- di Saso Bellantone
Attiva musicalmente da 15 anni, Sara Velardo è nata a Scilla nel giugno dell’82. Dopo aver militato in diversi gruppi come chitarrista, bassista, cantante, nel 2002 inizia a scrivere brani propri e forma gli Energia quieta, divenuti poi Aegocentro, coi quali registra Alba sonica (2006), un disco composto da brani scritti principalmente da lei. Con gli Aegocentro, Sara Velardo suona per 4 anni toccando i palchi dell'Alcatraz di Milano, “Festival International de la Musique” di Hachemburg (Germania) e di vari locali della Lombardia. Nel 2010 decide d'intraprendere la strada da solista, chitarra e voce, concerti ed esibizioni intense, violente e raffinate presso pub, locali e ristoranti, metropolitane, festival. Il 13 aprile 2011 esce il suo primo album da solista intitolato Migrazioni (Produzioni dal basso). Attualmente vive e lavora a Lecco.
Attiva musicalmente da 15 anni, Sara Velardo è nata a Scilla nel giugno dell’82. Dopo aver militato in diversi gruppi come chitarrista, bassista, cantante, nel 2002 inizia a scrivere brani propri e forma gli Energia quieta, divenuti poi Aegocentro, coi quali registra Alba sonica (2006), un disco composto da brani scritti principalmente da lei. Con gli Aegocentro, Sara Velardo suona per 4 anni toccando i palchi dell'Alcatraz di Milano, “Festival International de la Musique” di Hachemburg (Germania) e di vari locali della Lombardia. Nel 2010 decide d'intraprendere la strada da solista, chitarra e voce, concerti ed esibizioni intense, violente e raffinate presso pub, locali e ristoranti, metropolitane, festival. Il 13 aprile 2011 esce il suo primo album da solista intitolato Migrazioni (Produzioni dal basso). Attualmente vive e lavora a Lecco.
Come ti sei avvicinata alla musica?
Da piccola picchiettavo contro qualsiasi cosa: suonavo le pentole con le posate, il banco con le penne, il pallone da calcio con le mani, camminavo a tempo, cercavo il ritmo nella centrifuga della lavatrice e nella macchina da cucire di mia madre, mi imbambolavo con il Festivalbar e il Festival di Sanremo. Alle elementari ho imparato a suonare il flauto dolce (mia sorella maggiore lo stava imparando alle medie), mentre alle medie, quando ho cominciato a studiare musica, ho conosciuto Davide, un mio compagno di classe che suonava il pianoforte, guardando il quale pensavo “anche io voglio diventare così brava”. La mia prima chitarra è arrivata dall’Australia. Dal momento che mio cugino non la usava più, mia nonna, consapevole della mia passione per la musica, decise di portarla a me. Dopo vari tentativi di imparare da sola, mia madre, vedendomi ossessionata, mi ha iscritto a una scuola di musica. Da lì in poi la mia vita è cambiata: ho scoperto qual è la cosa che mi piace fare di più al mondo, ho trovato sfogo per la mia ossessione, ho trovato la mia migliore amica e la mia compagna che non mi lascerà mai più. Ho trovato me stessa.
Come avviene il tuo passaggio dalle band a questa nuova esperienza da solista?
Non ho mai voluto fare la solista, ho sempre amato suonare con gli altri, imparare dagli altri, scambiare emozioni, conoscenze e soprattutto divertirmi con gli altri. Dopo l’esperienza con gli Aegocentro, che mi è servita molto, ho capito che avevo bisogno di una dimensione nuova, più intima, più a contatto con me come compositrice e cantautrice. È stata una scelta dovuta a particolari esigenze personali oltre che musicali. In questo periodo della mia vita ho sentito il bisogno di mettermi in gioco in prima persona, senza l’appoggio di una band: io, la mia voce e la mia chitarra, prendendomi al 100% la responsabilità delle mie scelte, in tutto e per tutto.
Che cos'è la musica?
La musica è l’emozione che le parole non riescono a descrivere. È la spinta che serve a una lacrima per uscire, il sorriso in coda al semaforo con lo stereo a palla, le braccia alzate e il vento in faccia mentre canti a squarciagola sul motorino. È ballare mentre fai le pulizie, mimare Donna Summer mentre ti asciughi i capelli, metterci due giorni a scegliere le canzoni per la compilation da dare a una persona che ti piace. È il falò con gli amici, conoscere a memoria l’assolo di Bohemian Rhapsody, urlare durante un concerto, piangere ogni volta per la stessa canzone. È addormentarsi con la chitarra addosso, sorridere a chiunque abbia come te uno strumento a tracolla, i calli sulle dita. È par-la-re sol-feg-gian-do-o-o, capire il circolo delle quinte e dire “ooooooh”, scoprire un’artista nuovo e ringraziare Dio perché l'ha fatto nascere. La musica è sentirsi innamorati, correre per strada e cantare in faccia alla gente, non riuscire a non canticchiare ossessivamente lo stesso motivetto per ore. È sentire la rabbia, la vita, la gioia, l’amore soltanto con una canzone.
Cosa pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi della musica, sia a livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
Credo che la musica, come ogni forma d’arte, sia semplicemente necessaria. Un mondo senza musica e senza arte è un mondo morto, senza emozioni, vuoto. Oggi essere artisti è quasi come essere carbonari, i fondi per l’arte vengono tagliati, in radio passa quasi soltanto spazzatura, i centri culturali e i locali vengono chiusi, la gente si rinchiude a casa davanti alla tv o dietro al pc. Ciò vuol dire che si comunica di meno, ci si aggrega di meno. Personalmente adoro la musica perché mi ha sempre permesso di incontrare gente e comunicare. A volte un concerto è semplicemente un modo per conoscere persone nuove. Solo nell’ultimo anno grazie alla musica ho stretto amicizie profonde, una persona a me cara mi disse, citando Shakespeare “l’uomo nel cui cuore la musica è senza eco, che non si commuove a un bell’accordo di suoni, è capace di tutto, di tradire, di ferire e di rubare, non fidarti di lui, ascolta la musica”.
