- di
Giuseppe Delfino
Tra
i Greci di Calabria sopravvive (almeno fino a qualche anno fa) un
mito risalente addirittura all'antichità e che, attraverso i secoli
e nonostante la cristianizzazione (si sa che molte reminiscenze
pagane si son conservate come “sostrato”: basta vedere le ben
famose fusioni di cristianesimo e credenze indigene in America
Centrale e Meridionale), si è tramandato fino ai giorni nostri. Il
mito in questione è la Lamia: le
“lamie” dell'antichità greca erano figure in parte umane e in
parte animalesche e rapitrici di bambini, fantasmi seduttori che si
trasformavano in bellissime donne per adescare giovani uomini e
nutrirsi del loro sangue e della loro carne. Erano chiamate anche
“empuse”,
ma quest' ultime erano
figlie o ancelle di Ecate (dea delle streghe greca, ma di origine
pre-indoeuropea):
solo in un secondo momento i nomi divennero intercambiabili, e
passarono ad indicare generalmente le streghe e demoni (significato
che si ritrova anche nel Medioevo).
Il
mito racconta che Lamia era una bellissima regina della Libia, che
ebbe da Zeus il dono di levarsi gli occhi dalle orbite e rimetterli a
proprio piacere. Presto Zeus si innamorò di Lamia (è risaputo che
Zeus amava avere rapporti sessuali in continuazione con molte donne),
provocando la rabbia di Era , la moglie-sorella di Zeus, che si
vendicò uccidendo quasi tutti i figli che quest'ultimo ebbe da
Lamia. Era, secondo i Greci, era molto gelosa, e cercò spesso
vendetta contro i figli adulterini del re degli dei (Eracle, figlio
di quest'ultimo e di Alcmena, ne è l'esempio più lampante).
Lamia, lacerata dal dolore, iniziò a sfogarsi divorando i bambini delle altre madri, dei quali succhiava il sangue. Il suo comportamento innaturale fece in modo che la sua bellezza originaria si corrompesse, trasformandola in un essere di orribile aspetto capace, come detto, di mutare forma e apparire attraente per sedurre gli uomini, allo scopo di bere il loro sangue. Per questo motivo la lamia viene considerata una sorta di “vampiro” dell'antichità (assieme alle sopracitate “empuse” e alle “strigi” romane).
Lamia, lacerata dal dolore, iniziò a sfogarsi divorando i bambini delle altre madri, dei quali succhiava il sangue. Il suo comportamento innaturale fece in modo che la sua bellezza originaria si corrompesse, trasformandola in un essere di orribile aspetto capace, come detto, di mutare forma e apparire attraente per sedurre gli uomini, allo scopo di bere il loro sangue. Per questo motivo la lamia viene considerata una sorta di “vampiro” dell'antichità (assieme alle sopracitate “empuse” e alle “strigi” romane).
I
vampiri (o miti simili ad essi) fanno parte del folklore di molti
popoli della Terra, europei e non: possiamo citare, ad esempio, il
“nukekubi” del Giappone o il “mandurugo” dei Tagalog
(Filippine) . La Lamia è, come detto, un mito sopravvissuto presso i
greci calabresi e anche presso quelli della Grecia, ma le leggende
sui vampiri sono soprattutto di origine slava, il più famoso dei
quale è la βρυκολακα,
una
sorta di non-morto che si aggira per le case chiamando per nome le
vittime designate o bussando nelle case: può entrare nelle
abitazioni solo se invitato espressamente da chi vi si trova
all'interno e, quando accade, può ottenere le sue vittime. Nella
lingua greca moderna, il termine βρυκολακα
è
tradotto semplicemente con “vampiro”, estenendo così il suo
campo semantico a tutti i vampiri e affini compreso il più famoso di
tutti, il Conte Dracula (derivato dalla tradizione del romanzo gotico
inglese e ispirato al principe romeno Vlad III di Valacchia vissuto
nel XV secolo).
Nessun commento:
Posta un commento