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mercoledì 11 giugno 2014

Mille lire


- di Saso Bellantone
La sigla del Tg prorompeva dalle porte e dalle finestre aperte di ogni abitazione e si diffondeva sulle strade deserte della cittadina meridionale, portando le notizie dal resto del paese. Politica, sport ma soprattutto brutte notizie. Per questo il piccolo Lazzaro non amava il Tg. Perché ogni giorno sentiva sempre storie tristi, provenienti da un mondo cattivo, fatto di persone cattive. Ciò lo rattristava enormemente ma la mamma, lavando i piatti e rimettendo in ordine la cucina, seguiva sempre il Tg, così era costretto ad assecondarla.
Quel giorno, tuttavia, mentre la mamma preparava la caffettiera, Lazzaro preferì starsene affacciato alla finestra ad osservare le rondini, appena tornate ai propri nidi grazie ai primi raggi di un sole primaverile. Le osservava volare libere, leggere, veloci sul limpido cielo ornato dai pollini di fiori da poco sbocciati, e poi tornare dai propri piccoli che con la loro vocina chiedevano di essere sfamati, e sperava di poter volare come loro, lontano da quel mondo così malvagio. Aveva appena finito di pranzare. Pasta con il sugo e cracker integrali ridotti a poltiglia e spalmati nuovamente su altri cracker. Era divertente, ma gliene toccava soltanto un pacco e il gioco, purtroppo, finiva subito. Così si annoiava, non sapendo cosa fare e in quale altro modo giocare, prima dell'arrivo dello zio.
Lo zi' 'Ntoni infatti passava a trovarlo ogni giorno, sempre alla stessa ora. Spuntava all'improvviso, spalancando le ante della finestra e chiamando allegramente il suo nome, riempiendo la casa di gioia. Vestiva sempre la tuta d'elettrauto, mentre quando non lavorava usava classici cardigan sopra camicia, cravatta, pantaloni e scarpe lucide. Sembrava un personaggio proveniente da un mondo fantastico. Capelli pettinati rigorosamente all'indietro, occhi vispi, carnagione chiara e grandi mani, aveva dei dentoni talmente distanti l'uno dall'altro che sembravano disegnati. E poi era talmente alto e magro che quando sorrideva, e lo faceva sempre, aveva l'aspetto di un lampione acceso ambulante. Doveva sempre chinarsi in avanti per entrare nell'abitazione.
Quel giorno lo zio non era ancora arrivato e il piccolo Lazzaro decise di appostarsi dietro l'infisso e di fargli uno scherzo, anticipandolo. Nell'attesa, continuava a osservare le rondini e ad ascoltare il loro trillo, mentre il resto del paese rimaneva fermo come un dipinto colorato. Mentre guardava da una parte e poi dall'altra, ecco che intravide lo zio spuntare all'improvviso dalla traversa vicino casa.
Sorrise, Lazzaro, e si nascose subito sotto la finestra, aspettando che l'altro arrivasse per coglierlo alla sprovvista.
Quando lo zio raggiunse la finestra e aprì le ante in cerca del nipotino, Lazzaro attese alcuni istanti, poi scattò in aria, gridando felicemente: – 'Ntoooneeee!
Lo zio scoppiò in una risata e, come sempre, rispose al benvenuto chiamando allegramente il nome del bambino: – Laaazzarooo!
I due si guardarono festosi per alcuni istanti, poi Lazzaro scese dal divano collocato sotto la finestra, andò ad aprire la porta e fece entrare lo zio in casa; intanto la mamma si tolse i guanti e messa immediatamente la moca sul fuoco, raggiunse il figlio per accogliere l'ospite anche lei.
Lo zi' 'Ntoni passava ogni giorno nel primo pomeriggio per prendere un caffè con la nipote, fare una chiacchierata e poi ritornare al suo lavoro di elettrauto. Contemporaneamente, era solito proporre al piccolo Lazzaro sempre la medesima sfida, cosa che fece anche quel giorno, dopo essersi seduto al tavolo accanto a lui: – Se rinesci mi muzzichi a manu nto menzu... – disse, sorridendo al nipote e spalancando la mano sinistra – ti rugnu milli liri!
Senza neanche dargli il tempo di finire la frase, Lazzaro prese la mano dello zio, spalancò le fauci e, aiutandosi con entrambe le manine, cominciò a mordere.
Lo zi' 'Ntoni e la mamma risero di gusto, mentre la moca fischiettava che il caffè era appena sceso. La mamma versò il caffè nelle tazzine, si sedette assieme allo zio e si mise a parlare con lui del più e del meno. Intanto il piccolo Lazzaro faceva valere la sua audacia contro la mano inflessibile dello zio.
La sfida generalmente terminava con la sigla conclusiva del Tg. Dal momento che quel giorno era arrivato in ritardo, lo zio concesse al piccolo ancora qualche minuto. Lo osservava divertito assieme alla nipote. Il nipotino sembrava infatti un cucciolo di tigre instancabile. Tentava senza sosta di mordere la mano ma era impossibile. Era talmente tesa e immobile che una corda di violino al confronto sembrava un filo di lana. Lazzaro lottava, cambiava angolazione, provava qualsiasi cosa per riuscire a mordere la mano ma non c'era modo alcuno. Sembrava una mano statuaria, dura e ferma con un blocco di marmo.
Il tempo passò in fretta e lo zio disse che doveva tornare al suo lavoro.
Lazzaro si immusonì perché non era riuscito a vincere la sfida ma lo zi' 'Ntoni, sorridendo al nipotino e asciugandosi la mano piena di saliva, tirò fuori mille lire: – Va' bonu... – disse, consegnandole al piccolo – pe' sta' vota vincìsti ma a prossima vota se non si' cchiù bravu no' ti ndi rugnu!
Lazzaro prese le mille lire tutto contento e diede un bacio sulla guancia allo zio, stringendolo in un abbraccio, sotto gli occhi felici della mamma.

Finiva sempre così. Pur vincendo ogni volta, lo zio era felice di gratificare il nipotino. Per lui era un gesto significativo. Non sempre infatti nella vita si riesce a raggiungere il traguardo prefissato e non sempre si è premiati lo stesso. Tuttavia sperava che con quelle mille lire il piccolo si abituasse a credere in se stesso e nelle proprie capacità, e a convincersi che un giorno che ce l'avrebbe fatta. Avrebbe morso la mano, avrebbe raggiunto i suoi sogni.
Anche la mamma, pur non partecipando al gioco, era felice. Malgrado restasse per pochi istanti, la compagnia dello zi' 'Ntoni illuminava la casa degli stessi colori primaverili che rendevano la cittadina meridionale un paradiso terrestre. Con il suo sorriso, la sua allegria e la sua simpatia, trasmetteva la gioia e la serenità necessari per affrontare con determinazione le diverse mansioni che le toccavano per il resto della giornata.
Lazzaro, naturalmente, era giulivo. Guardava lo zi' 'Ntoni uscire di casa ed avviarsi in direzione dell'officina, e gli sorrideva continuamente. Non perché lo aveva premiato lo stesso, ma perché era convinto che in quel mondo pieno di persone cattive ce n'era una buona; finché c'era lo zio, quel mondo appariva ai suoi occhi abitabile.


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