- di Saso Bellantone
Alcune persone fanno pensare ad Edward Bloom, protagonista del film diretto da Tim Burton, tratto dall'omonimo romanzo di Daniel Wallace, Big fish. Le storie di una vita incredibile (2003). Quando racconta le storie assurde e fantastiche che ha vissuto – ha conosciuto un uomo alto 5 metri, un uomo lupo, una strega dall'occhio di vetro e ha catturato un grande pesce che nessuno è mai riuscito a pescare –, Edward non viene creduto da nessuno e viene considerato un pazzo ma quando si ammala e, alla fine, se ne va, ecco che tutti si ricredono, scoprendo che dietro quei racconti fantasiosi si celavano davvero delle verità.
Così come per Edward, allo stesso modo è per molte persone quando se ne vanno via, come nel caso di Natalino Tripodi. Un uomo d'altri tempi, contrassegnato dalla garbatezza dell'essere, da sani principi, onestà, bontà, spirito di sacrificio e amante della semplicità, decisamente fuori posto, anzi fuori tempo, in quest'era marchiata della mera e vuota apparenza, dalla sfrenata follia social e virtuale specchio di quella concreta, dall'avido arrivismo voltafaccia, dalla “professorite acuta” che ha infettato, ormai, tutti quanti.
Tutti chattano, commentano, sia al bar sia sul social, muniti della propria laurea in (in)competenza generale, lavandosi così la mani e la coscienza e lasciando che il mondo cada, mentre Natalino si assumeva umilmente le sue responsabilità, senza vantarsi dei suoi studi, firmando sui giornali, sul blog personale, nelle trasmissioni radiofoniche o nei libri il proprio pensiero, le proprie analisi e i propri suggerimenti per cambiare le cose, per contribuire al cambiamento, per le future generazioni.
Tra musica e parole, trasmissioni radiofoniche, articoli, interviste, libri e, per chi ne ha avuto la fortuna, conversazioni reali, Natalino ha fatto la differenza. Ha inteso il suo essere nel mondo come una compagnia da donare agli altri, una disposizione d'animo senza pretesa alcuna se non quella di servire l'altro nel rispetto totale della sua persona, informando o fornendo prospettive alternative su fatti, eventi e questioni locali e internazionali, oltre che esistenziali, capaci di far crescere sul piano intellettuale il proprio interlocutore.
Natalino ha raccontato di mercanti, di principi, di appuntamenti galanti, di ricordi, di amore, speranza, coraggio, amicizia – storie inventate e per questo motivo irreali, che nulla servono al mondo di oggi, basato su calcioscommesse, paparazzi, delitti irrisolti, previsioni meteo e quattro salti in padella. Così ha sempre pensato la gente. Quella stessa gente vanitosa, affarista e piena di sé assente durante le presentazioni dei suoi libri “perché non c'era pesce fritto o arrostito”, che ha “chiesto” i suoi libri non per leggerli ma per tenerli parcheggiati in qualche mensola o cassetto di casa propria “per favore” o in quanto moda del momento, che ha rifiutato la sua compagnia e di fargli compagnia, specie nel momento di estremo bisogno, segnato dalla scomparsa dell'amata moglie.
Un evento tragico e improvviso che ha fatto scattare un conto alla rovescia, conclusosi giorni fa con la scomparsa dello scrittore per male d'amore. Per cinque anni Natalino ha combattuto la solitudine aumentando la mole dei suoi scritti, alcuni ancora inediti, altri pubblicandoli nel blog “Ut unum sint”, una pagina di diario internet che riflette la visione della vita della scrittore. “Che siano una cosa sola”, questo il significato del latino, Natalino ha vissuto nella speranza di contribuire all'unità di tutti i popoli nell'amore e nel rispetto dei valori umani, filtrati dalla conoscenza e dal dialogo.
Ricordo ancora quando assieme ad un amico lo agevolammo ad aprire e a curare il blog: era felicissimo, perché adesso poteva riprendere ad aiutare il mondo stesso a migliorarsi, per mezzo della riflessione, del ragionamento, dello scambio di prospettive. E da allora ha scritto davvero tanto, su qualsiasi argomento, illuminando ogni questione con la luce del buon senso. Ricordo ancora il primo libro: era felicissimo, perché ora poteva trasmettere ai più giovani i valori essenziali su cui fortificarsi e con cui guidare i propri passi. Ricordo ancora quella volta in cui a casa sua mi suonò e mi cantò la canzone dedicata a Nuccia: era emozionatissimo, sembrava fosse ancora lì assieme a noi e stesse dicendoci di non cantarla perché si vergognava.
