- di Saso
Bellantone
“Mutuli!
Mutuli-eh!” – così urlavano le donne tanti anni fa, così sono
tornate a urlare oggigiorno. Madri, mogli, fidanzate vestite alla
buona, con il classico faddali, girano instancabilmente per
tutte le strade e le viuzze del paese, tirandosi dietro il
caratteristico carretto auto-prodotto, costituito di una struttura in
ferro con manico regolabile, delle ruote di bicicletta riciclate e
delle lastre di compensato su cui posare le cassette di mutuli,
la bilancia e tutto l'occorrente per la vendita. Le loro voci, come
provenienti dal passato, si scontrano con i fantasmi della
globalizzazione, del consumismo e della post-modernità, riempiendo
l'atmosfera di un colorito paesano, antico, umanizzato. I bambini
piccoli sorridono, rallegrati dalle voci di donna che spezzano la
monotonia quotidiana, le massaie si affacciano dai balconi e dalle
finestre e corrono incontro alle pescivendole, smaniose di preparare
anche quest'anno una di quei prodotti tradizionali che rendono fieri
di essere meridionali e che danno al Sud quel volto che nessuna unità
nazionale o confederazione di Stati può dare: 'u pisci
all'ogghjiu.
Si
tratta di una conserva, il cui scopo, al pari di quella della salsa,
è di assicurarsi una scorta di pesce fresco e genuino per tutto
l'anno. La preparazione è lunga e comincia con la raccolta dei
recipienti, o buccacci,
per tutto l'anno. Giunto il periodo della pesca dei mutuli,
i recipienti vengono lavati e poi fatti asciugare bene su di un
panno. Dopodiché, una volta acquistati i pesci, si passa alla
preparazione vera e propria.
Mentre
grandi calderoni sul fuoco o sui fornelli riscaldano l'acqua fino a
portarla in ebollizione, si provvede alla pulitura dei pesci dalle
interiora. Lavati i pesci sotto l'acqua corrente, si attende che
l'acqua nel calderoni raggiunga la temperatura di ebollizione, si
aggiunge del sale, in quantità proporzionale al peso dei pesci che
si sta per immergere e, una volta fatto ciò, si lascia bollire per
tre ore.
Passato
il tempo di cottura, si scola l'acqua e si passa alla seconda
pulitura, che consiste nella privazione della pelle, della spina e
nella separazione della polpa bianca da quella nera, quest'ultima
contenente il sangue del pesce. Alcuni usano anche questa parte del
pesce, altri invece preferiscono disfarsene, usando per la conserva
soltanto la polpa bianca. Dividendoli a metà, o in quattro parti se
si preferisce, si lascia asciugare i pesci stendendoli su di un panno
e, quando sono perfettamente asciutti, si passa infine alla conserva.
Stringendoli bene l'uno con l'altro, i pesci vengono calati nei
recipienti e ricoperti interamente di olio, di semi o di oliva, a
seconda dei gusti, e il gioco è fatto.
In
genere si lascia riposare il pesce nei buccacci
per un po' di tempo, ma di fatto si può già consumare. Per chiudere
il rito della preparazione del pisci all'ogghjiu,
molti sono soliti cucinare la pasta con il sugo del pesce nero oppure
aprono uno dei buccacci
per testare la salatura.
Come
nel caso della salsa, la preparazione del pisci all'ogghjiu
è un'attività solidale, che crea comunità e familiarità. Ci
riunisce in una sola casa, donne, uomini, bambini e adulti, parenti e
vicini, e si provvede alla preparazione dei buccacci
per tutti quanti. In questo modo, non soltanto si ha la possibilità
di socializzare, di rinforzare il legame familiare o rionale,
confrontandosi e consigliandosi l'un l'altra, non soltanto si ha
disposizione per tutto l'anno del pesce fresco e genuino, ma si ha
anche l'occasione di conservare, affidandola ai posteri, una di
quelle tradizioni che i nostri antenati ci hanno tramandato da tempi
ormai lontani... eppure vicini, se non vicinissimi.
L'attuale
ritorno delle voci delle pescivendole, e la preparazione del pisci
all'ogghjiu, è una metafora del
nostro tempo che preannuncia il tempo che viene.
Se
da un lato per favorire il business della grandi multinazionali del
pesce, ai nostri pescatori non è consentito praticare uno dei
mestieri più antichi, utile per la loro sussistenza, dall'altro lato
il pesce acquistato nei supermercati è di provenienza incerta e, a
volte, pur essendo di qualità scadente o costituito soltanto dagli
scarti di altri confezionamenti, costa anche troppo, allo stesso
modo, o quasi, del pesce di migliore qualità, sempre importato
dall'estero, malgrado provenga paradossalmente dal mar Mediterraneo.
