- di Saso Bellantone
Il ciclone è quel
fenomeno meteorologico causato dalla differenza della pressione
atmosferica di una regione, generalmente bassa, rispetto a quelle
circostanti, meglio conosciuti o individuabili come vortici. Si
tratta in altri termini di spirali d'aria, nubi, pioggia mischiati
tra loro, che ruotano in senso orario o antiorario a velocità
talmente elevate da risucchiare o da distruggere, al loro passaggio,
per effetto centrifuga, qualsiasi cosa, naturale o artificiale.
Ne L'operaio,
Ernst Jünger paragona la
vita in generale a un ciclone e reinterpreta la figura dell'oltreuomo
nietzscheano come una forza, appartenente alle altre forze naturali,
capace però rispetto a queste ultime di raggiungere il centro esatto
della rotazione di questo fenomeno meteorologico, in cui la rotazione
stessa è zero, cioè non c'è, non avviene.
Questo luogo, definito
occhio del ciclone per via della sua forma, è inteso da Jünger
come un punto di osservazione privilegiato. A partire da esso l'uomo,
soggetto alla calma, alla sospensione, all'assenza di rotazione, è
in grado di vedere, appunto, a 360° gradi ciò che gli sta attorno,
dunque il vortice, la rotazione stessa, intesa dal filosofo tedesco
come una metafora della vita in generale.
Insieme, occhio del
ciclone e ciclone rappresentano secondo Jünger
una immagine di ordine nel disordine, di stasi nel caos, di essere
nel divenire. Essendo l'occhio sulla vita che gli sta attorno, l'uomo
(o l'oltreuomo nietzscheano) avrebbe il compito, o la caratteristica,
di dare un senso alla confusione circostante, secondo una forma, una
modalità d'esistenza che, piuttosto che renderlo soggetto alla
babele che gli sta intorno, minacciando la sua sopravvivenza, lo
rende soggetto soltanto a se stesso, salvaguardando e potenziando la
sua esistenza stessa.
Nel tempo della fine
delle speculazioni metafisiche, in Vita liquida, Zigmunt
Bauman concepisce la vita in generale come liquida, come un elemento
cioè informe la cui caratteristica principale è la fluidità. La
vita, in tal senso, dovrebbe fluire costantemente fino a perdersi
definitivamente in un altro elemento liquido più grande, pieno di
misteri e segreti, che è il mare. Ma in questo fluire prima della
fine, la vita, proprio perché è un elemento liquido informe,
avrebbe anche la caratteristica innata di prendere la forma, anche se
temporaneamente, degli oggetti, degli enti che possono contenerla.
Tale contenimento, come detto, è temporaneo, passeggero, perché il
senso di ciò che è liquido è il fluire e non il permanere, dunque
qualsiasi contenitore prima o poi sarà svuotato del liquido che ha
in seno, per accogliere nuovi liquidi o per svanire esso stesso, in
quanto liquidità costitutiva apparentemente e precariamente
stabilizzata, nel mare o essere reimmesso in circolo, riciclato.
L'uomo stesso,
amplificando il linguaggio baumaniano e conducendolo in una
prospettiva ontologica, non sarebbe altro che un liquido tra i
liquidi, soggetto alle leggi che regolano gli elementi fluidi. Il suo
senso sarebbe il fluire, passando perfino da un contenitore all'altro
(per quanto riguarda il suo modo di pensare o il suo abito di
pensiero), fino al perdersi definitivamente nel mare o all'essere
riciclato. Clonazione e miracoli della scienza a parte, capaci cioè
di trasferire la coscienza umana da un corpo a un altro, il destino
dell'uomo sarebbe dunque il perdersi nel mare dei liquidi. Ma è vero
anche che al di sopra e al di là del mare vi è un altro elemento,
il sole, capace di trasformare il mare stesso in aria, il liquido in
gas, e ciò fa chiedersi se lo stesso vale per quelle piccole
particelle che, in precedenza, sono state di un uomo, di una
coscienza. Così come le particelle di mare, per effetto del calore
solare, si trasformano in particelle di gas e queste ultime, una
volta condensatesi, tornano in circolo nella terra sotto forma di
pioggia, che invade e nutre qualsiasi essere vivente, mentre altre si
perdono nell'etere, allo stesso modo particelle di uomo, ormai mare,
o di sua coscienza, potrebbero avere la stessa sorte e fare pensare a
una sua rinascita se non a una sua reincarnazione. Ma queste sono
soltanto ipotesi visionarie.