Oggi che non c'è più, tutti – specie chi non ha letto nemmeno un post del suo blog – parleranno di lui, della sua intervista a Mimì, della sua grande vena artistico-letteraria e di quante cose hanno fatto insieme, prendendosi dei meriti “davvero immaginari” rispetto a quanto Natalino scriveva e pensava. I suoi scritti non sono altro che la sua anima, rinnegata da quella stessa gente che in vita Natalino ha voluto servire gratuitamente, per trasmettere quelle “verità” solide oltre il tempo e dietro le parole, di cui qualsiasi civiltà o comunità ha bisogno. L'amore vero, provando il quale tutto è pura poesia, l'amicizia e il rispetto veri, anche nei confronti di chi, come Zanna, manca soltanto della parola, il coraggio di combattere quotidianamente contro il male senza comunicati stampa e striscioni, la speranza in un mondo migliore possibile nella fermezza nelle proprie convinzioni e nella perseveranza nelle proprie azioni con coerenza, umiltà e rispetto delle leggi, la memoria della condizione umana nel fluire del tempo e nel cambiamento dei costumi.
Così come nei suoi scritti, stare con Natalino ti faceva sentire bene. Qualsiasi pensiero fuggiva via innanzi alla pacatezza e all'allegria che lui aveva, nonostante la difficoltà degli ultimi cinque anni. Era come trovarsi nel mondo vero, dove non vi era traccia della degenerazione totale della società e dove vi era posto soltanto per la bellezza della relazione, per l'amicizia vera e sincera, con e senza parole, nella totale comprensione e nel reciproco rispetto, nel piacere della consapevolezza. Non volevi nient'altro.
Con lui se ne va un titano, un uomo vero, una mente brillante e un cuore puro; una quercia secolare le cui radici, assieme a quelle di pochi altri uomini come lui, hanno finora tenuto salda la terra su cui camminiamo, malgrado nessuno se ne fosse accorto.
Ora invece tutto si sgretola, frane e smottamenti cancelleranno definitivamente la società passata e, forse, tutti se ne accorgeranno.
Speriamo non sia troppo tardi.
Ciao Natalino,
grazie per la “stoffa preziosa” che mi hai donato: la tua amicizia.
Continuerò a custodirla gelosamente.
Alcune persone fanno pensare ad Edward Bloom, protagonista del film diretto da Tim Burton, tratto dall'omonimo romanzo di Daniel Wallace, Big fish. Le storie di una vita incredibile (2003). Quando racconta le storie assurde e fantastiche che ha vissuto – ha conosciuto un uomo alto 5 metri, un uomo lupo, una strega dall'occhio di vetro e ha catturato un grande pesce che nessuno è mai riuscito a pescare –, Edward non viene creduto da nessuno e viene considerato un pazzo ma quando si ammala e, alla fine, se ne va, ecco che tutti si ricredono, scoprendo che dietro quei racconti fantasiosi si celavano davvero delle verità.
Così come per Edward, allo stesso modo è per molte persone quando se ne vanno via, come nel caso di Natalino Tripodi. Un uomo d'altri tempi, contrassegnato dalla garbatezza dell'essere, da sani principi, onestà, bontà, spirito di sacrificio e amante della semplicità, decisamente fuori posto, anzi fuori tempo, in quest'era marchiata della mera e vuota apparenza, dalla sfrenata follia social e virtuale specchio di quella concreta, dall'avido arrivismo voltafaccia, dalla “professorite acuta” che ha infettato, ormai, tutti quanti.
Tutti chattano, commentano, sia al bar sia sul social, muniti della propria laurea in (in)competenza generale, lavandosi così la mani e la coscienza e lasciando che il mondo cada, mentre Natalino si assumeva umilmente le sue responsabilità, senza vantarsi dei suoi studi, firmando sui giornali, sul blog personale, nelle trasmissioni radiofoniche o nei libri il proprio pensiero, le proprie analisi e i propri suggerimenti per cambiare le cose, per contribuire al cambiamento, per le future generazioni.
Tra musica e parole, trasmissioni radiofoniche, articoli, interviste, libri e, per chi ne ha avuto la fortuna, conversazioni reali, Natalino ha fatto la differenza. Ha inteso il suo essere nel mondo come una compagnia da donare agli altri, una disposizione d'animo senza pretesa alcuna se non quella di servire l'altro nel rispetto totale della sua persona, informando o fornendo prospettive alternative su fatti, eventi e questioni locali e internazionali, oltre che esistenziali, capaci di far crescere sul piano intellettuale il proprio interlocutore.