Il
ritorno delle pescivendole in strada sintetizza quello che sta
accadendo nel mercato del pesce, e in altri mercati, coinvolgendo
altri mercati ancora in futuro. Conseguentemente agli accordi
politici internazionali volti alla tenuta economico-finanziaria degli
Stati e di confederazione di Stati contro altri nella guerra della
valuta, si costringe gli imprenditori, i produttori, gli artigiani e
via dicendo a configurare le proprie aziende e attività in maniera
sempre più rispondente al mercato globale, oppure gli si impedisce
loro di lavorare, avvantaggiando le multinazionali. In altre parole,
si elimina la concorrenza, costringendo quanti di generazione in
generazione hanno sempre fatto il medesimo lavoro a chiudere la
baracca e a occuparsi di tutt'altro.
Questo
naturalmente produce non soltanto la perdita irreversibile degli
antichi mestieri e, quindi, dell'identità locale dei popoli, ma
anche povertà, disoccupazione, disperazione e, in ultima istanza,
schiavitù. Il pescatore infatti, per restare nel tema dei mutuli,
che si vede impossibilitato a “pescare” appunto, a causa di
leggi, condizioni economico-fiscali e abitudini dei consumatori
controproducenti, per far sopravvivere se stesso e la propria
famiglia, si vede costretto a svolgere, o a imparare, un mestiere che
non ha mai fatto, e spesso non riesce o, come accade oggigiorno, non
lo trova. Per questo motivo, come avviene anche in altre dimensioni
lavorative, è obbligato a protestare, finché ne ha le forze,
economiche e vitali, oppure a cercare lavoro all'estero.
Il
risultato non è altro che lo spopolamento dei paesi d'origine, che
causa un danno economico locale, cioè agli abitanti che restano in
paese, e nazionale, statale, ossia all'insieme dei lavoratori e delle
aziende rimaste, le cui buste paga, tasse e consumi concorrono alla
formazione dei PIL e, dunque, alla crescita o decrescita economica
dello Stato.
È
evidente che proseguendo in questa maniera, nel mercato del pesce e
in altri mercati, ci si getta ancora più a fondo del baratro
economico in cui ci si trova – dal momento che il debito supera i
duemila miliardi di euro. Ma forse c'è a chi piace che le cose
vadano così e le incentiva, allo scopo di ottenere maggiore potere
all'interno del nuovo ordine mondiale che si sta costruendo.
La
gente tuttavia non è folle al cento per cento, malgrado questo stato
di cose l'abbia voluto proprio lei con il proprio voto, condizionato
dalla rilassamento causato dal benessere vissuto nei decenni passati
e dai messaggi subliminali dei strumenti di comunicazione di massa.
Anzi, sempre più povera e disperata, quando sente la voce delle
pescivendole che passano con i mutuli
per le strade, va nuovamente loro incontro per preparare 'u
pisci all'ogghjiu. E se adesso
sono pochi coloro che lo fanno, molti torneranno presto a farlo,
fiutando l'aria del default che c'è intorno.
L'acquisto
dei mutuli, e la
preparazione del pisci all'ogghjiu,
offre l'occasione di prepararsi al fallimento e di recuperare quelle
tradizioni, quegli usi e quei costumi antichi, portatori di quei
valori comunitari e sapienziali che hanno fatto sopravvivere i nostri
avi e che presto, a scapito della globalizzazione e del consumismo,
garantiranno la nostra sopravvivenza all'interno delle popolazioni
locali.
Si crede ormai che i grandi cambiamenti abbiano origine nella punta della piramide di questa società e si dimentica ogni giorno che, al contrario, tali cambiamenti, attualmente tanto auspicati, possono provenire soltanto dal terreno sottostante la base della medesima piramide, dall'ultimo livello cioè di questa società, dove noi sopravviviamo.
Si crede ormai che i grandi cambiamenti abbiano origine nella punta della piramide di questa società e si dimentica ogni giorno che, al contrario, tali cambiamenti, attualmente tanto auspicati, possono provenire soltanto dal terreno sottostante la base della medesima piramide, dall'ultimo livello cioè di questa società, dove noi sopravviviamo.
Non resta che chiedersi: tonno in scatola o mutuli?
In questa domanda, così come in altre, si gioca il nostro destino e, anche, ripercuotendosi sull'Occidente, sull'Europa o sull'Italia, quello del Sud.
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