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giovedì 8 settembre 2016

La resa o la lotta?


- di William Shakespeare
"Essere... o non essere. E' il problema.
Se sia meglio per l'anima soffrire
oltraggi di fortuna, sassi e dardi,
o prender l'armi contro questi guai
e opporvisi e distruggerli. Morire,
dormire... nulla più. E dirsi così
con un sonno che noi mettiamo fine
al crepacuore ed alle mille ingiurie
naturali, retaggio della carne!
Questa è la consunzione da invocare
devotamente. Morire, dormire;
dormire, sognar forse... Forse; e qui
è l'incaglio: che sogni sopravvengano
dopo che ci si strappa dal tumulto
della vita mortale, ecco il riguardo
che ci arresta e ci induce la sciagura
a durar tanto anch'essa. E chi vorrebbe
sopportare i malanni e le frustate
dei tempi, l'oppressione dei tiranni,
le contumelie dell'orgoglio, e pungoli
l'amor sprezzato e remore di leggi,
arroganza dall'alto e derisione
degl'indegni sul merito paziente,
chi lo potrebbe mai se uno può darsi
quietanza col filo d'un pugnale?
Chi vorrebbe sudare e bestemmiare
spossato, sotto il peso della vita,
se non fosse l'angoscia del paese
dopo la morte,
da cui mai nessuno
è tornato, a confonderci il volere
ed a farci indurire ai mali d'oggi
piuttosto che volare a mali ignoti?
La coscienza, così, fa tutti vili,
così il colore della decisione
al riflesso del dubbio si corrompe
e le imprese più alte e che più contano
si disviano, perdono anche il nome
dell'azione. Ma zitto! Ora la bella
Ofelia s'avvicina. - Possa tu,
Ninfa, nelle preghiere ricordare
i miei peccati!"
(Amleto)

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