- di Saso Bellantone*
Se avessi il drappo ricamato del cielo,
Intessuto dell’oro e dell’argento e della luce,
I drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte
Dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,
Stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
Invece, essendo povero, ho soltanto sogni;
E i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
Cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.
I sogni sono le orme non ancora tracciate sul sentiero della vita. Sono invisibili, perché non sono ancora, e immediatamente inutili, perché appunto non sono adesso. Eppure, sono, già, ed è possibile vederli a occhi aperti qui e ora anche se la loro consistenza è immateriale, perché li si considera massimamente utili nonostante la loro inutilizzabilità.
I sogni sono, tutto, per chi il tutto appunto non ce l'ha.
Chi ha, infatti, è privo di sogni perché vede il mondo così com'è e non come potrebbe essere. Scorge l'utile ovunque e in chiunque, perdendosi ogni particolare. È solo, cieco, morto, si muove per inerzia. Chi ha è sempre in apnea, mai pervaso dal senso del bello. È spensierato, impassibile, avvilito; è chiuso, orgoglioso, assetato di odio. È un monologo, nel proprio monolite. È senza tempo, può soltanto calcolare.
Chi non ha, invece, è fatto di sogni. È, i sogni che egli stesso possiede o da cui è posseduto e strutturato. La sua sostanza è di sogni, così come la sua identità o la sua intera vita. Chi non ha considera i sogni degli inseparabili compagni, nell'insicuro viaggio dell'esistenza; dei fari, nelle cupe onde dell'essere. Il sangue, che scorre nelle vene; l'energia, che zampilla dalla carne. L'aria che respira, il profumo di un fiore non ancora sbocciato; i pensieri che angosciano come demoni, le emozioni ancora da provare. Chi non ha considera i sogni dei sorrisi non ancora espressi, delle carezze da cui non è stato ancora sfiorato, delle mani non ancora strette, degli abbracci da cui non è stato ancora attorniato. Le parole non ancora dette, gli incontri non ancora avvenuti, il tempo dentro il tempo, il possibile nell'impossibile, come l'amore.
Ama davvero chi non ha nulla fuorché i sogni che ha e che è. E all'amata, come scrive William Butler Yeats nella poesia Cammini sui miei sogni, può dare soltanto i suoi sogni, cioè se stesso, perché non possiede nient'altro da poter dare a lei se non l'amore.
Chi ha, avendo tutto quanto, darebbe alla propria amata soltanto tutto quello che possiede ma non le darebbe ciò che è più importante nell'amore, e cioè l'amore stesso, che è un sogno ed è costituito di tutto quello che non si ha già.
Non ci sono parole più belle per esprimere all'amata il proprio amore. “Avendo il tessuto di cui è costituito il cielo, ricamato d'oro, d'argento e di luce, o i tessuti dei colori chiari e scuri del giorno e della notte o quelli dai mezzi colori dell'alba e del tramonto, li distenderei sotto ai tuoi piedi perché la tua purezza è tale che, per evitare che si contamini con altro, smettendo così di essere pura, meriti di camminare su di essi. Ma essendo povero, potendo soltanto sognare di fare quanto detto prima, è questo che stendo sotto ai tuoi piedi, ciò che farei se avessi il potere di farlo e invece posso soltanto sognarlo. Cammina delicatamente sulla mia vita, perché è questa che ho steso al di sotto dei tuoi piedi”.
L'amore, anche se è invisibile e inutile, c'è soltanto per chi sogna a occhi aperti, soltanto per chi sa sognare perché non sa, né ha, nient'altro che i sogni che è.
* Fotografia di Linda Fassari
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