- di Saso Bellantone
Quando se ne va un professore universitario, se ne va l'Università. La mia Università, quella di Messina, non c'è più. Neanche il Corso di Laurea in Filosofia. Non è più lo stesso. È altro da sé. Forse, non è più.
Anni indimenticabili, di incontri e di scontri, di gioie e di delusioni, di crescita e di rieducazione. Ma soprattutto anni indelebili, negli invisibili fili di una labile memoria tenuta in piedi da mollette rotte e usurate che tengono appese sbiadite istantanee, pronte a irrorarsi di colori caleidoscopici con un solo battito di ciglia.
La sbirciata non è sempre volontaria né tutte le volte è originata dalla curiosità di vedere e di sapere. Accade, improvvisamente, proprio come nel ritrovare un oggetto dato per perduto o come il balenare e l'immediato fuggire via di un raggio di sole attraverso le nubi nere che, a tenuta stagna, ci separano dall'azzurro del cielo.
Una volta presa coscienza del rinvenimento o della folgorazione, non si è più gli stessi. Ci si ritiene alterati. Non si è più quel che si è stati, o che si è creduto di essere, fino a un attimo prima. Cambia tutto. Anzi, tutto cambia: il tutto e il niente, l'universale e il particolare, l'essere e il divenire, il soggetto, l'oggetto, le categorie, l'attività stessa del giudicare e del pensare, persino la stessa filosofia, con i suoi autori, i suoi libri e manuali, i suoi insegnanti e discenti, le aule, i banchi e le sedie, le scrivanie, i corridoi, i piani, le scale, le porte, le strade, le vite e le esperienze che hanno condotto là. In via XXIV Maggio prima e all'Annunziata poi.
La prospettiva si trasforma, come viaggio dentro il viaggio, e ti trasforma, come creta fusa, impastata e cotta di nuovo o come atomi scomposti e ricomposti con legami diversi dai precedenti.
Restano tuttavia la fragile memoria, i suoi fili trasparenti, le mollette spezzate e consumate, le fotografie scolorate di quegli attimi vissuti tanto tempo addietro e anche un momento prima, portatori sani e contagiosi di quelle tracce luminose nel buio sentiero della conoscenza e della scoperta di sé. E li si afferra, li si tiene stretti a sé per evitare che la metamorfosi storpi anche loro o li recida definitamente da noi, condannandoci alla perdizione, alla evaporazione di quanto fatto finora, alla cancellazione delle orme che segnano il nostro passaggio sulla traiettoria delle generazioni e resistono al soffio della donna nera con la clessidra e la mannaia in mano.
Il professore Curatola, Vincenzo, è l'Università di Messina. È il Corso di Laurea in Filosofia. Assieme a tutti gli altri docenti che ho avuto la fortuna di incontrare, di conoscere, di seguire. Ma adesso che non c'è più, non c'è neanche l'Università di Messina né il Corso di Laurea in Filosofia. Non c'è, malgrado restino tutti gli altri docenti, i concetti, la filosofia, i filosofi, i libri, le strutture, le vie e i ricordi.
Un uomo per bene, un pensatore davvero, pochissime pubblicazioni e tante cose da dire e da insegnare. Un filosofo vivente e parlante, alla maniera di Platone, perché la scrittura è la copia della copia. Di aspetto semplice, trascurato, con la barba lunga e la giacca non sempre a posto e spolverata, motivo di scherno a volte da parte di colleghi e colleghe studenti che si ritengono già inscritti nell'albo dei sette sapienti della nuova era, il professore di Estetica è un unicum, un'eccezione, è il professore. Nel senso che è colui che parla nel contempo a favore della filosofia e dei suoi allievi. Una sfida difficilissima, sia per la filosofia giunta alla sua fine e in cerca dell'altro inizio, sia per gli allievi giunti al termine di un percorso di vita e alla ricerca di un nuovo cammino. Eppure il professore tiene testa ad ambo le facce della sfida, nella maniera più elementare: con il pensiero.
La parola di Vincenzo Curatola è pensiero e il suo pensiero è parola. I due termini non sono divisibili, sono un tutt'uno. A dimostrazione di questo basta seguire una sua lezione o dialogare con lui nel tempo extra-accademico. Come alla prima lezione di Estetica o sulla nave Messina-Villa o viceversa.
Ricordo ancora la mia prima lezione. E anche le altre. I libri sulla scrivania, consultati soltanto dal professore per prendere spunto per l'insegnamento, di fianco il gesso, per spiegare i concetti e i passaggi più controversi per noi, poi parole, pensiero, ragionamento, divagazioni mirate, chiarimenti, domande e risposte, ironia, dialogo con gli studenti, anche su argomenti apparentemente estranei alla disciplina. Vincenzo Curatola è sempre dalla parte degli studenti, senza eccezioni, e con carte alla mano. Con estrema trasparenza. Sempre disponibile, sempre pronto a conversare o a scherzare. Anche nei corridoi, in strada o sulla nave. Anzi, soprattutto al di fuori delle lezioni.
Ricordo ancora la mia prima volta sulla nave con il professore. E anche le altre. Si siede con me, chiacchiera con me della filosofia, della mia vita e della vita in generale, seguendomi con estrema attenzione e perdendosi in una lontananza impossibile da abbreviare. Quella di chi pensa o di chi è preso dal pensiero, di chi affronta i propri demoni o di chi ne è invasato.
Se oggi mi chiedessero “Che cos'è la filosofia?” oppure “Che cosa significa pensare?”, risponderei a entrambi i quesiti nel medesimo modo: “Vincenzo Curatola, il professore”. E se mi domandassero “Chi è Vincenzo Curatola, il professore?” e “Professore di che, di quale disciplina?”, risponderei a entrambe gli interrogativi così: “Il Professore di Estetica”. E se sollecitassero ulteriori chiarimenti con altre questioni, come “Dov'è che fa il Professore di Estetica? Dove Insegna?”, direi “All'Università di Messina, Corso di Laurea in Filosofia”. E se dicessero: “E dove si trovano questo Corso e questa Università?”, ribatterei “Via XXIV Maggio prima, Annunziata poi”.
Se m'informassero di essere stati all'Annunziata, in Via XXIV Maggio, al Corso di Laurea in Filosofia, all'Università di Messina, alla lezione di Estetica e di non aver trovato il professore Vincenzo Curatola, risponderei che si sono sbagliati. Perché in realtà non c'è più l'Annunziata né la Via XXIV Maggio né il Corso di Laurea in Filosofia né l'Università di Messina né la lezione di Estetica ma “Vincenzo Curatola, il professore” c'è. È ancora là nonostante non ci sia più tutto il resto. Direi che non riescono a vederlo perché, anziché cercarlo oggi, dovevano cercarlo prima. Seguire le sue lezioni e dialogare con lui prima. Direi che io lo vedo, senza muovere muscolo alcuno. Restando fermo, esattamente dove sono. Perché sono ancora un suo allievo e perché mi ricordo.
Direi, di lasciarmi pensare...
Bellissimo ricordo di un grande uomo. Grazie.
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