Jünger
e Bauman s'incontrano su un punto: tutto è precario, caotico,
disordinato, informe, dinamico; l'uomo è parte integrante di esso ma
la sua funzione, agli occhi dell'uno e dell'altro pensatore, è
diversa.
Mentre il primo, nella
pancia della metafisica, pensa l'uomo come un occhio del ciclone,
dunque come osservatore, come una forza naturale tra le altre,
capace di osservare e condizionare le altre per la propria
conservazione e per il proprio potenziamento, il secondo invece,
privo di una qualsiasi metafisica, perché fuori-luogo e perché
proveniente egli stesso dal campo della sociologia, intende l'uomo
come un elemento naturale tra gli altri, capace sì di condizionare
gli altri per vantaggi personali o collettivi di breve durata, ma il
cui senso è soltanto il fluire stesso (nonostante la sua capacità
mentale di essere contenuto all'interno di precisi contenitori
concettuali, siano questi ultimi sistemi di pensiero, mode o
quant'altro).
Quello che sfugge è che
il liquido, per poter fluire, cerca istintivamente il percorso
adatto a questo scopo, altrimenti, non potendo fluire, non sarebbe se
stesso, non manifesterebbe la sua essenza, lasciandola in sospeso,
fino al momento in cui qualcosa cambi. Per esempio, immaginiamo una
diga d'acqua. Il liquido trattenuto dalla diga è, sì, acqua ma non
potendo fluire è come se non lo fosse, perché la caratteristica
dell'acqua è il fluire (oltre che gli svariati usi umani). Ma nel
momento in cui si aprisse una crepa nella diga o si collegasse ad
essa un sistema di tubature aperto, l'acqua, cominciando a fluire,
manifesterebbe la sua essenza, dunque sarebbe se stessa,
realizzerebbe il proprio scopo.
Avvicinando le loro
riflessioni, Jünger e
Bauman mostrano che l'uomo è una forza naturale e in quanto tale è
dotata di un istinto a manifestare la propria essenza (o a
manifestare il proprio scopo, per dirla in un'altra maniera), la
quale è la tendenza a fluire nella vita alla ricerca, mediante
l'osservazione e l'esperimento, di forme d'esistenza capaci di
potenziarlo (o di depotenziarlo, considerando alcuni sistemi di
pensiero di carattere religioso).
L'uomo sarebbe dunque
istinto d'osservazione e di sperimentazione vitale, in vista,
aggiungeremmo, anche di altri scopi che, alla fine, rientrano nella
sua ricerca di maggiore vita. Le domande imperiture dell'uomo su Dio,
l'anima e altri misteri del cosmo non sono soltanto il tentativo di
capire qual è la conformazione dell'esistenza in generale, ma anche
di verificare se all'interno di tale conformazione c'è la
possibilità, dopo la morte, di ottenere (o di essere) altra vita. In
altri termini, se c'è la possibilità di esistere di nuovo.
Ma a noi piace pensare
che l'uomo non sia altro che il ciclone stesso, nella sua interezza,
a volte comprensivo di occhio; piace pensare che sia la liquidità
stessa, puro istinto al fluire inteso come precarietà, caos,
disordine, informità, dinamismo, in cerca, anche in maniera
cosciente, di ulteriore fluire, senza sosta, senza mai fine. L'uomo è
la fluidità stessa alla ricerca istintiva (naturale) o cosciente di
nuove possibilità in cui manifestare la propria essenza, ossia il
fluire, ancora, ancora e ancora per sempre, per l'eternità.
È in questo suo
istintivo e/o consapevole fluire sperimentale che l'uomo scopre e
crea (qualsiasi cosa) a suo vantaggio o svantaggio o di quello degli
altri suoi simili, degli altri esseri viventi e del luogo che abita.
Ed è qui, forse, si aprono nuovi scenari del pensiero.
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