Una delle immagini evocate dal termine globalizzazione è quella del globo, o mappamondo. Come già accennato precedentemente, si tratta di una riproduzione in miniatura della Terra, facente parte di quell'insieme di prodotti dell'arte plastico-figurativa che l'essere umano ha realizzato nel corso della propria storia, sino ai nostri giorni. Quando oggigiorno si guarda il globo, o lo si immagina, in un certo senso è come vedere o figurarsi mentalmente la Terra. La si considera un pianeta, avente una precisa conformazione, che gira sul proprio asse e attorno al Sole, immersa nell'universo. In passato, però, avveniva qualcosa di diverso. Dal momento in cui fu introdotto – Martin Behaim lo costruì per la prima volta nel 1490-92 – guardare il globo, o immaginarlo, significava iniziare a considerare il “mondo conosciuto” in modo nuovo. L'introduzione del globo ebbe il senso di una rivoluzione paragonabile a quella copernicana, per due ragioni. Primariamente, perché costituì, presentò e rappresentò una nuova immagine del mondo rispetto a quella di un altro prodotto dell'arte plastico-figurativa, già in uso: la carta geografica. Mentre quest'ultima infatti descriveva il mondo secondo una forma piatta, il globo invece lo delineò secondo una forma sferica. In secondo luogo, perché divenne un nuovo strumento di orientamento e di localizzazione. La carta geografica infatti è, presenta e rappresenta un'immagine del mondo conosciuto ma il suo scopo non è esclusivamente estetico o speculativo. Né l'essere umano l'ha realizzata per puro diletto. Bensì allo scopo di orientarsi nel mondo, vale a dire per dare a se stesso, ai suoi simili, agli altri enti o a determinati avvenimenti una precisa localizzazione. Ciò vale anche per il globo. In questo senso, da quando fu introdotto, guardare il globo anziché la carta geografica significò cominciare a vedere, a immaginare, a pensare il mondo e iniziare a orientarsi, a localizzarsi e a localizzare in esso, in modo nuovo.
Dall'introduzione del globo passeranno cinque secoli per giungere alle prime osservazioni della Terra dallo spazio, le quali proveranno la sua sfericità. Durante questo periodo, il globo è stato migliorato e perfezionato (malgrado le carte geografiche siano maggiormente usate sia perché più facili da trasportare e da consultare sia perché possono essere sempre più perfezionate nei dettagli), divenendo la base per la costruzione degli odierni planetari, quegli strumenti cioè utili per rappresentare il sistema solare. Il planetario, un altro prodotto dell'arte plastico-figurativa, è un'altra rivoluzione simile a quella introdotta dal globo, perché è, presenta e rappresenta una nuova immagine del mondo usata come un nuovo strumento di orientamento e di localizzazione. Se la carta geografica e il globo offrono rispettivamente un'immagine del mondo piatta e sferica, il planetario fornisce un'immagine del mondo più complessa: sistemica. Quel che prima con il globo era indicato come “mondo”, adesso diviene un pianeta (la Terra), mentre “mondo” diventa un insieme di corpi celesti satellitanti attorno a una stella (il sistema solare), tra cui la Terra. Il planetario raffigura quest'ultima come il terzo pianeta di tale sistema, che ruota attorno al proprio asse e attorno al Sole (oggi sappiamo che è soggetta ad altri movimenti, quali la precessione degli equinozi, la precessione orbitale, l'inclinazione dell'asse, la translazione del sistema solare in direzione della costellazione di Ercole e via dicendo). Costruito sulla base delle osservazioni dello spazio operate dagli astronomi, il planetario introduce tre elementi nuovi rispetto alla carta geografica e al globo: un ambiente nel quale si trova la Terra, lo spazio aperto; un luogo entro tale ambiente, il sistema solare; una posizione entro tale luogo, il suo orbitare attorno al Sole tra Venere e Marte. Guardare il planetario anziché il globo, significa iniziare a vedere, a immaginare, a pensare il mondo e a orientarsi, a localizzarsi e a localizzare in esso, in modo nuovo.
