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giovedì 26 giugno 2025

DISsonoria: NOI SIAMO GLI ALTRI – Negrita

 


- di Saso Bellantone

Noi siamo gli altri
Quelli con basse aspettative
Quelli che hanno conati di pile
Ma che non si accontentano mai
Noi siamo gli altri
Ci puoi trovare nudi sopra i palazzi
Noi che rischiamo di sembrare pazzi
E poi finiamo quasi sempre nei guai
Noi siamo gli altri
L'altra faccia della medaglia
Che rifiutiamo di andare in battaglia
E siamo oltre le tifoserie
Noi siamo quelli, quelli abbandonati
Quelli indifesi, quelli bombardati
Quelli che sperano fino alla fine in quello che non c'è
Che non c'è
Per vivere sotto a questo cielo
Che sembra ormai impossibile
La nebbia ci confonde e non sai più a chi credere
E sembra inutile esistere così
Per vivere senza più veleni
Senza più vipere
Senza più la nausea nelle notti acide
E mani libere e riuscire a ridere dei guai
Noi siamo gli altri
E crediamo ancora nelle canzoni
Ed aspettiamo le rivoluzioni
Ma chi le ha viste mai
Noi siamo quelli, quelli sempre in minoranza
L'alternativa alla vostra arroganza
Siamo gli antieroi
E siamo liberi, i liberi pensatori
Siamo i figli, siamo i genitori
Che non si arrendono mai, mai
Ma siamo anche quelli calpestati
Quelli derisi, quelli manganellati
Quelli che inseguono fino alla fine
Quello che non c'è, quello che non c'è
Per vivere sotto a questo cielo
Che è sempre più impossibile
La nebbia ci nasconde e non sai più a chi chiedere
E sembra inutile resistere così
Seh, seh, seh, ma vivere
Niente più veleni, ma cieli di lucciole
Nemmeno più la nausea e le notti acide
E mani libere e riuscire a ridere dei guai
A ridere dei guai, oh

La società cambia nel tempo e, tuttavia, presenta sempre i medesimi attori: i forti e i deboli, i potenti e gli impotenti, e così via. Anche oggi. Basta recarsi in un qualsiasi luogo, reale o virtuale, per trovare queste due tipologie umane. La differenza, però, rispetto ad altre epoche, è che se prima erano pochi i forti, i potenti, oggi invece accade l'inverso: pochi sono i deboli, gli impotenti.
La società attuale è regolata, messa in forma, funziona per mezzo di una maggioranza di individui che appartengono, si ispirano, agiscono alla maniera dei forti, dei potenti.
Chi sono?
Sono i pieni di sé, che patologicamente rincorrono grandi obiettivi e seguono le tendenze della moda e del galateo per sentirsi in regola, in sintonia con la società, normali. Sono la maggioranza, gli arroganti, i supereroi pronti a deridere l'altro, a schierarsi per l'uno o per l'altro nei conflitti, negli stadi, abituati a vivere nella foschia della società attuale gettando veleno su chiunque, che fanno del male quotidianamente con parole e azioni e, tuttavia, si sentono nauseati da questa stessa schiavitù autoinflitta.
Accanto ad essi, c'è poi la minoranza, quelli che rispetto ai primi sono deboli, impotenti.
Sono gli insicuri, che non hanno grandi obiettivi, se ne infischiano delle tendenze del momento e del savoir-faire e si mettono sempre nei guai ma riescono a ridere di essi. Sono gli umili, gli anormali, quelli che subiscono le violenze, che rispettano l'altro, che non si schierano con nessuno. Sono i liberi, quelli che pensano, che sentono la responsabilità del loro essere figli e/o genitori, che vogliono vivere davvero malgrado la nebbia della società attuale, che riposano serenamente la notte, che sperano e continuare a sognare.
Con questo brano, i Negrita raccontano il mondo nel quale viviamo, scuotono le coscienze e prendono posizione. “Noi siamo gli altri” è una dichiarazione di protesta e di resistenza a un tempo, una radiografia della società attuale ma anche un invito a pensare, a vedere come stanno davvero le cose, ad accorgersi delle minoranze e a scegliere da quale parte stare: dalla parte di chi è ormai gelidamente inglobato nel sistema oppure da quella di chi lotta per un cambiamento.
È la scelta radicale tra la normalità o la differenza, il buio e la luce, la rassegnazione o il rifiuto; una decisione che chiama in causa per nome e spinge a decidere costantemente tra la forza e la debolezza, tra due modi di esistere completamente distanti: la differenza è che il primo, ha già portato alla decadenza della società attuale e, di conseguenza, dell'umanità; il secondo, può invece portare alla riscoperta di quei punti di vista e di quei significati che possono dare un senso nuovo alla società e all'umanità.

lunedì 6 gennaio 2025

Confusione e con-fusione

 


- di Saso Bellantone


La confusione è disordinata, caotica, una Babele. È un continuo inciampare tra pensieri, prospettive e ricordi diversi, distinti, separati e chiusi ermeticamente come biglie di vetro che non possono assemblarsi. Ognuna, anzi, si scontra senza sosta con le altre, causando un frastuono incessante che disorienta, confonde, turba a tal punto che è preferibile  l'inabissarsi nel silenzio ultimo e definitivo o urlare per sovrastare quel rumore assordante che spezza, frantuma, sbriciola senza freni quel che si credeva la propria identità.
Si credeva, appunto. Perché quando si è in preda alla confusione non ci si riconosce più, non si ha più il minimo sentore di quel che si è. Si diventa evanescenti, effimeri, ombra che si trasforma in un'altra ombra ancora, e ancora e ancora e ancora, permanendo in una condizione di perenne metamorfosi, mutazione, alterazione.
Non esiste un appiglio che consenta di arginare tale variazione permanente né si può rallentare: in balia di questa plasticità infinita, ci si lascia andare al caso, all'ignoto, verso porti inesplorati, accogliendo la tempesta che ormai si è.
Eppure, è soltanto con questa accettazione che avviene l'impossibile.
Si raggiunge finalmente quel punto di vista a partire dal quale, per un attimo, tutto si ferma, diviene immobile, stazionario. Tutto assume un ordine impensato, una posizione inimmaginata e ogni cosa parla il medesimo linguaggio, un nuovo idioma, sconosciuto, mai sentito eppure chiaro, semplice, evidente, nel quale tutto si connette, come colori nelle sfumature di un paesaggio mai visto, come note di una sinfonia mai ascoltata, come profumi di una consapevolezza appena nata.
È il momento in cui si prende coscienza che la condizione a cui si era soggetti non era confusione ma con-fusione, ossia l'unificarsi, l'aggregarsi, il raccogliersi “con” quanto di nuovo si è esperito, tutto quanto, che ha cambiato profondamente la propria identità pur lasciandola uguale a se stessa.
Non è un cambiamento quantitativo ma qualitativo: si ha un'altra consapevolezza di sé, degli altri e delle cose e non si era pronti. Occorreva del tempo per farla emergere e averne autocognizione.
Allora, ecco che tutto cambia, è nuovo, altrimenti. Là dove si intravedeva il buio, adesso c'è solo luce. Là dove c'era il frastuono, ora c'è una solo una melodia. Là dove era tutto lezzo, adesso si avverte una fragranza di fresco che sazia e desta un sorriso: è l'aroma della vita, rinata, che palpita e anela ad essere sperimentata, assaporata, vissuta.