- di Saso Bellantone
Contadini,
pastori, pescatori, fabbri, maniscalchi, muratori, calzolai,
panettieri, vetrai, ceramisti, mercanti, sarti, camerieri, badanti,
maestri, suonatori... È
interminabile la fila di lavoratori che si tenta di elencare.
Lunghissima.
È più facile esporre “chi” c'è dietro tutte quelle
professioni. Uomini e donne. Bambini e anziani. Indossano abiti
semplici, sporchi e logori. Gli unici che possano permettersi.
Trattati con cura, malgrado le macchie e gli strappi, perché non
possono comperarne degli altri. Sono poveri. Senza avere alcuno.
Vivono alla giornata, dormono dove capita. Svolgono qualsiasi
attività consenta loro e ai propri cari di sopravvivere un giorno
ancora. Non hanno sogni né aspettative. Resistono, fieri nella
sofferenza, aiutandosi gratuitamente tra di loro. Specie innanzi alle
crudeltà dei ricchi.
Odiano i ricchi. I ricchi hanno
tutto. Non lavorano mai. Hanno gli abiti più costosi, usati una
volta sola e poi gettati. Hanno soldi, case, terre, tecnologie,
tutto. Vivono alle spalle dei poveri, serviti e riveriti sempre,
dall'alba al tramonto. Non lavorano mai e insegnano ai propri figli
di fare lo stesso. Sono i proprietari dei sogni e sperano, anzi,
fanno di tutto per poter ampliare la propria fortuna con il minimo
sforzo. Impartiscono ordini, voltafaccia e ipocriti, e non aiutano
nessun altro. Nemmeno del proprio rango. A meno che non debbano
ingrossare domani il proprio tornaconto, la propria ricchezza e
autorità, contate sulle teste dei poveri che hanno, e avranno.
La
fiumana
di Giuseppe Pellizza De Volpedo fa pensare al passato, e spinge a
chiedersi se quest'ultimo sia passato davvero oppure stia ritornando.
C'è stato un momento in cui si credeva di cancellare definitivamente
la povertà dalla faccia del pianeta, invece la povertà è
ricomparsa e, con essa, è tornata la separazione nelle classi degli
abbienti e dei nullatenenti. Tale diversificazione però, rispetto a
quelle passate, nella cornice della globalizzazione di tutti i
comportamenti e le dimensioni umane, sembra essere fatale. Decisiva.
Ultima. Sembra proporsi come la base di un nuovo ordine mondiale, nel
quale i primi, ora e sempre, comandano, e i secondi, ora e sempre,
obbediscono.
Le
multinazionali e le banche tengono sotto scacco gli Stati,
decidendone le sorti con semplici click e costringendoli a peripezie
economico-finanziarie per restare a galla. Tali manovre prevedono un
aumento continuo delle tasse, che si ripercuote sull'economia
statale, decretando un aumento del costo della produzione e del
consumo dei beni e dei servizi, e una diminuzione della moneta in
circolo. La gente evita di spendere, riduce le spese il più
possibile. Per assicurarsi il pagamento di tasse, mutui, prestiti e
finanziarie, compra l'essenziale, quei prodotti cioè necessari per
il sostentamento. Il superfluo è scansato accuratamente e, malgrado
le speranze di venir fuori un domani da tale circuito
d'indebitamento, la gente continua a indebitarsi, a fare nuovi mutui,
prestiti e finanziarie per pagare le tasse, e sopravvivere.
Le
aziende chiudono: per il medesimo problema; per i crediti che non
riscuoteranno mai; per il costo del lavoro; per l'IVA, l'INPS, il
CCNL e quant'altro. Gli operai vengono licenziati. Gli enti pubblici
subiscono drastiche riduzioni del personale, comportando un
peggioramento dei servizi. I giovani, neolaureati e professionisti,
espatriano, dopo l'illusione di contratti a progetto o a tempo
determinato, reali e fittizi, dal quale non ne hanno ricavato nulla,
fuorché l'aver fatto un favore alle aziende ed essere mandati a casa
con un semplice grazie. Gli anziani non arrivano al giorno 10 di ogni
mese. Gli immigrati fuggono dalla morte per trovarne una nuova. Si
perde il lavoro, la casa, la famiglia, se stessi. Si impazzisce. Si
diventa criminali, consapevolmente, perché il
dio-denaro-multinazionale-banca non propone alternativa alcuna per
restare onesti.
Innanzi
a tale implosione generale interna, gli Stati chiedono fondi a banche
centrali e ad enti internazionali per il credito, aumentando a loro
volta, da un lato, il debito pubblico che mai riusciranno a
estinguere, dall'altro lato l'implosione stessa. I politici, in
ultima istanza, fingono di operare, di assumere delle posizioni e
delle scelte a favore della gente, assicurandosi, alla fine, che
tutto resti uguale a prima, vale a dire nella forma con la quale sono
giunti al potere e all'aspettativa di radicarsi nel ceto degli
abbienti, dei potenti della terra.
La
povertà è tornata, e all'orizzonte non si vede modo alcuno per
contrastarla, per combatterla. La gente è ormai disperata e
rassegnata. Ha paura di ribellarsi perché sa che sarà presa a
manganellate, incarcerata o trucidata senza battito di ciglia alcuno
di altrettanta gente in uniforme, costretta a fare il proprio dovere,
per non essere manganellata, incarcerata o trucidata anche lei. È la
fine. La falsa democrazia ha condotto alla catastrofe: un orrendo
totalitarismo del mercato, nelle mani di pochi ricchi.
Il
futuro è già segnato e molti ancora non lo sanno. Non sanno che li
spetta tornare nuovamente alla condizione rappresentata da La
fiumana.
Poveri contro ricchi. Poveri, ma stavolta senza speranza di riscatto
alcuno dalla propria misera esistenza.
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