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lunedì 11 aprile 2016

L'ARTE PERIFERICA: Intervista a Giusy Staropoli Calafati


- di Saso Bellantone
Giusy Staropoli Calafati, Vibo Valentia 1978.
Vive e opera a Briatico. Ha terminato i suoi studi nel ’97 e ha poi coltivato la sua passione per la letteratura con uno studio da autodidatta. Il suo “genio” creativo, viene sempre più riconosciuto ed annoverato nella grande tradizione letteraria calabrese che spazia da Alvaro fino al suo amato Saverio Strati. É vincitrice di importanti concorsi e premi letterari in Italia. Ha inoltre conseguito diversi riconoscimenti per il merito di narrare con impeto un Sud che è un destino dentro al cuore che ti prende e non lo sai lasciare. Presente in varie antologie di poesia contemporanea, ha pubblicato: “La mia terra”, Sabinae 2008, (prefazione di Gerardo Sacco); “Pensatori e Poeti”, Leonida 2010; “Natuzza Evolo due chiacchiere con Maria”, Falco 2013 (prima edizione); “SUD –La terra di Costabile”, Thoth 2014, (pref. a cura del prof. Luigi M. Lombardi Satriani); “ A passioni, canto in dialetto calabrese”, Thoth 2015; “SAVERIO STRATI non un meridionalista ma il Meridione in sé che parla”, Disoblio 2015.

Come ti sei avvicinata alla scrittura?
Senza voler tralasciare quella parte di verità che più mi si addice e che vede innata in me la passione per la scrittura, confermo di essermi avvicinata ad essa, e con passione, più o meno in terza elementare, quando, grazie alla mia maestra, ho avuto la possibilità e la fortuna di dare ampio spazio alla scrittura creativa con la formulazione di testi di ogni genere, durante la stesura dei quali io riuscivo senza inibizioni alcune, a liberare i miei pensieri, vivendo uno stato assai benefico.

Che cos'è la scrittura?
Per me la scrittura è la più ampia forma di libertà.
Più della parola, è scrivere che mi rende libera. Anche al Sud.

Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi della scrittura, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
Essendo per me uno stato libero la scrittura, penso essa abbia sensi e scopi imprescindibili.
Comunicare, dire, affermare, denunciare, fare, amare…
Nel mondo contemporaneo ha certamente un ruolo fondamentale sia a livello individuale che sociale. Resta una forma d’arte raffinata e autentica allo stesso tempo, alla quale anche i giovanissimi ricorrono con sempre più assiduità, riscoprendola come una seconda forma di vita.

I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano per esempio, la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire i tuoi scritti “poesie”, opere d'arte, creazioni nel senso pieno del termine?
Non sono io a dover definire i miei scritti “poesie”. Non potrei mai.
I miei sono tutti semplicemente ‘scritti’. Spetta al lettore, in tutta la sua crudezza, tradurre uno scritto in poesia, opera d’arte, creazione. E questo per fortuna avviene spesso e mi dà immensa soddisfazione.

Perché scrivi? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante l'arte della scrittura?
Scrivo per soddisfare un ‘piglio’ forse?
Ma no!, la scrittura è un’esigenza che ho dentro. Una forma d’arte che mi permette di raccontare me stessa raccontando gli altri.

Che cosa racconti nei tuoi scritti?
Nei miei scritti racconto la vita. Quella che va e quella che viene. Racconto storie e memorie antiche ma non vecchie. E ancora racconto la mia terra. Un Sud che è un destino dentro al cuore che ti prende e non lo sai lasciare.

Una scrittrice può sentirsi tale senza i lettori?
I lettori completano l’opera di una scrittrice.

Che cosa significa oggi vivere come una scrittrice e vivere esclusivamente della propria scrittura? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
Vivere come una scrittrice è bello, ma porta con sé un grande carico di responsabilità. Tocca dare al lettore ciò che questo, di volta in volta, si aspetta e vuole, e non è sempre così semplice.
Vivere della propria scrittura, di questi tempi è certamente dura. Ma scrivere è una missione e come tale vi sono sacrifici da sopportare. E io per la gioia di scrivere, sopporto!

Cosa ti spinge a restare nella tua terra natia?
Le radici. Ché sono più forti delle mie ali.

Puoi definirti una sognatrice? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Non mi definisco sognatrice. Sognatrice lo sono. Ho un grande sogno nel cassetto: “il riscatto culturale e sociale della mia terra”. E scrivo perché questo sogno si realizzi.

Parlaci del tuo ultimo libro, “Saverio Strati. Non un meridionalista ma il Meridione in sé che parla”.

Il mio ultimo libro riporta alla luce la figura pragmatica del grande scrittore calabrese, Saverio Strati, con il quale si ha la possibilità di entrare con sensibilità ed efficacia nel vero stomaco della Calabria.
Un libro che nasce dalla volontà di negare al maestro Saverio il diritto all’oblio che altri prima di me gli hanno gratuitamente dato.
Un dovere nei confronti di un uomo e di uno scrittore che a Ponte Vecchio, guardando l’Arno, pensava al suo Ionio e piangeva.
Un autore di spessore, tradotto nel mondo, premio Campiello, pubblicato dalla più grande casa editrice italiana, che le nuove generazioni hanno l’obbligo di conoscere per conoscersi meglio. Perché, i libri di Strati sono veri lezionari di vita quotidiana; una sorta di Bibbia calabrese con parabole più d’una.
Un segno di riconoscenza dunque, a Saverio Strati, che grazie a questo libro, ritorna e con dignità e orgoglio in Calabria, nelle scuole, tra i calabresi suoi di sempre.


Chi desidera seguirti e saperne un po' di più sui tuoi scritti, dove può rivolgersi?
Può farlo attraverso i social: Facebook, Twitter; Instagram. O anche attraverso il mio blog personale all’indirizzo: giusystar.myblog.it

Alcune parole per i giovani.
Ai giovani il messaggio che mi sento di dare, è quello di darsi, in questa terra, nuove opportunità. Sono loro il futuro del Sud e del mondo intero.
“Lottate per le vostre idee, i vostri sogni. Non sentitevi offesi tutte le volte che altrove vi chiameranno ‘i calabresi’, o i ‘terroni’. Siatene fieri. Noi del Sud veniamo, e orgogliosamente, dalla terra. La terra tempra, ragazzi!
Difendete i valori che vi hanno trasmesso i vostri padri e le vostre madri. Salvaguardate la loro e la vostra lingua. Custodite come fosse memoria, sempre, la vostra identità. Date valore al senso dell’appartenenza e a quello dei luoghi. Pretendete che ‘i grandi’, siano questi le scuole, le chiese, la politica, la cultura, vi diano l’opportunità di scegliere se andare o restare nella vostra terra. Perché questa non è terra di nessuno. È la vostra (nostra) terra, appunto!

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