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martedì 13 settembre 2016

DISsonoria: BULLET PROOF... I WISH I WAS dei Radiohead


- di Saso Bellantone

Limb by limb and tooth by tooth
tearing up inside of me
everyday everyhour wish that i
was bullet proof
Wax me
mould me
heat the pins
and stab them in
you have turned me into this
just wish that it
was ballet proof
So pay me money and take a shot
lead-fill
the hole in me
i could burst a milion bubbles
all surrogate
and bullet proof.


A prova di proiettile...vorrei essere

Pezzo per pezzo e dente per dente
mi faccio a pezzi dentro
tutti i giorni tutti i momenti vorrei
essere a prova di proiettile.
Spalmami di cera
mettimi in una forma
riscalda i chiodi
e infilameli
mi hai trasformato in questo
vorrei solo
che fosse a prova di proiettile
Per cui pagami e spara
riempi di piombo
il buco che c'è in me
potrei fare esplodere un milione di bolle
tutte dei surrogati
e a prova di proiettile.


Il mondo non è uguali per tutti. O, almeno, non ancora. Ma manca poco. Verrà il tempo in cui tutti gli occhi vedranno allo stesso modo, in cui tutti gli orecchi ascolteranno le medesime parole e suoni, in cui toccheremo, annuseremo e assaporeremo le stesse cose, i medesimi odori e profumi, gli identici sapori. E allora sarà finita. Il male, e tutti quei sentimenti umani ad esso correlati – perfidia, invidia, crudeltà e così via –, avranno vinto, posando su teste e cuori a tinta unita quell'invisibile sigillo che trasformerà definitivamente la razza umana in macchine www-comandate, programmate e gestite nei suoi istinti più ancestrali. La stupidità, assieme all'ignoranza, alla ristrettezza di prospettive, alla mancanza di buon senso, di buon gusto, di buon tempo e di buoni limiti, è uno dei cavalieri dell'Apocalisse del nostro tempo. Anzi, è la furia che li dirige tutti, i biblici cavalieri del disastro, verso ogni individuo, per fare tabula rasa dei punti di vista e instaurarne uno solo, monocolore, che è quello dietro l'illusione del successo, della ricchezza e del prestigio, che è la legge del più forte.
Un disastro, sì. La razza umana non è altro che questo. È malefica, nociva a se stessa e a tutto, davvero tutto, l'ambiente che le sta attorno, sia reale, virtuale, immaginario o intellettivo. Perché per l'essere umano è più facile far amplificare il deserto anziché ritagliare, e custodire, in esso oasi di libertà. L'unicità è l'adeguarsi al proprio cattivo simile, l'identità l'essere numerabili e codificabili; la differenza un virus, una malattia congenita, un morbo da stanare e cestinare. Non c'è certezza alcuna se non nel fare branco con e attraverso bit di informazioni, applicazioni ottuse e loghi all'ultima moda, per fare il male, causare dolore nell'altro e proseguire nella scalata di un artificioso appagamento personale, artificioso quest'ultimo perché il potere, quello vero, non passerà mai dalle nostre parti.
Noi non siamo il centro del mondo, noi non siamo la sua mente, dio non ha le nostre sembianze. Eppure, crediamo che sia così perché altri ce lo fanno credere. Noi lo sappiamo – se lo sappiamo davvero – e ci sta bene. Vediamo il male, operiamo il male, siamo il male e tutto questo ci sta bene fino al momento in cui il male, appunto, lo subiamo proprio noi. Adesso non siamo d'accordo, adesso non giochiamo più, adesso ci rendiamo conto che oltre alle pene abbiamo bisogno di diritti ma... comprendiamo soltanto ora di averli persi in partenza e che nessuno ce li restituirà.
Così diventiamo più spietati, più feroci, più malvagi di quanto eravamo prima, convinti di potersi riprendere, di nuovo con la forza, quanto ci è stato tolto. E il circolo si chiude: come un cane che si morde la coda, non riusciamo a venir fuori dalla logica diabolica che abbiamo ereditato o che abbiamo costruito con le stesse mani. Non riusciamo a scorgere “altro dal male”, “altro dalla forza” su cui si fonda questa maledetta società, questo maledetto pianeta nel quale viviamo. E facciamo il gioco, volenti o nolenti, di quanti stanno all'apice delle piramidi capitaliste, mediatiche e utopistiche che reggono il mondo, il nostro.
Ma non siamo tutti uguali. O, almeno, non ancora. Ma manca poco. C'è ancora qualcuno che vede in maniera diversa pur guardando gli stessi soggetti e panorami, che comprende in modo differente le medesime parole e suoni, che prova diverse sensazioni nel toccare, annusare e assaporare gli identici oggetti, profumi, sapori. Per questo non è ancora finita e il male non ha ancora vinto. Solo che tali persone, pur seguendo il bene con grande intuizione, intelletto, spalancando gli orizzonti e salvaguardando il senso del limite, sono deboli e sono continuamente bersagliati dal male. Vittime del male che sta loro attorno, oltre a quello che li colpisce in pieno.
Inutile elencare il male. Ognuno lo opera o vi assiste quotidianamente e non fa nulla per impedirlo. Nemmeno questi “diversi”, perché sono soli. Nessuno gli darebbe retta. Sarebbero derisi, fatti fuori socialmente e mediaticamente, sarebbero gettati in gattabuia o, per quei paesi in cui vige la pena di morte, sarebbero fatti fuori.
Consapevoli di ciò, questi “differenti” vorrebbero tanto essere, come recita il brano dei Radiohead, Bullet proof... i wish i was, “a prova di proiettile”. Perché ogni volta che sanno del male altrui si sentono colpiti, feriti, si sentono ogni volta privi di un pezzo di loro, e di un altro e di un altro ancora. Ma non possono farci nulla, fuorché essere quello che la società decide per loro, malgrado loro e abusando di loro, subendo lo stesso male degli altri.
Il mondo, il pianeta, la società dovrebbe pagare questi “solitari” per il male che sopportano. In fondo, se non lo facessero, se fossero meno deboli di quanto sono, potrebbero far sgretolare il sistema con tutte le copie e le fotocopie di cui è costituito. Ma “loro” sanno che è impossibile, perché ad essere a prova di proiettile sono proprio i duplicati, la massa, che reggono i dannati ingranaggi della grande macchina della vita.
Una canzone d'amore, forse, quella dei Radiohead, o forse di amore perduto.
Ma anche un modo metaforico per guardare da vicino il mondo in cui viviamo e la gente che ci sta attorno.
C'è ancora chi desidera il bene.
Per questo il mondo è ancora diverso.
E la razza umana non è ancora finita.

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