- di
Saso Bellantone
Che
senso ha la bellezza o il lavoro o finanche l'immortalità, se non si
ha l'amore? È come un continuo susseguirsi di attimi senza tempo,
monocromatici, insipidi, perennemente uguali a se medesimi. La vita
perde il suo fascino, la sua ebbrezza, scadendo in una grigia
ripetizione il cui fine è la reiterazione stessa, senza sosta né
possibilità del nuovo. Si diviene schiavi di un'assidua
nullafacenza o anche di una perenne operatività, nei quali ogni
gesto, percezione o parola perde il gusto dell'accadere e la ragione
sprofonda nelle inaccessibili dimore dell'oblio.
L'eterno
susseguirsi dell'insensato ha però le gambe corte, perché il fato,
o la divinità, adora giocare con la vita umana, evocando i più
semplici sortilegi e muovendo il demone più potente di tutti:
l'amore. Ecco che, allora, la vita torna a mostrare il suo volto più
seducente ed euforico, e il tempo fa la sua comparsa per misurare
l'esordio di ogni istante, nel quale ogni avvenimento, sensazione o
discorso, tessuti dai fili invisibili della causalità, acquista una
sola traiettoria verso un'unica meta: l'amata/o.
Nel
disperato tentativo di far breccia nel cuore di quest'ultima/o, la
ragione s'inabissa doppiamente nella dimenticanza e diviene folle,
compiendo numerosi prodigi e superando qualsiasi ostacolo. Ma il
destino, o il dio, come assaporando il frutto più prelibato della
pianta dell'esistenza, ha già stabilito l'epilogo. Deviando gli
ultimi passi che portano alla felicità, condanna gli esseri umani a
un dolore, a un terrore e a un'angoscia tali che nemmeno la morte è
in grado di curare, perché l'amore resta soltanto un sogno e la
propria mostruosità diviene la solitaria realtà con la quale si è
condannati a vivere in eterno.
In
Scilla (Città del sole
Edizioni), Oreste Kessel Pace rispolvera una delle storie
d'amore più avvincenti e più tragiche della letteratura mondiale,
quella di Scilla e Glauco, proponendo al lettore di riflettere
sull'insensatezza del procedere umano, continuamente orientato alla
ricerca dell'estetismo perfetto, della ricchezza e della
realizzazione del proprio desiderio della potenza (l'odierna
immortalità). Senza l'amore, l'essere umano vive continuamente in
una triste ciclicità fine a se stessa. Con l'amore, invece,
sperimenta degli attimi eterni che danno significato a un'intera
esistenza. Non è detto, tuttavia, che tali istanti conducano a
felicità certa. A volte, il vortice della società ci strappa quel
pizzico di umanità restante e ci trasforma in creature talmente
bestiali e orrende da allontanare da noi l'amata/o. È inutile
affannarsi nella speranza di conquistarla/o. Da un lato, perché con
la nostra irreversibile metamorfosi, l'abbiamo già perduta/o per
sempre; dall'altro lato, perché con la nostra ostinazione,
rischieremmo di trasformare in un mostro persino chi ha infranto il
nostro cuore.
L'amore,
in definitiva, resta la perla più preziosa di un'intera esistenza.
Anche se dovesse finire male e dovesse restare soltanto un ricordo,
questo è quanto trasmette Oreste Kessel Pace con il suo Scilla,
varrebbe la pena di essere vissuto.
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