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giovedì 24 gennaio 2013

Versieri: PUÒ DARSI di Nazim Hikmet



- di Saso Bellantone
Può darsi che io
                          non arrivi
                                          a un certo giorno,
può darsi
che penzolando a un capo del ponte
lascerò cadere la mia ombra sull’asfalto…

E può darsi
                  che, anche dopo
                                            quel certo giorno,
io sia ancora in vita
                               irsuto di bianco pelo…

Se sarò vivo
                    dopo quel certo giorno,
appoggiandomi ai muri
                                      per la periferia della città
suonerò il violino e canterò una canzone
ai vecchi, intorno a me,
che, come me, saranno
                                     sopravvissuti all’ultima battaglia.
E dovunque volgerò l’occhio,
                                               tutto sarà allegro, splendido,
                                               e la sera stupenda,
e ascolterò il passo di gente nuova
che intona nuove canzoni.

È davvero infausto il tempo presente, “critico” in modo onnicomprensivo: nell’economia, nel lavoro, nello Stato, nella famiglia, nella casa, nei templi, nei valori, nella coscienza. Ovunque ci si trovi o si getti lo sguardo, non si scorge altro che insicurezza, instabilità, fragilità. La vita è talmente liquida che, alle volte, ci si chiede se è tutto vero o se si è soltanto in un sogno. La generale friabilità dell’esistenza rende incerti sull’attimo che viene. Si giudica buio il proprio destino e tuttavia si tenta di gettare una scintilla di luce per vedere cosa c’è oltre l’ignoto, se il proprio abisso oppure altro, magari un giorno in cui l’oscurità e la precarietà sono soltanto meri ricordi. All’inizio, il frammento di luce mostra la stessa incertezza che costituisce la nostra quotidianità: si teme, disperati, di non vedere mai quel giorno o di farla finita prima, lasciandosi penzolare da un cappio stretto attorno al collo. Poi, però, ecco che dalla scheggia di luce balena un po’ di speranza e s’intravede la propria vecchiaia. Giunto quel tanto agognato giorno, dopo aver lottato e resistito per così tanto tempo, si concederà alle proprie stanche membra il meritato riposo. Nelle zone suburbane di ogni città e paese, si festeggerà assieme agli altri vecchi sopravvissuti la possibilità di costruire una società diversa, felice, bella, dove è incantevole anche il venir della sera, perché sarà una società nuova, fatta da persone altrettanto diverse, stupende, belle.
Può darsi, di Nazim Hikmet, è un’attualissima poesia nei cui versi è possibile scorgere l’insicurezza che l’essere umano prova vivendo la brutalità e assurdità del tempo presente, dominato da una “crisi” che pervade in maniera onnicomprensiva la nostra società. Innanzi a questo orribile panorama, l’essere umano non riesce a capire come andrà a finire, non sa se un giorno sarà tutto finito né se mai vi arriverà. È certo di morire prima, sì, per mano del fato, altrui o propria, ma è anche sicuro che non può fare a meno di resistere, di lottare, di sperare di arrivare a quel giorno dove, come un messianismo secolarizzato e realizzato, potrà cominciare un mondo diverso, con persone aventi un modo di pensare, e di vivere, diverso. La posta in gioco, dunque, non è la vita ma l’idea che una società nuova e differente da quella attuale è ancora realizzabile. La festa futura, la visione di questa società priva di ogni differenziazione sociale e ritmata dal rispetto, dalla tolleranza, dalla comprensione, dall’amore per altro, è la chiave di violino che, con coraggio, deve orientare i nostri passi sul confuso pentagramma della sofferente e amara vita attuale. 

1 commento:

  1. una bellissima poesia,che fa meditare,mi piace
    come tutte le poesie di NAZIM HIKMET

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