- di Saso
Bellantone
Il circo...
che meraviglia!
Nell'era
dell'iper-comunicazione, iper-interazione e iper-digitalizzazione
dell'esistente, andare al circo può sembrare retrò, fuori moda,
folle. Siamo abituati a stare attaccati a smartphone, tablet, tv, pc,
a qualsiasi cosa contenga uno schermo touch che attiri la nostra
attenzione e in qualche modo ci separi dalle persone che abbiamo al
fianco e da quelle che abbiamo dall'altra parte della connessione.
Sembra strano, eppure è così. Chattiamo, clicchiamo, digitiamo
continuamente qualcosa, qualsiasi cosa a qualcuno, e siamo soli. Soli
con noi stessi e con le nostre dita intente a organizzare le lettere
della tastiera in frasi e parole che piacciono agli altri, capaci
dunque di rubare loro del tempo che avrebbero passato in altri modi,
ma anche per riempire il nostro vuoto tempo privo di inventiva e
bramoso della solitudine, dell'ozio, della pura voglia di non fare
nulla. E quando siamo stanchi di chattare, ci incolliamo alla sedia,
al divano, al letto, lasciando che gli schermi ad alta risoluzione
rubino la nostra fantasia e i nostri desideri più ambiti con
illusioni preconfezionate e subliminalmente invasive, che diano un
po' di sazio ai nostri istinti selvaggi e ci spingano a restare
schiavi del capitalismo, del consumismo e del lavoro –
quest'ultimo naturalmente per quei pochi eletti che ancora ne hanno
uno – senza sosta alcuna, ripetendo ogni giorno sempre la solita
tiritera, finché Morte non ci li liberi della nostra stessa
esistenza.
Eppure andare
al circo, può essere un'esperienza che fa pensare. A come conduciamo
la nostra vita, a come la conducevamo decenni fa, a come potremmo
condurla oggi.
Al circo non
si va per una ragione precisa se non perché è il circo. Se non ci
si è andati da piccoli, non si può capire che cos'è il circo e
difficilmente si può capire quello che si prova quando vi si torna
da adulti.
Sembra di
entrare in un altro mondo, ben prima di arrivarci. Si è entusiasti,
allegri, scemi sia se si è alla guida dell'automobile sia se si
raggiunge il tendone a piedi. Questo perché si scatena quel lato
infantile che si ha dentro di sé, quell'insieme di ricordi e
sensazioni che riportano alla fanciullezza e a quel mondo semplice,
sincero, bello che soltanto un bambino riesce a vedere. Una volta si
attendeva con ansia l'arrivo del circo. Si andava con i genitori, con
i tutori o con le scuole, ma al circo si doveva andare, era
obbligatorio, per passare un'esperienza indimenticabile, davvero
indimenticabile. E quando si torna oggi, che bambini non si è più,
sembra di non essere cresciuti di un giorno, di essere rimasti così
come si era da bambini. E infatti, è così. Malgrado i capelli
bianchi e le rughe e i tanti pensieri che affollano la nostra mente,
quando si va al circo si scopre, o ci si ricorda, di essere ancora
dei bambini. Per questo motivo è indimenticabile. Perché il circo
parla sempre e comunque soltanto ai bambini, e ognuno di noi è un
bambino quando ci torna da adulto.
Una volta
arrivati a destinazione, ci si affretta a fare la fila per i
biglietti e si è ammaliati da quel grande tendone a punta evocante
le immagini più assurde della nostra fantasia, e dallo staff in
uniforme colorata, simile a gnomi o elfi provenienti da un altro
mondo, che attende all'ingresso per verificare i biglietti e
lasciarti entrare. Camminare sulla terra mista a segatura in
direzione del tendone; respirare gli odori forti provenienti dalle
gabbie dove ci sono gli animali misti al profumo di popcorn e
zucchero filato pronti per essere serviti – è già il segno palese
che siamo da un'altra parte e noi non siamo più gli stessi. Siamo,
quella stessa altra parte nella quale ci troviamo. Siamo, l'altra
parte di noi.
Attraversato
quindi il telone, ci si ritrova in un luogo incantato, dove gli spazi
e gli oggetti hanno una geometria tutta loro, incalcolabile al
migliore calcolatore esistente. L'aria che si respira è quella
giusta. È l'odore di cui ci si ricordava, quello inconfondibile del
circo, che c'è soltanto là e che non è possibile avvertire in
nessun altro luogo al mondo. Non si è più in sé. Lavoro, casa,
bollette, liti condominiali, problemi di salute e il conto al verde
sono svaniti. Non si pensa ad altro se non a trovare il posto
migliore per godersi lo spettacolo, assieme alla persona e ai
bambini, se si ha la fortuna di averli. O la sfortuna, da un altro
punto di vista, dal momento che pupazzi, pappagalli, clown,
fotografi, patatine, noccioline, caramelle, popcorn, zucchero filato
e bibite cominciano a circolare attorno senza sosta, svuotando le
tasche di mamme e papà e zii e nonni e cugini e tutori e tate. Ma è
una sfortuna piacevole, questa. Quelle fotografie e quegli alimenti
fanno parte del circo. Quelle belle immagini, quei sapori e profumi
buoni ci sono soltanto là dentro. Se si mangiano o si respirano da
un'altra parte sono diversi, stomachevoli, ma al circo sono
buonissimi, estasianti. E poi piacciono ai bambini. Come dire di no,
dal momento che piacciono anche al fanciullo che si ha dentro di sé?
Che si è dentro e fuori di sé in quel momento? È un'ottima scusa,
quella di avere i bambini con sé, per essere un po' bambini anche
noi per alcun istanti. Poi, si faranno i conti a casa con la moglie o
col marito, e si pagherà il dazio facendo le pulizie al posto di lei
per un mese o lavando l'automobile al posto di lui la prossima volta.
