- di Saso Bellantone
Una
folla tutta nera che procede a ritroso
La
vanga penetra nel terriccio
Come
una fresca vergine in lenzuola già calde
La
luna annega la notte
Eppure
forza rimane alle prove della vita.
La degenerazione imperversa. Non ci sono soli per regolare la propria
condotta. L'essere umano li ha spenti tutti, preferendo brancolare
nel buio della sua stessa capricciosità. Piagnucola continuamente,
privo del trastullo che possa rallegrare il proprio imbruttimento, e
nel caso in cui lo ottiene, se ne stanca subito, allo scopo di
tornare a frignare, bramando un nuovo gingillo. L'essere umano si
limita a vivere in questa maniera. Non conosce altre dimensioni se
non quelle della mera superficialità, dell'istintivo godimento e
della pochezza di spirito. È egoista, mai sazio dell'apparenza,
dell'avere, del potere. Vuole mostrarsi eternamente ariano, vuole
possedere tutto e subito, vuole essere onnipotente. Non gli interessa
pensare, conoscere, informarsi, capire, né sacrificarsi per
difendere la dignità e il diritto d'esistere propri e dei figli che
verranno. Si lagna soltanto, traendo masochisticamente piacere dalla
propria bassezza mentale e pulsionale mai paga di balocchi,
auspicando di contagiare più simili possibili con la sua malattia
decadente. E c'è riuscito. In questi tempi in cui la crisi ha invaso
ogni sfera del vivente – economia, lavoro, società, famiglia,
interiorità – l'umanità “procede a ritroso”, torna indietro
sui propri passi evolutivi e intellettivi, auto-deformandosi nel
corpo, nella mente e nello spirito. Schiava del proprio imbruttimento
auto-provocatosi, si avvia verso precedenti stadi sociali in cui,
priva di qualsiasi libertà, diritto e dignità, è costretta a
cominciare da capo. L'umanità torna alla terra, a lavorarla
nuovamente non più per nutrirsi, come ha fatto finora, ma per
sopravvivere. Non c'è alternativa. Nessun sole può illuminare un
sentiero diverso. Quel che è fatto, è fatto. É la sua
capricciosità a splendere nella notte della sua storia evolutiva e
non si sa quando, e se, verrà ancora una volta un sole. “Eppure”,
nel buio della propria mente analfabeta, del proprio spirito senza
dio e del proprio corpo senza pace, l'umanità resta forte. Non si
arrende alle antiche sfide che si avvicinano nuovamente, stavolta
però causate da lei stessa.
Rileggendo oggigiorno questi versi di Paul Éluard,
non si può non pensare al decadimento attuale che imbruttisce
l'umanità in maniera onnicomprensiva, retrogradandola a precedenti
stadi della propria storia evolutiva, civile, politica,
intellettuale, etica e spirituale. L'umanità sembra camminare
all'indietro e dirigersi nuovamente alla terra, ancora calda, per
sopravvivere alla metamorfosi propria e del mondo finora conosciuto
e abitato. Cammina nella notte, nella notte del pensiero e dello
spirito, illuminata soltanto, quasi come in una fotografia in cui il
tempo è fermo, dalla luna, simbolo della causa che ha scatenato tale
degradamento dell'umano: la sua capricciosità. In questo scenario
talmente evidente e incontrovertibile, non resta che sperare assieme
a Paul Éluard
che questa “folla tutta nera”, buia come la notte stessa che sta
attraversando dentro e fuori di sé, resti davvero forte alla prove,
vecchie e tuttavia nuove, della vita, per sopravvivere: cioè che
superi veramente questo declino, tornando a splendere come il sole
delle idee e dello spirito nel giorno perduto.
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