Naturalmente, le osservazioni astronomiche non si sono fermate al sistema solare ma si sono spinte sempre più oltre, fin dove gli strumenti d'osservazione hanno permesso di vedere. Così in pochi anni – un tempo breve rispetto ai cinque secoli passati per giungere dal globo al planetario – si è introdotta una nuova immagine del mondo usata come un nuovo strumento di orientamento e di localizzazione: la mappa dell'universo conosciuto. Così come è avvenuto con il globo e il planetario, anche quest'ultima è una rivoluzione, perché offre un'immagine del mondo ancora più complessa: caotica. Anche in questo caso, quel che prima con il planetario era indicato come “mondo”, adesso diviene un sistema (il sistema solare), mentre “mondo” diventa l'universo conosciuto. La mappa dell'universo raffigura il sistema solare all'interno della Via Lattea, una delle galassie (insieme di stelle e di altri corpi celesti) di cui è composto l'universo. La mappa dell'universo conosciuto introduce altri due elementi rispetto al planetario: l'universo e la galassia. Il primo diventa un ambiente indefinito, costituito da regioni composte da ammassi di stelle, le galassie. La Via Lattea diviene la regione nella quale la Terra occupa un luogo, il sistema solare, e una precisa posizione, il suo orbitare attorno al Sole tra Venere e Marte. Guardare la mappa dell'universo conosciuto anziché il planetario vuol dire ancora una volta cominciare a vedere, a immaginare, a pensare il mondo e a orientarsi, a localizzarsi e a localizzare in esso, in modo nuovo. Il limite della mappa dell'universo, però, è la sua parzialità. Essa infatti è, presenta e rappresenta un'immagine del mondo incompleta, perché gli astronomi non possiedono gli strumenti e le tecnologie adatti per garantirne un'osservazione integrale.
La carta geografica, il globo, il planetario, la mappa dell'universo sono sì dei prodotti dell'arte plastico-figurativa ma anche dell'ingegno. Queste riproduzioni figurate del mondo non sono state plasmate per scopi puramente estetici o per diletto, ma per la vita. Orientarsi, localizzarsi, localizzare è una necessità cui l'essere umano, nel corso della propria storia, ha dovuto far fronte per vivere. Conoscere dove si trova lui stesso, i propri simili, gli enti, precisi avvenimenti naturali o di altro genere; sapere come è costituito il suo habitat, quanto è grande, che cosa offre, quali pericoli e quali sicurezze si celano in esso; apprendere dove procurarsi del cibo, dove trovare ciò che gli è necessario per la sua sopravvivenza, sapere quali rotte o percorsi intraprendere per commerciare, scambiare beni con altri ecc. – è un bisogno istintivo, imposto dalla vita stessa. L'uso di queste immagini del mondo come strumenti di orientamento e di localizzazione, risponde a questa esigenza spontanea e, nel corso del tempo, anche a un'altra che qualifica l'essere umano diversificandolo maggiormente dagli altri esseri viventi: il piacere della scoperta. All'essere umano piace scoprire nuovi luoghi, regioni, mari, ambienti naturali, enti, esseri viventi, pianeti, stelle e via dicendo. Egli ha il gusto per l'ignoto, ama sfidarlo. Ma per vivere, gli occorre riferirsi a quelle immagini del mondo, a quegli strumenti utili per orientarsi, localizzarsi e localizzare, plasmati sulla base di ciò che già conosce e sa. Se ne facesse a meno, rischierebbe la vita.
L'oggetto indagato in tal sede, non è la planetarizzazione né un'universalizzazione, cioè i termini richiamati alla mente dal planetario e dalla mappa universale, bensì la globalizzazione. Questo parola infatti evoca l'immagine del globo ma tale evocazione, a ben vedere, indica un riferimento, una stretta connessione cioè che intercorre tra il termine-fenomeno indagato e l'immagine che suscita. La voce globalizzazione si riferisce all'immagine del mondo e allo strumento di orientamento e di localizzazione che il globo è, presenta e rappresenta. Dal momento che lo scopo del globo, così come ogni altra immagine-strumento, è la vita, perché risponde sia all'istintivo bisogno umano di orientarsi, di localizzarsi e di localizzare sia al piacere umano per la scoperta, allora si comprende come la globalizzazione, ancorandosi al globo, accenni a un fenomeno che si pronuncia a proposito di quel bisogno, di quel piacere. Considerando che, però, questo termine evoca assieme al globo altre immagini – la sfera e l'occhio – con le quali dice anche che questo fenomeno coinvolge simultaneamente l'ente Terra e l'essere umano, la visibilità e il vedere, le forme e la rappresentazione dell'ente, un fenomeno dunque filosofico, allora si capisce che la globalizzazione è un avvenimento che parla riguardo a quel bisogno e a quel piacere, in modo filosofico.
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