Così si prende tutto, si acquista tutto. Fare felici i bambini è
importante, è sempre stata la cosa più importante. Ci si guarda
attorno e ci si accorge che anche gli altri papà, mamme, zii, nonni,
cugini, tutori, tate e amici fanno la stessa cosa con i loro bambini
e sono un po' bambini anche loro. Perfetto! Per ora si è
giustificati, la vita è salva... per ora. Si può tornare a
immergersi nell'atmosfera da circo! Ma quando inizia?
Si attende,
si attende e non si sta nella pelle quando, ecco che le luci bianche
si spengono, si alza la musica, l'inconfondibile musica del circo e
si accendono le luci colorate. Silenzio! L'entusiasmo è alle stelle.
Arriva il presentatore! L'attesa è finita. Lo spettacolo comincia.
Clown,
trapezisti, maghi, illusionisti, domatori di tigri o di cavalli,
giocolieri, acrobati, contorsionisti, ballerine... Gli artisti
circensi sono capaci di fare qualsiasi cosa, realmente. Sì, davvero,
in carne e ossa. Senza trucchi. Senza ricostruzioni 3D o
informatiche. È tutto vero. C'è, la finzione, nel caso degli
illusionisti per esempio, ma non ci si accorge di nulla. È al
limite, ben fatta, verosimile, simile al vero, alla realtà. Si ride
davvero, quando il clown canta una semplice canzone o fa una cosa
buffa che può accadere quotidianamente a chiunque. Si è rapiti,
quando il giocoliere lancia i coltelli su di un pannello rotante,
dove è legata una bella ragazza. Si è con il fiato in gola, quando
la bella trapezista volteggia nell'aria con grazia, senza funi di
salvataggio, o quando il domatore è chiuso nella gabbia con tigri e
leoni che ringhiano e ruggiscono e mostrano gli artigli, o quando
l'acrobata tiene in equilibrio gli oggetti più disparati sulla
fronte o sul mento. Si canta, si danza, si applaudisce, si scherza.
Si prova una grande ammirazione per quello che gli artisti sono
capaci di fare. Grandi abilità, acquisite con tanto esercizio
giornaliero, con costanza e spirito di sacrificio. È incredibile
come l'essere umano sia capace di fare tutto questo! È impossibile!
Sembra di sognare a occhi aperti! E invece è vero, tutto vero, e il
sogno tutto vero prosegue, bloccando le lancette del tempo che sembra
non passare mai.
Ma lo
spettacolo finisce.
Si è
contenti e con questa felicità si fa il percorso inverso fatto per
entrare nel tendone. Dal sogno vero si torna al sogno apparente, alla
realtà, alla macchina, e poi a casa. Si torna allo smartphone, al
tablet, alla tv, al pc. Si torna a chattare, a cliccare, a digitare.
A isolarsi dalle persone vicine e da quelle con cui si sta chattando
nel momento stesso in cui lo si fa. Si torna a essere soli. Adulti,
semplicemente adulti, in un mare di guai.
Adesso non
conta più nulla. Essere bambini; i bambini stessi che si ha la
fortuna di avere o quelli che si ha la fortuna di educare in
qualsiasi luogo della società; la moglie, il marito, i fratelli, le
sorelle, i genitori, i tutori e le tate, gli amici; la relazione con
l'altro sperimentata al circo e di cui nemmeno ci si è accorti; –
niente ha più valore se non il conto in banca, i debiti, le
bollette, il lavoro, la fretta, la rabbia con dio e l'universo
intero. Adesso conta soltanto questo, la rabbia di essere soli, per
volontà propria, in un mondo interamente votato alla comunicazione,
all'interazione e al digitale.
Stanchi di
chattare, vista l'ora tarda, non resta che accendere la tv e
guardare, da soli, il proprio film preferito, nel quale i
protagonisti sono capaci di fare qualsiasi cosa, di lanciarsi dalla
vetta di un palazzo e sopravvivere con una camicia usata come un
paracadute o di distruggere un'intera città per salvare la persona
amata.
Ma dopo
essere stati al circo, il film non ha più la stessa attrattiva.
Nessuna abilità, nessun eroe, niente adrenalina, nessun
coinvolgimento emotivo. Ora si sa che è tutto finto, tutto
inventato, tutto creato al computer con i migliori programmi
esistenti. Tutto è fatto per essere tenuti a bada, annebbiati,
strappati dalla realtà e catapultati in un mondo immaginario,
studiato scientificamente per essere condizionati, programmati e
schiavizzati. Per essere tenuti soli, senza relazione alcuna, vera,
sincera con le persone che si ha attorno, e pensare soltanto al
lavoro, al profitto e alla sopravvivenza individuale. Proprio come
fanno tutti gli adulti.
Ma il circo
torna alla mente per un istante. Si pensa al passato, a quando si era
bambini e a quando erano gli adulti a portare noi al circo. Anche in
quel tempo gli adulti erano adulti ma le cose stavano diversamente.
Non c'erano smartphone, tablet, tv e pc. C'erano persone, soltanto
loro. Si telefonava, si andava al cinema, si scriveva una lettera e
si andava al circo una volta tanto. Perché si doveva lavorare anche
allora ma si doveva stare con gli altri, con familiari e amici, e con
i bambini. Tutta la società era centralizzata sui bambini, sulla
loro formazione e tutela. Li si abituava fin da piccolissimi al
rapporto con gli altri e a un preciso ordine di valori, di idee e di
priorità. E pur avendo poco o nulla, si era felici. Oggi...
Andare al
circo può fare pensare a questo, e chiedersi se questa società così
com'è, se la nostra solitudine, se la nostra infelicità vadano,
appunto, ripensati...
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