"Osservai. l'ombra era mobile e leggera; non cadeva a terra, sembrava appoggiarsi appena. O luce! - Ascoltai. Che cosa sentii? Niente; tutto; ogni rumore mi divertiva. Mi ricordo di un arbusto, la cui corteccia da lontano mi parve di una consistenza così strana che dovetti alzarmi e andare a tastarla. La toccai come accarezzandola; ne fui estasiato. Mi ricordo... era quel mattino che stavo nascendo?
Avevo dimenticato di essere solo, non aspettavo nulla, dimenticai l'ora. Mi sembrava di avere provato così poco, fino a quel giorno, per avere tanto pensato, che alla fine mi stupii di questo: la mia sensazione diventava forte come un pensiero.
Dico: "mi sembrava", perché dal fondo del passato della mia infanzia finalmente si svegliarono mille lampi di mille sensazioni smarrite. La coscienza dei miei sensi che nuovamente stavo acquisendo mi permetteva, inquieto, di riconoscerli. Sì, i miei sensi, ormai risvegliati, ritrovavano una storia, si ricostruivano un passato. Vivevano! Vivevano! Non avevano mai smesso di vivere, si scoprivano, anche attraverso i miei anni di studio, portatori di una vita latente e scaltra.
Non incontrai nessuno quel giorno, e ne fui lieto. Tirai fuori dalla tasca un piccolo Omero che non avevo più riaperto dalla mia partenza da Marsiglia; rilessi tre frasi, dell'Odissea, le imparai a memoria.; poi, trovando sufficiente alimento nel loro ritmo e dilettandomene abbastanza, chiusi il libro e rimasi tremante, più vivo di quanto credevo si potesse essere, con lo spirito pieno di felicità..." (L'immoralista).
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