impossibile se non capire chi si è veramente, da dove si viene, dove si va? In un certo senso, ‘scommessa’ è una parola per dire l’esistenza in generale. È la sfida che l’uomo lancia a se stesso, speranzoso di trasfigurare l’impossibile nel possibile, vale a dire di trovare una risposta a tutte le sue domande. Nel caso in cui non ci riesce, con la scommessa l’uomo riempie il tempo che passa, sempre monotono e sempre uguale, prima della fine della propria vita. L’uomo ha bisogno di sfidare l’impossibile, l’assurdo, l’insensato, l’illogico, l’irrazionale, l’incoerenza, la follia che possiede egli stesso come frammento dell’esistenza in generale. Ha bisogno di sentirsi forte, potente, dotato, importante, sicuro di sé…se non un dio, necessita di giudicarsi almeno ‘responsabile’ nella radice latina del termine, vale a dire ‘capace di rispondere’ alla proprie domande. In questa prospettiva, uno degli elementi che colpisce de Il giro del mondo in 80 giorni è la totale assenza di una domanda, di un rinvio, di una chiesa, di un tocco di campana o quant’altro possa riferirsi alla fede (escluso il rito selvaggio e ancestrale a cui si assiste in India). L’assenza del sacro è il mare aperto grazie al quale è possibile compiere la più folle e insensata delle imprese, persino quella di fare un viaggio a tappe matematicamente perfetto intorno al mondo. In questa visuale, Phileas Fogg è il precursore del tipo umano del Novecento e del terzo millennio (se non dell’uomo in generale nel corso del tempo e della storia dei popoli). La scommessa di Fogg esprime il bisogno radicato nell’uomo di darsi uno scopo. È il chiamare alla luce la propria insensatezza e follia, la stanchezza di vivere le solite stronzate che riempiono la vita di un qualsiasi paese terrestre industrializzato. Questo bisogno, però, scade troppo spesso nel contingente: il desiderio di potere, per dimostrare a quei pochi conoscenti di cui ci attorniamo la nostra superiorità. Nella storia delle civiltà passate, infatti, generando trasformazioni sociali e scambi di beni materiali o astratti come l’onore, la scommessa è uno dei principali strumenti per affermare il proprio potere, consolidarlo o distruggere quello altrui. Nella nostra società non c’è nulla di diverso. Il gentleman di fine Ottocento è un tipo freddo, sicuro di sé, più preciso dell’orologio che porta nel taschino. È un senza-dio che non parla a vanvera, non spreca fiato per questo o quello, ma solo per sfidare il sentimento di potenza di qualcun altro oppure per attuare il potere di cui già è in possesso. La scommessa di una folle corsa intorno al mondo contro il tempo, è la sfida lanciata non solo agli appartenenti del club ma a tutti, al fine di dimostrare chi tra tutti è il più forte, chi tra tutti è capace di un’impresa così balorda e insensata, rispetto alla tranquillità e alla sicurezza delle nostre città, metropoli, paesi. In questo senso, il viaggio di Phileas Fogg sarebbe proprio un gioco di bambini, una stupidata. Invece, nel proprio viaggio, Fogg sfida tutte le proprie domande prendendone di mira una soltanto che le racchiude tutte: “A che scopo esistere?”. Ognuno di noi si limita a rispondere a questa domanda superficialmente, vale a dire tentando di dimostrare in tutti i modi la propria previsione, anticipazione, pronostico, dunque mostrandosi pregiudizioso, precostituito e inamovibile nelle proprie convinzioni. Ognuno di noi dice: “Io scommetto che questa è la vita…e posso dimostrarlo”. Fogg, invece, va in cerca della propria ragione per cui esistere senza preconcetti e alla fine la fortuna lo bacia. ‘Fortuna’…un’altra parola per dire l’impossibile. Fogg trova l’imprevedibile, trova l’amore. In questa prospettiva, vincere la sua scommessa con i soci non ha più alcun senso, perché trovare l’amore è la vincita più alta che un uomo possa aspirare. Ciò nonostante, Fogg vince anche la scommessa con i soci…ed è due volte baciato dalla fortuna.

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