- di Saso Bellantone
“Chi sono?” è una
delle domande che l'essere umano ha iniziato a porsi – e in seguito
altre quali “Dove sono?”, “Perché sono?”, “A che scopo?”
– dal momento in cui ha preso coscienza di essere, esserci,
esistere. Un enigma insolubile, la cui inesplicabilità spesso spinge
alla resa, lasciandosi persuadere che la propria identità coincida
perfettamente con il contingente, la società, la vita così come
accade ed è vissuta.
Vi sono dei momenti,
tuttavia, in cui la sicurezza radicata nell'evidenza dell'accadere e
nella chiarezza della ripetizione va in frantumi e tutto ciò che
finora è stato dato per scontato viene messo in discussione. Si vaga
nel buio, si torna indietro sui propri passi e si cambia nuovamente
rotta ma non si scorge traccia dell'uscita dal labirinto oscuro in
cui si è finiti. Si sospende il giudizio, si torna alla vita di
prima ma è tutto diverso, adesso. Non soltanto non c'è più la vita
così come prima avveniva, non vi è proprio il prima né il dopo.
Restano solo il qui ed ora e la domanda che riverbera nella coscienza
con tutto il peso di ciò che costituisce l'esistente: “Chi sono?”.
Si potrebbe rispondere in
molti modi, senza sapere, però, qual è l'opzione giusta:
- in maniera mistico-religiosa, e cioè secondo una o più delle interpretazioni con cui gli essere umani traducono in forma rituale il loro istinto teologico e la ricerca del divino;
- in maniera social-comunitaria, ossia sulla base dell'interpretazione della vita e dei ruoli all'interno dello specifico clan o gruppo cui si appartiene;
- in maniera tecnico-economica, vale a dire per mezzo del lavoro che si pratica e dei guadagni di cui si dispone;
- in maniera intellettual-letteraria, e cioè mediante uno o più dei tanti saperi cui si ha accesso;
- in maniera web-mediatica, ossia tramite le informazioni che è possibile trarre da internet e dai media;
- in maniera solipsistico-decadente, vale a dire mediante le convinzioni maturate nel tempo, espresse per monologhi, interiori o scritti, spesso accompagnati dall'uso e dall'abuso di sostanze stupefacenti, alcoliche, farmaci e psico-farmaci, consapevoli o no dei loro effetti.
Alcuni si accontentano di
una delle precedenti alternative, spesso coscienti di non aver
trovato risposta affatto al quesito, vivendo il resto della vita come
spettri illusi in un paesaggio grigio fatto di sorrisi falsi e
lacrime invisibili; altri non trovano ristoro in nessuna delle
precedenti possibilità e continuano a ricercare senza sosta la
risposta, in una continua partita a scacchi a tre, assieme alla
follia e alla dama nera.
Il pensiero sistemico ed
ecologico, d'altro canto, ha evidenziato come un determinato soggetto
non sia altro che la risultante dell'ambiente in cui è immerso e
vive, in un continuo scambio di influenze reciproche. Un processo di
tira e molla, quest'ultimo, destinato a non avere fine e che, pur
passando per momenti di apparente equilibrio, si evolve di continuo
per mezzo di ogni novità di cui è informato il sistema
soggetto-ambiente. In questo panorama, l'identità della persona
facente parte di un determinato contesto sociale – a sua volta
costituito da micro-sistemi quali la famiglia, il lavoro, la scuola,
lo sport e così via – non può essere definita in maniera
definitiva; si può pensare, invece, a identità temporanee,
destinate a loro volta a essere abbandonate, superate, oltrepassate.
I totalitarismi, e in
particolare quello nazional-socialista, protagonista della Seconda
guerra mondiale e della Shoa, hanno messo in evidenza come l'identità
della persona – si pensi al caso Eichmann –, all'interno di una
interpretazione del mondo in chiave mistico-militare totalizzante,
possa essere confinata alla mera esecuzione dei ordini ricevuti,
senza spazio alcuno per un giudizio personale, figuriamoci morale,
pena: la morte. Una parentesi agghiacciante, quest'ultima, della
storia umana perché oltre a far luce su altre guerre passate e
contemporanee, evidenzia anche il funzionamento del giudizio umano
all'interno di un sistema politico-militare basato sull'accentramento
del potere e sul terrore. L'identità singolare, in un contesto
simile, non è altro che una pagina scritta a matita, perfettamente
cancellata dalla gomma della violenza e riscritta dalla penna di chi
possiede la sovranità; in altri termini, l'identità del singolo non
è altro che quella collettiva, di ogni altro, simile a quella delle
api, delle formiche, delle termiti, della catena di montaggio e delle
varie tecnologie robotiche che ci circondano, presto sostituite dalle
I.A.
Si potrebbe rispondere
alla domanda sostenendo di essere carne e mente, hardware e software
ma sarebbe troppo banale e si resterebbe all'interno di un circolo
vizioso monologistico. L'essere umano non può essere soltanto il
proprio corpo e le informazioni ricevute o impiantate nella propria
testa, né il frutto di chirurgia estetica, invasiva e non, né le
notizie con cui si aggiorna, non è la moda che sceglie di seguire
tanto meno il linguaggio che decide di impiegare. Se non è nulla di
tutto questo, allora come rispondere alla domanda?
Forse, “Chi sono?”
non è un interrogativo a cui si può rispondere in maniera
solitaria. Forse, è un quesito del quale si può rispondere a
qualcun altro, ammesso che vi sia qualcuno ancora interessato non a
sapere dell'altro nella forma del gossip ma a conoscere l'altro,
ascoltando personalmente quanto ha dire, in qualsiasi modo egli si
esprima.
La domanda “Chi sono?”,
ammessa la resistenza di spazi di relazione con l'altro in maniera
autentica, diventerebbe dunque “Chiedimi chi sono?”, una domanda
completamente diversa dalla precedente in quanto, nella società
attuale, figurerebbe anche come una richiesta, un'urgenza di ciò che
non avviene più se non raramente e fortuitamente.
È probabile che la
fatalità con cui tale domanda-richiesta si presenta, anche quando
non è pronunciata palesemente, scandisca il tempo autentico di
ognuno e lasci emergere le tracce di quella che potrebbe essere la
propria identità ma non vi è certezza neanche in questo. Resta
soltanto la speranza della relazione con l'altro in una società
abitata da innumerabili cupole di vetro oscurato quali noi siamo.
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