I Greci impiegavano il termine “poiein” per significare “creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare, in italiano per esempio, la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire la tua musica “poesia”, opera d'arte, creazione nel senso pieno del termine?
Le mie creazioni sono un misto di musica e parole che si intrecciano insieme. A volte il tutto dura pochi minuti, come un flusso di coscienza, come un impeto incontrollato; altre volte invece è il risultato di uno studio che viene trasformato in composizione, senza neanche rendermene conto. Io scrivo di me, delle mie emozioni o di storie immaginarie. In questo senso, descrivo il mio mondo.
Perché componi? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante l'arte della musica?
Quando ero adolescente ho iniziato a scrivere poesie, poi a comporre melodie con la chitarra, poi ho scritto la mia prima canzone e da lì è stato impossibile fermarsi. Mi è capitato di svegliarmi di notte per scrivere. Alcune volte mi sento la persona più fortunata al mondo per questo impulso incontrollabile. Quando scrivo una canzone, la prima cosa che sento il bisogno di fare è condividerla con qualcuno, condividere quell’emozione. A volte passano mesi senza riuscire a scrivere niente, poi all’improvviso tutto ricomincia: è come se le canzoni arrivassero da sole. Mi succede qualcosa e sento il bisogno di raccontarla. Nel disco ho inserito “Non devo fare rumore” perché nel periodo in cui stavo registrando ho avuto problemi coi vicini di casa per i volumi di stereo, chitarra ecc. Questa canzone è venuta da sè e doveva far parte del disco perché descrive la situazione in cui mi trovo adesso. Comporre musica è come raccontarsi: per questo motivo, a volte, è difficile iniziare. Devi avere il coraggio di mostrare a tutti chi sei.
Che cosa racconti con la tua musica?
Come ho detto prima, parlo di quello che sento: di qualcosa che mi riguarda personalmente, di un’esperienza di un amico, di un pensiero, di un racconto immaginato, di un sogno. “Incanti spezzati”, per esempio, l’ho sognata e la mattina dopo l'ho scritta. È stato bellissimo!
Un artista può sentirsi tale senza i pubblici?
Secondo me un artista è colui che crea e gode dell’arte. L’arte è un dono che va condiviso, anche con poche persone; non importa che ci sia un pubblico vasto.
Che cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo incarico, questa missione?
Bisogna essere determinati, coraggiosi e anche fortunati. Io lavoro come impiegata e questo, oltre a darmi da vivere, toglie del tempo alla musica. Fare questo disco è un piccolo passo verso quello che sarebbe il mio sogno cioè vivere di musica, guadagnare quanto basta suonando, facendo quello che amo. Alcuni miei amici fanno i musicisti per lavoro: è dura e a volte frustrante, ma da tante gioie. Io li ammiro per il loro coraggio e un giorno spero di riuscire a fare lo stesso.
Cosa ti spinge a tornare nella tua terra natia?
La famiglia, gli amici, i ricordi, i profumi, l’odore del mare, il sole in faccia, la lentezza, la cucina di mia madre, la risata di mia nonna, i baffi di mio padre, gli occhi di mia sorella, la sensazione che tutto sia come sempre e di essere a casa.
Puoi definirti una sognatrice? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Il mio sogno è diventare una musicista vera e abbandonare la scrivania sulla quale mi ingobbisco tutti i giorni.
Il titolo del tuo primo album da solista è Migrazioni. Che cosa significa “Migrazioni”?
Ho scelto “Migrazioni” come titolo dell’album per varie ragioni. Perché l’ultimo anno, a livello personale e musicale, è stato un cambio di rotta: stavo percorrendo una strada e poi ne ho presa un’altra. Perchè nel disco c’è “Terruna sugnu” che parla della mia migrazione dalla Calabria alla Lombardia. Perché “Migrazioni” in informatica vuol dire passare da un determinato sistema operativo a un altro migliore. Perché fare la musicista significa anche migrare da un posto all’altro con la propria musica e portarla a più gente possibile.
Oltre ad acquistare i tuoi album e assistere ai tuoi concerti, chi desidera seguirti e saperne di più sulla tua musica, dove può rivolgersi?
Alcune parole per i giovani.
Una delle cose che mi piace fare è insegnare chitarra: do lezioni ai ragazzini e mi diverto tantissimo a sentirli suonare le stesse canzoni che imparavo io 15 anni fa e a vedere che sorridono, si compiacciono, si divertono. La musica avvicina le persone, le fa sorridere, le mette in comunicazione e ti aiuta tanto a sentire cos’hai dentro. Quando prendi in mano uno strumento e ascolti quello che suoni, capisci quello che senti. Da piccola ero timidissima e introversa, non riuscivo a socializzare e sentivo che dentro avevo qualcosa che nessuno, me compresa, vedeva. Poi ho scoperto la musica e tutto è cambiato: ho scoperto che c’era tanta altra gente che sentiva quello che sentivo io. Datevi una possibilità, provate ad ascoltare, a cantare, a suonare. Non è necessario diventare dei professionisti, la musica è una compagna preziosa che può riempirvi il cuore e far emozionare.