Natalino ha raccontato di mercanti, di principi, di appuntamenti galanti, di ricordi, di amore, speranza, coraggio, amicizia – storie inventate e per questo motivo irreali, che nulla servono al mondo di oggi, basato su calcioscommesse, paparazzi, delitti irrisolti, previsioni meteo e quattro salti in padella. Così ha sempre pensato la gente. Quella stessa gente vanitosa, affarista e piena di sé assente durante le presentazioni dei suoi libri “perché non c'era pesce fritto o arrostito”, che ha “chiesto” i suoi libri non per leggerli ma per tenerli parcheggiati in qualche mensola o cassetto di casa propria “per favore” o in quanto moda del momento, che ha rifiutato la sua compagnia e di fargli compagnia, specie nel momento di estremo bisogno, segnato dalla scomparsa dell'amata moglie.
Un evento tragico e improvviso che ha fatto scattare un conto alla rovescia, conclusosi giorni fa con la scomparsa dello scrittore per male d'amore. Per cinque anni Natalino ha combattuto la solitudine aumentando la mole dei suoi scritti, alcuni ancora inediti, altri pubblicandoli nel blog “Ut unum sint”, una pagina di diario internet che riflette la visione della vita della scrittore. “Che siano una cosa sola”, questo il significato del latino, Natalino ha vissuto nella speranza di contribuire all'unità di tutti i popoli nell'amore e nel rispetto dei valori umani, filtrati dalla conoscenza e dal dialogo.
Ricordo ancora quando assieme ad un amico lo agevolammo ad aprire e a curare il blog: era felicissimo, perché adesso poteva riprendere ad aiutare il mondo stesso a migliorarsi, per mezzo della riflessione, del ragionamento, dello scambio di prospettive. E da allora ha scritto davvero tanto, su qualsiasi argomento, illuminando ogni questione con la luce del buon senso. Ricordo ancora il primo libro: era felicissimo, perché ora poteva trasmettere ai più giovani i valori essenziali su cui fortificarsi e con cui guidare i propri passi. Ricordo ancora quella volta in cui a casa sua mi suonò e mi cantò la canzone dedicata a Nuccia: era emozionatissimo, sembrava fosse ancora lì assieme a noi e stesse dicendoci di non cantarla perché si vergognava.
Oggi che non c'è più, tutti – specie chi non ha letto nemmeno un post del suo blog – parleranno di lui, della sua intervista a Mimì, della sua grande vena artistico-letteraria e di quante cose hanno fatto insieme, prendendosi dei meriti “davvero immaginari” rispetto a quanto Natalino scriveva e pensava. I suoi scritti non sono altro che la sua anima, rinnegata da quella stessa gente che in vita Natalino ha voluto servire gratuitamente, per trasmettere quelle “verità” solide oltre il tempo e dietro le parole, di cui qualsiasi civiltà o comunità ha bisogno. L'amore vero, provando il quale tutto è pura poesia, l'amicizia e il rispetto veri, anche nei confronti di chi, come Zanna, manca soltanto della parola, il coraggio di combattere quotidianamente contro il male senza comunicati stampa e striscioni, la speranza in un mondo migliore possibile nella fermezza nelle proprie convinzioni e nella perseveranza nelle proprie azioni con coerenza, umiltà e rispetto delle leggi, la memoria della condizione umana nel fluire del tempo e nel cambiamento dei costumi.
Così come nei suoi scritti, stare con Natalino ti faceva sentire bene. Qualsiasi pensiero fuggiva via innanzi alla pacatezza e all'allegria che lui aveva, nonostante la difficoltà degli ultimi cinque anni. Era come trovarsi nel mondo vero, dove non vi era traccia della degenerazione totale della società e dove vi era posto soltanto per la bellezza della relazione, per l'amicizia vera e sincera, con e senza parole, nella totale comprensione e nel reciproco rispetto, nel piacere della consapevolezza. Non volevi nient'altro.
Con lui se ne va un titano, un uomo vero, una mente brillante e un cuore puro; una quercia secolare le cui radici, assieme a quelle di pochi altri uomini come lui, hanno finora tenuto salda la terra su cui camminiamo, malgrado nessuno se ne fosse accorto.
Ora invece tutto si sgretola, frane e smottamenti cancelleranno definitivamente la società passata e, forse, tutti se ne accorgeranno.
Speriamo non sia troppo tardi.
Ciao Natalino,
grazie per la “stoffa preziosa” che mi hai donato: la tua amicizia.
Continuerò a custodirla gelosamente.