Domenico Canale nasce
a Reggio Calabria nel 1970. Inizia a studiare il violino classico nel
1980 per poi dedicarsi allo studio dell'amonica blues, strumento che
ormai predilige. Nel suo modo di suonare si può riscontrare
un'attenzione particolare la blues feeling, senza però
rinunciare alle contaminazioni rock, funky e jazz, vera linfa vitale
delle 12 battute. Durante I
primi anni della sua carriera ha avuto modo di conoscere e di
suonare con diversi musicisti di fama internazionale come Andy J.
Forest, Freddy & The Screamers, David James, Sam Lay (uno dei
grandi batteristi di Muddy Waters e di Paul Butterfield) e con gli
italiani Gigi Cifarelli, Vince Vallicelli, Angelo Morabito, Pippo
Guarnera, Blue Staff, Dino Triassi (amico e collega armonicista
palermitano) e la partenopea Hell's Cobra Blue Band. Nel 2003
partecipa alla registrazione del secondo lavoro discografico del
bluesman Angelo Morabito Shadows of Blues. Si è esibito in
diverse rassegne e festival, tra le quali Vicenza Blues 2002, Barocco
Blues Revue 2003, Peloro Blues Festival 2003, Etna Blues Festival 2007
e 2009 (dove con la sua band Bad Chili ha aperto
rispettivamente agli artisti Joe Bonamassa e Ana Popovich), Crossroad
Blues Festival 2010. Ha dato vita nel corso degli anni a diverse
formazioni musicali per poi concentrarsi su quelle più impregnate
dell'ormai famigerato “Effetto Chili”: Bad Chili – Blues,
Rock e un pizzico di Funky - Classica formazione rock blues
(voce, armonica, chitarra, basso e batteria) la cui grinta e il
feeling restano impressi indelebilmente nella memoria di chi ascolta;
Light Chili – Electro Acoustic Power Duo – padre e figlio,
armonica, dobro, valigia di cartone, washboard e tanta passione per
l'avventura, un duo da locali con il quale hanno partecipato al
Ferrara Busker Festival 2010 e 2011, Capo D'Orlando Blues Festival
2010 e al Nasker Festival di Naso 2012. Sempre in quest'ultimo anno
partecipa alla registrazione del singolo dei FilmNoir Voglio
a
mmazzare un impiegato, dal quale viene poi tratto un video. Nel
2013 partecipa in qualità di ospite alla registrazione del disco
Twin Rivers del chitarrista e cantante siciliano Marco Corrao,
con il quale ha recentemente formato un duo impegnato a portare in
giro per l'Italia la propria personalissima visione musicale.
Come
ti sei avvicinato alla musica?
Come
spesso accade, in maniera casuale: da bambino vidi un film in
televisione su Niccolò Paganini, restai tremendamente affascinato
dalla figura di un uomo che, nonostante fosse riuscito a raggiungere
notorietà e successo, continuava a considerare se stesso solo in
relazione alla musica.
Iniziai
allora lo studio del violino per capire cosa c’era di così
speciale in questo modo di vivere, di usare le note al posto delle
parole per comunicare le emozioni in maniera fluida e senza filtri.
L’avventura
della musica classica continuò per alcuni anni fino alla scoperta di
un linguaggio e di uno strumento più immediati e più consoni al mio
modo di ‘sentire’: il blues e l’armonica.
Che
cos'è la musica?
Non
credo esista una risposta univoca ed esauriente a questa domanda, e
forse questa è la cosa più affascinante della musica: ognuno ha la
sua risposta.
Per
quanto mi riguarda è semplicemente una componente essenziale della
vita, una necessità, un bisogno che va alimentato ed assecondato.
Cosa
pensi riguardo al senso, allo scopo e agli usi della musica, sia a
livello individuale sia sociale, nel mondo contemporaneo?
La
musica, più di altre forme d’arte, ha il dono di educare alla
bellezza.
Sono
sempre stato dell’idea che molti dei problemi presenti nella nostra
società non esisterebbero se si educassero i piccoli abitanti del
pianeta allo studio ed alla pratica della musica.
Equilibrio,
armonia, senso del tempo, coesistenza di più voci (argomenti) nello
stesso discorso, rispetto dell’altro, ascolto, importanza del
silenzio.
Questi
sono solo alcuni dei valori che la musica trasferisce in chi la
pratica e la studia. E lo fa con estrema naturalezza.
I
Greci impiegavano il termine “poiein” per significare
“creazione”. Poi questa parola, nel corso del tempo, si è
trasformata di linguaggio in linguaggio, fino a diventare in italiano
per esempio , la parola “poesia”. Quando un poeta comunica se
stesso, cioè scrive una poesia, è un creatore di mondi, riproduce
il mondo, crea nel senso pieno della parola. Puoi definire i tuoi
brani “poesie”, opere d'arte, creazioni nel senso pieno del
termine?
I
brani che suono in pubblico sono spesso “poesie maledette”, ma
non sono miei.
Basta
ascoltare Mr. Son House in “Death Letter” per capire quanto una
canzone possa riuscire ad essere profonda, evocativa, triste e
sarcastica al tempo stesso.
