-
di Nadia Caruso
In
un mondo in cui politici da strapazzo condividevano la via con poeti adepti a
santità passeggere e culti volubili, vivevano settemiliardi e centotrentamila
persone. Settemiliardi e centotrentamila diversi tipi di esseri umani, settemiliardi
e centotrentamila diversi concentrati di puro egoismo, volti alla sopravvivenza
della propria specie a danno delle altre e, inconsapevolmente, anche della propria
e la storia sarebbe già sufficientemente esilarante così, senza rincarare la
dose, ma purtroppo questo non è che il preludio.
Il
sole splendeva ardente, ricordando agli abitanti del mondo che l’effetto serra
non era solo una delle tante fantasie degli ambientalisti e la vita scorreva
serena tra le campagne ornate qua e là da vistose sculture di “arte moderna”, dette
comunemente discariche abusive.
Si sentiva nel vento profumo di libertà, di
cambiamento, o più probabilmente l’arte moderna si stava diffondendo per il
mondo, inebriandolo di “cultura”.
In
questo scenario tutt’altro che positivo viveva un giovane uomo, Tom Higann,
onesto e, pertanto, quasi invisibile cittadino di Decline City.
Tom
era un tipo semplice e alla mano, come non se ne vedevano più in giro da
parecchio, e questo costituiva una motivazione sufficiente per chi lo conosceva
a definirlo un sempliciotto, anche se in realtà nessuno aveva mai parlato con
lui così a lungo da potergli affibbiare tale etichetta.
Già,
perché Tom era fondamentalmente un tipo solitario dal sorriso timido ed
impacciato, uno di quei ragazzi di cui difficilmente ci si accorge e la cui
presenza raramente fa la differenza. Nessuno si aspettava che egli nascondesse
un segreto o, almeno, non della portata di quello da lui celato.
Dietro
l’identità del giovane sempliciotto Tom occultava i possenti muscoli di Nothing
Man, eroe notturno saltato fuori dal nulla e, difatti, nel nulla rimasto, considerando
che nessuno si era mai accorto di lui neanche per sbaglio.
Tom
non se ne faceva una colpa, il caos mediatico costantemente in atto non
permetteva a gente come lui di essere notata, cosa poteva un ridicolo costume
da supereroe contro il fior fior della moda Decliniana? Eppure ogni notte Tom
spalancava la finestra e scrutava il mondo dietro la sua maschera verde acido
perché questo gli permetteva di sfuggire ai tentacoli appiccicosi di quel mondo
che, indipendentemente dalla sua volontà, pretendeva di cambiarlo.
Anche
quella notte, come molte altre, sfidando il crimine e la forza di gravità, si
gettò giù da una grondaia ed arrivò per strada con le mani piene di nuovi
tagli.
La
luna brillava alta, bellissima, illuminando le strade di quella città che solo
poche ore prima era stata violentata dal fragore dei clacson, ogni giorno più
forti, ogni giorno più violenti solo per coprire definitivamente il brusio di
pensieri che, solitario, tentava di non annegare nella viscosa melma della
globalizzazione. Le vie bagnate della città riflettevano i raggi di luna e Tom,
unica anima solitaria per le strade Decliniane, si sentì un po’ come una star su
un palcoscenico, sotto degli enormi riflettori e pronto per le luci della
ribalta.
Iniziò
a correre, non perché ci fosse un reale motivo per farlo, ma seguendo solo il
proprio istinto. Osservò le strade deserte di quella città alla quale non aveva
mai sentito di appartenere davvero, il volto della notte era straordinariamente
ipnotico per lui che ogni volta, come la prima, si stupiva di ogni minimo
dettaglio come solo un bambino sa fare.
Tom
amava i dettagli, li amava perché erano i reali fautori dell’identità di ogni
cosa. Modificavano l’aspetto della gente, delle cose, ne personalizzavano le
forme rendendole uniche, come poche note possono fare la differenza tra una
nenia stonata e l’inizio di una melodia.
Tom
si fermò. Capì perché sulla sua strada non aveva mai trovato nessuno da
salvare. Nessuno voleva essere salvato. Nessuno aveva la forza di chiedere
aiuto o, meglio, nessuno si rendeva conto di averne realmente bisogno. Opporsi
alle mode, alla globalizzazione e al mondo equivaleva a rimanere tagliato fuori
dalla comunità e, per tanto, era un’idea scartata a priori. Sacrificare se
stessi per il “bene comune” non era poi così male.
Il
cuore di Tom perse un battito, un lampo, un urlo squarciò la notte. Non era la
città, no, e neppure i suoi abitanti, era Tom. Tom che finalmente aveva capito,
Tom che improvvisamente si sentì solo.
Solo come i suoi amati dettagli, che ogni giorno divenivano sempre meno, uniformando sempre di più la gente che seguiva disperatamente dei modelli, quali essi fossero nessuno lo aveva ancora capito. Le differenze tra la gente diminuivano e, con esse, l’occasione di mettersi alla prova e crescere. L’occasione di costruire qualcosa che non fosse già stato premeditato da chi di dovere, l’occasione di staccarsi dal percorso segnato e di seguire il proprio, combattendo per la propria libertà e per l’eccitazione che si prova quando, correndo verso l’ignoto, si ha la certezza di sconfiggere le proprie paure sentendosi davvero un supereroe.
Solo come i suoi amati dettagli, che ogni giorno divenivano sempre meno, uniformando sempre di più la gente che seguiva disperatamente dei modelli, quali essi fossero nessuno lo aveva ancora capito. Le differenze tra la gente diminuivano e, con esse, l’occasione di mettersi alla prova e crescere. L’occasione di costruire qualcosa che non fosse già stato premeditato da chi di dovere, l’occasione di staccarsi dal percorso segnato e di seguire il proprio, combattendo per la propria libertà e per l’eccitazione che si prova quando, correndo verso l’ignoto, si ha la certezza di sconfiggere le proprie paure sentendosi davvero un supereroe.
Una
nuvola coprì la luna e la luce meccanica dei lampioni rivelò al giovane uomo il
vero volto di quella città a cui capì di dover dare una mano. Alzò lo sguardo,
i palazzi erano imponenti. Tutto era spropositatamente alto, esagerato, Tom non
si lasciò intimorire. Chiuse gli occhi e ricominciò a correre.
I
primi raggi di sole iniziarono a spuntare dando vita all’alba di un nuovo
giorno. Tom si ritrovò, per l’ennesima volta, ad osservare il mondo dall’alto
della sua finestra, al quarto piano del St. Luis Psychiatric Hospital. Si
stiracchiò, le braccia indolenzite agognavano qualche altro minuto tra le
coperte ma purtroppo per loro Tom aveva altri progetti. Voltò le spalle alla
finestra e si diresse verso lo specchio al centro della stanza, la sua
superficie liscia rifletteva il volto della città che iniziava a svegliarsi. Nell’angolo
a destra qualcosa catturò l’attenzione di Tom, un edificio, il più alto della
città, aveva qualcosa di strano.
Sulla
facciata principale si distinguevano chiaramente due parole, scritte con uno
sgargiante verde acido, BE YOURSELF.
Nothing
Man sorrise…
"È curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che valgono molto, hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore."
RispondiElimina- Leopardi, Pensieri.