Da
quando ho iniziato a conoscere e vivere il blues raramente ho sentito
l’esigenza di scrivere canzoni. Affascinato dalle parole di
improbabili antieroi, ragazzi e uomini di 60-80 anni fa, ho deciso di
reinterpretare i loro brani mettendo in pratica spesso un’operazione
di ri-scrittura musicale. E anche questo è “creazione”, secondo
me.
Perché
suoni? Perché senti l'esigenza di comunicare mediante la musica?
Suonare
è una necessità. Lo è per me, come lo è per tanti colleghi
musicisti di mia conoscenza.
E’
una cosa che non ti aspetti, all’inizio suoni perché ti fa stare
bene e per avere la possibilità di esprimerti in maniera diversa,
poi passa il tempo e ti rendi conto che hai sempre più cose da dire,
capisci che quello che prima era un gran bel divertimento adesso è
un modo di essere, di sentire e di rapportarsi agli altri.
Soprattutto
capisci che, grazie alla musica, riesci a trasmettere sensazioni
intense e personali a persone che non hai mai visto in vita tua.
Che
cosa raccontano i tuoi brani?
Le
canzoni spesso non sono altro che storie, storie comuni che, grazie
alla musica, assumono forma poetica.
Personalmente
preferisco raccontare me stesso e il mio modo di vedere ciò che mi
circonda.
Ammetto
di riuscire a farlo con molta più facilità grazie all’armonica
che non con le parole.
Un
artista può sentirsi tale senza i pubblici?
Per
come la vedo io non è possibile. Ho sempre considerato il pubblico
come la componente più importante della band. Quando riesci a
comunicare veramente si forma un legame tra te e chi ti ascolta che
ti permette di esprimerti al meglio, contemporaneamente nasce un
dialogo con il pubblico e, secondo le risposte che quest’ultimo
fornisce, il concerto prende forma sempre in maniera diversa.
Che
cosa significa oggi vivere come un artista e vivere esclusivamente
della propria arte? Quali sacrifici comporta accettare questo
incarico, questa missione?
Non
è il mio caso, quando ero molto giovane mi ritrovai genitore di un
bellissimo bambino, decisi allora di mettere in stand-by (che
sofferenza) la mia vita musicale per trovare un lavoro… che non mi
sarebbe piaciuto!
La
pausa è durata poco, un anno o giù di lì, visto che avevo già
realizzato di non poter esistere a prescindere dalla musica, e adesso
mi ritrovo a suonare, lavorare, non dormire e soprattutto, ad avere
un figlio (sì proprio quello, il frutto del peccato) che ha deciso
da un paio di anni di vivere da solo e solo grazie alla musica.
I
sacrifici ci sono, non sempre si ha la sicurezza “del pasto caldo”
ed è difficile fare programmi a lunga scadenza. Ma, quando lo
guardo, vedo una persona felice della propria vita… e che vuoi di
più?
Cosa
ti spinge a restare nel sud?
Mi
piace questa terra, le sue contraddizioni, il suo sole.
Mi
piace pensare che ci sono realtà musicali di tutto rispetto che non
aspettano altro che essere ascoltate.
Mi
piace sapere che il feeling con il quale qui si suonano certi generi
non sia così facile da trovare in posti in cui è più facile farsi
notare.
Mi
piace pensare che, grazie all’arte e alla musica, si possa
contribuire a dare una ragione in più per restare.
Puoi
definirti un sognatore? Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Siamo
tutti sognatori, anche se non tutti riescono a prenderne atto.
Il
sogno è il motore che ci spinge a fare cose folli e per questo
bellissime!
Il
mio sogno? Te ne dico uno dei tanti: organizzare nella mia città un
festival internazionale di musica da strada che duri almeno un paio
di settimane!
Ho
partecipato ad alcuni di questi festival e l’atmosfera che si
respira è meravigliosa, i cittadini sono meravigliosi. Mi piacerebbe
importare nella mia città la gioia di vivere che ho sperimentato
altrove.
Chi
vuole saperne di più su di te e sulla tua musica, dove può
rivolgersi?
Basta
fare una ricerca su facebook, reverbnation e youtube per ascoltare e
vedere all’opera i fortunati possessori del famigerato Chili
Effect!
Le
parole chiave sono: Bad Chili – Light Chili – Travelling Blues
Duo
oppure
può trovarmi su:
o
scrivermi a:
domenico.canale@gmail.com
Alcune
parole per i giovani.
Prendete
uno strumento in mano, strimpellateci qualcosa, convincete altri
amici a fare lo stesso.
I
ricordi migliori che ho della mia giovinezza sono per la maggior
parte legati alla musica.
Grazie
alla musica ho conosciuto gente meravigliosa, ho vissuto esperienze
al limite dell’incredibile, mi sono divertito in maniera diversa
eppure più intensa, ho assaporato l’avventura del musicista di
strada, ho visto luoghi che non avrei mai pensato di raggiungere…
grazie alla musica ho vissuto in maniera diversa!
Qualunque
cosa vogliate fare nella vita, la musica ne può fare parte e vi farà
stare bene!